
Una bugia detta bene è immortale.
Libertà di stampa di Mark Twain propone per l'anniversario della morte dello scrittore alcuni saggi inediti sul tema della libertà di pensiero e di opinione. Una tematica di grandissima attualità analizzata da uno degli scrittori più estrosi, divertenti e acuti della letteratura mondiale del Novecento.
L'impudente genialità di Mark Twain punta il dito sul mestiere d’informare, sui metodi di costruzione e persuasione dell'opinione pubblica, sulla censura, sulla "troppa libertà" di certa stampa e sull'eccessiva cautela di certa altra, senza risparmiare colpi alla categoria a cui egli stesso apparteneva.
Solo ai morti è permesso di dire la verità, asseriva Twain dopo che diversi dei suoi scritti furono censurati o respinti dai suoi editori e caporedattori, sopportando le conseguenze dello scomodo privilegio di quella libertà di opinione a cui cercò sempre di dare espressione: «un uomo non é indipendente, e non può permettersi di avere delle idee che potrebbero compromettere il modo in cui si guadagna il pane. Se vuole prosperare, deve seguire la maggioranza. Per questioni molto importanti, come la politica e la religione, deve pensare e sentire come la maggior parte dei suoi vicini, altrimenti subirà danni alla sua posizione sociale e ai guadagni negli affari».
Gli scritti inediti Libertà di stampa, Fortuna e Opinioni di granturco - quest'ultimo inserito da Joyce Carol Oates tra i cento migliori saggi americani del XX secolo - spiccano tra gli altri scritti proposti (Privilegio dei morti. Riflessioni sulla libertà d’opinione; Avviso alla gioventù; Pregare in tempo di guerra; Giornalismo nel Tennessee; Come diressi un giornale per agricoltori). Una serie di articoli e racconti su uno dei temi più controversi del momento, caratterizzati da un inconfondibile talento umoristico e polemico.
Il cuore di questa raccolta pulsa tra la virtù e la maledizione del potere dell'informazione: «l’ammaestramento fa cose meravigliose. Non c’e nulla che l’addestramento non possa fare. Nulla e al di sopra o al di sotto della sua portata. Può trasformare i cattivi principi in buoni, e i buoni in cattivi; puo' annientare ogni principio, e poi ricrearlo».
Racchiude le corrispondenze dei personaggi più importanti della storia dell'umanità. Grandi filosofi, artisti, musicisti, scrittori immortali che ci aprono le porte dei loro cuori, consegnando un loro ritratto inedito e coinvolgente, facendoci partecipi del loro rapporto con l'amato, uomo o donna che sia. È così che potremo scoprire il travagliato rapporto tra Napoleone e Giuseppina Beauharnais o le accorate missive di Beethoven alla sua Amata Immortale. Quelle di Edgar Allan Poe, di Wagner, di Baudelaire, fino a quelle di Gramsci e di Pessoa, passando da Jack London e Oscar Wilde. Una raccolta che come un libro di poesie può lasciarsi leggere una lettera al giorno, centellinando le scoperte; oppure può offrirsi alla curiosità di passare da un autore all'altro, senza sosta, per un'abbuffata d'amore.
Oltre la porta magica. La biblioteca di Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle,propone in onore al creatore del più famoso investigatore di tutti i tempi, uno scritto inedito in Italia ma oggetto di regolari ristampe nel mercato anglosassone dove è considerato un libro cult per gli appassionati di Conan Doyle e per gli amanti della letteratura in genere. Oltre la porta magica (Through the magic door) viene pubblicato nel 1907, dopo la prima serie delle avventure di Sherlock Holmes e la successiva serie The Return of Sherlock Holmes. In Italia non esistono informazioni dettagliate, a parte qualche nota bibliografica, su questo volume.
Un Conan Doyle inedito - in tutti i sensi - che abbandona i panni dello scrittore per mettersi dalla parte del lettore con una sorta di racconto sulla lettura dal tono affabile ed eloquente, che svela la passione dell’autore britannico per i libri, protagonisti principali e imprescindibili di questo scritto.
Un volume curioso e fuori dagli schemi, un libro per chi ama i libri, un bizzarro racconto biografico sul filo della biblioteca personale e sulla personalità poliedrica e geniale del padre di Sherlock Holmes.
Invitato a sprofondare su un divano verde di fronte a numerose costole di libri, il lettore è spinto a chiudere la porta dietro di sé, abbandonando il mondo esterno, per aprire un dialogo con le grandi e stravaganti personalità dei grandi scrittori amati da Sir Arthur Conan Doyle, che prendono vita insieme alle loro opere.
Dedicato alla sua inseparabile compagnia di ozi, la pipa, "Pensieri oziosi di un ozioso" è una raccolta di quattordici brevi saggi, articoli e pensieri sparsi, in cui l'umorismo e la satira proverbiali di Jerome affrontano i temi più variegati e diversi: la vanità, la pigrizia, l'amore, i soldi e così via, sempre colti da una visuale ironica e dissacrante capace di sintetizzare, divertendo e intrattenendo il lettore, i grandi vizi e le piccole virtù della moderna borghesia europea. Quattordici saggi satirici grazie a cui Jerome mostra tutto il suo talento arguto, vivace e intelligente, riuscendo a dar vita a un vero classico del genere satirico e umoristico, distante dalla battuta facile e triviale, ma piuttosto frutto dell'osservazione delle situazioni paradossali e divertenti che si danno spontaneamente nel vissuto quotidiano. Dall'amore alla malinconia passando per cani, gatti, appartamenti, vanità, pigrizia, timidezza e soldi, tutti temi trattati con leggerezza e profondità, riuscendo a far sorridere e a far riflettere allo stesso tempo.
Storie di pugni è un'antologia di racconti sulla boxe impreziosita dal reportage che London scrisse per il "New York Herald" in occasione della celebre "Sfida del secolo", il primo evento sportivo ad accendere l'interesse e la passione di milioni di appassionati di tutto il mondo: il "gigante di Galveston" Jack Johnson, primo campione nero dei pesi massimi fu sfidato da James Jeffries, "la grande speranza bianca" imbattuto campione del ring. Jeffries andò giù al 15esimo round. La folla esplose. Fu uno dei primi eventi sportivi ad essere ripreso dalle telecamere. Ma la loro diffusione fu proibita. Il KO dell'uomo bianco non doveva essere visto. "La sfida", "Una bistecca" e "Il messicano" sono gli altri racconti presenti in "Storie di pugni", dove la boxe si erge a protagonista principale ma anche a veicolo per parlare e scrivere d'altro, come nella migliore tradizione del racconto di sport: rivoluzione e speranza, gloria e declino, morte e amore sono i temi toccati e raccontati attraverso il medium privilegiato che è la boxe. Un London giornalista, scrittore e cronista sportivo, capace di descrivere con il suo stile asciutto e inimitabile tutta l'epicità degli albori della boxe moderna, allora come oggi una disciplina fatta di sofferenze, dolore, passione e coraggio.
Torna in tutte le librerie d’Italia l’Esegesi dei luoghi comuni del “terribile” Léon Bloy, mistico, infaticabile “giustiziere” dei contemporanei, caustico e livoroso critico della modernità. L’Esegesi dei luoghi comuni è una tra le opere più impressionanti e dure di tutta la letteratura europea del Novecento. Un libro senza mezze misure né peli sulla lingua, dove le frasi fatte, i luoghi comuni, la sciocca banalità dei contemporanei è svuotata di ogni pretesa assennatezza o presunto buonsenso: Niente e' assoluto, tutto e' relativo; Gli affari sono affari; Nessuno al mondo e' perfetto; Sono come San Tommaso; Solo la verita' offende; Il denaro non fa la felicità, ma...; sono solo alcuni dei modi di dire attraverso cui Bloy demolisce il mondo e il tempo del borghese.
Essere in Affari significa essere nell’Assoluto. Un vero uomo d’affari è uno stilita che non scende mai dalla colonna. Non deve aver pensieri, sentimenti, occhi, orecchi, naso, gusto, tatto e stomaco se non per gli Affari. L’uomo d’affari non conosce padre, né madre, né zio, né zia, né moglie, né figli, né bello, né brutto, né pulito, né sporco, né caldo, né freddo, né Dio, né diavolo. Ignora perdutamente le lettere, le arti, le scienze, la storia, le leggi. Non deve conoscere e sapere altro che gli Affari.
Luogo comune xii, Gli affari sono affari
Attraverso l’interpretazione di centottantatré luoghi comuni, Bloy da vita a qualcosa più di un “semplice” sciocchezzaio o di un “moderno” bestiario sulla banalità del mondo contemporaneo: l’Esegesi vuole essere un’opera di radicale smascheramento delle falsità e delle ipocrisie su cui si fonda la società moderna. È infatti contro il borghese, suo nemico designato, che Bloy e la sua Esegesi si scatena: egli è per Bloy la mortificazione stessa della parola e del pensiero, schiacciato dalle sue merci, dalla sua meschinità, dalle sue formulette di presunta saggezza quotidiana. E la ferocia con cui aggredisce i loro affetti più cari – il denaro, gli affari, la ricchezza – le loro inespresse, malcelate fedi – la tecnica, la salute, l’intrattenimento – fa crollare tutto il mondo del borghese sotto i colpi dell’invettiva viscerale e oltraggiosa di quest’opera insolitamente affascinante – ostile.
Amar ben altro che ciò che è ignobile, puzzolente e stupido; bramare la Bellezza, lo Splendore, la Beatitudine; preferire un’opera d’arte a una porcheria e il Giudizio Universale di Michelangiolo a un inventario di fine anno; aver più bisogno di saziarsi l’anima che di riempirsi l’intestino; credere infine alla Poesia, all’Eroismo, alla Santità, ecco quel che il Borghese chiama “esser fra le nuvole”
Luogo comune xxiv, Esser fra le nuvole
Il misticismo ispirato, che a tratti diviene addirittura violento, esasperato, il richiamo costante all’Assoluto come irriducibile termine di confronto attraverso cui intendere il mondo e il tempo del borghese è infatti elemento ineliminabile in tutta l’opera e la biografia di Bloy. E l’Esegesi del “terribile” reazionario Bloy, rappresenta ancora oggi, nonostante l’“inattualità” – e la diffidenza – che ha da sempre accompagnato l’autore e l’opera in questione, la difesa di un modo e un tempo del pensiero irriducibile a ogni etichettatura; e a una lettura odierna rimane intatta e non di rado ancor più pregnante la portata disperatamente morale e filosofica – mai moralistica – della sua critica radicale alla società, all’umanità stessa e al suo orizzonte di progresso.
Esattamente 110 anni fa, il 30 novembre del 1900 moriva a quarantasei anni Oscar Wilde, umiliato dalla povertà e dalla malattia, uno dei geni più rari e brillanti della letteratura e del teatro moderni.
Piano B edizioni presenta La disciplina del Dandy una selezione di saggi dell'intellettuale irlandese, uno Wilde diverso dal romanziere e drammaturgo apprezzato in tutto il mondo, e che in questi lavori mostra il suo talento di osservatore acuto e intelligente degli uomini e dei costumi degli uomini, passando in rassegna, quasi da antropologo e filosofo, temi come etica, morale, bellezza e politica.
Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste, ecco tutto.
Chiunque può simpatizzare col dolore di un amico, ma solo chi ha un animo nobile riesce a simpatizzare col successo di un amico.
Ne La disciplina del Dandy l’arte della provocazione e il gusto del paradosso, la scrittura aforistica, l’immediatezza e la vivacità del periodo, si confrontano con i temi della bellezza e del rapporto tra morale e arte, come in La decadenza della menzogna, o nelle teorie politiche anarchiche e sorprendenti ne L’Anima dell’uomo sotto il socialismo, uno dei lavori meno conosciuti e più sottostimati di Wilde. Completano il volume Impressioni dall’America – ironico resoconto sugli usi e costumi americani e le due raccolte di aforismi pubblicate per riviste studentesche e in forma anonima: Alcune massime per l’istruzione dei troppo istruiti e Frasi e filosofie ad uso dei giovani. Il volume si chiude con la Prefazione a Il ritratto di Dorian Gray, scritta da Wilde per rispondere alle accuse e alle polemiche in seguito alla pubblicazione de Il Ritratto di Dorian Gray.
E’ l’individuo e l’individualità ad essere centrale e ad emergere come in tutta la sua produzione saggistica, il singolo uomo libero da condizionamenti morali, politici e artistici, l’uomo innamorato della vita e della bellezza, il dandy, di cui Wilde auspica l’affermazione come superiore “modello” di uomo.
Le buone intenzioni sono state la rovina del mondo. I soli che hanno compiuto qualche cosa nel mondo sono stati coloro che non avevano nessuna intenzione.
"Typee. A peep at Polynesian life" è il romanzo d'esordio di Herman Melville, il quale si impose all'attenzione del pubblico e della critica. Fu da subito un caso letterario, e fino alla seconda metà del Novecento era considerato il suo capolavoro. Molto più di un affresco esotico e picaresco, "Typee" è un romanzo "vero" fino quasi a confondersi con la cronaca, è insieme opera biografica, inno alla natura, diario avventuroso e trattato antropologico. Si narrano le gesta realmente accadute al mozzo ventitreenne Herman Melville e al suo fedele amico Toby, che dopo oltre un anno e mezzo di navigazione sulla baleniera Acushnet decidono di disertare nel mezzo del Pacifico, sulle isole Marchesi, un paradiso terrestre di cui però conoscono pericoli e avversità: è un eden abitato da terribili tribù cannibali. In "Typee", l'avventura e il reportage, le sofferenze fisiche e il terrore dell'ignoto si svolgono sempre sullo sfondo dell'incontaminata società polinesiana, incorrotta, libera e felice, che Melville coglie durante il suo lento annientamento per mano della feroce e ipocrita colonizzazione occidentale.
"Lettere dalla terra" è una raccolta di lettere irriverenti che l'arcangelo Satana - esiliato da Dio sulla terra a causa dei suoi commenti impertinenti riguardo la creazione - scrive ai suoi compagni, gli arcangeli Gabriele e Michele. In "Lettere dalla terra" Mark Twain si prende gioco dell'uomo alle prese con la sua più grande invenzione, il Dio della Bibbia, illogico e geloso, il Padre distratto e cattivo che elargisce malattie e sciagure in quantità, e che pretende in cambio di essere venerato. Dietro la maschera di un Satana beffardo, bonariamente curioso e provocatoriamente ragionevole, è facile scorgere la personalità di Mark Twain, che smessi gli abiti universalmente noti dello scrittore per ragazzi, si cala nei panni del sottile osservatore delle ipocrisie e dei conformismi imposti dalla religione ai suoi poveri contemporanei, ridicolizzando il creazionismo e l'origine divina dell'universo. "Lettere dalla terra" è un'analisi ironica, dissacrante e distruttiva dei libri sacri e del comportamento religioso dell'uomo, e vi si scorge il Twain più sarcastico, solidamente scettico, geniale e irriverente di tutta la sua produzione postuma.
In Kraus, maestro della satira grottesca e della risata amara, l'ironia sferzante e lo spirito anticonformista si traducono in articoli provocatori e dissacranti sulla società umana e le sue imperfezioni. Questa antologia originale curata e tradotta da Simone Buttazzi raccoglie satire, lettere e aforismi di grande attualità, nei temi e nella forza dirompente. Tra gli inediti troviamo "Le voci di corridoio" e "Il necrologio", il caustico testo autobiografico "Io e l'esilarante. Quando la sezione austriaca del club internazionale degli scrittori avrebbe dovuto accettarmi tra le sue fila". La penna pungente e sottile dell'autore austriaco, il suo "bisturi tagliente" secondo la definizione di Walter Benjamin, permette a Kraus di cogliere e distinguere ogni frammento della propria epoca - della nostra epoca - con incredibile attualità: la parodia del militarismo e del nazionalismo, i guasti della classe politica, la schizofrenia dell'opinione pubblica e del giornalismo, le storture della giustizia e le ipocrisie morali dei contemporanei.
Il diavolo in persona sembra abitare il castello abbandonato che da tempo immemore incombe sul piccolo villaggio di Werst, abbarbicato tra le montagne della Transilvania, isolato da sempre dal mondo esterno. Presenze minacciose, urla sovrumane e apparizioni demoniache minacciano i suoi abitanti. Il giovane conte Franz de Télek promette di liberare la cittadina da questa ossessione, cercando di opporre la propria razionalità alle forze del male e alla superstizione degli uomini. Ma anche lui si dovrà scontrare con i limiti della ragione quando, nelle profondità del castello, si troverà di fronte al suo unico amore morto da tempo.