
Un esplicito riferimento a David Bowie nel titolo del nuovo libro che Massimo Granieri – il «prete deejay radiofonico», come lo chiama Andrea Monda, direttore dell’“Osservatore Romano” – dedica alla rispettosa ricerca del divino nella musica contemporanea analizzando i testi di artisti «dubbiosi e con poche speranze per l’aldilà» come Ry Cooder, David Sylvian, Lucio Battisti, Giovanni Lindo Ferretti, i Depeche Mode…
Integrano il volume le interviste a Patti Smith, Luca Madonia e Bugo.
Avete presente un rabdomante? È questa la prima immagine che mi viene in mente se penso a Massimo Granieri, il prete deejay radiofonico. Ma cosa cerca in quel campo sconfinato che è la musica il rabdomante Max Granieri? Forse padre Max cerca non qualcosa ma Qualcuno. Lo fa con discrezione, acutezza, profondo senso del rispetto per le opere che studia, ma questo fa: cerca Dio. E lo trova. Si muove in aree apparentemente deserte ma incede sicuro perché conosce la “segnaletica” che il Dio cristiano, il Dio incarnato, ha sparso nel variega-to mondo dell’arte umana. Nei suoi attraversa-menti coraggiosi, Granieri mostra un passo calmo ed elegante, come fosse animato da una profonda gioia, che trasmette grazie a uno stile pacato e aperto al confronto verso l’altro, curioso e desideroso di conoscere qualcosa di diverso e ma-gari distante da lui.
Andrea Monda
A oltre 50 anni dalla morte di Jack Kerouac, il senso della sua opera - tormentata e magmatica - rimane ancora in parte inesplorato. Luca Miele setaccia la poetica dell'autore di On The Road, rintracciando le apparizioni che essa ospita, le estasi che la accendono, la solitudine che la tormenta, le cadute che la trafiggono, l'inquietudine religiosa, l'ansia, la lotta e l'affidamento a Dio.
A partire da un intenso incontro con Dario Fo, il teologo, scrittore e burattinaio Marco Campedelli - cui Alda Merini dedicò "La clinica dell'abbandono" - ripercorre l'opera del premio Nobel, in primis "Mistero buffo", mettendo al centro la fragile quanto suggestiva ipotesi che Gesù avesse fondato una compagnia teatrale itinerante, fatta di pescatori, ex esattori delle imposte e donne, per trasmettere il suo messaggio rivoluzionario. «"E se Gesù avesse messo davvero in piedi un teatro? Una compagnia girovaga per raccontare il mondo alla rovescia?" Lo chiesi a Dario Fo al Castello di Sorrivoli. Fo, facendo gli occhi grandi, rispose "E perché no?". Un Gesù "figlio d'arte", del più grande drammaturgo dell'universo, un Gesù giullare, che svela i segreti di Dio mentre smaschera la macchina del potere: cosa avrebbe provocato il teatro del vangelo se non fosse stato censurato? Ripercorrendo l'opera desacralizzante di Fo, da Mistero Buffo a Lu Santo Jullare Francesco e non solo, mi sono messo alla scuola del teatro viaggiante del Nazareno, rivendicando uno spazio rispetto a un sistema teologico e a una macchina di potere che hanno continuato a nascondere la forza eversiva e rivoluzionaria del messaggio di Gesù» (Marco Campedelli).
Esponente di spicco della cultura italiana degli ultimi decenni, Erri De Luca si accosta da tempo al testo biblico da lettore, traduttore, esegeta e riscrittore. In questo volume, Luciano Zappella ci propone un articolato percorso finalizzato a mettere in risalto le coordinate della presenza della Bibbia nella multiforme opera De Luca. Narratore, saggista, poeta e traduttore, nel panorama culturale degli ultimi decenni Erri De Luca rappresenta indubbiamente una voce originale. Le sue esperienze biografiche, le scelte letterarie e il suo rapporto con la Bibbia ne fanno un intellettuale senza parentele. Non credente ma non ateo, De Luca si è accostato al testo biblico da lettore competente, da traduttore autodidatta, da ri-narratore e scrittore poliedrico. Lungi dall'essere semplice motivo ispiratore, la Bibbia - che lo accompagna da quarant'anni - funge per lui da testo fondatore e da codice antropologico universale, influenzandone anche lo stile. Luciano Zappella propone un percorso ragionato nella variegata produzione di De Luca mettendo i lettori a diretto contatto con le sue parole.
Siamo a prova di specchio, oppure evitiamo di specchiarci per non dover vedere la realtà? Nel primo caso, cadiamo in perfezionismi e presunzioni; nel secondo, non affrontiamo la sfida di un possibile cambiamento. Gesù di Nazareth non si presenta come uomo di specchiata virtù, ma come persona in ricerca. A trent'anni opera una conversione, perché non gli interessa specchiarsi su un modello di vita comodo e appagante. Negli annunci della passione emerge il suo profilo, che fa da specchio a chi lo segue, per riflettervi scelte di vita personali e collettive, alternative alle logiche del mondo. Il suo andare incontro alla morte diviene scommessa paradossale di vita. Come in uno specchio, mostra chi è lui e insieme di chi possiamo essere noi, riflessi nella sua libertà che libera. "La cifra del nostro presente risiede nella stanza piena di specchi, eco delle nostre voci soliste. Possiamo uscire da questo labirinto autoreferenziale senza lasciar cadere il desiderio di rispecchiamento in cui essere riconosciuti e amati? Dario Vivian accetta la sfida e fa del quadro di volti e specchi una scena mobile, attraverso una cristologia narrativa, parabola che spiazza e interpella il nostro vissuto." (Lidia Maggi) Prefazione di Lidia Maggi.
Le famose Losungen, testi biblici e meditazioni giornaliere, preparate ogni anno, a partire dal 1731, dalla Chiesa evangelica dei Fratelli Moravi (Unità dei Fratelli di Herrnhut). La presente edizione, tra-dotta e adattata per il lettore italiano, è la 292a. Un invito alla lettura quotidiana della Bibbia. Uno strumento di comunione spirituale intorno al testo biblico. Un lezionario ecumenico di passi biblici e meditazioni giornaliere. In appendice il Lezionario comune riveduto (Revised Common Lectionary) per il 2022. Introduzione di Paolo Ricca.
In passato, si moriva meglio? La morte spaventa oggi più di un tempo? Questi i classici in-terrogativi dietro a una riflessione su un tema sconveniente e sospetto - la morte - riguardo a cui sembra essersi perso il coraggio di parlare. Nella società contemporanea infatti assistiamo alla rimozione della morte, non più accettata come fine del cammino dell'esistenza propria e altrui, come fatto della vita cui prepararsi. Partendo da questa constatazione, da teologo ed esegeta della Bibbia qual è, Marguerat af-fronta tre grandi letture cristiane di questo difficile momento dell'esistenza umana: la morte come insondabile decreto divino, come «salario del peccato» e, infine, come "passaggio" alla risurrezione.
Il lungo ministero di un pastore valdese che ha affiancato la predicazione alla scrittura e all'organizzazione culturale si sviluppa per alcuni decenni e si esprime in diversi ge-neri letterari: sermoni, articoli di attualità, studi biblici, relazioni per incontri giovanili. Ne deriva un itinerario che permette di riconoscere alcuni temi costantemente all'attenzione dell'autore: la necessità di costruire e rafforzare continuamente la chie-sa, e la necessità che ogni individuo formi sé stesso alla luce della Parola biblica, strumento che ci permette di vagliare criticamente ogni intrapresa o schema ideologico con cui giornalmente ci confrontiamo. "Io dico che se non si prega non si diventa uomini e credenti; non perché Dio ti faccia diventare diverso in quel momento, ma perché senza quella disciplina non cresci, non irrobustisci la tua vita, non puoi dare spessore al tuo esistere; resti un foglio di carta, interessante e bello da leggere, ma sottile, che strappi con un colpetto d'unghia. È per te che preghi, non per Dio, e quella verifica, che fai confrontando i tuoi progetti e le tue delusioni, le tue frustrazioni ed i tuoi slanci con l'Evangelo ti fa essere altro. Parli al buio e nel buio, certo, e l'ipotesi che non ci sia nessuno ad ascoltare all'infuori di te stesso è un'ipotesi reale, nessuna voce ha mai risposto alla preghiera di un credente, ma il pregare è costitutivo del mestiere della fede proprio perché è un fare che non è prassi". (Giorgio Tourn) Prefazione di Ermanno Genre. Postfazione di Elena Bein Ricco.
Oggi leggiamo un Paolo di seconda mano, un Paolo filtrato da due millenni di letture cristiane, che hanno sovraccaricato il suo testo di luoghi comuni, immagini distorte e caricature. Paolo ha così assunto una reputazione sgradevole: l'apostolo dottrinario, irascibile, intollerante, antifemminista, antigiudaico... Dobbiamo assolutamente tornare al Paolo di Paolo. Leggere Paolo attraverso i suoi testi. E allora ci rendiamo conto che la fama che gli viene attribuita è smentita da un serio esame del suo discorso. Nel corso dei secoli, Paolo è diventato vittima dei suoi lettori. È urgente tornare alle sue parole ardenti e vivificanti. La lettura delle parole dell'apostolo è essenziale per chiunque voglia definire l'identità del cristianesimo.
Il "Padre nostro" è al centro della vita cristiana: eppure corre il pericolo di essere reci-tato meccanicamente senza essere veramente compreso, rischia di diventare una litania senz'anima. Dobbiamo quindi chiederci che cosa significhi. Quando Gesù lo insegnò ai suoi discepoli, non voleva certo condannarli alla vana ripeti-zione. Anzi, ha vissuto così intensamente ciascuna delle sue richieste da condurci, attra-verso di esse, a un nuovo modo di vivere. Gesù ci offre la possibilità di pregare un Padre accessibile e compassionevole. E poi, dopo avergli chiesto di occupare tutto lo spazio della nostra realtà umana, ci dà il per-messo di chiedergli tutto ciò di cui abbiamo bisogno.
Una «teologia pratica fondamentale» focalizza la sua attenzione sulle persone ed i loro problemi esistenziali. Si interroga criticamente sul reale impatto della fede e della spiritualità cristiana nelle scelte etiche dell’esistenza umana. Il cuore di questa visione non sta in una teoria astratta ma nella vita concreta delle persone, di una comunità di fede, nell’orizzonte del sacerdozio universale delle e dei credenti.
«La teologia è pratica quando si lascia interrogare dalle questioni vitali dell’esistenza umana, accogliendo e ponendo domande, in particolare quando la vita va incontro alla malattia, alla sofferenza, alla morte, senza la pretesa di avere l’ultima parola. I testi raccolti in queste pagine, nati nell’incontro e nel confronto ecumenico, offrono degli spunti di riflessione e di domanda: luoghi diversi, come lo sono un’aula accademica, un convegno di studi, un ospedale… Oggi non è più possibile assolutizzare una legge morale in campo etico e la teologia pratica cerca, con umiltà, di indicare dei percorsi da seguire all’insegna di una vita responsabile».
Ermanno Genre
Che lingua parlavano Adamo ed Eva tra loro due, e con il Creatore, quando vivevano nell'Eden? Impossibile rispondere a una simile domanda, eppure è una domanda vertiginosa, portentosa, perché basta porsela con attenzione ed ecco dischiudersi davanti a noi come un antico canto delle delizie, che tanto più interpella il nostro tempo, attirato invece dalle seduzioni di una lingua negativa: un gergo dell'odio, un turpiloquio della malvagità.