
Lev Nikolaeviè Tolstoj (1828 – 1910) o della potenza morale. Uno di quegli scrittori che "decidono", in un’epoca, che cos’è la letteratura. In sette anni scrive Guerra e pace, altri quattro anni per Anna Karenina. Poi ha una crisi spirituale e la sua vita cambia del tutto. Sono gli anni dell’inquietudine e della ricerca morale (La morte di Ivan Il’iè, La Sonata a Kreutzer). Il 28 ottobre 1910, a ottantadue anni, scappa di casa. Ammalato, muore poco lontano, il 7 novembre. I suoi libri sono ancora una vera e propria "bibbia" della narrazione.
New Jersey, 2007: qualcosa di molto pericoloso viene rubato da una base militare del governo americano. Quattro agenti segreti si mettono sulle tracce dell'oggetto misterioso, lo inseguono attraverso tre continenti sfidando la morte per portare a termine la missione. Aisha, l'esotico fiore all'occhiello della CIA, Mordechai Dekhnavitsh, il numero uno del Mossad e Viscardi, lo spietato assassino del Vaticano. Tutti i Servizi del mondo sono a caccia della Spia, l'uomo senza nome che ha rubato ciò che potrebbe cambiare le sorti dell'intero pianeta. Un oggetto narrativo senza precedenti, un'esperienza d'intrattenimento unica nel suo genere: J.A.S.T. è un romanzo, ma non è solo un romanzo.
I tre volumi contenuti nel prezioso cofanetto raccolgono i dieci episodi della serie che rivoluzionerà la narrativa d'azione. Ogni episodio di J.A.S.T. ha la durata, il ritmo e lo stile narrativo delle puntate delle fiction televisive americane.
New York, oggi.
Peter, quarantenne, mercante d’arte a Manhattan, ha tutto quello che un uomo potrebbe desiderare. Un lavoro che sta per dargli nuove opportunità, un bell’appartamento, una moglie affascinante, una figlia che è andata al college.
Tutto.
O forse no.
Forse questo non può essere tutto.Forse alla vita di Peter manca qualcosa, il senso di un movimento, un’aspirazione, una tensione. Un pericolo. E quando nell’appartamento che Peter divide con Rebecca arriva Ethan, il fratello minore di sua moglie, un’attrazione misteriosa e inquietante sembra mettere a rischio qualsiasi parvenza di stabilità.
L’autore Premio Pulitzer di Le Ore ritorna con un romanzo seducente e sensuale, dalla scrittura densa e coinvolgente, che conduce il lettore sulle tracce di una Bellezza che tutto può salvare e tutto può distruggere.
Michael Cunningham è cresciuto a Los Angeles e vive a New York. Per Bompiani sono usciti: Le ore (1999), tradotto in ventisette lingue e vincitore del Premio Pulitzer per la Narrativa, del Pen/Faulkner Award e del Premio Grinzane Cavour 2000 per la Sezione Narrativa Straniera, Carne e sangue (2000), per il quale ha ricevuto il Whiting Writer’s Award, Una casa alla fine del mondo (2001), Mr Brother (2002) e Dove la terra finisce (2003). Dal romanzo Le ore è stato tratto il celebre film interpretato da Meryl Streep, Nicole Kidman e Julianne Moore, mentre da Una casa alla fine del mondo è stata realizzata una versione cinematografica diretta da Michael Meyers.
«A Pasqualino, che aveva sei anni e ogni mattina portava giù l'immondizia, al pescatore monco, perché metteva a tacere il mare, a Santo Strato, perché proteggeva il palazzo e i malati»: a loro Márai dedica il suo «romanzo napoletano», ambientato nella città dove aveva vissuto dal '48 al '52, prima di partire per gli Stati Uniti. A formare il vasto coro, lacero e sgargiante, che commenta la vicenda intorno alla quale è costruito il libro, sono gli uomini, le donne e i bambini della città, con la loro miseria, il loro lerciume, le loro interminabili chiacchiere, la loro fatica di vivere, il loro orgoglio ancestrale di aristocratici, le loro liti che scoppiano furibonde, teatrali, ritualizzate, da una finestra all'altra, i loro lutti non meno teatrali e urlati, la loro religiosità pagana e superstiziosa, i loro santi arcigni e polverosi dentro le teche di vetro, la loro umanità piagata e ghignante. Un intero popolo che, fra tutte le possibilità, crede che «la più verosimile sia il miracolo» (anche quelli che si dichiarano comunisti, anzi soprattutto loro). Un giorno arrivano a Posillipo due stranieri, un uomo e una donna (inglesi? polacchi?): displaced persons, così li definiscono le autorità, profughi. Anche loro, almeno per un po', crederanno che lì possa avvenire il miracolo. Ma un giorno, durante una bufera, l'uomo precipita da un belvedere sfracellandosi sulla spiaggia. Suicidio? Omicidio? Ne sentiremo parlare in tre lunghi monologhi dai quali potremo intuire che cosa abbia significato, per quell'uomo, la condizione dell'esule.
Una terribile peste dilaga a Napoli dal giorno in cui, nell'ottobre del 1943, gli eserciti alleati vi sono entrati come liberatori: una peste che corrompe non il corpo ma l'anima, spingendo le donne a vendersi e gli uomini a calpestare il rispetto di sé. Trasformata in un inferno di abiezione, la città offre a Malaparte visioni di un osceno, straziante orrore: la ragazza che in un tugurio, aprendo «lentamente la rosea e nera tenaglia delle gambe», lascia che i soldati, per un dollaro, verifichino la sua verginità; le «parrucche» bionde o ruggine o tizianesche di cui donne con i capelli ossigenati e la pelle bianca di cipria si coprono il pube, perché «Negroes like blondes»; i bambini seminudi e pieni di terrore che megere dal viso incrostato di belletto vendono ai soldati marocchini nella piazzetta della Cappella Vecchia, dimentiche del fatto che a Napoli i bambini sono la sola cosa sacra. La peste - è questa l'indicibile verità - è nella mano pietosa e fraterna dei liberatori, nella loro incapacità di scorgere le forze misteriose e oscure che a Napoli governano gli uomini e i fatti della vita, nella loro convinzione che un popolo vinto non possa che essere un popolo di colpevoli. Null'altro rimane allora se non la lotta per salvare la pelle: non l'anima, come un tempo, o l'onore, la libertà, la giustizia, ma la « schifosa pelle». E, forse, la pietà: quella che in uno dei più bei capitoli di questo insostenibile e splendido romanzo - uno dei pochi che negli anni successivi alla guerra abbiano veramente, nel mondo intero, lasciato un solco indelebile - spinge Consuelo Caracciolo a denudarsi per rivestire del suo abito di raso, delle calze, degli scarpini di seta la giovane donna del Pallonetto morta in un bombardamento, trasformandola in Principessa delle Fate o in una statua della Madonna.
Danilo Pulvirenti è un antiquario romano, un uomo che ha fatto della sobrietà e dell’intransigenza una regola di vita, ma che nel recinto dei propri desideri è fermamente convinto che l’individuo sia sovrano assoluto. In questo recinto, Danilo è divorato dall’ossessione erotica, che presto lo conduce alla creazione di un Rivale – nel delirio erotico, l’espediente più classico per riaccendere il desiderio nei confronti del partner. Ma il gioco gli sfugge di mano e fi nisce per contagiare tutti gli altri aspetti della sua esistenza. Walter Siti ci consegna un romanzo nel quale l’ossessione erotica trasmigra dalla fi ction per condensarsi in proposizioni fi losofi che. In tal senso, anche se ci parlano del protagonista, esse riguardano in realtà l’esperienza di tutti, poiché tracciano i lineamenti fondamentali degli impulsi più oscuri.
I protagonisti di una civiltà letteraria, anche i più originali, non vivono mai isolati. Sono maestri o allievi, sono intellettuali in competizione fra loro o solidali nella lotta per una certa idea di letteratura e, magari, di società. Nessuna isola è un'isola, ogni scrittore è riconducibile a un mondo.
Le mappe, i grafici e i racconti che compongono questo Atlante della letteratura italiana individuano, attraverso la geografia, le trame della nostra cultura letteraria, e strada per strada, città dopo città, collocano nel posto preciso del tempo e dello spazio tutto quanto contava nel paesaggio sociale e mentale di scrittori e intellettuali.
«Pensata nello spazio oltreché nel tempo, la storia della letteratura italiana assume un profilo estremamente mosso, che restituisce tutto il loro rilievo alle presunte periferie di un'Italia troppo a lungo disegnata intorno a un unico asse toscano. Ne emerge un dato evidente e mai messo a fuoco con tanta nettezza, anche se da tempo risaputo: l'Italia letteraria ha conosciuto, dal Duecento all'Ottocento, una geografia policentrica, come non è avvenuto per nessun altro paese europeo; ha ruotato, spesso e lungamente, intorno a città diverse da Firenze o da Roma, o addirittura esterne ai confini della penisola, com'era l'Avignone trecentesca dei papi. Si può dire che fino allo spartiacque del 1860-61, cioè fino alle sorprendenti e quasi mirabolanti vicende che propiziarono l'Unità, la civiltà italiana abbia vissuto al ritmo di una singolare alternanza tra città-perno: capitali in pectore di Italie probabili o improbabili, possibili o impossibili, capitali letterarie elettive che l'Atlante identifica, illustra, e alle quali intesta un'età della nostra storia».
Comitato scientifico: Mauro Bersani, Amedeo De Vincentiis, Erminia Irace, Michele Luzzatto, Sergio Luzzatto, Gabriele Pedullà, Domenico Scarpa
«Sara se n'è andata via il giorno in cui è finita la scuola. L'estate si è spalancata all'improvviso: ha inghiottito i miei bambini tutti insieme, ha svuotato la mia casa e io sono rimasto lì, una macchina sul ciglio di un burrone».
Ogni sera Pietro si china sulla pancia di Sara per sapere se dentro c'è qualcosa che nasce, e ogni sera lei, toccandosi il ventre, aspetta di poter dare un nome al loro futuro insieme. Ma la speranza rimane un'attesa, e l'attesa spacca tutto come una crepa nel muro. Fino a quando ogni cosa si sfalda e sul tavolo della cucina resta soltanto un foglio, o meglio una bomba che si prepara a esplodere. «Telefonato tua madre, è morto Mario». E poco sotto una domanda scritta di fretta: «Mario?» Mario è il nonno di Pietro, ma più che un parente è lo scheletro nell'armadio di una famiglia e di un paese intero. Tornato folle dalla campagna di Russia, vissuto dentro una clinica eppure morto per tutti, per lui la guerra non è mai finita. Ora fa la sua comparsa morendo per davvero, come un fantasma molto terreno che ha lasciato troppe domande dietro di sé.
L'estate si apre quel giorno con un duplice addio, spalancata come una casa vuota e piena di strade possibili. La prima è un viaggio a ritroso, con in tasca il peso di un segreto che Pietro e Sara si sono nascosti tanto a lungo da non poterlo dimenticare.
La seconda è un viaggio sul Don, carico di tutte le storie che Mario non ha mai raccontato: un percorso lungo quasi settant'anni, alla ricerca vana di una Russia che non c'è più, come provare a tuffarsi nelle acque del 1943.
Sono i ricordi degli altri che dentro di noi non trovano appiglio, come promesse tradite dal tempo. Con una scrittura tesa e tersa fino alla poesia, Andrea Bajani ci racconta la responsabilità e la difficoltà di ricordare. La memoria è una trama forata, i fili si slacciano e si disperdono nell'ordito di una realtà vissuta al presente.
Ma è proprio lì, tra le omissioni e le mancanze, che forse si annida un senso. Lungo quelle strade deviate, dove si affacciano risposte impreviste a domande mal poste.
Sono sempre lì, Natale, Pasqua, estate, Halloween. I mozziconi di sigaretta appesi all’angolo della bocca, succhiati fino all’osso. Portano il cappello calato su occhi che restano perennemente in ombra. Stanno sempre all’angolo del negozio di Cope. La mattina presto, la sera tardi, sempre lì nella pozza di luce del lampione, addossati al muro che fa da barriera al vento.
Ho otto anni e questi sono uomini grigi, con barba lunga e abiti logori. Uomini in grado di sputare sentenze senza togliersi la sigaretta dalle labbra livide. Uomini duri, amari, che sorridono poco ma sogghignano spesso. A volte ridono di me quando passo, e in quei secondi mi sento come un pollo infilzato sullo spiedo. Temo e odio i ragazzi all’angolo. Sembra che il loro unico scopo sia tormentare i bambini e le giovani donne. Non si muove nulla che loro non seguano con gli occhi. Sono un giudice e una giuria permanenti, un coro di piccole divinità scurrili. Persino l’espressione “ragazzi all’angolo” fa paura.
Adesso che sono passati tanti anni, adesso che anche io so qualcosa delle strade buie, di una casa vuota, della rabbia che non trova qualcosa su cui sfogarsi, adesso riconosco i ragazzi all’angolo per ciò che in realtà erano. Adesso so che non avevo capito niente.
55 a. C. Una flotta da guerra giunge in vista di una terra ignota, popolata da feroci guerrieri, capaci di incutere timore persino ai soldati di Giulio Cesare. Di fronte al panico che coglie le truppe, un uomo si lancia nelle acque gelide. È Lucio Petrosidio, aquilifero della Decima Legione. Come un solo uomo, dietro la sua aquila, la legione degli immortali va all’assalto. Per Cesare e per Roma, Lucio e i suoi compagni, Massimo, Quinto, Valerio, si batteranno senza tregua per conquistare la Britannia, e per proteggere Gwynith, la schiava dai capelli rossi che ha conquistato il cuore dell’aquilifero. Fino a un luogo chiamato Atuatuca, dov’è in agguato un destino di sangue...
35 a. C. Dal ponte di una nave, un uomo osserva le coste della grande isola ormai prossima. Al suo fianco il gladio dei legionari, nella mente i ricordi di un’epopea di guerra e di morte, in cui aleggiano i fantasmi dei compagni caduti. È per dar pace a quei fantasmi, e alla sua coscienza, che il vecchio soldato sta tornando in Britannia. Perché da allora c’è una donna in attesa del suo uomo e c’è una battaglia iniziata vent’anni prima che aspetta lui per concludersi definitivamente.
Dopo cena, quando il resto della famiglia si mette a chiacchierare davanti a casa, la piccola Tess preferisce starsene per conto suo nella veranda sul retro. A farle compagnia, solo la notte, gli alberi e il pozzo. Quella sera d’agosto, lo spicchio di luna ritagliato nel cielo non basta a fare luce. Eppure, nel nero, Tess scorge una figura femminile che si avvicina furtiva con un fagottino in braccio: lo culla come se fosse un bambino, poi lo getta nel pozzo. Infine si allontana, credendo di non essere stata vista.
Nessuno dà ascolto a Tess, finché il corpo privo di vita di un neonato viene davvero ripescato dal pozzo. Ma il mondo degli adulti non può permettersi di abbandonarsi allo sconcerto. È il 1931, e bisogna ancora fare i conti con la grave crisi economica che ha colpito Carbon Hill, una cittadina mineraria dell’Alabama, così come tutta l’America. Anche a casa di Tess si lotta contro la povertà. Il papà, Albert Moore, moltiplica i turni in miniera per mantenere la numerosa famiglia: la moglie Leta, che con il poco a disposizione riesce sempre a mettere insieme pranzo e cena, magari togliendo qualcosa dal proprio piatto; la figlia più grande, Virgie, alle prese con i primi corteggiatori; il figlio Jack, irrequieto e imprevedibile; la stessa Tess, che ha nove anni, grande immaginazione e sconfinata curiosità.
Lei non riesce a levarsi dalla testa quel tonfo nell’acqua: quasi un grido con cui il pozzo implorava il suo aiuto. Decide allora di scoprire chi sia la donna misteriosa. Insieme alla sorella, comincia a “indagare” nel vicinato, alimentando sospetti e scovando segreti. Ma se l’enigma del pozzo svelerà i lati più oscuri di quella comunità, ne metterà soprattutto in luce l’onestà e la solidarietà con cui affronta, unita, quei tempi così duri. E sarà per Tess un’indimenticabile lezione di vita.
CD Mp3, versione integrale. Un racconto appassionante felicemente sospeso tra biografia e reportage; un viaggio che porta Lerner da Beirut ad Aleppo, fino alla regione ucraina di Leopoli, per concludersi sorprendentemente al confine tra Libano e Israele. Letto da Gad Lerner.
Il libro
In questo racconto inatteso, di straordinaria intensità e autenticità, Gad Lerner si addentra nel suo Gilgul familiare, nelle "scintille d'anime" della sua storia personale.
Un racconto appassionante felicemente sospeso tra biografia e reportage; un viaggio che porta Lerner da Beirut ad Aleppo, fino alla regione ucraina di Leopoli, per concludersi sorprendentemente al confine tra Libano e Israele.
Specifiche
Formato: CD Mp3, versione integrale. Per ascoltare questo audiolibro è necessario un lettore Mp3.
Durata: 8 ore 4 minuti
Letto da: Gad Lerner
Tecnico del suono: Stefano Mariani
Studio di registrazione: Omnia - B - Milano
Immagine di copertina: Cartolina di Beirut in una elaborazione dell'ufficio grafico Feltrinelli
Progetto grafico: Internozero