
Vi darò pastori secondo il mio cuore, che vi guideranno con scienza e intelligenza. (Ger 3,15)
È di particolare e fausta gioia in occasione del novantesimo genetliaco del Card Salvatore De Giorgi, Arcivescovo Emerito di Palermo, pubblicare le sue omelie del giovedì santo, tenute durante la Messa Crismale presso la Cattedrale di Palermo e consegnate a tutto il popolo santo di Dio e in maniera particolare ai presbiteri e ai diaconi durante i dieci anni di episcopato nella chiesa palermitana. Queste omelie costituiscono un dono di condivisione della fede e del discepolato di Cristo capo e pastore della sua Chiesa. Questo piccolo omaggio a Sua Eminenza vuole essere segno di gratitudine a Dio per il dono dei suoi pastori alla Chiesa, quei pastori che Dio dona sempre secondo il suo cuore. (cfr Ez 34)
Il ministero episcopale di sua Eminenza è stato caratterizzato nelle diverse chiese particolari servite da lui con instancabile zelo, da una particolare fecondità vocazionale, più di un centinaio i presbiteri ordinati da Sua Eminenza, di cui sessanta solo a Palermo.
Per tutti i sacerdoti ordinati lungo il suo ministero, il Cardinale De Giorgi ha voluto fare speciale “dono” invitandoli a Roma a concelebrare il 26 giugno 2013 in occasione del suo 60° di ordinazione presbiterale con il santo Padre Francesco. In quell’occasione lo stesso Santo Padre ha indirizzato a sua Eminenza, nell’omelia e durante l’udienza generale, parole che ne delineano la paternità pastorale e spirituale, lo zelo apostolico, la vita di donazione:
“Oggi il Signore ci dà anche la grazia di questo brano della Bibbia in questa messa in cui facciamo festa a un padre. Io non so cosa ha fatto il caro Salvatore; ma sono sicuro che è stato padre; e la partecipazione di tanti sacerdoti alla sua gioia ne è un segno. Questa mattina dalla finestra della mia camera, vi ho visto mentre entravate prima dell’inizio della messa, e ho pensato: questi vengono a salutare il padre. (…) Il cardinale De Giorgi da parte sua può ringraziare il Signore per questa grazia che gli ha dato di essere padre». (Papa Francesco)
Ad multos annos Eminenza.
Don Giuseppe Calderone
Al Concilio Vaticano II il documento Nostra Aetate decretò il superamento dei presupposti dottrinali sui rapporti con l'ebraismo, le cui radici affondavano nella più antica tradizione cristiana. Con questa ricerca si è inteso contribuire alla comprensione dei fattori che indussero i vescovi riuniti in Concilio ad abbandonare ufficialmente la dottrina tradizionale sugli ebrei e sull'ebraismo postbiblico. A tal fine si è preso in esame, in particolare, l'apporto fornito da un piccolo gruppo di teologi di lingua tedesca, quasi tutti di origine ebraica. (Prefazione di Piero Stefani)
Il testo della dichiarazione Nostra aetate § 4. Prospetto sinottico della terza e della quarta (definitiva) redazione. La Dichiarazione giorno per giorno: un iter complesso e contrastato. Ebrei ed ebraismo ne La Civiltà Cattolica del dopoguerra (1946-1961).
La prospettiva della «Chiesa dei poveri» alla luce del mistero di Cristo presente nei poveri, tema centrale nel pontificato di Bergoglio, affonda le sue radici nell'humus del Vaticano II e può essere ricondotta storicamente agli interventi pronunciati durante l'assise conciliare dal card. Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna, di cui era assistente Giuseppe Dossetti. Con il suo desiderio di «Chiesa povera e per i poveri» Francesco legge la povertà come fenomeno di portata storica globale, un luogo teologico rivelativo della presenza del Signore, riconoscendolo «come un inequivocabile segno dei tempi che la Chiesa è chiamata a comprendere con gli altri uomini e ad assumere nell'accompagnare la vicenda storica del nostro tempo verso il compimento del regno di Dio».
Il 1° gennaio 1968 fu celebrata la Prima giornata mondiale della pace per iniziativa di Papa Paolo VI. Il cardinale Lercaro per la sua diocesi di Bologna volle sottolineare particolarmente l'evento con una celebrazione liturgica e un'omelia nella quale rifletteva a fondo sul tema della guerra e della pace in riferimento alle esperienze del secolo che la sua vita aveva attraversato. In particolare venne delineato il caso che nell'attualità del momento storico rappresentava l'atto di guerra più esplicito, devastante e discusso: l'intervento bellico degli Stati Uniti sul Viet Nam del Nord. La riflessione di Lercaro, che negli ultimi due anni del suo episcopato era tornato più volte sul tema della pace, si concentrava ora sul compito della chiesa di vigilanza e di profezia verso ogni sistema di male in particolare di quello rappresentato dagli atti di guerra e da chi ne portava la responsabilità maggiore. Se si voleva assumere sul serio il vangelo della pace andava proclamato con forza l'abominio di quella guerra. "La chiesa non può essere neutrale di fronte al male" infatti "la sua via non è la neutralità ma la profezia" Questa affermazione che oggi sembra ovvia allora non lo era anzi apriva ad orizzonti nuovi per il ruolo della chiesa nel mondo. C'è voluto un papa, Francesco, per restituire a Bologna e al mondo il ricordo dell'omelia di Lercaro del 1968, che egli ha ricordato citando proprio quella frase nel suo incontro a Bologna con gli studenti e il mondo accademico il 1° ottobre 2017.