
A partire dalla pubblicazione di testi inediti di Anselmo d'Aosta e della sua cerchia, il volume porta nuova luce sulla costellazione di scritti e di autori - Lanfranco di Pavia, Guitmondo d'Aversa, Bosone del Bec, Eadmero ed Elmero di Canterbury - legati alla sua ricerca e al suo insegnamento al Bec e a Canterbury. Il saggio si addentra nel settore ancora poco esplorato della produzione filosofico-teologica del mondo monastico medievale anglo-normanno dei secoli XI e XII, proponendo un'ampia ricognizione della ricchezza dei suoi contenuti e le peculiarità della loro trasmissione e rielaborazione, che manifestano la fecondità tanto delle idee quanto del metodo teologico di Anselmo. Alla luce di questi orizzonti stimolanti e promettenti, il libro colma, pertanto, una lacuna negli studi e nella recensione critica dei testi anselmiani finora pubblicati da studiosi come André Wilmart, Franciscus Salesius Schmitt, Richard William Southern e Jean Leclercq.
Nel 1647, al crepuscolo del Siglo de Oro, appare a Huesca, nell'Aragona, un sottile libro in-12°, opera di un Lorenzo Gracián dietro al quale si celava un teologo gesuita dalla solida fama di scrittore, Baltasar Gracián. Nessuno poteva prevedere che quei trecento aforismi avrebbero esercitato in Europa - grazie soprattutto alla traduzione-travisamento di Amelot de la Houssaie, dedicata a Luigi XIV nel 1684 - un'influenza immensa, sino a diventare un classico dell'educazione del gentiluomo, amato da Schopenhauer (che volle tradurlo) e apprezzato da Nietzsche. Ma che cos'era in realtà l'Oracolo manuale (cioè 'maneggevole, di facile consultazione')? Per capirlo, non abbiamo che da affidarci a Marc Fumaroli, il quale, in un illuminante saggio, ci rivela come l'Oracolo, trasformato da Amelot in una collezione di tattiche mondane, fosse qualcosa di infinitamente più audace e innovativo. Fondandosi sulla lezione della saggezza antica e sull'umanesimo teologico della Compagnia - sulla fiducia, dunque, nella cooperazione della natura e della grazia -, in opposizione al rigorismo giansenista, con quel libretto dallo stile conciso e concentratissimo Gracián intendeva infatti offrire alle grandi anime libere un viatico per affrontare vittoriosamente i pericoli e le insidie di un mondo degradato - e per imprimere il loro marchio nella vita politica e civile. Non una regola, dunque, ma uno stile, sorretto dalla conoscenza di sé e degli uomini non meno che dall'eleganza delle maniere e dal gusto raffinato, dal sapere enciclopedico e dalla solidità del giudizio, dalla docilità della volontà e dalla più calibrata riservatezza.
L'autore sceglie San Tommaso come guida in questa sua ampia riflessione su religione e vita civile.
L’opera non intende minimamente apparire come un manuale di teologia cristiana dei primi secoli. In essa vengono presentati con semplicità gli scritti dei primi Padri della Chiesa per lettori non necessariamente specializzati. Una guida di facile consultazione, ispirata dalla convinzione che, subito dopo la lettura del Vangelo, sia oggi più che mai utile e doveroso conoscere gli scritti più importanti di quegli uomini che hanno saputo difendere e trasmettere la tradizione apostolica, contribuendo alla maggiore comprensione degli scritti evangelici.
Placido, figlio del patrizio romano Tertullo, fu tra i primi discepoli di san Benedetto. La sua è una delle figure più complesse e, allo stesso tempo, più affascinanti dell'agiografia cristiana. La vicenda del giovane monaco prende forma nel secolo XII, grazie al dotto archivista cassinese Pietro Diacono. Il lavoro è strutturato in tre capitoli. L'obiettivo del primo capitolo è quello di ripercorrere, in linea generale, gli studi più autorevoli sul discepolo di Benedetto. Il secondo presenta la traduzione italiana delle tre redazioni composte dall'archivista cassinese, riguardanti la vita di Placido. Il terzo capitolo propone un excursus sulle fonti liturgiche.
Papa Francesco ha deciso di consacrare la III Domenica del Tempo Ordinario alla riflessione sulla Parola di Dio. Il Concilio Ecumenico Vaticano II aveva già esortato tutti i cristiani a nutrirsi quotidianamente della Parola e a pregare con essa.
La Costituzione dogmatica Dei Verbum, il documento fondamentale nel quale la Chiesa ha espresso la sua visione sulla Parola di Dio, rimane valida anche cinquant’anni dopo la sua promulgazione.
La società è cambiata radicalmente in questi ultimi anni. «A problemi nuovi, soluzioni nuove», ripete la gente. Invece, sant’Ambrogio afferma: «Cristo e la Scrittura divina sono il rimedio a ogni disgusto e il solo rifugio nelle tentazioni».
Quando la parola di Dio raggiunge l’uomo, questi ne viene trasfigurato: Dio ritorna a camminare sulle strade dell’umanità e la terra diventa il giardino di delizie. «Quando si legge la divina Scrittura, Dio torna a passeggiare nel Paradiso terrestre», afferma lo stesso sant’Ambrogio.
In questo volume, si prende in esame il tema del perdono cristiano, esaminato nel suo rapporto con la violenza e con la misericordia.
Nella realtà odierna, la violenza (da sempre presente nella storia umana come strumento immediato di soluzione dei conflitti, sia nei rapporti interpersonali come nello scenario politico internazionale) è amplificata dalla globalizzazione dell’informazione e dalla cosiddetta cultura di morte ed è accettata e spesso giustificata, producendo un numero sempre maggiore di vittime distrutte nella loro identità e dignità, a causa di una tendenza a considerare la persona umana solo uno strumento per raggiungere i propri scopi.
In un contesto simile, il contenuto semantico del termine “perdono” (per-dono) inteso come “azione di dono gratuito all'altro”, sembra perduto definitivamente.
Occorre proporre una cultura diversa, fondata su presupposti antropologici e filosofici che facciano riferimento ad una dimensione alternativa a quella materialistico-antropocentrica e partano piuttosto da una visione che trova nella Trascendenza la possibilità di spiegare anche le motivazioni e gli scopi dell’agire umano.
Dalla prefazione Pierbattista Card. PIZZABALLA
Paolo GENTILI, coniugato e padre di sette figli, laureato in Medicina, specialista in Psichiatria, psicoterapeuta. È stato professore associato di Psicologia clinica della Facoltà di Medicina presso l’Università «Sapienza» di Roma e docente incaricato presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia; attualmente è professore invitato di Psicologia pastorale presso lo Studium Theologicum Galilaeae, in Israele, dove è in missione con sua moglie. Ha alle spalle lunghi anni di esperienza come catechista, psicoterapeuta e operatore pastorale in aiuto alle famiglie.
Il canto delle pietre è il diario immaginario del monaco che nel XII secolo edificò in Provenza l'abbazia di Le Thoronet, un capolavoro di architettura cistercense. La vita di un cantiere medioevale, i problemi tecnici, finanziari e dottrinali che ostacolano i lavori, le soluzioni adottate, di una modernità sorprendente, appaiono ben poco conformi a quell'immagine convenzionale del Medioevo che si è consolidata nel corso dei secoli. Ma ciò che nel racconto "tocca" e coinvolge di più è la lotta che il monaco ingaggia con la fragilità degli uomini e l'inerzia della materia, e, soprattutto, con le proprie contraddizioni interiori. La costruzione dell'abbazia diventa così un viaggio iniziatico nel profondo dell'essere umano. Ma non è tutto. Questa cronaca che per altro si fonda su ricerche storiche originali e su una lunga esperienza di costruttore - è anche una riflessione appassionata sui rapporti fra il bello e il necessario, fra l'uomo e la natura, fra il dovere verso gli altri e quello verso Dio. Ed è una meditazione lirica sull'Ordine nel quale tutti gli ordini trovano spazio, e su quell'arte che riassume tutte le altre: l'architettura.
Maria del Carmen Hernàndez Barrerà nasce a Olvega, Navarra (Spagna), il 24 novembre 1930. Figlia di Antonio Hernàndez Villar e di dementa Barrerà Isla, quinta di 9 figli. Per desiderio del padre, inizia gli studi in chimica all'Università di Madrid e, dopo la laurea, lavora per un breve periodo nell'industria di famiglia. Nel 1951 entra nell'Istituto Misioneras de Cristo Jesus per rispondere alla sua vocazione missionaria. Negli anni 1957-59 studia teologia a Valencia. Più tardi entrerà in contatto col rinnovamento del Concilio Vaticano II attraverso il liturgista padre Pedro Farnés. Dopo quasi due anni vissuti in Israele, conoscendo dal vivo la tradizione del popolo di Dio e dei luoghi santi, nel 1964 si reca tra i baraccati di Palomeras Altas (Madrid) in attesa di costituire un gruppo missionario. Qui conosce Kiko e comincia a lavorare con lui. Insieme daranno vita a una nuova forma di predicazione che porterà alla nascita di una piccola comunità cristiana: la prima Comunità Neocatecumenale. Il temperamento artistico di Kiko, la sua esperienza esistenziale; lo slancio di evangelizzazione di Carmen, la sua attenzione al rinnovamento liturgico del Concilio, centrato sul Mistero pasquale; l'ambiente dei poveri costituiscono quel "laboratorio", che dà luogo a una sintesi kerigmatico-teologico-catechetica, colonna vertebrale di tutto il processo di iniziazione cristiana, che è il Cammino Neocatecumenale. Il 16 maggio 2015 riceve, insieme a Kiko Arguello, il dottorato in teologia honoris causa dalla Catholic University of America di Washington (USA). Muore a Madrid, il 19 luglio 2016.
A diciassette anni, quando il futuro ha i contorni ancora incerti ma pure allettanti di una promessa di vita, Maria Grazia subisce un incidente che imprimerà una svolta decisiva alla sua esistenza. È l'irrompere di un Altro, che da quel momento segnerà il suo cammino e la accompagnerà fino all'ultimo respiro. Una presenza indomita, dolce e tenace, tenera e irriducibile, che si propone quotidianamente al gioco della sua libertà. Un legame che si documenta come rapporto quotidiano nello sterminato volume di lettere di cui il presente libro propone una significativa raccolta. Lettere, non diario, perché la scrittura di Maria Grazia è sempre interlocuzione, dialogo, appello, grido vibrante e appassionato. Che si rivolgono sempre a un tu reale, storico, con cui la comunicazione non è mai di circostanza, ma che urge la circostanza finché ne sveli il senso. Queste lettere accompagnano tutta la sua vita, ne mettono in evidenza i passaggi, le acquisizioni di consapevolezza che l'esperienza le saprà mostrare. Le forme che la sua vocazione attraverserà, superandone limiti e contraddizioni. Come un lungo pellegrinaggio, al termine del quale, resa umile dalle prove, dolorose, attraverso cui la sua chiamata l'ha condotta, si consegnerà, come una sposa, all'abbraccio ardente e appassionato del suo Signore, l'amato Gesù. Prefazione del Card. Angelo Scola.
C'è un proverbio indiano, citato in apertura al volume, cui Carlo Maria Martini attingeva per parlare dei quattro stadi nell'esistenza umana ovvero fanciullezza, giovinezza, età adulta e anzianità: «Il primo è quello nel quale si impara, il secondo è quello nel quale si insegna e si servono gli altri, mettendo a punto ciò che si è imparato. Nel terzo stadio si va nel bosco, e questo è molto profondo, significa che il terzo stadio è quello del silenzio, della riflessione, del ripensamento. E poi c'è il quarto tempo, in cui si impara la mendicità». Una riflessione che affronta il tema della sapienza della vita con l'intento di aiutare a superare con consapevolezza le prove che la quotidianità impone, senza soccombere sotto il peso delle crescenti responsabilità che sono, in ultimo, fonte di crescita per ognuno di noi. Meditazioni che partono dal cuore del messaggio cristiano, per affrontare con serenità l'avventura umana, sorretti sempre da comprensione e amore. «È qui, adesso, in questo momento, che siamo chiamati a vivere con responsabilità la nostra esistenza; è qui, ora, che ciascuno deve impegnare tutto se stesso, perché il passato sia senza rimpianti e il futuro sia sempre ricco di promesse e di speranze.» Prefazione di Alessandra Augelli.

