
Il tragico percorso della vita di Maria Stuarda ha origini e radici nella sua ascesa incredibilmente rapida alla condizione della massima potenza terrena: a sei giorni regina di Scozia, a sei anni fidanzata di uno dei più potenti principi d'Europa, a diciassette regina di Francia. Un'ascesa ottenuta senza fatica né merito, come in un sogno. Ma subito il sogno svanisce e interviene la delusione. Al ritorno in Scozia è esposta alla bufera della guerra di religione fino a giungere alla tragedia finale.
Allevato ed educato dalla nonna Caterina II, Alessandro trascorre l'infanzia nella corte russa. La precoce passione per il teatro diventerà una costante della sua vita: reciterà la parte di progressista a tal punto che il suo avvento al trono verrà salutato come l'esaudimento di ogni speranza in un futuro migliore e finalmente giusto. Dopo il disastro napoleonico in Russia, Alessandro si considera investito di una missione: distruggere lo spirito del male incarnato da tutti i rivoluzionari. Nasce così la Santa Alleanza, contro i fautori del nuovo cambiamento. Il libro è la storia di una involuzione politica e culturale e di un uomo dalla psicologia molto complessa.
E' una biografia appassionata, basata su documenti di prima mano e lettere inedite, questa che Fernanda Pivano ha dedicato a Hemingway, lo scrittore-mito del Novecento, cui fu legata da un profondo sodalizio professionale. Dalle pagine, che non si succedono in ordine cronologico, ma sotto l'incalzare dei ricordi e delle emozioni, emerge in una luce nuova la figura di questo genio sfortunato che, con un sorriso triste fino alla disperazione, diceva di aver conquistato il Nobel solo perché nel libro "Il vecchio e il mare" non c'erano parolacce. Dalle stesse pagine emerge un mondo dove il ritratto della realtà è intriso di tragedia e di amore per la vita.
Ernst W. Wies, in questa sua opera, offre tanti diversi Barbarossa quanti furono gli eventi, le circostanze e le epoche della sua vita. Il Barbarossa divenne un mito. E il mito offre l'immagine di un re che assiste impassibile allo scempio dei bambini legati alle macchine da guerra. Ma anche di un nobile che si fa paladino delle virtù cavalleresche, che consegna la spada ai figli, che bacia i piedi del papa come gesto di pace e di alleanza. Fedele a un Impero romano ormai anacronistico, il Barbarossa difese il morente feudalismo contro le idee di libertà e autonomia espresse dai Comuni.
Franco Cardini traccia dell'imperatore franco una biografia radicata nei fatti. Eccellente guerriero e abile politico, Carlo proietta la sua ombra fino ai nostri giorni. Già ai contemporanei, che gli tributarono l'appellativo di Magnus, egli apparve come il degno capo della società occidentale, romano-germanica e cristiana. La sua figura e il suo tempo, stanno in un certo senso proprio sulla soglia di quel Medioevo dal quale l'Europa e la coscienza europea hanno finito a poco a poco con l'emergere.
"Comprendere le ragioni per le quali il Che - soprattutto fra i giovani - è divenuto un mito, è semplice. In un mondo utilitaristico come l'attuale, le scelte di chi pone in gioco se stesso per un ideale di giustizia meritano rispetto. E non stupisce che, negli animi più generosi, questo possa aver suscitato entusiasmo, ammirazione, spirito di emulazione." Giuseppe Mattazzi, dalla cui prefazione è stata tratta la frase precedente, ha raccolto in questo "Breviario" affermazioni e massime del "Che", raggruppandole per temi e citando le fonti da cui sono state tratte.
"Non rivedrò Cartagine, mai più": è l'amara riflessione di Annibale al quale Giovanni Brizzi offre la propria voce per ricostruire le tappe di una vita e di un'esperienza straordinarie. Costretto a un duro esilio in Oriente, il generale cartaginese si rivela nei suoi contraddittori aspetti: in lui convivono l'eccelso stratega e l'abile amministratore, l'uomo educato alla filosofia greca e il "mostro assetato di sangue" che considera, con animo impassibile, l'ineluttabilità della guerra, dei massacri, degli inganni più atroci. In questo volume l'autore intende dar vita a una sistematica monografia in cui la documentazione si intreccia con la vivacità rievocativa, la finezza letteraria con il fascino di un'epoca grandiosa e tragica.
E' il 1957 quando Giana, studentessa diciannovenne di Scienze politiche all'Università Cattolica di Milano, incontra uno studioso di economia dall'andatura sghemba e dai dolci occhi giotteschi. Lui è Nino Andreatta, destinato a diventare l'amore della sua vita e una figura di grande importanza nella storia italiana recente.
Nel racconto di Giana scorre la loro vita insieme, dal primo incontro al matrimonio alla famiglia, ripercorsa attraverso le memorie dei fatti minuti, quotidiani e privati, alternando il prima e il dopo e preferendo all'ordine cronologico quello tutto interiore dei sentimenti. Una narrazione densa, precisa, accesa da lampi di ironia e dettagli illuminanti. In parallelo si dipanano gli impegni accademici e pubblici di Nino Andreatta, poi gli incarichi governativi, fino alla frattura, a quella ''crepa di senso che trasforma tutto il mondo in un abisso'': l'arresto cardiaco, anni di silenzio e d'attesa, la fine.
''E' stata tutta luce'' è la storia di un grande amore, è una storia di persone ma anche un frammento di storia sociale: nelle vicende di una famiglia italiana dagli anni del dopoguerra a oggi e di una classe dirigente appassionata affiora un ritratto di borghesia impegnata che al clamore preferisce la discrezione.
David Lodge nasce a Londra il 28 gennaio 1935, un momento piuttosto buono, per un futuro scrittore, per nascere in Inghilterra. Ha quattro anni quando scoppia la seconda guerra mondiale e cresce attraversando decenni di grandi cambiamenti sociali e culturali, che gli offriranno parecchio materiale di prima mano per la sua attività di scrittore. Qui Lodge ripercorre l'infanzia e la giovinezza, gli anni allo University College di Londra, l'incontro con Mary, sua futura moglie, la nascita del primo figlio, gli anni di apprendistato da professore e da scrittore, fino alla cattedra all'Università di Birmingham, all'amicizia con il collega e scrittore Malcolm Bradbury e al successo del romanzo "Scambi".
Teatri anatomici stipati di studenti e curiosi, il tavolo operatorio incrostato del sangue di interventi passati, il lezzo inconfondibile di carne putrefatta: nel XIX secolo assistere a un'operazione chirurgica non era cosa per deboli di stomaco. "L'arte del macello" rievoca un periodo della storia della medicina in cui anche una ferita lieve poteva portare a una morte orribile. I chirurghi, elogiati per la forza bruta e la velocità di esecuzione, raramente si lavavano le mani, il camice o ripulivano gli strumenti. Ancor più delle patologie dei pazienti, a essere mortali erano le infezioni postoperatorie, che i medici non sapevano sconfiggere. In un tempo in cui la chirurgia non avrebbe potuto essere più pericolosa, un giovane chirurgo quacchero di nome Joseph Lister osò sfidare i contemporanei affermando che i germi erano la causa di ogni infezione e che potevano essere trattati con un antisettico. E così facendo cambiò per sempre la storia della medicina, portandoci dritti nel mondo moderno.
Un libro in onore dei libri, quelli di carta. Libri come cavalieri, che vanno alla carica, disperata e inane, contro il fuoco battente dell'artiglieria digitale. Fragili creature da pochi centimetri di altezza e pochi centimetri di larghezza, ma che non per questo hanno un'aria meno imponente nel loro osare contro un nemico ben equipaggiato. Giampiero Mughini ha scelto alcuni dei libri a lui più cari fra quelli della sua collezione dedicata al Novecento italiano, non necessariamente i più famosi e riconosciuti, anzi spesso i più obliqui, azzardati e trascurati dal grande pubblico. Quei libri, che Mughini mette in vetrina come una mostra o racconta come in una telecronaca sportiva, sono descritti minuziosamente nella veste e nelle caratteristiche che ebbero quando apparvero in prima edizione, perché quello è il momento in cui un libro arrischia la sua avventura nel mondo. Tutti insieme compongono una biblioteca ''ideale'' non nel senso oggettivo del termine, bensì arbitraria e soggettiva e talvolta spudorata, modellata dai capricci della memoria e a volte dalle sue malizie.
La storia di Nellie Bly, pioniera di una figura mai esistita prima: una donna indipendente, artefice del proprio destino, una giornalista intrepida armata solo del proprio sguardo libero e della propria voce.
«Ti hanno preso per pazza quando hanno letto il biglietto in cui dicevi "Me ne vado a New York". Ti hanno preso per pazza anche qui, in questa città, quando ti sei proposta al "World" di Pulitzer come reporter. Ora da sola, in un mondo tutto al maschile, devi arrivare fino in fondo a questa storia»
Settembre 1887: una ragazza bussa alla porta di John Cockerill, direttore del "New York World" di Joseph Pulitzer. Chiede di essere assunta come reporter. Nessuna donna aveva mai osato tanto. Il suo nome è Elizabeth Cochran, ha ventitré anni, ma già da tre scrive per un quotidiano di Pittsburgh firmandosi Nellie Bly. Una donna reporter non si è mai vista, ma la sua idea di un'inchiesta sotto copertura a Blackwell Island, manicomio femminile di New York, convince Cockerill e Pulitzer ad accettare la sfida. Ne nasce un reportage che farà la storia del giornalismo. Da qui, in un crescendo di popolarità e sotto mille travestimenti, Nellie racconterà l'America agli americani. Diventerà l'incubo di politici e benpensanti, viaggerà in tutto il mondo, vivrà amori e fallimenti. Mentre i grattacieli, i treni, il telegrafo e poi la guerra trasformano la realtà, Nellie Bly si trova a essere pioniera di una figura mai esistita prima: la donna indipendente, artefice del proprio destino, la giornalista intrepida armata solo del proprio sguardo libero e della propria voce.

