
"Ernestina Micou in Jussiaume, detta la Stangona, da lei arrestata diciassette anni fa in rue de la Lune, e che per mandarla in bestia si mise a fare la puttana, sollecita l'onore di parlarle al più presto di una questione della massima importanza"; questo c'è scritto sull'apposito modulo che in una torrida giornata d'estate il vecchio usciere del Quai des Orfèvres consegna al commissario Maigret. Il nome non gli dice niente, e neanche il soprannome, ma la scena Maigret se la ricorda: allorché il commissario alle prime armi aveva cercato di arrestarla, quella ragazzona lunga lunga si era stesa sul letto completamente nuda. E adesso è venuta a raccontargli che il suo uomo aveva trovato, in una villa dove era entrato a rubare, il cadavere di una donna.
In questa composita raccolta Flaiano descrive luoghi dell'Abruzzo natio in cui la desolazione è profondamente radicata e figure che, su quei fondali, paiono inesorabilmente votate all'autodistruzione: come l'intellettuale romantico e decadente che sospende un'assunzione fatale di veronal solo per la momentanea fioritura di una rosa, o il giovane, ultimo di sei fratelli, cui la famiglia non perde occasione di rinfacciare il suo status di indesiderato, di nato "a tavola sparecchiata". E quando, nel più lungo di questi racconti, Flaiano rievoca la vicenda di uno zio prete, don Oreste, la narrazione affonda ancor più tra quelle rocce scarne, dove "i cattivi umori della terra cristallizzano" e generano quel Blu di Prussia "velenoso, sordido, intelligente...".
Sir Hugo Coal non è mai stato un filantropo. Anche quando non vegetava sulla sedia a rotelle, aveva la tendenza a considerare gli esseri umani meno comprensibili ed eleganti dell'enorme scheletro di sauro che andava pazientemente ricostruendo. Ma quello che vede ora, nella sua villa, nei rari momenti in cui i suoi familiari non lo costringono a fissare una parete, gli piace anche meno. È chiaro che Fledge, l'ambiguo maggiordomo, sta ordendo una sua trama assai sinistra. Di quella trama la moglie, la figlia e sir Hugo stesso, fanno più o meno consapevolmente parte. Quel che è meno chiaro è in che modo sir Hugo possa usare l'unica arma, peraltro letale, che gli resta, il suo "sguardo fisso di lucertola".
Alla fine degli anni Ottanta Gerald Durrell intraprende una spedizione in Madagascar per catturare qualche esemplare di aye-aye, un lemure caratteristico della zona, e garantirne così la riproduzione all'interno del Jersey Wildlife Preservation Park. Giunto nell'isola Durrell si mette sulle tracce dei misteriosi lemuri. E nel mercato "zoma" salva il primo esemplare, altrimenti destinato alle pentole di un'abile massaia indigena. Durrell sa trasformare ogni evento, ogni aspetto dell'indagine scientifica in sorprendente avventura, in resoconto brillante e vivace: anche un tentativo di suicidio, prontamente rimandato per accudire un piccolo lemure, anche lo studio del vocabolario degli aye-aye, con i loro "pop".
Una ragazza minuta, pallida, arrampicata su alti tacchi, nella vita di un uomo "senza ombra", la cui esistenza, così normale, si avvicina sempre più al confine con l'inesistenza. E quella donna è l'ombra stessa, qualcosa di oscuro e lancinante al di là di ogni ragione, che conduce tranquillamente alla morte.
Halid ha molti conti in sospeso. Dalle trincee di Sarajevo è tornato con una reputazione da eroe, un incubo ricorrente e parecchio denaro di origini poco chiare. Per sbarazzarsi della prima gli basterà una partita di caccia con due amici d'infanzia, finita sparando con armi da guerra agli unici animali sopravvissuti nei boschi intorno al villaggio, i ratti. Per non vedere più quella bambina cadere sotto il fuoco incrociato dei cecchini sarà forse sufficiente smettere di dormire. Ma liberarsi del denaro, o moltiplicarlo, ed è il denaro con cui Halid vorrebbe riscattare il suo amore di un tempo, ora ostaggio di una donna e di una storia crudele, risulta più difficile.
Tutto in Jona affiora da "percezioni troppo organiche per essere formulate in pensieri", come in una Virginia Woolf amazzonica, arruffata e vagamente stregonesca. La sua storia è il silenzioso ruotare di un prisma che guida la luce "vicino al cuore selvaggio della vita". Questo romanzo è il libro d'esordio di Clarice Lispector.
Il romanzo è ambientato nella Russia mezza bianca e mezza rossa degli anni Venti. Dove tutto cade in pezzi, ma il protagonista, Nikolaj Vasil'evic, continua a occuparsi imperterrito delle sue miniere d'oro in Siberia e a coltivare l'"incantevole bouquet" delle sue tre figlie, diversamente irresistibili. Il che non gli impedisce di accogliere in casa una folla smisurata di amanti, parenti in vario grado delle medesime, impostori, parassiti e mere comparse, che danno luogo a una sgangherata e sofisticatissima commedia di equivoci, sostituzioni, tradimenti.
La cellula originaria del comico ebraico si trova plausibilmente nello "shtetl". E in uno di questi villaggi dell'Europa Orientale, in Ucraina, passò la sua infanzia Sholem Aleykhem, uno dei primi maestri di quel genere poi sviluppatosi sino a oggi tra molte diramazioni. "Un consiglio avveduto" è il primo dei tre racconti radunati in questo volume. È difficile non essere squassati dal riso mentre si segue il tormentoso e logorroico personaggio che cerca di farsi dare un "consiglio avveduto" per uscire da una situazione che è già irreparabile, giustappunto per la travolgente e lamentosa tediosità di colui che parla.
"Di sicuro questa non è figlia di contadini" esclama il contadino Jacopo allorché gli viene affidata la trovatella Matilde Sofiri: e subito la delicatezza dell'aspetto e la sorte infelice di lei gli ispirano un sentimento che non ha mai provato nemmeno per i figli veri. Ma la bambina non resterà con lui a lungo: per sottrargliela viene ideato un tortuoso inganno, che dura un'estate e ha al suo centro l'interminabile esecuzione di un ritratto: e l'epilogo, lieto e doloroso insieme, sarà segnato dall'apparizione di una carrozza nera e oro da cui sporge, simile ad un artiglio, una mano guantata di donna.
Dopo aver raccontato, nelle "Ceneri di Angela", la sua infanzia "infelice, irlandese e cattolica" come il più atroce e ilare dei mondi possibili, McCourt ci trasporta qui nell'America del secondo dopoguerra. E precisamente in una New York proletaria, dove fra case di mattoni rossi, pub di emigrati irlandesi e banchine ingombre di merci, con la quinta lontana e irraggiungibile di Manhattan, Frankie si trova a percorrere, passo dopo passo, un faticosissimo apprendistato.
Una striscia argentea di spiaggia, le rigogliose palme da cocco, le case d'erba dei samoani: un'oasi, o un'allucinazione. Cade una pioggia inesorabile, "animata da un'intima rabbia", e i turisti appena sbarcati si lasciano andare al ritmo. Fra loro un missionario, una cupa fiamma negli occhi, e una prostituta che fugge dal suo passato. Travolti e già condannati, dall'irresistibile malìa della redenzione, i due si fronteggiano, combattono, arretrano, si cercano, sino al tragico, beffardo epilogo.