
San Roberto Bellarmino nacque nel 1542 a Montepulciano in Toscana. Entrò nella Compagnia di Gesù a Roma. Ordinato sacerdote, tenne celebri dispute in difesa della fede cattolica e insegnò teologia nel Collegio Romano. Eletto cardinale e nominato vescovo di Capua, contribuì con la sua attività presso le Congregazioni romane alla soluzione di spinosi problemi. Morì a Roma il 17 settembre 1621. Alla morte fu deposto nella cripta della casa professa e, dopo un anno, nel sepolcro nel quale era stato il corpo di S. Ignazio. Il corpo si venera dal 1923 nella terza cappella di destra di S. Ignazio di Loyola a Campo Marzio. Le ossa ricomposte, legate con fili d’argento, ricoperte da abiti cardinalizi, il volto e le mani ricoperti d’argento,sono visibili sotto l’altare a lui dedicato. L’eroicità delle sue virtù furono decretate nel 1920, dopo tre anni si ebbe la sua beatificazione; fu canonizzato il 29 giugno del 1930 e dichiarato Dottore della Chiesa Universale il 17 settembre 1931. La figura del Santo viene presentata dall’autore nella sua vita e nella sua santità perché possa essere di stimolo a tutti coloro che desiderano farsi santi ispirandosi al suo esempio. Vengono delineati i tratti essenziali nelle tappe della sua vita, da Montepulciano a Roma, da gesuita a cardinale, da predicatore in Belgio a professore di controversie in Roma, da buon pastore a Capua a direttore di anime nel Collegio Romano e nel vasto mondo religioso e politico di tutta Europa.
Nel suo primo Angelus, Papa Francesco ha detto: "Non dimentichiamo questa parola: Dio mai si stanca di perdonarci, mai! Ma noi, a volte, ci stanchiamo di chiedere perdono. Non ci stanchiamo mai, non ci stanchiamo mai! Lui è il Padre amoroso che sempre perdona, che ha quel cuore di misericordia per tutti voi". A Roma, la persona che più di tutti personificava l'instancabile misericordia di Dio nel confessionale fu il gesuita Padre Felice Cappello, morto in fama di santità nel 1962. Fu stimatissimo professore di diritto canonico alla Gregoriana e consultore della Curia Romana, ma si fede nome anzitutto come il "confessore di Roma" nella chiesa di Sant'Ignazio. "Perché vedite da me?" chiese Padre Pio ai pellegrini romani: "A Roma avete Padre Cappello". In questo libro sono raccolti, insieme ad una breve biografia del Servo di Dio, i preziosi consigli che soleva dare ai suoi penitenti, e le commoventi testimonianze delle grazie che essi ricevettero tramite il suo ministero sacerdotale. Il Cardinale Re, che lo conosceva personalmente, ha scritto nell'introduzione: "Aveva il dono di intuire ciò che c'era nel cuore dei penitenti e di esprimerlo meglio di loro. Parlava con grande chiarezza. Sapeva dare sicurezza e incoraggiare. Aveva il dono di infondere serenità e pace. Tutti uscivano dalla confessione con lui rasserenati."
"Voglio essere uno specchio, il più limpido possibile, riflettere la Tua luce nel cuore di ogni uomo." Il giovane Matteo Farina (1990-2009) ha trascorso la sua breve ma intensa giornata terrena a Brindisi effondendo, con la gioia di vivere, una profonda testimonianza di fede resa adulta dall'esperienza della malattia che lo portato alla morte. Questa biografia ripercorre i momenti più significativi della sua vita e del suo percorso di fede. Una antologia dei suoi scritti rende conto della profonda spiritualità di questo autentico testimone di Cristo. Il suo abituale sorriso era l'emblema più evidente e credibile del suo essere discepolo di Gesù in ogni circostanza.
L'Autobiografia di s. Ignazio di Loyola, nota anche come Il racconto del pellegrino, è un testo fondamentale della spiritualità ignaziana, e una risorsa indispensabile per conoscere la personalità del fondatore della Compagnia di Gesù. S. Ignazio era un uomo umile e riservato, che non amava parlare di se stesso. Se raccontò la storia della sua esperienza personale, fu solo perché la richiesta insistente di alcuni giovani confratelli gli fece comprendere che gli ascoltatori e i futuri lettori, intuendo il significato universale di quanto era a lui accaduto, avrebbero potuto trovare aiuto e orientamento per il loro cammino umano e spirituale.
Il nome Borgia accende l'immaginario e rinvia spesso a narrazioni da saga, in cui un onnipresente cocktail fatto di delitti, intrighi, scandali e vizi ha alimentato nel tempo una sterminata letteratura e trasposizioni artistiche di vario tipo. Ma oltre agli arcinoti Rodrigo, Lucrezia e Cesare ? i protagonisti maggiori della «leggenda nera» dei Borgia ?, il celebre casato annovera anche rappresentanti mirabili, tra cui svetta la figura ricca e complessa di Francesco. Da politico di spicco della Corona spagnola a terzo Generale dei gesuiti, la sua fu una vita poliedrica. Uomo pragmatico e di governo, dotato però anche di grande profondità spirituale, è stato decisivo per Ignazio di Loyola e il decollo della Compagnia di Gesù. Dopo una panoramica sul contesto e la storia personale del protagonista, il libro si addentra nella sua interiorità, approcciando l'espressione matura dell'intima fisionomia borgiana: il Diario spirituale. L'Autrice esce dagli stereotipi univoci e riduttivi entro cui il «santo Duca» è stato a lungo costretto, mostrando anche quanto ancora egli sia interessante per l'oggi.
Una storia vera, davvero insolita: una donna giovane e bella abbandona i miti pagani dei quali si è nutrita negli anni giovanili man mano che si trova a compiere uno strano pellegrinaggio che la porta a decidersi per Cristo, facendo di questa ricerca la ragione della sua vita. Un miracolo di sant'Antonio avvenuto pochi anni or sono in una chiesetta ticinese, raffigurato in un quadro di Giuseppe Gasparro, che l'autrice incontra al momento della collocazione dell'opera, dà inizio ad una improvvisa e del tutto imprevedibile conversione, che induce l'autrice a modificare il suo modo di pensare e di vivere. Un mutamento, quindi, anche filosofico ed esistenziale, come sottolineato nella prefazione da Diego Fusaro, così anomalo in un'epoca come la nostra, che rende ancor più affascinante questa storia. Postfazione di Luca Brunoni.
Medico e docente universitario di fama, uomo capace di calamitare la stima e l'amicizia di tutti quanti - studenti, pazienti, colleghi - ne hanno incrociato la vita, padre disponibilissimo di una famiglia numerosa, Eduardo Ortiz de Landázuri è stato, da fedele interprete dello spirito dell'Opus Dei, amante appassionato della vita e del suo lavoro in autentico spirito di servizio a Dio e agli uomini. Il suo è un profilo di una «normalità straordinaria» intessuta di lavoro infaticabile, di decisioni generose, di esemplarità coraggiosa che affascina e coinvolge interpellando il lettore a tu per tu (pp. 184).
Marcello Marano, nato a Milano e vissuto a Cinisello, dopo il diploma di liceo classico è diventato un brillante ingegnere delle Telecomunicazioni, apprezzato ricercatore sui laser e sulla fotonica, docente di Fisica al Politecnico di Milano; è mancato all'affetto dei suoi cari e dei suoi numerosi amici a soli 28 anni, nel dicembre 2002, in maniera improvvisa. La sua storia, breve ma ricca di significato, è stata di esempio per molti che l'hanno conosciuto e, senza troppa agiografia, meritava di essere conusciuta e, speriamo, apprezzata ed emulata, anche da chi non lo ha direttamente frequentato. Quando Marcello ci ha lasciato era, da quasi sei anni, fedele "aggregato" dell'Opus Dei, una vocazione al celibato apostolico, rimanendo a pieno titolo nel mondo e nel suo ambiente sociale, che egli abbracciò e visse con convinzione e generosità.
La religiosità di Ezra Pound (1885-1972) rimane un mistero fitto e largamente inesplorato.
I pochi studiosi che si sono cimentati nella ricerca hanno sottolineato gli elementi esoterici e neopagani presenti nell’infinito cantiere dei Cantos e nella saggistica del poeta statunitense.
Il pionieristico saggio di Andrea Colombo indaga, invece, il vivissimo interesse di Pound anche per il cattolicesimo e illustra i risvolti della sua estetica e del suo pensiero economico, spesso ispirati dalla dottrina sociale della Chiesa, dalla filosofia neoplatonica di Riccardo di San Vittore, di Scoto Eriugena e di Roberto Grossatesta, come da altri pensatori di età patristica e medioevale ingiustamente trascurati. In appendice vengono pubblicati per la prima volta alcuni testi poundiani, fra cui le lettere al diplomatico vaticano monsignor Pietro Pisani e al sacerdote di «Crociata Italica» don Tullio Calcagno.
«Il presente lavoro di Andrea Colombo completa coraggiosamente il mosaico con l’approfondita lettura di testi difficilmente accessibili» (dall’Introduzione di Mary de Rachewiltz).
L'AUTORE
Andrea Colombo vive a Milano, dove lavora come giornalista di Libero. Ha tradotto e curato varie opere di Ezra Pound e di G.K. Chesterton. È autore del saggio Curare l’anima. Itinerari dello spirito (Leonardo Mondadori).
Da bambina, poi da adolescente e da giovane donna, Dawn Stefanowicz vive il trauma di una famiglia composta da un padre omosessuale, con il suo entourage di partners sessuali freneticamente rinnovato, e da una madre depressa e complice: lei reagisce con una presa di distanza da sé stessa e dalla vita che le appare l'unica via di sopravvivenza. Fino alla vera liberazione avvenuta con la riscoperta, nella fede, del proprio valore di persona, e della capacità di amare, anche suo padre. Raccontando non solo i fatti cronologici della propria esperienza, ma anche i conflitti emotivi che ha dovuto vivere e le battaglie che ha vinto per diventare la donna che è oggi, moglie e madre felice, l'autrice offre così un'indagine unica nel "mondo nuovo" della genitorialità di persone omosessuali. "Un vissuto", scrive lo psichiatra Gerard van den Aardweg nella Prefazione, "che io stesso ho, purtroppo, avuto modo di riscontrare in tanti anni di attività professionale e che mi porta a mettere in guardia da una nuova, inaudita forma di abuso sui minori, legalizzata e promossa dagli Stati che hanno abbracciato un'ideologia del tutto falsa, per la quale ogni tipo di vissuto e ogni forma di convivenza vengono considerati leciti ed equivalenti".
Una santa moderna, madre di famiglia, colta, attenta ai poveri e alla carità. Col motto "Unico fine la gloria di Dio" si spese per gli altri donando generosamente sé stessa e le proprie sostanze. La vita di Maria Biffi Levati, donna benestante monzese (1835-1905), è una storia di santità vissuta nell'ordinario. Rimasta vedova prematuramente, la protagonista di questo libro ha maturato la convinzione che non valga la pena preoccuparsi troppo dei beni di questa terra, che finiscono, ma che sia più utile - e umano anche - cercare il Regno di Dio, fin da ora, secondo l'invito di Gesù dell'amore al Padre dei Cieli e al prossimo. Nonostante fosse già madre di tre figli suoi, Maria, dopo la morte del marito, ha dilatato la propria maternità dedicandosi all'accoglienza e al soccorso dei poveri e dei malati della sua città. Un'azione di carità che, per l'incontro con il sacerdote, oggi beato, Luigi Talamoni (che divenne sua guida spirituale per 27 anni, fino alla morte, e fu il suo primo biografo), ha generato un'opera: la congregazione delle suore Misericordine presenti ormai su tutto il territorio nazionale e all'estero (nel Canton Ticino e in Africa). Maria Biffi Levati - sottolinea lo storico Edoardo Bressan - ha vissuto con la dolcezza e il sorriso, così come la sua vita spirituale appare serena e concreta, nella consapevolezza che la vera devozione è inseparabile dalla carità.

