
Nel corso dell'età moderna si hanno nella Chiesa cattolica vivaci discussioni circa il significato e l'uso del denaro. L'autore si sofferma in particolare su una chiave di lettura illuminante, quella del prestito a interesse. Attraverso di essa è possibile cogliere non solo aspetti specifici di una questione dalle molteplici sfaccettature, ma anche, tra irrigidimenti e segnali di apertura, più generali elementi per la conoscenza delle traiettorie della Chiesa moderna, alla difficile ricerca di un'identità. In ultima analisi, al cuore della questione, nel quadro della necessità per il cristiano di osservare i precetti della Chiesa, vi sono interrogativi e opzioni intorno al valore della creatività e della libera iniziativa dell'uomo.
Secondo l'autore lo "spirito del capitalismo" non è stato influenzato solo dall'etica protestante, ma, accanto a questa, seppure in tempi più recenti, è sorta una teologia cattolica del lavoro alla cui elaborazione ha contribuito in maniera particolare l'Opus Dei.
Per l'autore, la società di mercato è l'unica davvero compatibile con la grande eredità umanistica dell'Occidente cristiano. La scelta liberale infatti, contrapposta all'interventismo statale, serve a proteggere la dignità dei singoli poiché la libertà autentica consiste non nell'arbitrio di chi si sente autorizzato a fare qualsiasi cosa ma nell'agire di chi sa innanzitutto riconoscere la libertà (e quindi la proprietà) altrui.
Ai credenti viene chiesto oggi il compito di non imporre la loro visione ma di fecondare di senso lo spazio della laicità. Riuscire in questo compito non è certamente semplice e altrettanto complesso risulta indicare una via. Questo volume vuole essere un contributo per dare avvio alla discussione.
Il magistero ecclesiale fa sue le parole di Pietro: "in nessun altro c'è salvezza, non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale dobbiamo essere salvati" (At 4,12). La verità su Dio e sulla salvezza dell'uomo si ottiene solo attraverso la rivelazione di Cristo, il quale insieme è il mediatore e la pienezza di tutta la rivelazione. La Chiesa, in quanto "corpo di Cristo", possiede la pienezza dei doni salvifici del suo fondatore. Questo fa sì che l'unicità e l'unità della sua mediazione salvifica appartengano alla sua piena integrità. Tale verità di fede non esclude però che la grazia salvifica di Cristo arrivi anche alle religioni non cristiane sebbene, oggettivamente, esse si trovano in una situazione gravemente deficitaria.
Di fronte alle novità dirompenti della storia degli ultimi decenni, anche una realtà solida come la Chiesa cattolica, che per due millenni ha resistito a situazioni complesse e persino scismatiche, deve ripensare se stessa, non senza autocritica, come lo devono fare le altre religioni e le diverse culture. Il mondo è sempre più secolarizzato e plurale sul piano culturale, politico, religioso. E tutti, credenti e non credenti, sono sfidati sotto qualsiasi cielo dai diritti umani, dalla laicità, dal relativismo, dalla scienza, dal processo di globalizzazione e dallo sviluppo delle comunicazioni. Dopo la crisi delle "verità" assolute ed escludenti, si impone la cultura del dialogo per un'etica politica condivisa attraverso cui passa il rinnovamento delle società, dei rapporti interpersonali e internazionali.
Introdursi nella dottrina sociale della Chiesa significa introdursi a uno studio semplice e complesso. Semplice, perché l'oggetto di cui essa tratta è la vita sociale dell'uomo e ogni uomo ne fa esperienza e la vive, e dunque può riconoscere che si tratta di lui e dei suoi rapporti con il mondo in cui vive. Complesso, perché la vita sociale è in se stessa strutturata in forma complessa, secondo un intreccio di sistemi che hanno ciascuno interessi e obiettivi diversi, a seconda che abbiano a che fare con la politica, con l'economia, con lo Stato, con il lavoro o con la famiglia, e anche perché - in quanto disciplina scientifica - la Dottrina sociale della Chiesa patisce ancora obiezioni e critiche, specialmente di natura epistemologica. Lo scopo del nostro lavoro - offrire un primo approccio alla dottrina sociale della Chiesa - ne fissa anche i limiti: non risponderemo direttamente a tutte quelle obiezioni in modo specialistico, ma ugualmente - dalla posizione che esprimeremo - sarà possibile ricostruire una via di uscita dalle secche nelle quali la dottrina sociale della Chiesa rischia di impantanarsi. (Prefazione di Ettore Gotti Tedeschi)
«L'imprenditore cristiano è figlio della Chiesa. Della Chiesa è la via attraverso la quale essa costruisce sulla terra, in mezzo alla società degli uomini, il bene comune. Egli è prima di tutto un testimone della carità della Chiesa, un servitore dell'amore di Cristo Gesù. Come testimonia e come serve quest'amore nell'oggi della storia, nelle particolari contingenze della quotidianità? Ponendo l'uomo al centro, facendone il fine del lavoro e non il mezzo. Spostando l'asse della questione: riducendo cioè il lavoro a semplice mezzo. Così operando, si priva il lavoro della sua mostruosità di fine. Se è l'uomo il fine del lavoro, allora tutto deve ruotare intorno all'uomo. L'uomo riacquista la sua signoria, la sua dignità, la sua gloria». (Dalla prefazione di Mons. Antonio Ciliberti).
I testi raccolti in questo volume testimoniano che le sfide del nostro tempo, la crisi di una società secolarizzata, le opportunità che si aprono alla comunicazione del Vangelo, i problemi della società e della povertà, impegnano in maniera molto concreta ogni cristiano a sentire con passione e grande partecipazione i problemi, le gioie, e i dolori dell'umanità e invitano ad allargare i propri orizzonti di relazioni e di responsabilità nella convinzione che la Chiesa è sempre portatrice, attraverso la comunicazione del Vangelo, del grande disegno dell'evangelizzazione che si irradia sulla vita della società nelle sue varie componenti e comporta l'assunzione di chiare e decise posizioni anche nei confronti della politica, dell'economia e dello sviluppo.
«Vorrei che questa stagione contribuisse a far sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici che […] avvertono la responsabilità davanti a Dio come decisiva per l’agire politico»: così il presidente della Cei, tanti vescovi, e per primo Benedetto XVI. La forza di queste parole sfuma se si leggono solo come un richiamo sempre attuale. Assumono invece ben altra forza se si collocano nel grave momento che la società italiana attraversa, momento reso ancor più difficile da una crisi profonda delle istituzioni e degli attori della politica. Servono grandi riforme ma mancano i riformatori. Tutto questo chiama in causa i cattolici per responsabilità precise, per quello che chiedono alla politica e per quello che danno – o non danno – all’elaborazione politica e all’azione politica. Le pagine che seguono sono un contributo all’analisi delle opportunità che la crisi politica apre e delle sfide che impone. Sono pagine che cercano di non dimenticare che una risposta individuale non è mai all’altezza di una sfida politica. E sono state scritte nella convinzione che l’eredità di don Luigi Sturzo e di Alcide De Gasperi sia ancora capace di orientamento.
Il tema della "recezione" del Concilio Vaticano II, materia così discussa e controversa nel dibattito teologico attuale è la scelta fatta dall'autore del presente volume come un contributo ed un apporto di un dossier, che si aggiunge ai tanti già pubblicati per testimoniare i passi di una chiesa locale viva, conciliare e missionaria. Come ben afferma, infatti, il Pastore L. Negri Vescovo di San Marino-Montefeltro: "La recezione del Magistero del Concilio Vaticano il nella tua Chiesa particolare. Il tema è arduo, sia a livello teologico come a livello culturale e pastorale; tu ti sei impegnato in una ricerca molto accurata e puntuale del Magistero, soprattutto del grande mons. Vairo, e poi hai seguito le scansioni del Magistero e della pastorale del grande vescovo Mano Padello, di cui sei stato e sei uno dei collaboratori principali. Uno studio attento dei documenti, un tentativo di leggere l'attesa che il popolo cristiano aveva di questi documenti, un'attenzione anche alla fatica di cercare di attuare nella vita pastorale le indicazioni che venivano dal Concilio. Mi sembra che tu ci abbia messo di fronte a un lavoro storico e teologico che attualizza, in modo pieno, la grande direttiva esegetica sul Concilio che Benedetto XVI ha formulato in questi ul timi anni e che riprende con molta precisione Tu utilizzi una ermeneutica della continuità fra ciò che precede il Concilio e ciò che segue il Concilio, rifiutando una rottura che è stata ed è di carattere ideologico.

