
Isabel Duncan, una scienziata che lavora al Great Apes Language Lab, non riesce a interagire con gli esseri umani, ma si trova a suo agio con le scimmie, in particolare con i bonobo. Isabel preferisce il loro mondo a quello dei suoi simili, almeno fino al giorno in cui incontra John Thigpen, un giornalista sposato intento ad affrontare un gruppo di ambientalisti in eterna protesta con il laboratorio, curiosi di sapere che cosa succeda al suo interno. Quando nell'edificio si verifica un'esplosione, Isabel rimane gravemente ferita e sei delle scimmie ospitate vengono "liberate": da quel momento l'interesse puramente umano di John si trasforma nella storia della sua vita, una storia per la quale è disposto a rischiare la sua carriera e il suo matrimonio. Poco dopo l'"incidente", mentre Isabel è in convalescenza, debutta improvvisamente, e in circostanze misteriose, il reality show La casa delle scimmie, con protagonisti proprio gli animali fuggiti dal laboratorio, e diventa subito il più grande, e improbabile, fenomeno nella storia dei media moderni. La casa delle scimmie è una storia d'amore e, insieme, una finestra su un mondo nascosto e meraviglioso, quello della natura e degli animali.
Nella "Memoria vegetale", Eco racconta l'importanza del libro fin dalla sua apparizione per quanto riguarda l'evoluzione delle civiltà e per la nascita delle grandi religioni monoteistiche. "Il libro è un'assicurazione sulla vita, una piccola anticipazione di immortalità." L'essere bibliofili, e collezionisti di libri, non necessita di grandi capitali, tutti possiamo sfruttare le bancarelle presenti nelle strade delle nostre città e acquistare libri, forse non preziosi come certe prime edizioni di grande pregio, ma sicuramente interessanti e sempre più interessanti col passare degli anni. La bibliofilia, quindi, è soprattutto l'amore per l'oggetto libro. Attenti, però, a non farla divenire malattia. Con l'abituale acutezza, humour e competenza, Eco passa in rassegna alcune opere, racconta aneddoti, traccia un criterio di valore, insomma ci guida nel magico mondo della bibliofilia. Perché Eco non si rivolge prevalentemente a chi è già un bibliofilo, ma a tutti gli altri, ai potenziali amanti del libro, che sono innumerevoli e che forse non sanno ancora di esserlo.
I racconti di Hanif Kureishi sono storie provocatorie, erotiche, tenere, divertenti e accattivanti; ritraggono la complessità dei rapporti tra uomini e donne, tra padri e figli, sullo sfondo di una Londra che è un mondo brulicante di vita e di contraddizioni. Il volume riunisce i racconti di "Love in a blue time", "Mezzanotte tutto il giorno", "Il corpo e Il declino dell'occidente": insieme al controverso "Matrimoni e Decapitazioni", c'è il profetico "Mio figlio il fanatico", che declina le tensioni religiose all'interno di una famiglia mussulmana. Come pochi altri scrittori, Kureishi riesce a cogliere le diverse sfumature delle tensioni politiche e sessuali, e di come esse condizionano la società così come la vita di ciascun individuo. Con un intervista all'autore di Elisabetta Sgarbi.
"È con l'anima sulle labbra che scrissi in quegli anni appassionati la maggior parte delle pagine incluse in questa raccolta che a suo tempo interessarono giovani incatenati da una guerra non voluta, da un linguaggio grottesco, da coercizioni medievali e ritrovarono non tanto nelle mie parole quanto nei libri che proponevo le loro ansie libertarie, i loro sogni di anarchia, di democrazia, di sincerità. Ancora adesso, cinquantanni dopo questa Antologia di Spoon River, questo libretto tanto disprezzato dalle Accademie, viene scambiato tra ragazzi innamorati come una specie di pegno d'amore. E anche per questa passione di poco spenta dagli anni che Edgar Lee Masters apre la presente edizione. Ecco. Ormai questi autori che io amavo mentre stavano trasformando la storia della letteratura americana sono diventati dei classici: se dovessi scrivere adesso queste presentazioni potrei aiutarmi con decine e decine di biografie e monografie che riempiono i miei scaffali. Ma quella felicità di scoperta, quella gioia di trasmetterla ad altri, forse oggi non l'avrei più; forse l'anima non mi salirebbe più sulle labbra." (dalla prefazione di Fernanda Pivano)
Romanzo di tutta una vita, l'inedito "Timor sacro" di Stefano Pirandello, ripercorsa, per obliqui e misteriosi rimandi autobiografici, attraverso la narrazione di "due vite a specchio", quella dello scrittore Simone Gei, irretito nella stesura di un'opera di esaltazione del fascismo, e quella dell'albanese Selikdàr Vrioni, sfuggito alle arcaiche leggi di vendetta privata della sua stirpe. Fra fedeltà alla memoria e trasfigurazione letteraria, in un sottile, turbinoso giuoco di rinvìi, ribaltamenti, sovrapposizioni, con i componenti della tormentata famiglia Pirandello e gli amici più intimi di Luigi e di Stefano, s'accampano esponenti di primo piano della politica e della cultura. In un'alchemica combinazione di storia individuale e collettiva e di artificio narrativo, il romanzo "Timor sacro" mescida vagabondaggi affabulatori con episodi realmente accaduti, lumeggiandone aspetti controversi, il consenso dilatato, la proclamazione dell'impero, la pena di morte, la figura del Boia, le leggi razziali. Dispiegandosi su un doppio registro, interiore ed esteriore, "Timor sacro" è insieme serbatoio di verità e mascheramento della realtà. Pervaso dall'ansia di un'irraggiungibile perfezione, lo scrittore Simone-Stefano consente al lettore di sorprenderlo nell'affanno della creazione. "Timor sacro" si dipana infatti lungo il resoconto dell'arduo farsi e disfarsi del romanzo per tentativi esaltanti ed esiti deludenti...
Undici racconti quasi tutti inediti in Italia di un maestro del Novecento, lungo un arco che copre la sua intera vita creativa, dal 1925 al 1962. Undici pezzi di pura maestria: dialoghi a rotta di collo, battute fulminanti, un sense of humour che più cattivo non potrebbe essere e a cui tutti in seguito si sono ispirati: da Ionesco a Arbasino a Alan Bennett. Per la prima volta presentati tutti insieme al lettore italiano, i racconti di Evelyn Waugh sono un'autentica scoperta letteraria. Per chi pensa che leggere è soprattutto un piacere.
Se un romanzo è un edificio a più piani, che succede la volta in cui un autore scopre di aver perso le chiavi del portone? O meglio, quando capisce che, ad avergliele rubate, è stato uno dei suoi personaggi? È questa la miccia che innesca "Quando tutto tace". Qualche riga, e il buffo angelo caratteriale spedito a salvare dal suicidio una celebrità dello show business caduta in disgrazia - chiede conto all'autore del suo ruolo e delle sue azioni. È l'impasse di qualche pagina che, a poco a poco, squarcia il sipario delle apparenze, aprendo a un cammino doloroso verso la verità. In questo gioco, Alessandro De Roma - abbandonando per una volta l'impianto tradizionale del romanzo - ci propone una riflessione sul mestiere di scrivere: un personaggio non esiste, neanche nella finzione, se il suo creatore non è disposto a stanarne fino all'ultimo segreto; e insieme una lettura accorata e visionaria dei nostri giorni: un'epoca in cui il reality supera la realtà e la parola, svuotata di significato, si riduce a un silenzio disperato in cui tutti, prima o poi, rischiamo di perdere le chiavi.
Nel giorno che cambierà la sua vita, il Maestro si sveglia prima dell'alba. Guarda il sole sorgere sulla laguna e ascolta le pulsioni dolorose inviategli dal proprio corpo. Sono "i dolori del braccio che regge lo scudo". È il 25 dicembre, fa già caldo alle sette del mattino e una nuova giostra sanguinaria si prepara. Ma nulla di tutto questo oramai importa. Ora il Maestro ha un motivo per rimanere in vita. 2092, Venezia - ricostruita da una multinazionale di Pechino dopo una terribile onda alluvionale - è la perversa Las Vegas della decadenza europea). In un clima africano, una folla di nuovi ricchi vi accorre per concedersi ogni vizio e, soprattutto, per assistere alle lotte tra gladiatori. Piazza San Marco è, infatti, trasformata in un arena: il Colosseo del terzo millennio. Mentre le Nazioni si dissolvono, il carnevale si avvicina e i padroni cinesi preparano lussi sfrenati e spettacoli crudeli. Gli ultimi veneziani ai quali è stata interdetta la riproduzione, vivono confinati in un ghetto, piegati e derelitti. Nessuno sembra più volersi sottrarre alla violenza e alla lussuria di questo bordello della fine dei tempi. Eppure, perfino in questo parco giochi orwelliano, ci sono due uomini in rivolta che si levano contro l'orgia del potere. "Il Maestro", guida dei nuovi gladiatori, e Spartaco, suo allievo. L'antica via dei ribelli li condurrà alla città delle donne. Un libro non solo ambientato nel futuro, ma rivolto al futuro, a quella speranza di vita che sorge solo nel senso della lotta.
Questa non è la solita storia. È una storia in forma di "cuntu', l'antica forma di narrazione orale della Sicilia, e narra le vicissitudini e le peregrinazioni del messinese Scipione il Cicalazadè. Giovane vigoroso e intelligente, viene sottratto dodicenne dai pirati al padre, il Visconte Cicala, portato in dono al Sultano e educato alla sua corte, fino a divenire, in qualità di Prescelto, il comandante degli eserciti Ottomani di terra e di mare. Il suo destino è fatto di battaglie, conquiste, bottini, ma anche di nostalgia per la sua terra d'origine e per sua madre, donna Lucrezia. C'è un lupo al fianco di Scipione guerriero, e lui stesso è lupo nel profondo, e la sua voce è l'ululato della passione, del tradimento, della rabbia, dell'utopia: quella di Tommaso Campanella, i cui congiurati Scipione incontra e aiuta; quella dell'amore, che si incarna per lui in una dama fatta Luna; quella del ritorno in patria, occasione del ritrovamento degli affetti famigliari ma anche di un grande scontro con il cattolicissimo fratello Filippo. E poi, come in un circolo magico, un nuovo ritorno al Monte Altesina, là dove lo attende la dama fatta Luna e lo spirito del lupo potrà trovare finalmente riposo. Una storia che ha insieme il fascino di un Mediterraneo favoloso, la forza poetica delle narrazioni rinascimentali e l'aura di un'epopea popolare in cui Oriente e Occidente si misurano in una guerra di idee, amore e rinascita.
Alessandro, un giovane uomo che si trova in vacanza in Puglia insieme a due amici, Alberto e Sarita, racconta in una lunga lettera le sue impressioni di viaggio alla sorella laia. Da Polignano a Ostuni, da Brindisi a Bari, si compone davanti agli occhi degli amici l'affresco di un'Italia affondata nel passato, tra ricordi e sorprese: le madonne sulle soglie delle case, i trulli accecati dal sole, carichi di infanzie mitiche trascorse sullo sfondo di scenari che il Nord non conosce. E all'orizzonte, personaggi anomali, come lo scemo del paese che buca tutte le barche, o l'incendio del Petruzzelli, oppure antichi gesti come quelli che presiedono la preparazione della salsa di pomodoro, accompagnati dalle storie narrate con allegria conviviale dalle donne. Visioni, suoni forse già lontani. E mescolandosi i ricordi alla realtà, si apre uno spazio per la rievocazione della storia d'amore infelice di Sarita, e per il racconto, dapprima per gradi inappariscenti, dell'intesa e dell'attrazione sottile che si stabilisce fra Alessandro e Alberto. Perché nessuno come Alessandro può aprire davvero il suo cuore alla sorella laia. La lunga lettera è il frutto della comunicazione speciale, irripetibile che lega da sempre i due fratelli. Una comunicazione dello spirito, un esserci dell'uno per l'altra, stretti in una confidenza totale che è d'amore, di ricordo e nostalgia al tempo stesso. E il finale ritorno a Milano non potrà che cambiare la vita di ognuno di loro.
Romanzo "profetico" che prende il titolo dal discorso tenuto da san Paolo nell'Areopago di Atene, "Al Dio sconosciuto" fu pubblicato nel 1935 e tradotto da Eugenio Montale nel 1946. Racconta la storia di un contadino, Joseph Wayne, che lascia la vecchia fattoria del Vermont per traversare l'America e stabilirsi insieme ai fratelli in una fertile vallata della California. Le vicende, talora cruente, che si susseguono nella "terra promessa" raggiunta da questo indecifrabile sacerdote-colono, danno luogo a un quadro di sapore pagano - primitivistico - che Steinbeck ammanta di una luce sacrale.
Venti famiglie. Un piccolo villaggio, all'inizio del '900, in una fertile vallata della California centrale. È lo scenario del primo libro importante di John Steinbeck, "I pascoli del cielo", che fu pubblicato nel 1932 e tradotto da Elio Vittorini nel 1940. Si compone di dodici capitoli ma non è propriamente un romanzo perché a tenere insieme le diverse vicende, ciascuna conchiusa in sé, di questo piccolo capolavoro non sono i personaggi ma l'ambientazione - il rapporto dei contadini con la natura circostante - e, soprattutto, il tema del misterioso insinuarsi del male in un luogo che all'occhio umano appare come l'ingannevole replica del Giardino dell'Eden.