
In questo libro, il prelato dell'Opus Dei offre un modello di orazione contemplativa, spiegando al lettore che cosa intendeva san Josemaría Escrivá quando esortava a «entrare nelle scene del Vangelo come uno dei personaggi». Lo scenario è quello della preghiera di Gesù nell'Orto degli Ulivi: è un episodio drammatrico della vita di Cristo attraverso il quale il cristiano può apprendere il significato del dolore e della riparazione, alla luce della speranza e nella gioia della risurrezione (pp. 296).
Mons. Javier Echevarrí a (Madrid, 1932) ha collaborato strettamente con san Josemaría Escrivá dal 1953 al 26 giugno 1975, data di morte del fondatore dell'Opus Dei. Sacerdote dal 1955, nel 1994 è stato chiamato a succedere a mons. Alvaro del Portillo come Prelato dell'Opus Dei. Ha ricevuto la consacrazione episcopale da Giovanni Paolo II il 6 gennaio 1995. Dello stesso Autore, in questa collana, le Edizioni Ares hanno pubblicato Itinerari di vita cristiana (2001).
Questo libro è stato scritto per tutte quelle persone che, nonostante le loro limitazioni, si sforzano giorno dopo giorno di migliorare la qualità del loro amore. È utile anche per chi ha scarsa famigliarità con la vita cristiana. Chi, infatti, non cerca la pace interiore, l'autostima senza inganni o una maggiore capacità di amare? Nella prima parte del volume, l'autore invita ad assumere un atteggiamento positivo e realistico nei confronti di un'umile autostima. La condotta opposta, l'orgoglio, genera conflitti e compromette la qualità di tutti i nostri amori. La seconda parte mostra, invece, come l'amore di Dio contribuisce a risolvere in modo stabile i gravi danni causati dall'orgoglio, restituendo alla persona la sua autentica dignità.
Questo libro non è solo per Natale, perché svela al lettore come assistere ogni giorno a uno spettacolo divino, l'opera d'arte di Dio che progetta e fa progettare tutto quanto serve per la ita, di suo figlio e nostra. E che attraversa le storie di una stella, Oriente, a cui viene affidato un ruolo da protagonista; di un asino, Moreno, con un segno speciale sulla fronte e scelto a far da personaggio di primo piano del presepe tra altri animali molto più appariscenti di lui; di un albergatore, Gioacchino, che non è stato poi così egoista come il luogo comune lo dipinge. E poi c'è Zabulone, un giovane pastore in apparenza un po' sciocco ma invece molto vicino a capire tutta la verità. Una lettura che commuove, che coinvolge fino al sorriso, come solo le grandi storie sanno fare.
Mentre si va instaurando un efficace dialogo tra ebrei e cristiani, come può essere inteso il legame che unisce il "Nuovo" all'"Antico" testamento? Per la de Souzenelle il mistero di questa relazione si deve intendere come quello dell'unica parola di Dio, nella quale la "buona novella" risuona in piena armonia con la prima alleanza: ne compie le promesse e ne svela il segreto; il suo messaggio, di rimando, si illumina delle mille correlazioni che la legano alla Torah.
«Voglio parlare d’amore in queste pagine, in tutte queste pagine.
Tutto ciò che sulla terra è stato scritto, detto, sussurrato, urlato, gridato, parla d’amore...
Per dire della forza della passione insediata nel profondo dell’anima, da dove giunge a coinvolgere anche i corpi in vorticose danze d'amore, Christiane Singer fa rivivere la storia di Eloisa, quintessenza dell’amante e mistica. Attraverso questa confessione insieme pagana e spirituale, questa singolare esaltazione del piacere e dell’estasi ci offre un testo di straordinaria intensità, una trasmissione di umanità amorosamente partecipe «passione» appunto «fra cielo e carne»
In questo libro Maurice Bellet abbandona la problematica moderna, secondo la quale la critica, istanza ultima di verità, giudica la credenza e la costringe a difendersi come può, irrigidendosi, ancorandosi alle vecchie tradizioni e credenze, o ricorrendo ad adattamenti e compromessi. La critica radicale è il vangelo, che fa affrontare la prova di verità più inesorabile. Con il vangelo ogni pretesa di sapere e di potenza viene messa in questione, e la critica non risparmia nemmeno ciò che è chiamato "Dio" e il "cristianesimo".
Annick de Souzenelle, con la lettura biblica cui ha ormai abituato il suo lettore, affronta nel presente libro il mito di Giona, il profeta inviato da Dio a Ninive per convertire quella città. Succhiando antiche e nuove sapienze dalle radici delle parole ebraiche del testo e servendosi della psicologia junghiana, ella ci offre un’illuminante meditazione su noi stessi, sul nostro tempo con le sue paure e insidie, le sue speranze e i suoi rischi. Nelle società moderne, forse più di ieri, l’uomo si sente sempre più frammentato, lacerato e davvero “spaccato” in due tra le necessità, i desideri, gli obblighi esistenziali, e le aspirazioni di realizzazione umana, di profonda vita spirituale per dare senso alla propria esistenza e alla storia vissuta, pena la loro fagocitazione conseguente all’incoscienza, alla sottrazione, al rifiuto.
«Il nostro libro vorrebbe costituire un aiuto ai cristiani per un ritorno interiore alle origini, per renderli ancora più attenti alla chiamata dello Spirito, che, dal profondo della loro anima, li invita alla "preghiera nella verità", alla "preghiera incessante", secondo le parole stesse di Gesù nel Vangelo.» Pensato sulle rive del Gange, in intimo contatto con l'esperienza spirituale upanis.adica e con la tradizione mistica della chiesa, ci auguriamo che il libro continui ad essere un compagno di strada sul cammino che conduce all'Horeb dove Dio lo attende. «Possa essere d'aiuto a trovare la via dell'interiorità e a guidare le anime "fino al centro del cuore", là dove, risvegliandosi a sé, l'uomo si risveglia a Dio.»
Dio si manifesta nell'uomo, in ogni cosa e tempo, in tutta la creazione con la sua costante rivelazione, costituendosi in lui come coscienza profonda, "silenzio" di verità, cui egli è chiamato a "risvegliarsi"; come solitudine identificante, non allontanamento dagli altri o alienazione, ma superamento salutare dell'io. Nel cuore del "saggio" o del "santo" questo processo conferisce maturità di vita e prende forma compiuta attraverso le vie dell'orazione incessante, della meditazione, della lectio divina, delle tecniche ascetiche conducenti alla quiete del cuore, al "riposo sabatico". Il libro può essere di grande utilità a chiunque sia in sincera ricerca di sé e dell'Assoluto, magari per strade non convenzionali o comunque personali, ma con severità di metodo e senza fughe dalla realtà: una "compagnia" straordinaria sul cammino che conduce "al centro del cuore".
Henri Le Saux, monaco benedettino francese, lasciò l’Europa per l’India nel 1948, per unirsi a Jules Monchanin nell’āśram di Śāntivanam nel Tamil Nadu. Qui egli “scopre” l’advaita attraverso la meditazione delle Upanisad e grazie all’incontro con due grandi maestri: Śrī Rāmana Mahārsi e Śrī Gñānānanda. Vive perciò, nella profondità della sua coscienza, l’esperienza, spesso dolorosa e angosciante, dell’incontro tra le due tradizioni culturali e spirituali d’occidente e d’oriente. Muore a Indore nel 1973.
Prima di concludere la giornata da sempre gli uomini e le donne con i loro piccoli hanno trovato il modo per celebrare lo scorrere del tempo e riconoscere nello spazio abitato un segno di benedizione che viene da più lontano, che è sempre prima di noi e spinge oltre le tristezze per animare la speranza.
I riti sono un modo per aprirsi alla trascendenza, e così contestualizzare il proprio vissuto in un ambito più grande, che ci permette di non prenderci troppo sul serio e di vivere seriamente e consapevolmente la nostra avventura umana, fedeli al nostro fazzoletti di terra - la propria tradizione religiosa - e memori della ricchezza che è racchiusa nelle tradizioni altrui.
Ilmondo del silenzio è opera affascinante per lo stile piano e poetico,
ma soprattutto per l’armonia che trae dagli infiniti “incontri”
che descrive, come una “anti-fuga” di variazioni sul tema essenziale
del “silenzio”.
Non ci sono perdenti per Cristo. Non ci sono perdenti per la chiesa, che è il corpo di Cristo. Ci sono solo persone nel bisogno. Che vivono situazioni difficili. Esperienze talora tragiche. Malattie nel corpo o nell'anima. E che credano, spesso senza voce, in modo soffocato e nascosto. Affinchè nessuno senta. Ma c'è Uno che sente e ascolta. C'è Uno che se invocato è pronto a dire: "Non temere!". E non solo a dire, è pronto a dare. A dare la sua mano. La sua grazia. Perché il ristoro è li, per far vivere. Perché colui che è sceso nel' Ade per trarne fuori Adamo è li, per trarre fuori anche tutta la stirpe di Adamo. Tutti i perdenti. E cioè tutti noi.
Le tre parole “mistero, presenza, segno” che originano il contenuto di queste pagine hanno il sapore conciliare, non solo per la contemporaneità di alcune con quello storico evento, ma soprattutto perché ci offrono una panoramica eloquente del pensiero e del sentire turoldiano a riguardo della chiesa. Sono infatti espressione di idee intuite profeticamente e frequentate con passione e speranza da Turoldo insieme ai tanti che le hanno soffertamente e coraggiosamente anticipate.
I testi qui raccolti, riproposti per la lettura sotto l’espressivo titolo «mia chiesa» intendono dare testimonianza dell’appassionato amore che padre David ha nutrito per la chiesa, il cui mistero ispirava i suoi interventi, il desiderio che ne auspicava una presenza storica più rispondente alla sua natura e la speranza che splendesse come segno visibile di unità, di pace e di giustizia.

