
«Mi definisco “amministratore” perché tale mi sento. Non mi sono mai nascosto: ho avuto anch’io paura, soprattutto nei primi giorni della pandemia; l’ho condivisa con tutti i cittadini e abbiamo capito insieme, strada facendo, che le “istruzioni per l’uso” non le conoscevamo semplicemente perché non c’erano». Il ragazzo della Marca trevigiana diventato ministro delle Politiche agricole a soli quarant’anni è cresciuto. È l’uomo riconfermato alla guida della Regione Veneto per il terzo mandato consecutivo. Riflettere sulle scelte compiute nelle drammatiche ore dell’emergenza Covid-19 gli ha fornito lo slancio per ripercorrere le tappe fondamentali in cui si sono formati e consolidati valori e principi della sua attività istituzionale. Luca Zaia si confronta con le sue umili origini, in una famiglia segnata dall’esperienza dell’emigrazione e del duro lavoro, racconta gli anni degli studi e la scoperta della vocazione al servizio delle istituzioni come riscatto per la sua gente, dall’incontro con la Liga al legame con il territorio, dai successi delle Colline del Prosecco patrimonio Unesco al confronto serrato con le catastrofi climatiche, fino alla gestione di un sistema sanitario d’eccellenza, che ha dato il massimo davanti alle sfide della pandemia ed è stato indicato in ambito internazionale come un esempio da imitare. Infine, ritornando sulle lezioni apprese e sul ruolo trainante del Veneto come laboratorio di buone pratiche e innovazioni, fa il punto sui più importanti cambiamenti in atto, dalla semplificazione amministrativa alla collaborazione tra sindaci e governatori, fino alla madre di tutte le riforme, quell’autonomia che è la chiave per la transizione verso un federalismo regionale e che appare ancora più urgente oggi, per ridare speranza alla comunità e non sprecare una preziosa occasione di rinascita.
Un incidente che forse non fu tale, con il sospetto di un coinvolgimento del duce. Così si chiude l'esistenza di Maria Assunta Volpi Nannipieri, in arte Mura. Varie volte, direttamente o indirettamente, la scrittrice incrociò sulla sua strada Mussolini, ma a segnarla per sempre fu un caso di censura che ha dell'incredibile. Il duce si espose infatti in prima persona ordinando di ritirare dal mercato «con la massima urgenza» un romanzo che a ben vedere anticipava i canoni razzisti da lui stesso imposti di lì a poco. Che cosa provocò quella condanna senza appello? Il carisma che l'aveva resa autrice di punta della casa editrice Sonzogno e seguitissima firma dei settimanali, attraverso cui influenzava pensieri e costumi delle lettrici? O rimase impigliata nelle maglie di un intrigo più grande di lei? È questo interrogativo, tra i tanti nella breve e tumultuosa vita di una personalità fuori dal comune, a fornire a Marcello Sorgi lo spunto per un'indagine dagli esiti ben più fecondi del pretesto iniziale: seguendo gli sviluppi del «caso Mura», si imbatterà in un insospettabile cortocircuito del regime. Tra ingerenze politiche e vicende sentimentali, rivalità letterarie e scherzi del destino, in un crescendo di colpi di scena, l'azione si sposta dalla provincia italiana a una rampante Milano, dalla Parigi di Joséphine Baker alla Roma delle adunate, dall'Africa coloniale alla Sicilia, laddove, insieme all'aereo su cui viaggia Mura, si infrangono le grandiose aspettative sull'esordiente aviazione civile italiana. Nella riscoperta di questa figura a lungo dimenticata rivivono tutte le contraddizioni di un paese da una parte proteso verso la modernità, dall'altra alle prese con una difficile transizione a una società laica e dinamica.
Kurdo Baksi era uno dei pochi veri amici intimi di Stieg Larsson. Si chiamavano reciprocamente "fratellino" e "fratellone". Pochi lettori sanno chi fosse realmente Stieg Larsson e che in precedenza avesse scritto parecchio, sia articoli sia libri di un genere totalmente diverso dai polizieschi con Mikael Blomkvist e Lisbeth Salander. Ora il "fratellino" Kurdo Baksi ha scelto di scrivere una sorta di personale biografia del suo caro amico. Gli sono occorsi quasi cinque anni per radunare il coraggio e la forza di raccontare dello Stieg che conosceva. Due amici che spesso avevano dovuto coprirsi a vicenda, costantemente impegnati a difendere la propria vita privata dalla minaccia di gruppi neonazisti. Baksi parla della loro collaborazione, delle loro numerose e lunghe discussioni, racconta dell'enorme capacità lavorativa di Stieg, della sua energia e ricchezza di idee ma anche della preoccupazione per la salute e della sua testardaggine e scarsa propensione ai compromessi che talvolta finivano per essere di ostacolo perfino a lui stesso. Descrive anche il lavoro di Stieg all'agenzia di stampa TT e di come il suo grande interesse per il genere poliziesco l'avesse invogliato a scrivere.
Nel giugno 1816 Metilde Viscontini Dembowski attraversa, insieme al figlio Ercole di soli quattro anni, il passo del San Gottardo sotto una tempesta di neve. Deve raggiungere al più presto Milano dove l’aspetta una dura battaglia per ottenere la separazione dal marito e riconquistare l’indipendenza. È solo la prima di una serie di ardue prove che dovrà affrontare in nome della libertà, e che culmineranno con la sua partecipazione alla cospirazione antiaustriaca del 1821. Figura poco nota dello straordinario Ottocento italiano, Metilde è degna di essere considerata una protagonista del nostro primo Risorgimento: amica di Ugo Foscolo e di Silvio Pellico, sarà fonte di ispirazione per Henri Beyle - non ancora diventato il famoso scrittore Stendhal - che per lei coltiva una furiosa passione; impegnata in prima persona nella lotta per l’indipendenza dall’Austria, sarà coinvolta nella drammatica vicenda dei processi ai patrioti, ma riuscirà a salvarsi con caparbia determinazione.
Marta Boneschi ricostruisce per la prima volta la storia di Metilde, riannodando i fili che attraversano la sua vita - quello foscoliano, quello stendhaliano e quello patriottico -, per restituirci il senso di un’esistenza spesa nella ricerca di un futuro migliore per sé e per gli altri, con l’obiettivo di perseguire la libertà a tutti i costi.
La biografia del misterioso e inafferrabile leader dei Talebani che da dieci anni tiene in scacco il più potente e tecnologico esercito del mondo. Una storia che inizia con un ragazzo diciottenne che si batte contro gli invasori sovietici e in battaglia viene ferito irrimediabilmente a un occhio, se lo strappa, si benda da sé e torna a combattere. Che prosegue con quattro ragazzi, Omar, Ghaus, Hassan e Rabbani, che sulla piazza del loro povero villaggio, Singesar, decidono di fare qualcosa contro le prepotenze, gli abusi, le violenze, gli stupri, gli assassinii dei "signori della guerra" che, impegnati in una feroce lotta per il potere, agiscono nel più pieno arbitrio. Nasce così il movimento talebano che nel giro di soli due anni (1994-96), grazie all'appoggio della popolazione, sconfiggerà i "signori della guerra" riportando l'ordine e la legge, sia pur una dura legge, la sharia, nel Paese di cui Omar diventerà la guida. Ne vien fuori il ritratto di un uomo singolare, riservato, di poche parole ma attento a quelle degli altri, timido, quasi umile, e anche per questo adorato dai suoi, ma per nulla cupo, ironico e sarcastico, che arrivato al potere continuerà a condurre la vita spartana di sempre e non lo userà per arricchirsi o ritagliarsi privilegi ma per inseguire un suo sogno. Quello di un Afghanistan finalmente unificato e pacificato, lontanissimo dagli stili di vita dell'Occidente. Fini legge inoltre la guerra in corso in Afghanistan come la lotta dell'uomo contro la macchina, dell'uomo contro il potere del denaro che crede di poter tutto comprare, e corrompere, anche valori molto diversi dai suoi, ma forse altrettanto degni di essere vissuti, e per difendere i quali c'è chi, come il Mullah Omar e i suoi giovani Talebani, è disposto a battersi e a morire.
Questo libro nasce dalla volontà di restituire il senso della vicenda umana e politica di un uomo molto citato, ma pochissimo conosciuto, e oggi tirato in ballo da più parti senza ritegno. Sotto forma di dialogo, Giorgio Dell'Arti ripercorre la vita del geniale e visionario primo ministro di Casa Savoia portandone alla luce gli aspetti più curiosi e meno noti. La diplomazia, l'arte di governo, ma anche i vizi, gli amori, gli affari e l'atmosfera della società dell'Ottocento. In filigrana un ritratto dell'Italia, in bianco e nero, ma ancora attualissimo. Soprattutto, a emergere è la vocazione patriottica di Cavour, il filo rosso che attraversa tutta la sua vita, da rileggere in questi tempi in cui - scrive Dell'Arti - "è bene rendersi conto che si può essere italiani e avere senso dello stato".
Arricchiti da una nuova introduzione, i tre volumi autobiografici di Massimo Fini - «Di[zion]ario erotico», «Ragazzo. Storia di una vecchiaia», «Una vita» - raccolti per la prima volta in un unico libro, ripercorrono eventi e sentimenti con un andamento narrativo, giocato sulla memoria. Amori, passioni, amicizie, tradimenti, illusioni e disillusioni, ricordi, esperienze personali: raffigurati senza indulgenze, sfilano davanti ai nostri occhi i personaggi, noti o meno noti, che Fini ha incontrato nel corso della sua esistenza, in un racconto venato da una nostalgia quasi feroce per il Tempo Perduto, al di là delle ipocrisie e della retorica sulla «terza età».
Nazionalista e cosmopolita. Pacifista e bellicista. Elitista e populista. Scrittore politico dalla prosa essenziale e romanziere dall'immaginazione barocca. Mitomane, esibizionista, gelido dandy che flirta con fascismo, marxismo e anarchia, attratto di volta in volta dall'Italia di Mussolini, dall'Urss di Stalin, dalla Cina di Mao e dall'imperialismo americano. Seduttore inveterato, esibizionista, "camaleonte" pronto a servire (e a servirsi di) ogni potere. Tutto e il contrario di tutto, in apparenza, Curzio Suckert detto Malaparte (1898-1957) sfidò solitario le convenzioni della sua epoca. Oggi questa biografia di Maurizio Serra - basata su un'ampia documentazione, su corrispondenze e testimonianze anche inedite - ci restituisce le sfaccettature di una vicenda umana e letteraria che non può ridursi ai luoghi comuni che ne hanno imprigionato la memoria. Emerge così la modernità di un Malaparte visionario interprete della decadenza europea, che non smette di stupire perché aveva, potente e inconfessato, il gusto dello scacco: "Malaparte o le disavventure di Narciso".
Dall'infanzia nel cuore del Caucaso ai vertici della politica mondiale: l'uomo che ha messo fine alla guerra fredda, Michail Gorbaciov, presenta un bilancio maturo e ponderato della propria vita, scritto con onestà intellettuale e schiettezza politica.
Nessun personaggio storico, se si esclude, forse, Adolf Hitler, ha mai goduto di così cattiva stampa come Nerone. Alcuni autori cristiani ritennero che fosse addirittura l'Anticristo. In realtà, Nerone fu un grandissimo uomo di Stato. Durante i quattordici anni del suo regno l'Impero conobbe un periodo di pace, di prosperità, di dinamismo economico e culturale quale non ebbe mai né prima né dopo di lui. Certamente fu un megalomane, un visionario, un esibizionista, un inguaribile narciso e, con tutta probabilità, uno psicolabile schiacciato prima da una madre autoritaria e castratrice e poi dall'enorme peso che, a soli diciassette anni, per le ambizioni di Agrippina, gli era stato scaricato sulle spalle, mentre lui avrebbe forse preferito dedicarsi alle arti predilette. Quel che comunque è certo è che questo imperatore chitarrista, cantante, poeta, attore, scrittore, auriga, curioso di scienza e di tecnica, fautore delle più ardite esplorazioni, fu un unicum non solo nella storia dell'Impero romano. Pensando "in grande stile", e cercando di modellare il mondo sulle proprie intuizioni e immaginazioni, fu un monarca assoluto che usò del proprio potere in senso democratico: non governò solo in nome del popolo, come voleva l'ipocrisia augustea, ma per il popolo contro le oligarchie che lo opprimevano e lo sfruttavano. E per avere il consenso del popolo - oltre che, beninteso, progettare e attuare misure molto concrete inaugurò quella che oggi chiameremmo la politica-spettacolo.
Che cosa succede quando due grandi sognatori d'oggi, due uomini lucidi e visionari al tempo stesso, si incrociano e si confrontano per due giorni intorno ai rispettivi percorsi? In una calda estate del Triveneto, a Roncade, Paolo Costa ha incontrato Alex Bellini e Riccardo Donadon, chiedendo a entrambi di parlare dei temi a loro cari, quei temi che hanno segnato le loro vite: il senso della sfida e dell'impresa, la capacità di assumersi dei rischi, il valore della rinuncia, la lezione del fallimento, la ricchezza e il dolore immenso della solitudine, la paura dell'ignoto. Il primo - Alex Bellini - si definisce un "avventuriero": ha attraversato due oceani su una barca a remi, ha percorso correndo gli Stati Uniti e l'Alaska e non si è ancora stancato. Oggi sta pianificando una nuova avventura che lo vedrà impegnato lungo le coste della Groenlandia alla deriva su un iceberg. L'altro - Riccardo Donadon - è un imprenditore che ha fatto di Ca' Tron, in provincia di Treviso, la sua piccola Silicon Valley, con l'obiettivo di portare in Italia la cultura californiana dell'innovazione digitale. Le loro non sono storie di eroi, più semplicemente, la vita di uomini che hanno creduto fino in fondo alla loro scommessa, riuscendo comunque a mantenere salda la testa sulle spalle. Alex e Riccardo ci spiegano che, in fondo, il senso dell'esperienza dell'avventuriero e dell'imprenditore si condensa tutta in un istante: quell'attimo in cui ti trovi da solo e devi decidere se arrenderti o andare avanti.
Chi è davvero Matteo Renzi? Quali sono le idee che ne hanno ispirato fin da ragazzo l'impegno politico? Chi sono le persone di cui si fida, quelle che ha conquistato negli anni, gli avversari politici che ha sconfitto e quelli che possono ancora rappresentare un rischio per il suo futuro? E soprattutto: dove vuole arrivare con il suo progetto di cambiare il Paese? La formazione di un leader da sempre controcorrente - dai primi passi nella politica locale fino alla grande ambizione di riformare l'Italia - raccontata da un giovane giornalista che ne segue l'attività dal 2008. David Allegranti ricostruisce le tappe di un'ascesa che è sempre apparsa irresistibile, ma nella quale non mancano i tranelli tesi e subiti, i colpi di genio e quelli di fortuna: dal Dante - il prestigioso ginnasio fiorentino che forma la classe dirigente e quella dell'entertainment - alla segreteria provinciale del PPI, dal ruolo di collaboratore di Lapo Pistelli alla presidenza della Provincia, dalla "presa di Firenze" alla Stazione Leopolda e alla formazione del Giglio magico, fino ai giorni nostri, a Palazzo Chigi, capo del governo e conquistatore incontrastato della politica italiana. Un ritratto in presa diretta, nel quale la viva voce dei protagonisti si alterna a interviste e racconti inediti su una delle vicende politiche più appassionanti della storia repubblicana.