
Tutti la chiamano Willy, ma lei si chiama Antonia come ha voluto la donna che l'ha messa al mondo e subito abbandonata in un istituto di Rotterdam, in Olanda. Siamo agli inizi del Novecento e la famiglia che l'ha adottata si trasferisce negli Stati Uniti in cerca di fortuna. A New York, Antonia viene indirizzata giovanissima alla carriera sicura di dattilografa da una madre adottiva assai poco amorevole. Ma le sue mani, che battono rapide sulla tastiera, nascondono ben altre doti. Perché nella Terra delle grandi opportunità, anche Antonia ha un sogno da realizzare: diventare una direttrice d'orchestra. E quando lascia l'ufficio, corre al suo secondo lavoro di maschera in una sala da concerti, per pagarsi le lezioni di pianoforte. Nel 1926, dopo un durissimo esame di selezione, Antonia viene ammessa (unica donna) al più maschile dei corsi di una maschilissima istituzione: la classe di direzione d'orchestra al Conservatorio della città. E sarà solo l'inizio di un percorso solcato da innumerevoli ostacoli e pregiudizi. L'incontro fortuito con il rampollo di una famiglia di aristocratici non le sarà d'aiuto, ma le dischiuderà le vette e gli abissi dell'amore. Quando però perde il lavoro e la madre la caccia di casa, si trova davanti a una scelta molto difficile. Partire per l'Europa e dedicarsi completamente alla carriera musicale, o restare negli Stati Uniti insieme all'uomo che ama? In un viaggio fra Vecchio e Nuovo Mondo, nel pieno fermento di un'epoca dove tutto sembrava possibile, seguiamo la vita avventurosa di Antonia fra mille peripezie. E ci emozioniamo davanti al coraggio e alla dedizione, alle lotte e alla caparbietà di una donna che rappresenta un vivido (e attualissimo) esempio anche a un secolo di distanza.
Mentre gli ordigni dei nazisti cadono implacabili dal cielo durante il bombardamento di Coventry del 14 novembre 1940, i genitori di Rose Sherbourne perdono la vita. Quando la piccola si ritrova orfana a soli sei anni, il suo destino si intreccia a quello della figlia di un contadino della Cornovaglia, Elenor Cardew. Elenor sa che l'unico modo per proteggere Rose è quello di lasciare la città e cominciare una nuova vita lontano dai bersagli dei bombardieri tedeschi. Ma la tempesta di fuoco di Hitler non è l'unica cosa a minacciare la vita della piccola... C'è infatti un segreto terribile che riguarda il passato della bambina, e che spinge Elenor a rivolgersi all'unica persona di cui può fidarsi: l'eroico pilota canadese Jackson St John. E mentre lei e Jackson cercano un modo per tenere al sicuro Rose, tra di loro nascerà un sentimento destinato a diventare sempre più forte.
Può l'amore fiorire tra le rovine? Un bestseller internazionale Mentre le bombe di Hitler piovono sull'Inghilterra provata dalla guerra e assediata dal nemico, Ruby Shadwell subisce una perdita devastante: tutta la sua famiglia viene uccisa durante il blitz di Coventry. Sola e con la città nel caos, Ruby è però determinata a sopravvivere. Non intende arrendersi senza lottare. Ed è un incontro fortuito con un monello di strada, il piccolo Tommy, a fornirle l'occasione di cui ha bisogno. Lei ancora non lo sa, ma la sua vita sta per cambiare. Non solo grazie a Tommy, ma anche per merito del sergente canadese Jean-Paul Clayton. Jean-Paul è affascinato dalla determinazione di Ruby e dal suo carattere indomito e vuole aiutarla, ma lei ha paura di aprirgli il suo cuore: non potrebbe sopportare un'altra perdita. Può l'amore fiorire tra le rovine? O la guerra porterà via con sé anche l'ultima possibilità che Ruby ha per essere felice? Quando tutto sembra perduto la speranza sopravvive e l'amore fiorisce tra le macerie.
Al giovane monaco benedettino Mark, mandato in missione nell'estate del 1144 nella diocesi dell'estremo sud del Galles, viene affiancato fratello Cadfael che, essendo gallese, conosce lingua e costumi del Paese. Ben presto però i due si trovano coinvolti nella faida tra il principe regnante, Owain Cwynedd, e il fratello, Cadwaladr, ritenuto responsabile di un assassinio e bandito. Owain ha tuttavia acconsentito a ricevere nel suo maniero un fedele seguace del fratello, Bledri. In una sola notte la situazione precipita: un messaggero annuncia che al largo della costa è stata avvistata una flotta di danesi armati, mercenari al soldo di Cadwaladr, intenzionato a riconquistare le sue terre.
Philip FitzRobert, uno dei più strenui difensori della regina Maud, si è rivelato un traditore, avendo rapito trenta cavalieri fedeli alla regina per estorcere un altissimo riscatto. Tra questi c'è un audace cavaliere, Olivier de Bretagne. Fratello Cadfael si reca a Conventry dove è riunito un consiglio che sta trattando la questione dei prigionieri, per cercare di salvare Olivier, che è in realtà suo figlio, nato durante le Crociate prima che vestisse l'abito monastico. A Coventry Cadfael scopre l'omicidio di un Lord, di cui viene ingiustamente accusato Yves, cognato di Olivier. Cadfael dovrà salvare Yves dall'accusa e trovare la prigione in cui si trova Olivier per svelargli finalmente la verità.
La paura può veramente uccidere? Alcuni ne sono convinti, ma Amelia Peabody è piuttosto scettica al riguardo. Nella sua veste di detective dilettante, Amelia ha infatti già smascherato una lunga serie di lestofanti e di assassini sia nella compassata Inghilterra vittoriana sia nel turbinoso Medio Oriente. E nutre seri dubbi sul fatto che la maledizione di una mummia della Diciannovesima Dinastia abbia causato la morte di un guardiano notturno del British Museum.
L'aforisma fu coltivato da Pessoa nel corso di tutta la vita, sotto il proprio nome e attraverso quello dei suoi eteronimi, e spunta improvviso nei quaderni manoscritti, nei margini - o persino nel mezzo - di testi con i quali non ha necessariamente un rapporto. Compare anche isolato, scritto su pezzettini di carta strappati oppure in serie, separati da righe orizzontali, molti scritti in inglese, lingua nella quale Pessoa, in questo genere letterario, si dimostra decisamente brillante. Questo volume è una piccola raccolta rappresentativa di tali aforismi e pensieri sparsi, per la grande maggioranza inediti; piccola raccolta, ma assai indicativa dello spirito di questo grande poeta dai mille volti, sfuggente e sempre nuovo.
"'Il banchiere anarchico' è il resoconto di un semplice colloquio tra due uomini al tavolo di un ristorante, a fine pranzo. Un dialogo platonico, genere ricorrente nei manoscritti di Pessoa, ma che è ben diverso dalle imitationes rinascimentali, come, per esempio, per rimanere in area portoghese, i "Dialogos em Roma" di Francisco de Holanda o i più tardi quattro "Apologos dialogais" di Francisco Manuel de Melo. In Pessoa il dialogo non ha mai interlocutori reali. E nel nostro caso il banchiere, personaggio descritto come ricchissimo e monopolista, racconta come e perché sia sempre stato e ancora sia anarchico; mentre lo stupefatto e poco meno che muto spettatore è incapace di ergersi a convincente interlocutore." (Ugo Serani)
Fernando Pessoa è una figura altissima, enigmatica e difficilmente classificabile, del Novecento letterario portoghese e della modernità in genere, esempio sconcertante di come la scissione dell'io possa dar luogo a esiti luminosi sul piano della creatività poetica e della immaginazione filosofica. In Italia la sua fortuna editoriale è dovuta al lavoro pionieristico e appassionato di Antonio Tabucchi che ha curato e tradotto per primo (insieme a Maria José de Lancastre) le sue opere più celebri.
Scrivere, per Pessoa, è spacciarsi per un altro, portare sulla scena la propria più profonda interiorità in voci e nomi molteplici e differenti.
«Il poeta è un fingitore. / Finge così completamente / da fingere che è dolore / il dolore che davvero sente» leggiamo in Autopsicografia, una sorta di inno alla menzogna, alla simulazione artistica, alla dissociazione e allo sdoppiamento di sé. La sua, in definitiva, è un'esaltazione dell'annientamento e del suicidio dell'io, la cui immagine simbolica più efficace è lo specchio infranto che, proprio nel restituire non volti ma maschere, porta alla suprema autoaffermazione e, soprattutto, alla conoscenza del vero.
Una tale dichiarazione di poetica induce Pessoa a compiere una operazione letteraria spericolata e affascinante: quella di moltiplicarsi e rifrangersi in una vasta gamma di personalità artistiche fittizie, i famosi eteronimi (Álvaro de Campos, Bernardo Soares, Ricardo Reis, Alberto Caeiro, per citare i più celebri), ciascuno dotato di una biografia, di un aspetto esteriore, ma anche di una specifica caratteristica politica, intellettuale e poetica, nonché di un peculiare rapporto con l'ortonimo, ossia con il poeta ermetico e metafisico che si chiama Fernando Pessoa.
Pochissime sono le opere che Pessoa ha pubblicato in vita. La maggior parte degli scritti sono stati trovati dopo la morte in un baule, una specie di arca prodigiosa dalla quale sono stati estratti, con criteri estremamente incerti, soggettivi, e spesso vertiginosamente arbitrari, i testi che il mondo intero ammira. Quelli qui presentati da una delle più importanti lusitaniste italiane, Giulia Lanciani, sono una scelta molto cospicua tratta dalla raccolta di oltre seicento testi, in gran parte del tutto inediti, pubblicati in Portogallo nel 2006 dal filologo colombiano Jerónimo Pizarro, sapientissimo lettore delle carte pessoane. Si tratta dunque, come per Il libro dell'inquietudine, di una costruzione congetturale, dotata tuttavia della massima autorevolezza, riguardante un nucleo tematico cruciale, quello del genio e della follia, sul quale Pessoa si è esercitato, per non dire accanito, per tutta la vita, ma con particolare intensità tra il 1907 e il 1914. Che il tema sia ineludibile risulta con chiarezza dal fatto che lo stesso Pessoa dichiara in una lettera all'amico Casais Monteiro ¿ lettera che è in realtà una sorta di spietata autoanalisi - l'intrinseco legame tra la propria follia (un «profondo tratto d¿isteria») e l¿origine degli eteronimi. Attraverso la conoscenza della letteratura psichiatrica del suo tempo, di Lombroso in particolare, il discorso psichiatrico di Pessoa si alimenta in questo nuovo libro di altri discorsi - storici, culturali, estetici, filosofici e letterari - per elaborare una interpretazione della genialità artistica come patologia, disadattamento e degenerazione, in un rapporto di stretta parentela, anche se non mancano sottili e significative differenze, con le manifestazioni della follia.
Ciò che permette a Giulia Lanciani di affermare, nel suo saggio introduttivo, che questi sono «scritti importantissimi all'interno del sistema pessoano, sia perché conferiscono una nuova dimensione al "caso Pessoa", all'aspetto clinico che lo segna, sia perché si configurano come una nuova via per rivisitare tutta la sua produzione: in definitiva, per tentare di cogliere il complesso disegno poetico-esistenziale che soggiace alla costruzione testuale».
"Soares va scrivendo minuziosamente, con la maniacale puntigliosità del contabile, il suo diario: grandioso zibaldone fatto di journal intime, di riflessioni, di appunti, di impressioni, di meditazioni, di vaneggiamenti e di slanci lirici che egli chiama Libro e che noi potremmo chiamare romanzo." (dall'Introduzione di Antonio Tabucchi)
"Il libro di Soares è certamente un romanzo. O meglio, è un romanzo doppio, perché Pessoa ha inventato un personaggio di nome Bernardo Soares e gli ha delegato il compito di scrivere un diario. Soares è cioè un personaggio di finzione che adopera la sottile finzione letteraria dell'autobiografia. In questa autobiografia senza fatti di un personaggio inesistente consiste l'unica grande opera narrativa che Pessoa ci abbia lasciato: il suo romanzo". (Antonio Tabucchi)
"Il destino assegnò a Fernando Pessoa questo nome fatale, 'Pessoa, Persona': proprio a lui, che era una e mille persone, innumerevoli flatus vocis imprendibili e senza neppure un nome [...]. Nella nostra civiltà la Persona si installa come funzione prima di tutto linguistica, in delicato bilanciamento fra l'individuazione pronominale e la processualità di un soggetto inafferrabile se non come flusso, ritmo danzante, 'forma del movimento'. Il drammatico 'Je suis l'autre' che Nerval scrisse sotto un suo ritratto e l'estremistico 'Je est un autre' di Rimbaud, che in Pessoa risuonano alla lettera nel 'Viver é ser outro' (255) e in molti altri luoghi del 'Libro dell'inquietudine', fanno esplodere l'equilibrio instabile: il più profondo, autentico desassossego di Pessoa, l'inquietudine più devastante del Novecento, è questo porsi del Soggetto come altro da sé, questa non solo esistenziale, ma metafisica perdita della presenza. Pessoa è Persona e Personne, Tutti e Nessuno nel contempo, 'Todos os Nomes' e Anonimo assoluto: 'Everyman', Chiunque, Ognuno di noi." (dalla prefazione di Corrado Bologna). Con un testo critico di Jerònimo Pizarro.