
Quattro fenomeni profondamente interrelati costituiscono gravi ostacoli a una pace stabile a livello mondiale e mettono a repentaglio interessi e diritti basilari di generazioni presenti e future: l'escalation della violenza; il costante approfondirsi delle disuguaglianze nella distribuzione di risorse e potere; il crescente aumento della temperatura del pianeta e il conseguente degrado ambientale; il forte aumento dei flussi migratori nel mondo con decine di milioni di persone che fuggono dai massacri, dalle persecuzioni, dalla povertà cronica. Nei sei saggi raccolti in questo volume, Giuliano Pontara, argomentando che la guerra moderna è ingiustificabile, e che non si esce dal vortice della violenza con ulteriore violenza, esplora e analizza alcuni problemi centrali riguardanti la nozione e le vie della pace: dalla istaurazione di un governo mondiale democratico alla nonviolenza attiva, fino ai fattori istituzionali e alle forze situazionali che ne favoriscono o impediscono l'applicazione; memore del detto kantiano per cui, pur non sapendo "se la pace perpetua sia una cosa reale o un nonsenso [...] dobbiamo agire come se fosse una cosa reale, il che forse non è, e operare per la fondazione di essa", qui e ora.
I testi di Georg Simmel, qui presentati, appartengono all'ultimo periodo della sua produzione filosofica (1916-1918) e riprendono il tema della storia che già era stato trattato nei "Problemi della filosofia della storia", la cui terza edizione del 1907 - la più importante - mette in discussione l'impianto dello storicismo contemporaneo tedesco. Poi, per un decennio, la riflessione sui problemi storici viene abbandonata. Questa riemerge in virtù di due eventi che determinano il pensiero simmeliano: la filosofia della vita e la produzione estetica, soprattutto con il Goethe e il Rembrandt. Ma non va nemmeno dimenticato l'ambiente bellico in cui tali riflessioni si svolgono. "Il problema del tempo storico" (1916), "La formazione storica" (1917-1918) e "L'essenza del comprendere storico" (1918) sono legati a filo doppio alla crisi della cultura moderna, al conflitto vita/forma e all'intuizione estetica dell'accadere del mondo. Non si potrebbe comprendere in tutta la loro portata questi scritti enucleandoli dal multiversum filosofico simmeliano e tanto meno interpretandoli alla luce di uno storicismo o di una specifica filosofia della storia propria di Simmel. Il tempo storico, le formazioni storiche così come il comprendere storico, che sembrano inserirsi nel contesto teorico diltheyano, devono altresì essere intesi all'interno di un ambito vitale, in quanto anch'essi istantanee e frammenti di un insieme al suo interno conflittuale e sempre in mutamento.
La filosofia è un lavoro di indagine fondato sulla natura stessa dell'uomo in quanto pura esistenza. In questo volume il grande filosofo Nicola Abbagnano affronta le questioni che concernono "l'essere" del singolo uomo, partendo dalla sua autentificazione fino alla costituzione dell'io, per comprendere quell'atteggiamento strettamente personale, intimo e segreto che è il filosofare. La filosofia non avrà forse l'universalità della scienza, che consiste nell'identità del giudizio, ma il suo continuo porsi domande, la sua necessità di comprensione e il suo muoversi verso il futuro costituiscono un'universalità fondata sulla solidarietà umana, che può esplicarsi solo nella genuina struttura dell'esistenza di ognuno. Alla filosofia l'uomo può e deve chiedere di comprendere un po' meglio se stesso. Questa è la base, il fondamento, di ogni opera e di ogni lavoro umani, la trama con cui è tessuta la vita quotidiana del singolo, così come la vita storica dell'umanità. Le esperienze più dure, i dolori e le tragedie non servirebbero a nulla se gli uomini non dovessero derivarne un insegnamento, che la filosofia sola può formulare, traendo dalle vicende della storia l'incentivo per una più profonda e più umana comprensione dell'uomo.
I più noti sono quello americano, gigantesco, che corre lungo il confine meridionale degli Stati Uniti e quello israeliano che si snoda attraverso la Cisgiordania. Ma di muri ve ne sono molti altri. Il Sud Africa del post-apartheid mantiene una barriera elettrificata di sicurezza lungo il confine con lo Zimbabwe. L'Arabia Saudita ha ultimato la costruzione di una struttura di pilastri in cemento alti più di tre metri sul confine con lo Yemen e sta per iniziare quella di un muro lungo il confine con l'Iraq. L'India ha costruito barriere che "murano fuori" il Pakistan, il Bangladesh e Burma e "murano dentro" il territorio che contende al Kashmir. La Cina sta murando fuori la Corea del Nord, ma anche i nord coreani stanno costruendo un muro, parallelo a un tratto di quello cinese, per tenere fuori la Cina. E altri muri stanno nascendo. Ma perché gli Stati-nazione manifestano una vera e propria passione per la costruzione dei muri? Cosa nasconde quella paradossale, dura, ottusa fisicità dei muri?
Il naturalismo contemporaneo si fonda su una concezione filosofica e metodologica della conoscenza largamente diffusa, che tende ad assimilare la conoscenza umana a un processo naturale, in fondo non dissimile da una reazione chimica, un terremoto o una duplicazione cellulare. Questa visione della conoscenza determina una serie di profonde implicazioni concettuali sul rapporto tra filosofia e scienza, arrivando non di rado a influenzare l'immagine pubblica della scienza stessa in una direzione scientista e antifilosofica. Il volume rappresenta un'introduzione al naturalismo e un'analisi critica dei suoi fondamenti e delle assunzioni fondamentali, mettendone in luce anche le conseguenze fuorvianti e distorsive tanto sull'identità della filosofia e della scienza quanto sul significato culturale dei loro rapporti reciproci.
"Nella grande manifestazione celebratasi a Parigi all'indomani dell'attentato di Charlie Hebdo, sono stati esposti innumerevoli striscioni con 10 slogan 'Je suis Charlie', su molti dei quali campeggiava l'inconfondibile sagoma di Voltaire. E nei giorni successivi, in Francia, sono state vendute decine di migliaia di copie del Trattato sulla tolleranza, una delle opere emblematiche del principe degli illuministi. Qualcosa di simile era accaduto anche quando l'Ayatollah Khomeini aveva lanciato la sua fatwa mortale contro Salman Rushdie per i suoi 'Versi satanici'. Io mi trovavo a Londra e ricordo che, durante la manifestazione di solidarietà per Rushdie, a Trafalgar Square mi imbattei in uno striscione che recitava: 'Avvertite Voltaire!'." Come si spiega? Attraverso l'accurata selezione di pagine tratte dai libri di Voltaire, Fernando Savater ce ne mostra le ragioni: leggendo le sue parole comprendiamo la loro forza rivoluzionaria. Fu Voltaire il primo a identificare e denunciare il fanatismo come la malattia più pericolosa per la convivenza pacifica all'interno di qualsiasi comunità civile; e ancora oggi Voltaire continua a essere l'emblema della lotta contro il fanatismo e in difesa delle libertà minacciate, soprattutto quelle di coscienza e di espressione.
L'idea diffusa che papa Francesco sia 'forte' nella pastorale ma 'debole' nella dottrina è un equivoco, La grande espressività del pontefice vive infatti di una originale 'teologia narrativa', che è a un tempo tradizionale e innovativa, legata al quotidiano e rivolta a tutti, credenti e non. Nelle sue parole ricorrono appelli di solidarietà sociale per i più deboli, i temi della gioia, dell'amore e della misericordia; ma emergono anche concetti e passaggi problematici come l'Incondizionata misericordia' di Dio che lascia indeterminati alcuni motivi religiosi tradizionalmente fondamentali quali il castigo, la punizione e l'espiazione del peccato. Bergoglio mette così in atto una faticosa ridefinizione del concetto stesso di peccato: «siamo tutti peccatori» ma perdonati. Dietro al nuovo sforzo ermeneutico e semantico del pontefice si intravede un abbozzo di nuova e potente teologia. Dove porterà questa 'rivoluzione'? Quali sono i contraccolpi teologici e dottrinali? Gian Enrico Rusconi esplora le conseguenze della teologia narrativa di Francesco sulla Chiesa, sui laici e sulla società in generale.
Il mondo contemporaneo ha assoluto bisogno di pensare il futuro come una possibilità buona. È nell’ottica di un’opportunità per il cambiamento che questo libro rilegge le utopie moderne da Thomas More a Francesco Bacone, da Henri de Saint-Simon a Zygmunt Bauman.
Il ritorno a Utopia è un viaggio necessario, per quanto il suo percorso sia difficile da immaginare con precisione. Superata l’illusione che il progresso si produca automaticamente per un destino o per una necessità storica o tecnologica, abbiamo il compito di immaginare strutture e relazioni sociali che siano meno ingiuste, meno autodistruttive, più vivibili, anche se non perfette.Si tratta di provare a tracciare l’immagine credibile di un futuro in vista del quale agire con decisione. La navigazione è affidata all’ingegno di ognuno e di tutti, ma prima di salpare occorre rintracciare e ordinare le conoscenze intorno a che cosa sia la meta che intendiamo raggiungere. Conoscenze che si trovano precisamente in quell’immagine della giustizia e del bene che abbiamo imparato a chiamare ‘utopia’. Riscopriremo così la profondissima ragionevolezza del pensiero utopico, il suo realismo, la sua concretezza – antidoto alle contorsioni folli dell’attuale assetto del mondo.
Comprendere l'attualità attraverso le esperienze della follia, della medicina e della sessualità; ridisegnare la storia del presente mettendo in discussione i concetti tradizionali del potere, della soggettività e delle norme sociali: è questa l'avventura intellettuale di Michel Foucault, di cui Stefano Catucci ricostruisce l'originale percorso filosofico dagli esordi fino alle ultime ricerche, testimoniate non solo dai libri ma anche dalle interviste, dalle conferenze e soprattutto dai testi dei suoi corsi. Ne emerge il ritratto di un autore enciclopedico e geniale, al quale si deve la più efficace sintesi intellettuale del nostro tempo, l'immagine del presente più forte che la contemporaneità abbia saputo produrre.
"Sensibile ai guasti prodotti da una consolidata tradizione italica pregiudizialmente ostile alla scienza, contro l'involuzione intellettuale di non pochi addetti ai lavori nello stesso campo filosofico, Geymonat auspica un « rinnovamento» volto non tanto a «stabilire un'alleanza più o meno duratura tra filosofia e scienza», quanto a «cercare la filosofia nelle stesse pieghe della scienza». Nella convinzione che il patrimonio tecnico-scientifico è «il capitale di un'immensa società attiva» che «si trasforma e si arricchisce di secolo in secolo»." (Giulio Giorello)
Inquinamento ambientale, riscaldamento climatico, minaccia nucleare: in un mondo ormai sull'orlo della catastrofe, la scienza è una malattia che deve fare i conti con gli incidenti di cui è responsabile. E con il paradosso di un disastro dovuto allo spettacolare successo della tecnoscienza e non al suo fallimento. Diventa allora necessaria, suggerisce Virilio, la creazione di un'Università del disastro, che possa misurare ma anche prevenire gli incidenti prodotti dal successo scientifico. Una specie di ospedale per la scienza e le sue tecniche, dove ripensare la portata devastatrice di un progresso che si rivela disastrosamente suicida.
Questo testo di Pierre Hadot presenta i temi più cari al grande studioso recentemente scomparso: l'idea di natura, il modello filosofico di felicità, la figura del saggio nell'antichità. Con la lucidità che gli è propria, Hadot dimostra inoltre come, per gli antichi, la filosofia fosse un sistema di vita, che permetteva all'adepto di trovare il proprio posto nella città e nel mondo. Ne risulta una riflessione attuale sul valore sociale, oltre che etico, della filosofia.