
Che cos'è la libertà? Difficile dirlo per Emma Bonelli, che sulle colline del Monferrato piemontese nell'aprile del 1935 per la prima volta varca la soglia della casa dei Francesi, come sposa del ciabattino zoppo che le hanno dato per marito. Emma è una contadina che ha la terza elementare. La sua dote è misera. Però è una gran lavoratrice, e per questo i Francesi l'hanno voluta come nuora. Anche per sua figlia Luciana, libertà non è che una parola lontana. Solo una volta l'ha quasi assaporate quando le è stata offerta l'occasione di realizzare il sogno di diventare sarta, ma poi il marito la figlia, la casa, la vita hanno preso il sopravvento. Forse solo Anna, nata negli anni Settanta, l'unica donna nella famiglia a poter proseguir gli studi, spezzerà la catena di rinuncia e sottomissione a cui ha visto piegarsi la madre la nonna. Emma, Luciana, Anna, tre donne diverse, ugualmente legate con la mente e il cuore alla vecchia casa in collina, obbligate a lasciarla dai rivolgimenti della Storia e dalla durezza dei rispettivi destini. Tutte, dolorosamente, desiderose di tornarvi. E tutte, in modi diversi, masnà, bambine. In un gioco di sorprendenti rivelazioni, miserie quotidiane e commoventi eroismi, questo romanzo è la storia di una scelta difficile e coraggiosa: romper l'esilio, tornare alla casa dei Francesi, decidere della propria vita, sentirsi libere. Perfino di sbagliare. E smettere, finalmente, di essere masnà.
Loung ha solo dieci anni quando, al termine di un’estenuante odissea, arriva negli Stati Uniti. Per lei, fuggita dalla criminale follia del regime sanguinario dei Khmer Rossi, libertà è avere uno spazio minuscolo tutto per sé, lenzuola divertenti con buffi topi e strani paperi, e cose buone da mangiare, dopo le radici divorate per placare la fame perenne. Ha mille nuovi significati la libertà, anche una ciotola piena di nastri per i capelli, tanti, colorati. Nei campi di lavoro forzato dove è stata rinchiusa a soli cinque anni, e in quello di addestramento dove è diventata una bambina soldato, i colori erano proibiti, e così ogni abito che non fosse la divisa nera. Volersi distinguere era segno di vanità, e come tale punito a bastonate. Per questo affondare le dita in quei nastri le strappa un sorriso di vittoria, insieme a un moto di nostalgia per l’amata sorella Chou, rimasta in Cambogia: non c’erano i soldi per far partire anche lei. Il distacco è stato lacerante, un nuovo dolore che si è aggiunto a quello infinito per la morte di mamma, di papà, di due dei sei fratelli.
Per anni Loung e Chou vivono vite parallele. Una alle prese con una nuova patria in cui inserirsi, schiacciata dai sensi di colpa per avere avuto quella fortuna, e per non sapersela godere fino in fondo. L’altra in Cambogia, ad affrontare la povertà, la lotta per la sopravvivenza quotidiana, la promessa di un domani migliore che non arriva mai. Quindici anni dopo, Loung decide di seguire il lungo nastro rosso e di tornare a casa. Dall’incontro di due solitudini nasce una memoir intensa, commovente, e lo straordinario racconto di una delle grandi follie del nostro tempo.
Anno Domini 950. Mentre Roma e il papato vivono anni di corruzione e decadenza, i Mori minacciano ciò che resta dei vasti domini di Carlo Magno. Gli Ungari saccheggiano villaggi in Italia e in Germania e seminano sangue e violenza. I Vichinghi devastano le coste dell'Inghilterra e della Francia. Ovunque nascono nuovi eroi e nuovi furfanti, si moltiplicano profeti e predicatori, e il cupo presagio del "Mille e non più Mille" contagia re e villani. La fine del mondo è alle porte. Ma poco più di cinquant'anni dopo, la magnificenza dei califfati è stata disintegrata, gli sciamani magiari sono stati uccisi, gli dei vichinghi detronizzati: il simbolo della croce domina ovunque. Fu uno stuolo di re guerrieri e imperatrici concubine, di soldati maniaci e di fanatici religiosi a disegnare l'anno 999 come un fondamentale punto svolta per i regni che - convertendo, conquistando, massacrando sfuggirono all'apocalisse di fine millennio. È da tutti loro che nacque un'Europa completamente diversa.
1546, Ratisbona. Barbara Blomberg ha sempre amato la sua città natale, il ponte sul Danubio avvolto nella nebbia del mattino, l'orologio del municipio che scandisce il tempo, gli stretti vicoli, gli antichi palazzi; in quei giorni, però, la trova ancora più bella. Quella settimana, intatti, non solo ci sono i festeggiamenti per il Carnevale, le danze lungo le strade, i travestimenti e i lazzi, ma si tiene anche la Dieta, e la città brulica di principi, cavalieri, studiosi e, soprattutto, è pronta ad accogliere l'imperatore. Mai la sua presenza è stata tanto attesa: lo scontro tra cattolici e protestanti ormai si è fatto accesissimo e spetta a lui evitare che si arrivi al conflitto aperto e alla spaccatura dell'impero. Barbara ha già avuto modo di vedere con i suoi occhi Carlo V, ma questa volta, lungo un corridoio del palazzo dove lui alloggia e lei ha da poco preso servizio, lo sguardo dell'imperatore la paralizza per qualche istante. Non è necessaria neppure una parola: quella stessa notte Barbara gli si offre con naturalezza, senza il servilismo delle cortigiane, né il calcolo delle aristocratiche in cerca della corona. Lei è una donna del popolo e quell'invito è sì un obbligo, ma anche un onore. I loro incontri silenziosi, però, non durano che poche settimane e Carlo viene richiamato ad affari ben più importanti di quel gioioso passatempo. A Barbara, invece, non rimane soltanto il ricordo di quelle ore: ha in grembo il frutto di quell'amore clandestino.
Salve. Mi chiamo Oliver Tate, ho quattordici anni e sono il protagonista. Mi piacciono le parole complicate come "triscaidecafobia", la paura del tredici, e altre più semplici e dirette, tipo "stronzo". Le mie ambizioni sono le seguenti: scoprire perché mio padre a volte resta a letto tutto il giorno scoprire perché mia madre ha deciso di prendere lezioni di surf, e forse anche di altro, da uno stronzo con l'aria da hippy perdere la verginità entro l'anno. In camera da letto i miei genitori hanno un interruttore in grado di regolare l'intensità della luce. Se la mattina lo ritrovo posizionato sulla tacca che indica la mezza luce, vuoi dire che la sera precedente ci hanno dato dentro. È il mio modo di monitorare come vanno le cose tra loro. Ora, dalle mie indagini risulta che non fanno sesso da due mesi, il che potrebbe suggerire l'incombere di una crisi coniugale. Ho il sospetto che il surfista non sia del tutto estraneo alla faccenda, il che significa che, oltre a occuparmi dei miei problemi personali, primo fra tutti quello di Jordana, la tipa che mi piace anche se ha l'eczema, dovrò cercare di intervenire in qualche modo per toglierlo di torno e risolvere la questione tra i miei.
È da quando Westen aveva otto anni che nessuno lo chiama più Chan. Figlio di madre americana e padre cinese, dopo la tragica morte della prima e la partenza improvvisa del secondo è stato cresciuto dagli zii materni, e da allora il suo cognome è sempre stato Gray. A vent'anni di distanza, si rigira tra le mani la lettera su cui compare quel nome quasi dimenticato, indeciso se aprirla o meno, se dare una possibilità a quel padre che l'ha abbandonato tanto tempo prima e ora è tornato a cercarlo. L'uomo gli scrive intatti per chiedergli perdono e tenere fede a un impegno mai mantenuto: portarlo in Cina, la patria perduta da cui era fuggito con l'avvento del Comunismo. Di fronte a quella supplica, Westen ricorda che, quand'era bambino, una signora cinese (l'unica nella contea), leggendo da un grande libro rosso pieno di ideogrammi, gli aveva predetto che un giorno sarebbe andato in Oriente e gli aveva regalato una scatola di velluto blu, da aprire solo una volta arrivato là. Westen l'ha sempre conservata come una promessa di speranza, e adesso, forte di quel ricordo, acconsente a partire insieme al padre.
Praga, autunno dell'anno 1787. In città fervono i preparativi per il nuovo debutto di Wolfgang Amadeus Mozart. Sono ormai tre settimane che il compositore ha preso dimora nella capitale per controllare ogni dettaglio dell'allestimento, e nei circoli della aristocrazia come nelle sale dell'arcivescovado non si parla che del "Don Giovanni", l'opera destinata a rinnovare i trionfi dell'irriverente compositore di Vienna. Persino Giacomo Casanova, amico del librettista Lorenzo Da Ponte e suo complice di baldorie, è giunto da Venezia per animare le serate di cantanti, orchestrali, massoni, membri della corte ed ecclesiastici più inclini al libertinaggio che alla contemplazione. Quando il corpo di un uomo con il cranio fracassato da una stella di metallo viene rinvenuto nella piazza principale, dopo che quello di una prostituta è affiorato dal torbido di uno stagno, un magistrato non può certo esimersi dall'indagare. Soprattutto se anche quel cadavere reca il misterioso frammento di una scrittura sconosciuta, e un filo rosso pare ricondurlo al genio che tutta Praga si appresta a celebrare.
1593. A Roma il sole di luglio splende impietoso sui palazzi e sulle strade vuote, costringendo i passanti a rifugiarsi nei pochi angoli ombreggiati. Ma per Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, la città non è mai stata più bella, più vivace. Dopo mesi di malattia, infatti, è finalmente giunto alla bottega dell'amico Prospero Orsi, che gli ha concesso ospitalità fino a quando il suo talento non sarà notato dai maestri dell'Accademia. Al suo arrivo nello studio, si trova di fronte un giovane in uno stato di inguaribile tristezza che, colto in quel momento di fragilità, gli confida la sua penosa storia. Il ragazzo, era giunto come lui dal nord per diventare apprendista nella bottega di Orsi. In breve però il suo amore per l'arte era stato scalzato dall'apparizione di una fanciulla, l'imprevedibile e bellissima figlia di un oste, Angelica. I momenti trascorsi con lei gli avevano restituito la vita, ma ora tutto sembra finito. Subito l'attenzione di Caravaggio è catturata da quell'amore intenso e controverso che sembra accendere l'animo del giovane. Perché per lui l'arte nasce dalla pura vita che ha di fronte, dall'anima pulsante del mondo che lo circonda. Così decide di aiutare l'amante infelice.