
Il 19 gennaio 2018 Liliana Segre, sopravvissuta alla Shoah, viene nominata senatrice a vita dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Dopo l'orrore di Auschwitz, il ritorno alla vita e gli oltre trent'anni di testimonianza nelle scuole, si apre per lei una nuova fase: quella dell'impegno istituzionale. «Per uno strano destino», dirà il 13 ottobre 2022, inaugurando a Palazzo Madama la nuova legislatura, «quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco della scuola elementare, oggi si trova addirittura sul banco più prestigioso del Senato». Sono tante, dopo la nomina, le attestazioni di stima e di affetto, ma arrivano anche minacce e messaggi d'odio. Serve la scorta. Liliana Segre però non si arrende e, a braccetto con i carabinieri, porta avanti la sua attività al servizio del Paese. Con analogo spirito civile, nel febbraio 2022, accetta di tenere una rubrica («La Stanza») sul settimanale «Oggi»: una possibilità di dialogo diretto con i lettori che va dalla sua storia personale ai temi della contemporaneità, come la guerra, la pandemia, le migrazioni, l'emergenza climatica. In questo volume, introdotto da una Prefazione di Carlo Verdelli, ritroviamo le rubriche scritte per «Oggi» e i discorsi pubblici più importanti che insieme compongono anche un racconto in presa diretta dell'Italia. In apertura, inoltre, in una conversazione con Alessia Rastelli, la senatrice spiega come abbia vissuto questi ultimi anni e da dove nasca il suo impegno. Mentre la Postfazione del figlio Luciano Belli Paci offre uno scorcio intimo, privato, su come sia cambiata la vita della madre e sul privilegio di esserle accanto.
«Dai miei ricordi dell'infanzia e della giovinezza ho tratto emozioni e memorie che mi hanno commosso. Dalla mia vita di medico ho cercato di trarre spunti per riflessioni sulla vita stessa, sulla scienza, sul significato di essere medico e di essere medico cattolico». Il grande neurochirurgo Giulio Maira si racconta in queste pagine come in un intimo diario. Un viaggio che attraversa tanti anni dall'infanzia alla maturità, ripercorrendo le esperienze più importanti, l'intreccio di scienza e vita, la fede, l'incontro con le suore di Madre Teresa, i personaggi conosciuti, i pazienti eccellenti (come Gian Carlo Menotti, Francesco Cossiga, Giulio Andreotti, Oscar Luigi Scalfaro), l'amicizia e la collaborazione con Rita Levi Montalcini. In "Le farfalle dell'anima" (un omaggio a Ramón y Cajal e a come lui definiva i neuroni) ritroviamo una vita intera spesa per la medicina e per la scienza intesa come servizio per il prossimo. Un concentrato di umanità che scaturisce dal prendersi cura di qualcuno che soffre e che si trova in un momento di debolezza fisica e psicologica. La sua testimonianza originale è anche un tentativo di far capire ai più giovani che ogni lavoro va affrontato con passione e coraggio: mai essere tiepidi di fronte alle scelte importanti. Mettiamo in campo «cuore e coraggio».
Nel turbine della vita, siamo felici? La domanda ci può apparire persino superflua, occupati come siamo nelle attività e nei pensieri quotidiani. Come tutti, non se la poneva Giovanni Allevi, immerso in una vita impegnativa: composizione, concerti, tour, registrazioni, conferenze stampa e viaggi in tutto il mondo. Poi, è arrivato lui, il mieloma. Tutto è crollato, la fragilità del corpo è diventata all'improvviso una tangibile realtà quotidiana, è cominciato un lungo e dolorosissimo percorso terapeutico. Ma camminando sopra l'inferno, Giovanni è riuscito a mantenere lo sguardo fisso sui fiori. E ad accogliere così nove specialissimi doni: come la libertà dal giudizio altrui, la coscienza di sé e l'autenticità, la prospettiva regalata dalla storia e dalla cultura, l'amore per la bellezza e per la Natura che guarisce, la gratitudine per gli incontri con persone, come i medici e gli infermieri, capaci di cambiare il corso dei suoi giorni. E una nuova e profonda dimensione dello Spirito che anche oggi, tornato sul palco, si fa tutt'uno con la Musica. Perciò, questo libro non è la storia di una malattia, ma una testimonianza sincera, una riflessione filosofica profonda, la proposta di un modo nuovo per guardare la vita, abbracciando se stessi e la propria umana fragilità. Anche attraverso le difficoltà, quando gli ostacoli sembrano invalicabili, la via verso una più compiuta felicità esiste, e su questa strada ci sono doni da scoprire: aspettano solo che noi impariamo a vederli. Così, come un vaso kintsugi riparato con l'oro, la nostra anima potrà risplendere di una luce nuova.
Era più piccola di Benito ma si comportava come una sorella maggiore, non si interessava di politica ma cercava di influenzare il potente fratello e pagò un prezzo altissimo per il cognome che portava: Mussolini. Edvige attraversa la parabola del fascismo come una comprimaria nell'ombra, eppure c'è sempre ed è a lei che il Duce affida nel 1930 i suoi preziosi diari. Esercita un forte ascendente sul dittatore, lo sa e se ne avvale non per indirizzarne le mosse, ma per perorare le cause di quanti si rivolgono a lei non potendo arrivare a Benito. L'uomo più potente d'Italia non riesce a dire no alla sorella, anche se nel privato sbuffa, persino con l'amante Claretta, per la sua invadenza (è assai diversa, per questo, da un'altra sorella vissuta nell'ombra, quella Paula Hitler con cui l'autore propone un intrigante parallelo). Rachele non la sopporta, è sempre propensa a immischiarsi in affari non suoi. Ha da ridire sul matrimonio della nipote Edda, e Benito alla fine è costretto a evitare ogni contatto tra la moglie e la sorella. La genuinità romagnola si avverte nel suo modo d'essere, ora estroverso ora pudico. È una provinciale e non può giocare a fare l'intellettuale anche se ambirebbe all'alta società dove parte della sua famiglia è entrata non per censo ma di forza, attraverso la politica in camicia nera. La sua storia privata ha sullo sfondo la grande storia: il fascismo, la dittatura, le leggi razziali e l'antisemitismo, il secondo conflitto mondiale, la guerra civile, la fine della guerra che per la sua famiglia e i suoi affetti si tradurrà in un bagno di sangue.
«Gli avvenimenti della mia vita non sono successi mai casualmente, ma favoriti da incontri con persone straordinarie, ognuna delle quali ha contribuito a ciò che ho vissuto: un'avventura esistenziale irripetibile.» La memoria percorre il filo della vita di Paolo Crepet alla ricerca dell'essenziale: le radici artistiche della sua famiglia, le esperienze molteplici e cosmopolite nella formazione, la meraviglia della scoperta della psichiatria, la nascita della passione per la scrittura. In queste pagine dense di aneddoti e di eventi inconsueti, affiorano innumerevoli incontri singolari, ciascuno dei quali ha contribuito ad aggiungere un tassello al cantiere di un'identità personale e professionale in continuo rinnovamento; su tutti svetta la figura di Franco Basaglia, amico e maestro, l'uomo capace di trasformare la concezione della follia e di riconoscere diritti fondamentali ai più fragili e indifesi. Le grandi tappe della vita vengono così raccontate alla luce di un costante comun denominatore: gli affetti, le emozioni, la capacità di creare fra sé e gli altri un legame che oltrepassi la distanza e il tempo. Ai lettori viene affidato questo insegnamento che affiora da ricordi ironici e benevoli, simili a scogli a cui aggrapparsi saldamente mentre si avanza nell'ampio mare aperto.
Giuseppe De Rita - ideatore, fondatore e oggi presidente del Censis - è l'uomo che ha portato in Italia la ricerca sociologica sul campo ancor prima che venisse creata una cattedra universitaria di sociologia. Come pochi ha contribuito a descrivere l'Italia nei rapporti periodici come nei suoi articoli per il «Corriere della Sera». In questo libro, scritto insieme al giornalista Lorenzo Salvia, racconta per la prima volta le tappe principali della sua vita intrecciate agli snodi dell'evoluzione politica, sociale ed economica del Paese. Come quando nel 1951 viene «arruolato» nel castello di Sermoneta per i corsi del Movimento ispirato dagli Alleati per defascistizzare l'Italia del Dopoguerra. Da lì nasce una convinzione che manterrà per tutta la vita: l'oligarchia, spesso considerata un pericolo per la democrazia, è in realtà uno strumento necessario per il buon funzionamento delle società moderne. Una idea che si rafforzerà negli anni, durante la sua esperienza allo Svimez, con i suoi viaggi nelle aree interne del Mezzogiorno o nel Belucistan iraniano e poi al Censis. Nel corso della sua vita De Rita incontra, conosce, consiglia (ma litiga anche con) buona parte dei politici e degli imprenditori che hanno guidato il Paese. Tanti gli aneddoti, come la notte in cui sconsigliò (inascoltato) al premier De Mita di introdurre una patrimoniale, i no a chi gli chiedeva un impegno diretto in politica, da Berlusconi a Prodi, o le gelosie della politica sui patti territoriali, inventati da presidente del Cnel. E molte le confessioni personali: gli otto figli, la casa di Courmayeur, l'importanza della fede, la passione per il calcio. A delinearsi in queste pagine è non solo una biografia inedita e appassionante, ma anche una rilettura della storia del Paese attraverso lo sguardo di un suo testimone d'eccezione.
Hammamet è il luogo scelto da Bettino Craxi per sfuggire ai processi di Mani pulite: una villa in Tunisia sulla «collina degli sciacalli e dei serpenti». Ma è anche la metafora politica della fine della Prima Repubblica e delle sue scorie mai del tutto smaltite. Per questo, rileggere quella vicenda surreale può apparire archeologia politica, ma è una questione aperta e attualissima. Chiama in causa la questione del primato della politica e il rapporto con la magistratura, che tuttora ci riguarda nella sua conflittualità. Fornisce una chiave attraverso cui ripercorrere il declino e l'agonia di un partito, il PSI, e soprattutto dell'uomo che lo aveva plasmato, cercando in parallelo di riformare l'Italia. Racconta la parabola di uno dei politici più potenti e controversi della storia nazionale, travolto dalle inchieste sulle tangenti. Ecco perché, a venticinque anni dalla morte di Craxi, questo libro, nato nel 1995 da decine di testimonianze dirette e da incontri riservati in quella che per i magistrati e una gran parte del Paese era la sua latitanza tunisina, e per i familiari e i socialisti il suo esilio, viene qui riproposto in una nuova edizione ampliata. È un documento che racconta in modo vivido i legami, le ipocrisie, le trame inconfessate che hanno unito la Prima e la Seconda Repubblica: dalla famelica corte finita nell'isolamento, al «tesoro» inghiottito in un labirinto dei prestanomi. Si materializzano attentatori misteriosi, vassalli e nuovi pretoriani, vescovi e donne, statisti, spie e faccendieri. E tutti ruotano intorno a Craxi. È lui il fantasma di Hammamet di cui l'Italia potrà liberarsi soltanto quando sarà riuscita a fare i conti con sé stessa, senza rimuovere le proprie latitanze interiori.
La biografia di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio continua a far discutere gli storici. Uno dei temi più appassionanti riguarda la sua appartenenza al Sovrano Militare Ordine di Malta (o Ordine di San Giovanni) e la sua permanenza nell'isola di Malta fino alla condanna per rissa e l'evasione. Come e perché il Caravaggio, condannato e ricercato per l'omicidio a Roma di Ranuccio Tomassoni e noto per la sua vita dissoluta, poté entrare a far parte del più autorevole consesso dell'Europa cristiana della fine del XVI secolo? Chi lo minacciò e perseguitò dopo la fuga da Malta? Furono i Cavalieri di quello che era stato il suo Ordine, oppure i fratelli dell'uomo che aveva ucciso a Roma? A queste domande, cui gli storici hanno fino ad ora prestato poca attenzione, risponde questo libro di Luigi G. de Anna, che si legge come un romanzo di avventure, ma si basa su un solido esame delle fonti storiche.
"In un angolo dell'atelier aveva collocato il tronco di un vecchio albero abbattuto da una tempesta. Lo aveva segato e infilato in una cassetta piena di terra. Fra i rami aveva posto diversi nidi: Vincent raccoglieva quelli che erano stati abbandonati dagli uccelli durante le sue passeggiate nei boschi. C'era il nido a forma di cono dello scricciolo, il nido muschioso del falco, quelli semplici del passero e del tordo; il nido di usignolo costruito con meno abilità. C'era anche il nido lanuginoso del forapaglia; quello della rondine di ruscello, fatto di erba e argilla. E infine un paio di alcune specie di uccelli che costruiscono il loro nido a terra. Avrebbe voluto un nido di martin pescatore, fatto con lische di pesce, ma non era mai stato in grado di trovarne uno, sebbene lo avesse cercato a lungo con Theodore..." Scritti da Elisabeth van Gogh, la sorella minore del pittore, questi ricordi aprono uno spiraglio sull'adolescenza e la prima maturità del giovane Vincent, un ragazzo dalla sensibilità fuori dal comune, amante della natura e della vita solitaria. Elisabeth ripercorre i molti tentativi del fratello di trovare un ruolo nella società del tempo, tutti irrimediabilmente falliti: libraio, assistente di un mercante d'arte, insegnante di francese, predicatore evangelico. E tratteggia il ritratto di un giovane dalla religiosità tormentata, capace di assistere gli ammalati durante un'epidemia di tifo e di condurre un'esistenza spartana, ai limiti del fanatismo.
Il 27 luglio 1890, in un campo nei pressi di Auvers, Van Gogh si spara un colpo di pistola, che però non lede alcun organo vitale, tant'è vero che egli riesce a trascinarsi a piedi fino alla locanda dove alloggia. Il dottor Gachet, amico degli artisti e suo protettore, non tenta di estrarre la pallottola, e anziché far trasportare il paziente all'ospedale lo lascia morire. Secondo Pierre Cabanne, il dottor Gachet sarebbe quindi il vero responsabile della morte di Van Gogh. Attraverso la minuziosa analisi delle spesso contraddittorie testimonianze raccolte all'epoca della tragedia, Cabanne avanza la sua provocatoria tesi, rafforzata anche da uno strano incontro avuto con il figlio di Gachet, Paul, che si era avvicendato con il padre al capezzale del ferito.
Pasolini e Roma. Un rapporto di grande amore, raccontato nel volume pubblicato in occasione della mostra che, dopo il successo ottenuto a Barcellona e a Parigi, approda anche in Italia. Per Pasolini Roma non fu semplicemente uno scenario cinematografico o un luogo in cui vivere. Con questa città egli ha avuto una relazione passionale, fatta di sentimenti misti di amore e odio, di fasi di attrazione e rifiuto, di voglia di allontanamento e di piacere del ritorno. Organizzato cronologicamente (dall'arrivo nella Capitale del poeta, sceneggiatore, regista e scrittore insieme alla madre nel 1950 fino alla notte della sua tragica morte ad Ostia nel novembre del 1975), "Pasolini Roma" traccia - lungo un quarto di secolo - il percorso della sua incredibile vitalità creativa: i luoghi in cui ha vissuto, in cui ha ambientato romanzi e film, la poesia, il cinema, gli amici, gli amori, le persecuzioni, le lotte e gli impegni nella città. Attraverso le testimonianze, i documenti, i disegni, gli scritti autografi, le fotografie, i film e le opere d'arte amate da Pasolini, la monografia ricostruisce quegli anni, mettendo in luce l'intenso fervore intellettuale dell'uomo e i suoi rapporti con i luoghi, le persone, i poeti e gli artisti della Capitale.