
Della poliedrica opera di Meneghello, narratore, linguista, saggista, il volume offre una scelta rappresentativa, in una disposizione cronologica che permette di cogliere la sua unità tematica e stilistica. Ai libri dei primi anni Sessanta, "Libera nos a malo", sulla cultura del suo paese, e "I piccoli maestri", sulla sua esperienza di partigiano, ne seguono due degli anni Settanta, "Pomo pero", continuazione di "Libera nos", e "Fiori italiani", riflessioni sull'istruzione scolastica di un giovane italiano nato agli inizi degli anni Venti, e in generale sulla natura dell'educazione e su cosa significhi imparare una lingua letteraria e assimilare una cultura. Queste opere restituiscono luoghi della memoria e della vita quotidiana in una prosa personale, caratterizzata da un impasto linguistico che nasce dal dialetto, ricostruito con cura filologica, e da innesti di modi gergali, idiotismi, neologismi. Agli anni Ottanta appartengono "Jura", che riunisce saggi dedicati al commento e all"'autocommento", e "Leda e la schioppa", mentre "La materia di Reading" e "Quaggiù nella biosfera" raccolgono saggi dell'ultimo decennio. La scelta dei testi e il saggio introduttivo sono di Giulio Lepschy, grande linguista e amico personale di Meneghello. Il volume si arricchisce di una testimonianza della scrittore Domenico Starnone, che è stato uno degli sceneggiatori del film "I piccoli maestri".
"Liber nos a malo" è la presentazione della vita e della cultura di Malo, un paese della provincia vicentina, negli anni Venti e Trenta, ricreata, con un misto di nostalgia affettuosa, di distacco ironico, e di rigorosa intelligenza, dall'autore ormai adulto. Attraverso il microcosmo di Malo viene fissata e trasmessa compiutamente al futuro la vicenda di tutta la nostra società, nel breve periodo in cui passa da una statica e secolare civiltà contadina alle forme più avanzate della modernità, la vicenda addirittura di tutto il nostro mondo con le fratture che hanno segnato la sua precipitosa evoluzione." (Giulio Lepschy)
Nel romanzo, pubblicato nel 1988, l'autore racconta i suoi vent'anni in uno slancio di affettuosa ironia: tutto ciò che allora poteva sembrare grave e solenne a un giovane appena uscito dall'esperienza partigiana, e immerso in un clima di attese e di promesse, di novità pubbliche e private, assume oggi caratteri di vivida o tenera comicità. L'Italia, l'immediato dopoguerra, le bizzarre speranze, gli avvenimenti rapidi, gli entusiasmi, le avventure. Gli amici, le moto, le ragazze, le idee, la scoperta della cultura europea: un'epoca breve, intensa e irripetibile.
Per anni dimenticato in un fatiscente manicomio giudiziario, il protagonista ritrova inaspettatamente la libertà e tenta di sopravvivere nella Barcellona "post-olimpica" dove le illusioni della "transizione" si sono smarrite nella corruzione generale. Con l'aiuto fraterno di un folcloristico autista nero, il nostro eroe sbroglia la matassa di situazioni grottesche in cui due ragazze con lo stesso nome (Ivet) inseguono scopi contrari, un politico corrotto e svanito offre amicizia in cambio di voti, un avvocato idiota e disonesto perdona alla moglie i peggiori tradimenti e un paralitico assassino si mette a camminare.
Un parrucchiere per signora senza clienti e senza un euro in tasca, con trascorsi in manicomio, convinto da una tenera bambina di nome Formaggino, si trasforma in insospettabile segugio per ritrovare un vecchio amico più folle di lui, l'elegante rapinatore Rómulo il Bello. Il detective arruola una mirabolante e strampalata squadra: Flint il Dritto, ex truffatore riciclatosi in statua vivente; il Juli, un africano albino, anche lui scultura umana; Svampithasi Rhapa, proprietario di un centro yoga; la Moski, vecchia militante un tempo iscritta alla gioventù stalinista che ora suona la fisarmonica nei bar; il motopizza Menelik e persino la sorella Cándida, ex bella di notte. Formaggino non solo è l'unica ad avere un cellulare e a conoscere internet, ma sa anche aprire qualsiasi porta con le forcine. Il nostro eroe resiste a stento alle grazie della vamp Lavinia, riceve gli agrodolci consigli del nonno Siau, capostipite della famiglia cinese che gestisce il bazar davanti al suo salone di bellezza, e incappa in un garbuglio internazionale: il temibile terrorista Alí Aarón Pistolino prepara un attentato contro Angela Merkel in visita a Barcellona. E nella cancelliera si riaccende la nostalgia per un remoto spasimante spagnolo... Satira, parodia, humour sono alla base di questo giallo che fa sorridere a ogni pagina e al contempo riflettere sullo sbilenco futuro di quest'Europa della finanza, che ci chiede la borsa e insieme la vita.
L'improbabile e demenziale protagonista di questa storia, prelevato dal manicomio barcellonese in cui sconta una condanna per comportamento antisociale, si vede affidare dalla polizia l'incarico di indagare su un mistero che coinvolge due potenze: la Chiesa e la Ricchezza. Da un convento scompare un'educanda e ricompare in preda a un'amnesia. La stessa cosa era capitata, nello stesso convento, sette anni prima. Magia nera? Riti satanici?
Il 4 novembre 1979, nel pieno della rivoluzione iraniana, centinaia di militanti danno l'assalto all'ambasciata statunitense a Teheran, prendono in ostaggio una cinquantina di membri del personale diplomatico e chiedono l'estradizione di Mohammad Reza Pahlavi, lo scià in esilio negli Stati Uniti, per poterlo processare in patria. È l'inizio di una lunga crisi internazionale, che vedrà susseguirsi strenui negoziati nonché un tentativo di liberare gli ostaggi con la forza (Operazione Eagle Claw) finito tragicamente. Al momento dell'attacco, sei appartenenti al corpo diplomatico statunitense che si trovavano nel compound dell'ambasciata riescono a fuggire per le strade della capitale e a nascondersi nell'abitazione dell'ambasciatore canadese Ken Taylor. Sono temporaneamente al sicuro, ma l'intelligence americana sa bene che se venissero scovati rischierebbero seriamente la vita. Occorre farli uscire al più presto dall'Iran. L'idea vincente per riportarli a casa verrà ad Antonio ("Tony") Mendez, autore di questo libro ed ex agente tecnico operativo della CIA, grazie anche alle sue frequentazioni col mondo di Hollywood e alla sua grande esperienza nel campo dei travestimenti: una squadra di agenti sotto copertura cercherà di far passare i sei diplomatici per membri di una troupe cinematografica canadese in cerca di location per un fantomatico film intitolato Argo. In questo libro Mendez ripercorre tappa dopo tappa la strada c che ha portato al successo questa rocambolesca operazione di salvataggio.
Nel gennaio del 2011, al primo incontro del seminario sull'Odissea tenuto da suo figlio Daniel, mescolato alle matricole diciottenni siede Jay Mendelsohn, matematico e ricercatore scientifico all'epoca ottantunenne. «Sarà un incubo», pensa Daniel a fine mattinata, quando appare chiaro che Jay non si atterrà al ruolo di silenzioso uditore che aveva immaginato per lui. Il vecchio Mendelsohn è cresciuto nel Bronx ed era ragazzo durante la guerra. Detesta la debolezza e il raggiro, valuta le cose in base alla fatica per ottenerle e la sua sola fede è nelle scienze esatte. Non può non aver da ridire sulla figura di Odisseo, il polytropos, l'uomo dalle molte svolte, ma anche dai molti trucchi, lacrime, aiuti divini, donne. «Non capisco perché dovremmo considerarlo un grande erooooe», ripete Jay per lo stupore divertito degli studenti. Eppure, settimana dopo settimana, affronta le tre ore di viaggio da Long Island al Bard College per apprendere dalla voce di suo figlio delle Vacche del Sole e di Penelope e del nostos. E va oltre: quando Daniel, quasi per gioco, gli propone una crociera nel Mediterraneo che ripercorra i luoghi dell'epopea, Jay acconsente. Per Daniel è un'esperienza pregna di rivelazioni: per mano a suo padre capisce appieno lo sgomento dell'Ade; nei ricordi coniugali del vecchio genitore ritrova la forza dell'homophrosyne, il «pensare allo stesso modo», e in quell'uomo inaspettatamente tanto aperto e socievole, in classe come a bordo, non riconosce forse un Odisseo dalle molte svolte?
Daniel Mendelsohn da bambino restava seduto per ore ad ascoltare i racconti del nonno. Erano storie di un tempo lontano e quasi magico, di un piccolo villaggio della Polonia, Bolechow, in cui la vita scorreva felice. C'era però un punto in cui la voce del nonno si rompeva, oltre il quale non riusciva ad andare, come volesse nascondere un segreto troppo doloroso. Che ne era stato durante l'Olocausto del fratello Shmiel, della moglie e delle loro quattro bellissime figlie? Molti anni dopo Daniel scopre una serie di lettere disperate che il prozio Shmiel aveva indirizzato al nonno. Quelle lettere custodiscono frammenti del passato di una generazione perseguitata e cancellata per sempre, che in queste pagine ritorna a vivere davanti ai nostri occhi.
"Gli scomparsi" è la storia di un viaggio, cinque anni intorno al mondo, per cercare di rispondere a una domanda che Daniel Mendelsohn aveva posto molti anni prima, quando era ancora bambino: cosa è davvero accaduto allo zio Shmiel e alla sua famiglia durante l'Olocausto? Le favolose storie del nonno raccontavano di un'infanzia passata nella città di Bolechow, Ucraina, all'inizio del secolo, ma si interrompevano intorno al destino del fratello, di sua moglie e delle quattro figlie. I membri della famiglia evitavano di parlare del misterioso Shmiel, tranne qualche sussurro o imbarazzata conversazione in yiddish, ed è da questi frammenti che Daniel inizia fin da bambino a interrogarsi sui misteri della vicenda. Molti anni dopo Mendelsohn scopre una serie di lettere disperate che Shmiel indirizza al nonno nel 1939 e è colpito dai frammentari racconti di un terribile tradimento. Decide allora di trovare i testimoni del destino dei suoi parenti, gli unici dodici ebrei di Bolechow ancora in vita, in una ricerca che lo condurrà assieme al fratello Matt (un fotografo professionista le cui immagini illustrano il libro) a attraversare quattro continenti e a confrontarsi con le abissali discrepanze tra la verità e la finzione, tra il ricordo e i fatti, tra il racconto e la realtà. Il viaggio giungerà infine in Ucraina, nel paese dove ebbe inizio la storia della sua famiglia e dove lo attende la soluzione di un enigma che non aveva trovato risposta.
Daniele è un giovane poeta oppresso da un affanno sconosciuto, "una malattia invisibile all'altezza del cuore, o del cervello". Si rifiuta di obbedire automaticamente ai riti cui sembra sottostare l'umanità: trovare un lavoro, farsi una famiglia... la sua vita è attratta piuttosto dal gorgo del vuoto, e da quattro anni è in caduta "precisa come un tuffo da olimpionico". Non ha più nemmeno la forza di scrivere, e la sua esistenza sembra priva di uno scopo. È per i suoi genitori che Daniele prova a chiedere aiuto, deve riuscire a sopravvivere, lo farà attraverso il lavoro. Il 3 marzo del 1999 firma un contratto con una cooperativa legata all'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. In questa "casa" speciale, abitata dai bambini segnati dalla malattia, sono molti gli sguardi che incontra e che via via lo spingeranno a porsi una domanda scomoda: perché, se la sofferenza pare essere l'unica legge che governa il mondo, vale comunque la pena di vivere e provare a costruire qualcosa? Le risposte arriveranno, al di là di qualsiasi retorica e con deflagrante potenza, dall'esperienza quotidiana di fatica e solidarietà tra compagni di lavoro, in un luogo come il Bambino Gesù, in cui l'essenza della vita si mostra in tutta la sua brutalità e negli squarci di inattesa bellezza. Qui Daniele sentirà dentro di sé un invito sempre più imperioso a non chiudere gli occhi, e lo accoglierà come un dono. Con la lingua precisa e affilata del poeta, Daniele Mencarelli ci offre con grazia cruda il racconto coraggioso del rifugio cercato nell'alcol, della spirale di solitudine, prostrazione e vergogna di quegli anni bui, e della progressiva liberazione dalla sofferenza fino alla straordinaria rinascita.