
Pari del regno, gentiluomo di camera del principe di Galles, viceré d'Irlanda e ambasciatore all'Aia, Philip Dormer Stanhope, quarto conte di Chestefield (1694-1773), non passa alla storia per le sue virtù politiche e diplomatiche, bensì per il suo poderoso epistolario, e in particolare per la lettere da lui indirizzate al figlio Philip sin da quando questi ha solo cinque anni. Lo scopo di una così lunga e intensa corrispondenza è di trasformare quell'unico erede - per di più illegittimo e quindi lontano - in un perfetto aristocratico, munito perciò di quelle doti di cultura, di gusto e di comportamento che il padre ritiene essenziali a tal fine.
In "Inquisizioni" Borges privilegia autori e motivi legati alla cultura argentina - sul versante della cultura avanguardistica come su quello dell'ispirazione popolareggiante - e sullo sfondo si staglia il controverso rapporto che lega lo scrittore alla letteratura spagnola e all'eredità barocca in particolare, ma non mancano i segni di una capacità precoce, spesso folgorante, di misurarsi con le grandi questioni letterarie e culturali: basti pensare al saggio sull'"Ulisse" di Joyce, probabilmente il primo apparso in America Latina o a quello su Sir Thomas Browne, dove Borges disegna un autoritratto in fieri.
Se ne sarebbe ricordato in seguito di quell'attimo, e non sempre con piacere. Per anni, in certe ridenti mattine di primavera, i colleghi dei Quai des Orfèvres avrebbero conservato l'abitudine di rivolgersi a lui con un misto di serietà e di ironia: "Senti Maigret" "Che c'è?" "C'è Félicie!". E allora lui la rivedeva, sottile, con i suoi vestiti chiassosi, i grandi occhi color nontiscordardimé, il naso impertinente, e il cappello poi, quel terrificante cappellino rosso piazzato in cima alla testa con una lunga penna verde cangiante infilzata come una freccia. "C'è Félicie!". Il commissario sbuffava. Lo sapevano tutti che Maigret si metteva a sbuffare come un orso quando qualcuno gli ricordava Félicie.
Un uomo e una donna si incontrano per caso mentre tornano al loro paese natale, che hanno abbandonato vent'anni prima scegliendo la via dell'esilio. Riusciranno a riannodare i fili di una strana storia d'amore, appena iniziata e subito inghiottita dalla palude stigia della storia? Il fatto è che dopo una così lunga assenza "i loro ricordi non si assomigliano". Crediamo che i nostri ricordi coincidano con quelli di chi abbiamo amato, crediamo di avere vissuto la medesima esperienza, ma è solo un'illusione. D'altro canto, che può fare la nostra memoria, quella memoria che del passato non ricorda che una "insignificante minuscola particella"? Viviamo sprofondati in un immenso oblio e ci rifiutiamo di saperlo.
"Guai a un mondo in cui le creature vanno dietro al proprio cuore" dice la madre del protagonista di questo romanzo, ed è chiaro che il matrimonio cui destina suo figlio non sarà esattamente un gesto di ossequio nei confronti di una passione soverchiante. D'altronde, a Szybusz, shetl galiziano votato al commercio e al culto della prosperità economica, sarebbe stupefacente il contrario. Poi però non si può pretendere che il marito si accenda di passione per la moglie, né che nelle sue passeggiate solitarie stia lontano dalla casa della donna di cui da sempre è innamorato. Né si può evitare che il primogenito nasca come avvolto da una pellicola di indifferenza.
Landolfi offre ai lettori, in questa silloge di "esercizi di stile", le storie di un nobiluomo che usa la spada avita per tagliare in due la fanciulla che ama in una sorta di rito dolcissimo e struggente; la relazione accademica di un cane - che è un professore arzebeigiano e risponde al nome di Onisammot Iflodnal - il quale annuncia a un pubblico parecchio irritato che anche gli uomini, sebbene non tutti, intendono, sentono, pensano; una cronaca brigantesca che già nell'epigrafe, tratta da Michael Kohlhaas, evoca atmosfere kleistiane; il solo apparentemente comico "Il babbo di Kafka", in cui l'ironia vela a malapena risvolti dolorosamente autobiografici.
"Pan" è uno dei rari romanzi moderni in cui la natura parla, nella lingua sommessa e sognante della breve estate nordica, del suo chiarore diffuso e fosforico. Ed è, insieme, l'epos di un amore impossibile che si carica sempre più di esaltazione e struggimento. Pubblicato per la prima volta nel 1894, "Pan" divenne ben presto uno dei libri più amati di Hamsun. Il tenente Glahn, che nelle carte trovate dopo la sua morte racconta la sfortunata passione per la giovanissima Edvarda, diventa la voce stessa della passione, con le sue maree incontrastabili che invadono la natura tutta e creano un amalgama dove alla fine è arduo distinguere ciò che è paesaggio e ciò è psiche.
C'è una famiglia che si sposta dal Texas al Michigan, portando con sé la bara dell'ultimo nato e cercando di barattare, lungo il cammino, gli oggetti di cui la macchina è stipata. Ci sono gli esterni che sceglierebbe David Lynch dovendo rigirare, oggi, "Furore": statali polverose, villaggi fantasma, fattorie con le porte che sbattono, sinistre, nel vento. E ci sono due bambini, che con pochissime parole raccontano, alternandosi, una storia in apparenza elementare. Ma subito le strofe di questa filastrocca metallica e stridente si trasportano in un paesaggio allucinato, che non sappiamo più se sia l'America profonda, la Terra dei Morti, o un qualche terrificante stadio intermedio fra i due.
Nel gennaio del 1937, recensendo "Assalonne, Assalonne!" Borges scriveva: "Conosco due tipi di scrittore: l'uomo la cui prima occupazione sono i procedimenti verbali, e l'uomo la cui prima preoccupazione sono le passioni e le fatiche dell'uomo. Di solito si denigra il primo tacciandolo di "bizantinismo" o lo si esalta defininendolo "artista puro". L'altro, più fortunato riceve gli epiteti elogiativi di "profondo", "umano", "profondamente umano" o il lusinghiero vituperio di "barbaro". Tra i grandi romanzieri Joseph Conrad è stato forse l'ultimo cui interessavano in egual misura le tecniche del romanzo e il carattere dei personaggi. A Faulkner piace esporre il romanzo attraverso i personaggi".
Ka è la terza parte di un'opera in corso, di cui sono apparsi finora La rovina di Kash (1983) e La nozze di Cadmo e Armonia (1988). Materia di questo libro è l'India, tutta l'India, dai Veda al Buddha e oltre. Ma non un libro sull'India. E' un libro dove tutto appare attraverso l'India.