
La notizia del matrimonio colse quasi tutti di sorpresa. All'amico Cordiè, Delio scrisse l'11 febbraio 1936: «Ho anch'io questa volta la mia novità di carattere personale e privato, che servirà a giustificare il mio lungo silenzio: cioè, fra due settimane circa mi sposo: guarda un po', il Gatto si sposa: che te lo saresti immaginato?». Il nome di Emma Cantimori (nata Mezzomonti) suona familiare a quanti ne hanno apprezzato le qualità di traduttrice della classica e fortunata edizione italiana del Manifesto di Marx e Engels, pubblicata nel 1948 e tuttora in circolazione. Poco nota è invece la sua storia precedente a quell'impresa editoriale, al tempo del Ventennio e sotto l'occupazione tedesca a Roma. In quegli anni Emma ebbe una doppia vita, fu un'infiltrata del Partito comunista fra gli intellettuali fascisti, all'Enciclopedia italiana e all'Istituto di studi germanici, dove venne a contatto con personaggi come Giovanni Gentile e, soprattutto, Delio Cantimori, che sposò nel 1936. Nella vita di Emma e del marito il lavoro sull'edizione del Manifesto, tra il 1944 e il 1948, coincise con l'uscita allo scoperto dopo un lungo periodo di clandestinità. Il libro racconta per la prima volta la sua attività segreta protetta dalle rigide regole cospirative, ricostruendo così uno spaccato di storia della resistenza all'oppressivo regime fascista.
«Il rientro temporaneo di Gian Galeazzo in Italia, nel novembre del 1570, per prendere possesso del feudo di Colorno dopo la morte del cognato Gian Francesco Sanseverino, offriva un'occasione insperata per acciuffare un frequentatore assiduo della corte francese e per servirsi di lui onde raccogliere indizi ed elementi di prova relativi alle connivenze di Caterina con gli aderenti alla "settaµ ugonotta» La notte del 4 novembre 1570, su ordine di Pio V, Gian Galeazzo Sanseverino viene fatto prigioniero nel suo feudo di Colorno e carcerato nelle prigioni dell'Inquisizione a Roma con l'accusa di eresia calvinista. Quali sono le vere ragioni di questo arresto? Quali lotte di potere cela? Sulla base del processo conservato nell'Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede e di una ricca documentazione - per lo più inedita - il libro ridisegna la vicenda, solo parzialmente nota, del condottiero al servizio della monarchia francese durante le guerre di religione e delinea le anomalie di un processo a un uomo d'arme, che suscitò grande scalpore in Italia e in Francia. Le deposizioni dell'imputato e dei testimoni mettono in luce le rivalità per le cariche militari, i tentativi dei Valois di sanare la frattura religiosa del Regno, l'odio dei francesi verso gli italiani, ma anche la litigiosità e la violenza dell'aristocrazia padana.
Bruto è il nome della libertà, accomuna i due uomini che armarono la propria mano l'uno contro Tarquinio il Superbo, l'altro contro Cesare. Nel primo caso, Lucio Giunio Bruto caccia il tiranno e diventa il fondatore della libertà, nel secondo caso, Marco Giunio Bruto si fa congiurato nel tentativo, disperato, di fermare la storia e riportare indietro le lancette del tempo. Per i Romani, Lucio Giunio Bruto era il padre della patria per eccellenza, l'uomo cui si doveva la cacciata dell'ultimo re, Tarquinio il Superbo. La sua vita era stata avventurosa: aveva visto padre e fratello uccisi dal tiranno e aveva dovuto fingersi sciocco per sfuggire all'orgia di sangue scatenata dal re, poi aveva guidato la rivolta che avrebbe posto fine alla monarchia ed era diventato il primo console della neonata repubblica. Nei secoli successivi, venne ricordato come il fondatore della libertà romana: un'icona rispettata ma tutto sommato inerte. Eppure, le cose stavano per cambiare: quando al suo quasi omonimo Marco Giunio Bruto fu proposto di aderire alla congiura che stava maturando negli ambienti ostili a Cesare, proclamatosi nel frattempo dittatore a vita, fu proprio l'ombra del remoto antenato a rivelarsi decisiva per le scelte del futuro cesaricida. Per la seconda volta, Bruto imprimeva così alle vicende di Roma una svolta che ne avrebbe cambiato per sempre il corso. Questo libro racconta la storia in due tempi della lotta alla tirannide a Roma.
«Volevo scriverti già da qualche giorno per comunicarti una notizia che mi riguarda. Io mi sono risoluto a prendere moglie. Sposerò una buona e brava ragazza piemontese, che conosco già da qualche anno, della quale ho invigilato gli studi per la laurea (è laureata in lettere), e che mi aveva sempre ispirato una grandissima stima per la finezza d'animo e per la serietà di carattere». La figura di Croce ha dominato la cultura italiana per l'intera prima metà del Novecento. Autore di oltre settanta volumi, ha dato un contributo incalcolabile come organizzatore di cultura, anche attraverso le riviste e le collane editoriali. Generazioni di critici letterari, storici e filosofi sono stati influenzati dalla sua opera. Non meno ragguardevole è stata la sua attività politica: attento in gioventù al socialismo e a Marx, fu poi su posizioni neutraliste allo scoppio della Grande Guerra e infine antifascista. Questo primo volume ne ricostruisce la biografia dalla tragica perdita dei genitori nel terremoto di Casamicciola del 1883 ai viaggi, alle amicizie e agli amori, alle abitudini domestiche, alle mille discussioni e polemiche con i protagonisti della cultura del tempo, per arrestarsi al 1918: la fine della Prima guerra mondiale, uno spartiacque non solo nella vita del Paese ma anche in quella del grande studioso.
«Alessandro si rese conto che quella era un'occasione mandata dagli dèi per distruggere la potenza persiana in un singolo scontro» Diodoro Siculo Novembre 333 a.C., Alessandro affronta a Isso la grande armata di Dario III. A contrapporsi sono il coraggio e l'ambizione del giovane re di Macedonia, alla testa dell'esercito forgiato dal padre Filippo, e la potenza di un impero. Dopo ore di lotta furiosa, coperto di sangue e di polvere, Alessandro smonta da cavallo ed entra nella tenda di Dario, abbandonata dal sovrano nemico in fuga. Il Macedone non soltanto ha inferto un colpo mortale alla Persia: ha combattuto con slancio irresistibile alla testa dei suoi uomini, dando forma a un mito che durerà nei secoli. La sera della battaglia il suo modo travolgente di conquistare la vittoria è già leggenda. Gastone Breccia ci restituisce uno dei personaggi che più hanno segnato la storia dell'Occidente nel suo giorno perfetto, quando riuscì a vivere in armonia con il «demone della battaglia» che sembrava possederlo e lo rendeva invincibile.
Il conte di Cagliostro - identificato dalle autorità con il lestofante siciliano Giuseppe Balsamo - raggiunse la celebrità negli ultimi decenni del Settecento grazie a presunte doti divinatorie, abilità alchimistiche e militanze massoniche. Le sue imprese stimolarono cronache giornalistiche, libelli, satire, ritratti, caricature, romanzi, componimenti poetici. Viaggiò senza sosta da un paese all'altro e divenne prototipo del «divo» moderno. Appariva abbastanza stravagante da suscitare stupore, ma possedeva anche la tipicità necessaria per risultare credibile. Pasquale Palmieri lo racconta a partire da alcuni momenti decisivi della sua vita, segnati da procedimenti giudiziari che attirarono un'attenzione senza precedenti da parte dei media di tutta Europa. Cagliostro assunse pose anticonformiste, ma perseguì con determinazione lo scopo di conformarsi ai valori dei ceti dominanti. Fu un autentico fenomeno mediatico, protagonista di uno spettacolo ricco di colpi di scena. La sua vicenda toccò argomenti cruciali come il funzionamento della giustizia, l'esercizio del potere, l'organizzazione del sapere e il rapporto con la natura. Alimentò dubbi ed enigmi, suggerendo solo risposte frammentarie e incomplete, sospese tra fede e razionalità, virtù e misfatto, redenzione e dannazione.
«L'uomo della comunicazione televisiva non ha retto al declino del suo medium principe. L'irruzione di internet e di chi se ne è impossessato per primo, Beppe Grillo, lo ha scalzato dalla centralità politica.» Silvio Berlusconi è stato un attore centrale della vita politica dell'Italia contemporanea. Non solo ha governato direttamente per quasi dieci anni, e partecipato per altri quattro a larghe coalizioni: ha anche influenzato, e persino modellato, il costume degli italiani, prima attraverso le sue televisioni, e poi dal palco della politica. Berlusconi ha reso egemonica una visione del mondo originale, frutto della sintesi di antiche pulsioni qualunquiste e iper-moderate con prospettive scintillanti di cambiamento e modernità. Questo lavoro individua le ragioni del successo al momento della sua «discesa in campo» e ripercorre le successive, alterne, vicende contrassegnate da trionfi, cadute e risalite. E dimostra come il suo declino sia in connessione tanto con l'irruzione del M5S, che insiste con diversa tonalità e maggiore credibilità sul medesimo spartito anti-politico e scarta la televisione a favore di internet, quanto con l'emergere di una generazione ben più giovane di politici, sia al suo fianco sia all'opposizione.
Vladimir Lenin, fondatore dell'Urss, per volontà di Stalin è stato esposto alla venerazione dei cittadini nel mausoleo della Piazza Rossa, e ha vegliato sui popoli del blocco sovietico attraverso migliaia di occhi di pietra o bronzo di altrettanti monumenti. Ma cosa è accaduto dopo il 1989? Il corpo, perduta l'aura della reliquia, è rimasto in mostra a Mosca, davanti al Cremlino, e le statue sono state in gran parte cancellate. Una vicenda esemplare per comprendere la complessità dei fenomeni iconoclastici. La pratica di tirare giù Lenin dal suo piedistallo ha riguardato tutto lo spazio post sovietico e, in Ucraina, ha assunto contorni talmente importanti da essere indicata con il termine Leninopad: il più grande movimento d'iconoclastia del Novecento, esploso prima ancora delle proteste che, più di recente, abbiamo visto in Gran Bretagna o negli Stati Uniti. A un secolo dalla morte di Lenin, Antonella Salomoni ne racconta ascesa e declino attraverso la storia del suo corpo e delle sue immagini: innalzate, rispettate e poi rimosse, distrutte, vandalizzate, reinterpretate come simbolo di sottrazione al colonialismo russo, e persino ricollocate sui piedistalli dagli occupanti durante la guerra in Ucraina. Un libro sulla memoria imposta e poi sovvertita, che va al cuore delle inquietudini del mondo contemporaneo.
Di Alcide De Gasperi (1881-1954) resta un'impronta politica potente. È nella forma del nostro Stato, nei principi della Costituzione, nella politica estera, nelle riforme sociali. La sua vita e la sua opera hanno avuto caratteristiche morali e politiche eccezionali, quasi profetiche. Guidò con mano ferma il passaggio dell'Italia dal fascismo alla Repubblica in una difficile congiuntura internazionale dominata dalla Guerra Fredda. Non è stato solo l'uomo della Ricostruzione materiale dell'Italia tra il 1945 e il 1954 ma anche un leader che ha mostrato l'efficacia di un approccio cristiano alla democrazia europea e che ha anticipato temi e problemi del nostro tempo. Questo volume presenta i frutti del percorso ormai ventennale della Lectio degasperiana, l'evento con cui ogni anno la Fondazione Trentina Alcide De Gasperi ricorda lo statista invitando personalità di primo piano del mondo accademico e politico a confrontarsi con la sua figura e il suo esempio. Lezioni di P. Scoppola, L. Elia, U. De Siervo, J.-D. Durand, S. Romano, I. Rogger, F. Traniello, G. Vacca, V. e S. Zamagni, P. Castagnetti, M. Cau e M. Mondini, N. Galantino, S. Mattarella, Ch. Cornelissen e E. Letta, A. Panebianco e P. Pombeni, M. Odorizzi e S. Malfatti, M. Cartabia, G. Guzzetti e G. Tremonti, S. Fabbrini, D. de Pretis, I. Maffeis.
Come ha potuto quest'ebrea di appena ventisette anni, resistere dentro ai campi di concentramento alla violenza che abbrutisce e uccide? Il saggio chiarisce i successivi momenti di questo cammino di costruzione di sé: gli incontri, le amicizie, le letture e le prove attraverso cui è maturato fino a sciogliersi in un inno di lode alla vita.
Nato in una famiglia borghese e politicamente conformista, nella Saar contesa tra Germania e Francia, Willi cresce nelle associazioni cattoliche e non si iscriverà mai alla Gioventù hitleriana, neppure quando l'appartenenza diventa obbligatoria. Processato una prima volta, ancora adolescente, per la sua frequentazione dei gruppi giovanili proibiti, da studente universitario di medicina a Monaco entra in contatto con Hans Scholl, il leader del gruppo clandestino della Rosa Bianca, autore dei volantini anti-regime che cominciano ad essere diffusi nel giugno 1942. Dopo i tre mesi estivi trascorsi sul fronte russo, a contatto con gli orrori della guerra, ecco l'intensificarsi dell'attività di resistenza: Willi, il taciturno coraggioso, è in prima fila nella diffusione dei volantini, nell'organizzazione delle azioni, nel reperire i finanziamenti. Il 18 febbraio 1943, dodici ore dopo l'arresto dei suoi amici Sophie e Hans Scholl all'università di Monaco di Baviera, anche Willi Graf viene prelevato dalla Gestapo nel suo appartamento, insieme alla sorella Anneliese. Processato e condannato a morte in aprile, seguirà la sorte dei fratelli Scholl e sarà ghigliottinato il 12 ottobre 1943, nel carcere di Stadelheim, dopo che Hitler in persona avrà respinto la sua domanda di grazia. Una storia di resistenza cristiana: la vita e la morte di un giovane che ha scelto la strada solitaria e controcorrente dell'opposizione coerente a un regime liberticida.
Il libro ricostruisce uno dei decenni più drammatici della storia del nostro Paese. La politica del fascismo sul piano nazionale, i suoi rapporti con la Chiesa e con le associazioni cattoliche, la persecuzione degli oppositori politici, le leggi razziali, l'avventura drammatica della guerra, l'esperienza del carcere, la resistenza, la liberazione, sono letti a partire dal diario dell'autore, allora giovane studente in medicina. Sullo sfondo della Roma fascista di quegli anni tormentati si stagliano le vicende di una generazione, intrecciate con la storia personale dell'autore, che traccia l'efficacissimo profilo di un'epoca. Illuminanti risultano gli incontri, descritti nel libro, con alcuni dei protagonisti di quella stagione, da De Gasperi a Gentile, da Rodano a Togliatti.