
Cosa cambierebbe nella nostra vita se vivessimo con più fervore? Come sarebbe il mondo senza questa emozione primordiale che scalda la vita e che sostiene ogni agire individuale e collettivo? È necessario correre il rischio di vivere con fervore, piuttosto di adagiarci a vivere in assenza di passione, stupore, entusiasmo. Perché un mondo senza fervore sarebbe un mondo incapace di osare, di immaginare e di esplorare senza paura. Il fervore, infatti, è portatore di un sovrappiù di vita, di sovrabbondanza, un eccesso che è energia rivolta verso l'amore, la gioia, la creazione. È necessario recuperare questa emozione: per alimentare il lato più impulsivo della vita umana! L'autrice, pur con un approccio filosofico, affronta gli ambiti dell'esistenza (umano, relazionale, sociale, religioso) donando concretezza al suo discorso attraverso esempi di vita ordinaria e quotidiana (dal tifo al fervore religioso, non tralasciando il duende, emozione legata al canto del flamenco), senza tralasciare le numerose derive del fervore, come l'adorazione idolatrica, la violenza, l'idealizzazione: "È nell'ombra del cuore di ogni individuo che si svolge questa battaglia del fervore tra desiderio e malinconia, tra slancio vitale e rabbia distruttiva".
Nelle nostre giornate possiamo sentirci intrappolati in schemi di azione e reazione negativi, illusori e dannosi. Diagnosticarli è fondamentale per accedere a un più profondo livello di consapevolezza. La mappa di queste distorsioni dell'umano consegnataci dagli antichi autori monastici ci offre una nuova chiarezza di visione. I loro testi costituiscono un tesoro di insegnamento pratico che l'autore ci riconsegna in pagine che sono un distillato di sapienza, affinato in anni di riflessione personale ed esperienza pastorale. Le otto tradizionali "passioni dell'anima" vengono collegate alle otto beatitudini evangeliche, presentando un itinerario da cui possiamo imparare cosa sia la vera libertà alla scuola della tradizione cristiana.
L'amicizia di due giovani donne, madri. La grazia di una nascita e la condanna di una diagnosi senza speranza. Una lettera, commovente, poetica, piena di passione, destinata a Jeanne, bambina ancora senza una storia, la cui madre morirà pochi mesi dopo la sua nascita per un cancro. Marion Muller-Colard, l'amica, mettendosi alla scuola della nuova vita che inizia e di un'altra che si confronta con la finitudine, racconta senza compromessi il calvario della malattia, e condivide una profonda riflessione sullo spessore del tempo e della realtà, sulla potenza dell'attimo, vissuto "come funamboli", domando le vertigini di fronte agli abissi. E scrive, scrive a Jeanne per trasmetterle ciò che questa traversata sul filo di sua madre le ha insegnato. Prefazione di Isabella Guanzini.
Quando diciamo che l'essere umano è a immagine di Dio, a quale essere umano pensiamo? Una certa retorica antievangelica sul valore salvifico della sofferenza, quanto in realtà è violenta nei confronti delle persone con disabilità? In quest'opera a due voci, Simone Stifani, a partire dal proprio vissuto, offre chiavi di lettura che interrogano la comprensione della disabilità da parte di chi non la vive, mettendo in discussione un immaginario di Dio, della chiesa, dell'essere umano pensato e narrato sempre dai presunti "normali". Luciano Manicardi ricorda che ciò che chiamiamo "disabilità" è una possibilità dell'umano. Una possibilità indesiderata ma reale. La vulnerabilità è una dimensione antropologica costitutiva dell'umano, che anche i vangeli affrontano: lo sguardo di Gesù si pone in modo particolare su quelle persone malate nel corpo e nella psiche che noi oggi chiamiamo "disabili". Prefazione di Veronica Donatello.
A quale identità è chiamato il presbitero? Quale volto, stile e postura, assume oggi? Il presbitero non è, e non deve aspirare a essere, un superuomo, né un leader carismatico, né tanto meno un manager. Non è un uomo onnipotente e onnisciente. Eppure, oggi come ieri, qualora il bisogno di riconoscimento sociale e di dominio sugli altri prevalga rispetto a un atteggiamento umile e modesto, il presbitero si allontana dalla sua vera e più profonda identità. L’autore, in questo agile libro, tenta di dare spessore alla spiritualità del ministro ordinato, delineandone un “volto diverso”, volto che parte dalla parola di Dio e che si rispecchia nella spogliazione e nell’abbassamento scelti da Cristo, narrati dalla scena della lavanda dei piedi nel Vangelo secondo Giovanni.
"Chi si ricorderà degli uomini? Ci vuole cuore perché ci sia memoria". Il ricordo di Christian Bobin (1951-2022) resta vivo e parla nei suoi libri. Poeta, romanziere, narratore e uomo di contemplazione, silenzio e solitudine, Bobin ha raccolto con il suo sguardo le piccole cose che danno senso a ogni esistenza. Ha dato voce con la sua intensa scrittura a tutto ciò che vive. Ha narrato della vita e della morte, dell'assenza e dell'amore, della natura e della malattia, e di Dio. L'autore, raccogliendo il frutto di incontri, scambi epistolari e interviste, propone qui un percorso tra le pagine più belle dell'opera di Bobin, la cui parola non solo è fonte di gioia, ma getta anche luce sulle ombre dell'esistenza. Pagine sensibili e preziose che possono nutrire la preghiera e la meditazione sul mondo.
Spesso siamo portati a considerare l'eros in contrapposizione all'agape, ma tra queste due espressioni dell'unico amore vi è distinzione e somiglianza. Sia nell'eros che nell'agape affermiamo noi stessi dimenticando noi stessi, ci troviamo perdendoci nell'altro. Il Cantico dei cantici ci permette di cogliere come eros e agape sono il frammento e il tutto dell'esperienza amante. Cogliendo la terrestrità e l'umanità dell'amore del Cantico dei cantici, la sua dimensione erotica, se ne coglie la portata simbolica. Quella portata che ci conduce a vedere nello scambio delle parole e nell'incontro dei corpi degli amanti del Cantico la parabola dell'amore di ogni coppia umana, ma anche il mistero della parola di Dio che prende dimora nel corpo umano.
Si può abitare il mondo senza conoscerlo? Si può conoscerlo senza esplorarlo? Si può esplorarlo senza interrogarlo? In tempi in cui, avendo il mondo intero a portata di click, lo stupore sembra scomparso, la curiosità accende di passione la vita. Un'antica etimologia la fa derivare dal vocabolo cor (cuore) e dal verbo uro (bruciare). La curiosità? Un cuore che arde! La curiosità è interesse e cura, attenzione, dedizione e responsabilità per ciò che esiste e potrebbe esistere, e in particolare per l'umano. La curiosità, passione per la ricerca, ci tiene in vita e ci chiede di uscire dall'apatia, dal senso di impotenza, dalla pigrizia mentale, dal perverso meccanismo della delega, suggerendoci che in noi abitano risorse di vita che attendono solo di essere attivate. E portandoci ad abitare il mondo con consapevolezza, si svela essere un fondamento essenziale per una vita etica.
Quale felicità cerchiamo? Che cos'è la felicità vera? Non di rado, in una certa spiritualità, religione e/o fede sono associate a dolore piuttosto che a felicità. Si parla anche di beatitudine, ma come di un premio futuro per la sofferenza sopportata nel presente. Eppure nelle Scritture ritorna spesso sulle labbra stesse di Dio l'espressione, che è anche promessa: "Perché tu sia felice...". Le vie che lui indica attraverso i comandi che trasmette a noi esseri umani hanno come unico fine la felicità. Essa è infatti il cuore stesso della sua volontà, del suo desiderio, per ogni creatura. Il cammino tracciato dalle Scritture, accolto e perseguito con appassionato abbandono, è la via verso questo bene, da tutti sperato e atteso.
Nel nostro mondo contemporaneo, così spesso appiattito sull'esistente come unico orizzonte plausibile, è ancora possibile credere come nelle generazioni passate, o la fede può avere senso solo come apertura alla speranza in ciò che non è prevedibile, come affidamento a colui che rende reale ciò che in apparenza è impossibile? Pubblichiamo la traduzione dell'articolo "La foi est-elle encore possible?", apparso nella rivista Études 4 (2020), pp. 79-89.
Le questioni di etica familiare e sessuale suscitano dibattiti vivaci nelle nostre società, che mostrano di considerare ancora la famiglia come un luogo "sacro": cosa può dirci al riguardo la Bibbia? La lettura dei testi del Primo e del Secondo Testamento segnala che l'interesse della Scrittura è rivolto alla fecondità più che alla famiglia in quanto tale, e che i divieti legali possono e devono essere superati dalla vita. Pubblichiamo qui la traduzione dell'articolo "La fécondité dans la Bible", apparso nella rivista Études 12 (2019), pp. 66-77.
Di fronte a un presente incerto e contraddittorio due sono le risposte possibili: chiudersi impauriti nei propri steccati o cercare, al contrario, di affrontarlo con senso di responsabilità e speranza. Leggere il presente con gli occhi di domani ci permette, così, di immaginare un mondo ispirato a un ideale di fraternità e sororità universali e ci spinge a muoverci in questa direzione. Pubblichiamo qui l'adattamento della conferenza pronunciata alla Caritas ambrosiana il 18 marzo 2023.