
Cammini, sentieri, verso dove? Non si sa. Che dire poi dell'essenza dell'uomo in ambito etico? Pare non sia più né definibile né auspicabile. Sarà allora possibile parlare ancora di identità personale, o invece persino l'io, come dicono, va declinato al plurale? Sono tematiche, centrali nel dibattito contemporaneo, discusse in questo libro: lo scopo è di mostrare che tali ambiti richiedono distinzioni. Sono nozioni che vanno riconsiderate secondo la sensibilità del tempo, ma sempre con spirito critico. Con i "superamenti" ci vuole molta cautela e prudenza, anche perché la condizione umana, assai fragile, si arricchisce di significati, ma non muta. Il nuovo e l'antico non sono così lontani. Tre saggi compongono questo libro. Il primo affronta la nozione di cammino in un confronto tra la posizione di Hegel e quella di Heidegger. Nel secondo, sulla vita etica, viene in questione il tema dell'essenza umana, con principale riferimento ad Aristotele. Infine il terzo, sull'identità personale, è affrontato attraverso un esame del pensiero di Agostino, Machiavelli, Montaigne, Locke, Schopenhauer e Nietzsche.
La via dell'inferno è lastricata di buone intenzioni. Ed è proprio su di esse che si concentra in questo libro la critica radicale di Roger Scruton. La moderna storia europea è stata funestata da tragedie incomparabili (su tutte il nazismo, il fascismo e il comunismo). Responsabili di questi orrori sono, secondo l'autore, gli idealisti e utopisti di destra e di sinistra, che, ignorando la natura umana, immaginano un futuro inevitabilmente radioso, credono nel ritorno a un felice stato di natura (che non è mai esistito), considerano l'utopia una forza positiva della storia. Questi "ottimisti senza scrupoli" hanno in comune il desiderio di imporre, spesso con la violenza, la propria visione del mondo basata su false speranze di palingenesi illusorie: è il caso dei giacobini francesi, dei rivoluzionari russi, dei nazisti, dei comunisti, dei terroristi islamici e, in una dimensione meno tragica ma altrettanto "distruttiva", dei burocrati dell'Unione Europea, degli economisti, dei sociologi, dei politologi e dei vari esperti votati al benessere e al miglioramento dell'umanità. "Del buon uso del pessimismo" costituisce, fin dal titolo, un invito ad adottare un atteggiamento serenamente pessimistico, non dettato da una visione tetra della condizione umana, ma dalla consapevolezza dei vincoli e dei limiti della natura dell'uomo, che rendono impossibile ogni pianificazione e trasformazione idealistica della società.
La Cina è vicina? Quanto? È soltanto un grande Paese che ci minaccia, o una nazione dalla lunga storia il cui modo di pensare può insegnarci qualcosa? Nella gerarchia disegnata da Platone al vertice di tutto c'è l'idea, poi viene la realtà e quindi le sue imitazioni, come quelle dell'arte e dell'immagine, che per Platone sono soltanto surrogati dell'idea. È un sapere che ha fondato l'Occidente e l'Europa. Ma il riferimento all'ideale può essere anche una distorsione della realtà. Da una trentina d'anni il filosofo Francois Jullien ha aperto il suo cantiere di lavoro con l'obiettivo di promuovere un "uso filosofico della Cina". Autonoma dalla civiltà ebraica e greca, estranea anche sotto il profilo linguistico all'Occidente, la Cina agisce nel pensiero di Jullien come mezzo per guardare da una certa distanza le nostre fonti culturali. E in riferimento all'ideale che la cultura europea ha prodotto un sapere che si pretende universale, e che si è espresso come scienza, grazie al supporto della matematica; e ha promosso la tensione verso un fine da realizzare, progetto di vita e/o programma politico. Ora, la Cina ci chiama a riflettere sulla possibilità di non lasciarsi prendere dal gioco dell'ideale: ha pensato la matematica in termini di utilità; ha pensato un mondo che si governa in virtù di una sua regolazione interna; non ha cercato una Legge trascendente a cui adeguare il comportamento che deve semplicemente mantenersi in sintonia con il processo del mondo.
"Conosci te stesso" è l'antico ammonimento dell'oracolo di Delfi. Ma come fare a conoscere se stessi? Dopo che i maestri del sospetto Marx, Nietzsche e Freud hanno distrutto l'"autocoscienza" moderna come luogo verginale della propria consapevolezza, è necessario trovare una strada alternativa all'introspezione, sempre viziata da fattori che la inquinano. Essa viene individuata dalla tradizione ermeneutica nei "testi", ovvero in tutte le forme in cui viene oggettivata e si deposita la comprensione che abbiamo di noi stessi. Ma come fare a comprendere correttamente il senso dei "testi" evitando derive intuizionistiche, viziate da un certo arbitrio dell'interpretazione? Qui Paul Ricoeur offre il proprio contributo specifico alla filosofia dell'interpretazione, tornando a porre al centro la questione del metodo. Il motto di Ricoeur suona "spiegare di più vuol dire comprendere meglio": spiegare l'architettura strutturale del "testo", significa saper giustificare perché il suo senso sia quello e non altro, distinguendo buone interpretazioni da cattive interpretazioni.
Metafora che allude all'intenzione di superare il vuoto del nichilismo, "Oltre Saturno" sviluppa riflessioni che recuperano la dimensione utopica, in quanto progetto di apertura alla speranza e alla serietà della responsabilità. L'obiettivo è un incontro dialogico tra una pluralità di prospettive dal cui confronto deve risultare la possibilità di interpretare il presente, in modo da aprire vie d'uscita alle strettoie dell'oggi. I capitoli del volume investono tematiche attuali (etiche, politiche e religiose) strettamente intrecciate fra loro e articolate in una sequenza dialogica continua: ermeneutica del presente, filosofia e fede di fronte al nichilismo, pluralità prospettica, globalizzazione come spazio conflittuale, convergenza etica interculturale, riorganizzazione cosmopolitica, dialogo interreligioso, riabilitazione dell'utopia e della speranza.
"Logica: non "addestramento ad un migliore o peggiore procedere del pensiero", ma il "misurare con i passi dell'interrogazione gli abissi dell'essere", non "arida collezione di leggi eterne del pensiero", ma la "sede della dignità accordata ali'interrogazione dell'uomo" - con questo appello Heidegger svolse il corso di lezioni "Logica come domanda sull'essenza del linguaggio", tenuto nel semestre estivo del 1934. Questo corso costituisce una decisiva pietra miliare nel cammino che porta il pensiero heideggeriano, dalla fase dell'ontologia fondamentale a quella della storia dell'essere. Ma esso è anche importante per un'adeguata comprensione della situazione di Heidegger all'Università dì Friburgo, subito dopo l'abbandono della carica di Rettore. Molto di quel che è stato scritto troppo in fretta sull'impegno nazionalsocialista di Heidegger, dovrà essere rivisto e sottoposto ad una nuova interpretazione in base a queste lezioni." (Günter Seubold)
Il concetto di "persona" è tra i più influenti e antichi della nostra cultura, nella quale sembra avere un posto centrale. Allo stesso tempo, però, il continuo processo di ampliamento della cosiddetta immagine scientifica del mondo sembra comportare un profondo mutamento del nostro modo di guardare a noi stessi, e indurci a un ripensamento circa la nostra stessa identità. Ripensamento al termine del quale non è chiaro che cosa potrà ancora rimanere del nostro essere "persona". Questa ricerca analizza il dibattito in filosofia analitica su due aspetti salienti connessi a tale tematica. Da un lato si affronta la discussione attorno alla possibilità (che si intende negare) che il discorso scientifico e oggettivo possa risultare completo nel descrivere e spiegare i fenomeni della nostra esperienza personale. Dall'altro si esamina la riflessione concernente l'identità delle persone nel tempo. A partire da un'analisi approfondita di queste due questioni il libro suggerisce una soluzione teorica originale: sia difendendo la necessità di mantenere il concetto di "persona" come irriducibile a una caratterizzazione di tipo scientifico, sia proponendo una teoria circa la persistenza personale.
Dal "tu devi" al "io voglio". Da Kant a Nietzsche attraverso Hegel. Un percorso ibseniano in compagnia di Brand, Peer Gynt, Giuliano l'Apostata. Un itinerario lungo il processo di liberazione della volontà in uno spazio immaginario, compreso tra il regno della storia e quello della poesia, in cui Ibsen è imputato e giudice istruttore in un processo che riguarda la sezione più speculativa della sua opera, ed è chiamato a decantare, fra Necessità e Libertà, la filosofia come romanzo dell'anima.
La storia dell'idea di sacramento sembrerebbe esclusivamente teologica. Negli ultimi anni, però, si è riscontrato un crescente interesse anche filosofico per questo concetto. Si pensi alla fenomenologia francese, che chiama in causa ripetutamente l'eucarestia, o ai lavori di Agamben, in cui il sacramento è assunto come paradigma di dinamiche economiche, politiche e più latamente ontologiche. Ma altri esempi si possono citare, e anzi un uso filosofico del sacramento inizia già nella modernità. Il volume tenta perciò la ricostruzione di alcune tappe fondamentali della storia dell'idea, del cui lungo sviluppo mancava ancora una ricostruzione diacronica. Muovendo non solo dalla patristica latina, ma anche dai prodromi nella Bibbia ebraica, e passando attraverso la comprensione semiotica che, sulla scia di Agostino, si sviluppa nel XII secolo e nella scolastica, i saggi qui raccolti arrivano sino a Kant, all'idealismo tedesco e al pensiero contemporaneo. Infine, sulla scia di una ricerca precendente, in queste pagine si tenta di leggere sinteticamente l'attuale uso filosofico del sacramento alla luce dell'analogia: instaurando una logica che tiene insieme identità e differenza, infatti, il sacramento rappresenta una possibile radicalizzazione di quella figura teorica, dalle valenze ontologiche prima che teologiche.