
Il pensiero politico occupa un posto di grande rilievo nella cultura antica. Le prime elaborazioni sul tema della vita collettiva e sulle sue dinamiche di cui si abbia traccia nascono all'interno della città greca arcaica, nel VI secolo a.C. Attraverso l'opera dei primi legislatori, Solone in testa, si avvia la riflessione sulle modalità di esercizio di un buon governo e sul tema della giustizia. L'evoluzione della città greca nei secoli successivi si accompagna a un costante dibattito politico ed etico, culminante nelle grandi sintesi teoriche platonica e aristotelica. L'età ellenistica raccoglie questa importante eredità ma concede anche spazio ai movimenti di contestazione delle strutture istituzionali e sociali, come il Cinismo, l'Epicureismo e lo Stoicismo. In ambito romano, Cicerone è il primo a recepire l'insegnamento greco in materia di teoria politica.
La coscienza è davvero ciò che ci distingue dagli altri esseri animati? È riducibile a processi chimici e meccanici? Se sì, che parte hanno in questi processi il dolore e l’amore, i sogni e la gioia? Sono alcune delle grandi domande su cui si arrovellano filosofi e scienziati a partire da Cartesio, ma le teorie sulla coscienza elaborate finora, sostiene Dennett, sono tutte sbagliate, anche se la loro semplicità intuitiva ci spinge a crederle vere. Vero è, semmai, che non c’è traccia nel nostro cervello di un Autore Centrale, responsabile assoluto del nostro Sé, produttore di un unico e definitivo flusso di coscienza. La nostra mente non funziona tanto come una dittatura o una monarchia, quanto come una democrazia molto sofisticata: «Spiegherò i vari fenomeni che compongono ciò che chiamiamo coscienza, mostrando come siano tutti effetti fisici delle attività del cervello, come queste attività si siano evolute e come facciano sorgere le illusioni sui loro poteri e le loro proprietà. Proporrò, insieme ai fatti scientifici, una serie di storie e analogie per rompere vecchi abiti di pensiero e aiutare a organizzare un’unica visione coerente, sorprendentemente diversa dal tradizionale punto di vista sulla coscienza.»
Carl Schmitt e Hans Blumenberg erano due opposti speculari: il primo critico acuto e radicale della modernità, il secondo teorico della sua piena legittimità e autonomia. Ma entrambi interni alle correnti più innovative e originali della cultura contemporanea. Estraneo a ogni nostalgia tradizionalista il primo, alieno da ogni ingenua retorica progressista il secondo. Furono avversari scientifici, Hans Blumenberg e Carl Schmitt: le rispettive concezioni sul fondamento e la giustificazione delle pretese conoscitive dell'epoca moderna erano radicalmente differenti e la discussione a riguardo proseguì anche in una serie di lettere che si scambiarono tra il 1971 e il 1978. Tale corrispondenza e i testi ritrovati nel lascito di Blumenberg documentano una controversia assai significativa, da cui emergono scambi di tipo scientifico e biografico. Ma furono avversari "necessari" l'uno all'altro, come due interlocutori che sanno di trovare nel confronto con l'altro la propria vera "questione". La replica di Carl Schmitt ha influito in maniera decisiva sul rifacimento della "Legittimità dell'età moderna" di Blumenberg e ha lasciato tracce evidenti sino alla successiva "Elaborazione del mito". Per questo motivo la presente opera riporta brani da entrambi i volumi, oltre a tutto lo scambio epistolare, testi inediti provenienti da opere postume di Blumenberg ed estratti da altri saggi già pubblicati.
«Il nostro seminario dovrà essere una pratica del pensare, il che significa del meditare pensieri pre-meditati da Eraclito. Allorché ci confrontiamo con i suoi testi, che ci sono tramandati soltanto come frammenti, la nostra priorità non è la problematica filologica, per quanto importante essa possa risultare. Il nostro intendimento è quello di spingerci fino alla cosa stessa, il che significa fino alla cosa che dovette stare dinanzi allo sguardo spirituale di Eraclito.» Martin Heidegger Eugen Fink
A vent’anni dalla precedente versione, da tempo esaurita, la nuova traduzione del Seminario tiene conto degli aggiornamenti apportati dagli studi più recenti e mette nuovamente a disposizione del lettore italiano un testo classico, che da un lato fornisce un’autentica ‘introduzione’ al pensiero di Heidegger e Fink, e dall’altro illumina la figura più suggestiva, ma anche più enigmatica, della filosofia greca: Eraclito di Efeso (ca. 535 a.C. - ca. 475 a.C.). Heidegger e Fink si cimentano in un’interpretazione serrata e rigorosa, fornendo un ritratto vivo di Eraclito. Quello che il lettore potrà leggere è un vero e proprio esercizio di filosofia, un colloquio attualizzante con Eraclito e con l’intera tradizione occidentale da lui discesa, che fornisce a sua volta un ritratto altrettanto prezioso di due grandi filosofi contemporanei, colti in una discussione vivace e appassionata. «Il colloquio di Heidegger e Fink ‘con Eraclito’ richiede una particolare disposizione all’ascolto – molto più che per altri luoghi del loro pensiero –, per via della presenza di due voci, del costante fuori campo, quasi sempre non esplicitato, delle loro precedenti interpretazioni e dello specifico terreno linguistico su cui si muove il seminario, una peculiare pratica di pensiero, definita senza mezzi termini: ‘parlare con Eraclito’.» Adriano Ardovino
Avvertenza del Curatore dell’edizione italiana - I. Tipo di approccio. – Avvio dal fr. 64 (frammenti riportati: 41, 1, 50, 47) - II. Circolo ermeneutico. – Riferimento di έν e πάντα (frammenti riportati: 1, 7, 80, 10, 29, 30, 41, 53, 90, 100, 102, 108, 114) - III. πάντα-όλον, πάντα- όντα. – Differente interpretazione del fr. 7 (frammento riportato: 67). – πάν ερπετόν (fr. 11). – Carattere di maturazione temporale delle Ore (fr. 100) - IV. Ηλιος, chiarore del giorno-notte, μέτρα-τέρματα (frammenti riportati: 94, 120, 99, 3, 6, 57, 106, 123) - V. Problema di un’interpretazione speculativa. – πύραείζων e tempo? (fr. 30) - VI. πύρ e πάντα (frammenti riportati: 30, 124, 66, 76, 31) - VII. Differenza degli interpreti: verità dell’essere (fr. 16) o prospettiva cosmologica (fr. 64). – Eraclito e la cosa del pensiero. – Il non-ancora-metafisico e il non-piùmetafisico. – Il tenersi in rapporto di Hegel ai Greci. – Le πυρος τροπαί e l’albeggiare (frammenti riportati: 31, 76) - VIII. Immorsatura di vita e morte (frammenti riportati: 76, 36, 77). – Appartenenza di uomini e dèi (frammenti riportati: 62, 67, 88) - IX. Immortali : mortali (fr. 62). – εν το σοφόν (frammenti riportati: 32, 90) - X. Stabilità dell’apertura tra dèi e uomini (fr. 62). Lo «speculativo» in Hegel. – Il tenersi in rapporto di Hegel a Eraclito. – Vita-morte (frammenti riportati: 88, 62) - XI. Il «logico» in Hegel. – «Essere cosciente» ed «esserci». – Collocazione dell’essere umano tra luce e notte (frammenti riportati: 26, 10) - XII. Sonno e sogno. – Polivocità dello άπτεσθαι (frammenti riportati: 26, 99, 55) - XIII. Riferimento alla morte, attendere-sperare (frammenti riportati: 27, 28). – Le «opposizioni» e la loro «transizione» (frammenti riportati: 111, 126, 8, 48, 51). – Domanda conclusiva: i Greci come provocazione - Nota del Curatore dell’edizione tedesca - Appendice. Dalle Annotazioni al seminario su Eraclito organizzato con Eugen Fink
Il termine "populismo", nella sua accezione moderna, nasce poco più di un secolo fa con l'americano People's Party, il "Partito del Popolo". Ma la "tesi" populista è di gran lunga più antica e la si ritrova, in coda alla Rivoluzione francese, nelle ricette reazionarie della destra portavoce della nobiltà e del clero. Da allora se ne sono registrate numerose varianti, accomunate da un elemento ricorrente: il tribalismo implicito dei contenuti. Nicolao Merker va alla ricerca degli "antenati" del populismo moderno, ne ripercorre i momenti salienti in Occidente e lo incontra nelle idee di insospettabili pensatori, filosofi e intellettuali, da Hegel a Heidegger, da Mazzini a Gioberti.
Di diritti umani parlano testi costituzionali e dichiarazioni universali, Ong e organizzazioni finanziarie transnazionali, neoconservatori, liberali e no-global. Ci si riferisce ai diritti umani per legittimare sia le guerre umanitarie e l'imposizione delle politiche economiche, sia le lotte contro il neoliberismo. Ma cosa significa che i diritti umani sono "diritti", e cosa significa che sono "umani"? Davvero in tutto il mondo uomini e donne fanno riferimento agli stessi principi? Ne condividono il significato, vi attribuiscono lo stesso valore, li interpretano allo stesso modo? In che rapporto stanno i diritti collettivi e quelli degli individui, i diritti di libertà e i diritti sociali, i diritti politici e i diritti culturali? Definire una facoltà, un bene o un valore come un diritto è lo stesso che considerarli come l'oggetto di un dovere? L'autore muove da questi interrogativi per la sua analisi che unisce l'ottica teorico-giuridica alla ricerca storica sulla genealogia dei diritti umani.
Il nostro è il tempo della vita. Dalle bioscienze alla biopolitica, il problema che la nostra civiltà si ritrova ad affrontare giorno dopo giorno, con una sensazione di crescente spaesamento, è quello della gestione e prima ancora della definizione della vita stessa: l’ultimo dio della modernità. Tarizzo affronta un tema quanto mai attuale facendone vedere la terza dimensione, la profondità storica e teorica. Remo Bodei
In un orizzonte culturale spesso indeterminato nei suoi presupposti, Tarizzo individua con rara efficacia il punto enigmatico in cui metafisica, scienza e politica ingaggiano una battaglia dagli esiti tuttora incerti. Roberto Esposito
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Introduzione. L’ontologia selvaggia - 1. Modernità: la soglia dell’autonomia - 2. Vita: genesi di un paradigma metafisico - 3. Noi: sull’utilità e il danno della vita per la storia - Bibliografia - Indice dei nomi
La prima storia complessiva dell'etica antica, da Omero a Plotino, esauriente come un manuale, ma senza la schematicità del manuale. L'autore parte dall'analisi dei problemi etici espressi nei linguaggi della poesia, della tragedia e della storiografia, per passare poi alla lettura delle maggiori opere del pensiero antico, fornendo di ognuna puntuali introduzioni. Un'attenzione particolare, alla fine di ogni capitolo, è dedicata all'eredità moderna e al significato attuale dei probelmi dell'etica antica, proponendo in modo esplicito un collegamento fra ricostruzione storica e discussione teorica contemporanea.
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Premessa – I. Gli inizi e le costanti; II. Il problema dell'«Iliade»: dialettica della morale pre-politica; III. La morale politicizzata: apogeo e crisi; IV. Verso l'interiorizzazione della morale: ventura e sventura dell'anima; V. Conflitto e ricomposizione: il progetto dell'anima e della città in Platone; VI. Ricomposizione senza conflitto: l'etica di Aristotele fra società e natura; VII. Libertà difficili: la passione e il destino; VIII. Il mito del saggio; IX. La fine delle virtù e l'esodo dell'anima; Breve aggiornamento bibliografico 1996; Indice degli autori e dei luoghi citati
Molte persone, quando sentono parlare di filosofia, hanno un sussulto. Filosofia? Che roba è? Sicuro che non è per me.
E sbagliano, perché le domande fondamentali della filosofia prima o poi ce le siamo poste tutti: riguardano la morte, la verità, la giustizia, la natura, il tempo… Fare filosofia non è altro che riflettere sulla nostra umanità. Se non vi spaventa il fatto di essere umani, non vi può spaventare la filosofia.
Ma chi sono i grandi filosofi? Persone come noi, che nel corso dei secoli hanno manifestato inquietudini per le stesse cose che ci rendono inquieti oggi. La loro storia è la storia delle avventure della ragione, la storia del loro genio e del loro ingegno, una storia in cui non mancano persecuzioni, prigioni e martiri, ma neppure scoperte sorprendenti.
Questo libro vuole raccontarla con semplicità, senza pedanterie accademiche.
Come possono gli stati mentali essere cause di stati fisici? Qual è il posto della mente nell'ordine naturale? Che cos'è l'intenzionalità? È possibile spiegare la coscienza? Queste alcune delle questioni che hanno segnato il dibattito recente in filosofia della mente, oggi reso ancor più animato dalle scoperte empiriche della psicologia cognitiva e delle neuroscienze. In questa edizione, le teorie e le argomentazioni filosofiche sulla mente, nei loro nessi con i risultati della ricerca scientifica.
Sono possibili i viaggi nel tempo? Molti libri e molti film ci raccontano di storie in cui personaggi dal futuro giungono nel passato con l'intenzione di cambiarlo o, viceversa, di avventurieri che attraversano i secoli verso futuri sconosciuti. Ma se il futuro non è già determinato, e ci sono tante possibili continuazioni del presente, in quale di esse finirà il viaggiatore? D'altro canto, se il passato è chiuso e dato una volta per tutte, è davvero possibile che il viaggiatore possa tornare ad alterarlo? Che conseguenze ci sarebbero allora sul presente?
Il libro mira a fornire gli strumenti concettuali necessari per affrontare la sfida, difficile ma emozionante, lanciata da tali questioni. Le teorie, i rompicapi e gli esperimenti mentali elaborati dalla filosofia a partire da interrogativi come questi, infatti, si rivelano essenziali per capire cosa la scienza, e in particolare la fisica, ci può dire sulla possibilità di viaggiare nel tempo.
La democrazia non godeva di buona fama nell'antichità, neppure nella città che le aveva dato i natali. L'avversione di gran parte degli intellettuali ateniesi nei confronti del governo 'dei molti' derivava dall'opinione per lo più negativa che gli scrittori antichi avevano del popolo, assimilato a una massa ignorante e irrazionale, facile preda delle lusinghe dei demagoghi. Nell'età moderna il giudizio nei confronti della democrazia muta, ma i dubbi sulla capacità del popolo di autogovernarsi si ripropongono, alimentati dai non pochi casi di pessime decisioni assunte dai cittadini nell'esercizio della sovranità: dalla elezione di Luigi Napoleone a presidente della Repubblica, nel 1848, al voto che conduce al potere Hitler, nel 1933, all'irresistibile ascesa, nel corso del XX e XXI secolo, di improbabili 'uomini della provvidenza' che, in nome del popolo, si ergono al di sopra della legge e dello stato di diritto. Il volume si sofferma su alcuni di questi episodi, identificando quattro distinte dimensioni del problema dell'incompetenza del popolo, esemplificate dalle figure del demos, della plebe, dei subalterni e degli 'stupidi'. Tali figure fanno la loro comparsa in epoche diverse, suscitando la paura e l'ostilità dei ceti colti e aristocratici, ma provocando sconcerto anche in chi crede nel valore dell'eguaglianza politica, ma non si nasconde il problema delle insufficienti capacità critiche dei cittadini-elettori.