
"Scritto intorno agli anni Trenta da un genio, questo breve capolavoro è il romanzo della polizia, del controllo, dell'annullamento totale dell'uomo sotto la più potente, importante e demiurgica dittatura poliziesca che l'uomo moderno abbia mai conosciuto. Ha un predecessore altrettanto profetico: Franz Kafka... Simenon con pochi tratti, come un grande pittore appunto, costruisce scene, costumi e nomi e personaggi che paiono coperti dalla cipria bianca della pittura surrealista e metafisica. La sua semplice chiara prosa di umile scrittore di gialli è percorsa dal vento dei Balcani, evoca, con la sola parola Mar Nero, un mare nero, descrive gli uomini a due dimensioni: una di faccia e l'altra di profilo." (Goffredo Parise)
A metà degli anni Trenta, uno scandalo travolse l'immenso impero commerciale dei due fratelli Ferchaux, arrivati in Africa alla fine dell'Ottocento come passeggeri clandestini. Simenon prende spunto da questa vicenda di cronaca per realizzare il suo romanzo. Con quali mezzi era stata accumulata la fortuna dei Ferchaux? Quali complicità avevano avuto i fratelli nelle autorità coloniali? Che fine aveva fatto il primogenito, il vecchio Dieudonné? E' qui che ha inizio il libro ed è qui che Simenon fa entrare in scena un personaggio decisivo: il giovane Michel Maudet.
E' la seconda estate che Maigret passa nella sua casa di Meung-sur-Loire. E' in pensione e si annoia. Perché mai accetterebbe, altrimenti, di indagare per conto di una imperiosa e anziana signora che gli piomba in casa la cui nipote è misteriosamente annegata? Lei, che odia il genero e disprezza la figlia, vuole vederci chiaro. Ma la vera ragione è un'altra: Maigret vuole mettersi ancora alla prova. Corre seri rischi questa volta, perché è solo, perché l'ambiente che lo circonda non è il suo, perché la gente è altezzosa e avida. Tutto ciò riesce però a scatenare la furia di Maigret, il suo desiderio di portare alla luce quel che si cela dietro la facciata.
L'ispettore Janvier si è beccato una pallottola in pieno petto mentre sorvegliava la pensione di rue Lhomond dove vive un certo Paulus, che qualche giorno prima ha rapinato con una pistola giocattolo un localino di Montparnasse. Dopo aver escluso quasi subito che sia stato il giovane ladruncolo, il commissario Maigret decide di venire a capo della faccenda: lo ha promesso al povero Janvier e a sua moglie, che aspetta il terzo figlio e ogni giorno va a trovarlo in ospedale con gli occhi pieni di lacrime.
«"Mi raccomando, sii gentile con la zia Valérie!". Sono passati molti anni, ma Jérome se la ricorda benissimo quella "vecchia foca", con la sua faccia larga, grassa, il flaccido doppio mento, la peluria scura sul labbro superiore e quel disgustoso odore di vecchiaia e di odio. Si era piazzata nella minuscola casa sopra il negozio di tessuti dove sua madre lavorava tutti i giorni, anche la domenica, e lui aveva capito subito che era cattiva, prima ancora che in un momento d'ira lei rompesse gli animaletti a lui cari più di ogni altra cosa al mondo, quelli con cui giocava, seduto per terra, davanti alla finestra a mezzaluna che sormontava l'ingresso del negozio.»
Chi l'avrebbe mai detto. La devota, schiva signora Maigret sulle prime pagine dei giornali. Insieme a un'amica, la piccola signora in tailleur blu e cappellino bianco, e a un bambino di due anni. Un'amica che le ha giocato un brutto tiro, scomparendo in maniera misteriosa. Decisamente, la signora Maigret deve aver perso la testa. Perché ha deciso di indagare. E ha la faccia tosta di zittire il marito. Questa faccenda non è roba da uomini! Ma che cosa c'entra l'incresciosa disavventura con il caso Steuvels, che da settimane appassiona il pubblico ed è ormai l'incubo della Polizia giudiziaria?
"Ernestina Micou in Jussiaume, detta la Stangona, da lei arrestata diciassette anni fa in rue de la Lune, e che per mandarla in bestia si mise a fare la puttana, sollecita l'onore di parlarle al più presto di una questione della massima importanza"; questo c'è scritto sull'apposito modulo che in una torrida giornata d'estate il vecchio usciere del Quai des Orfèvres consegna al commissario Maigret. Il nome non gli dice niente, e neanche il soprannome, ma la scena Maigret se la ricorda: allorché il commissario alle prime armi aveva cercato di arrestarla, quella ragazzona lunga lunga si era stesa sul letto completamente nuda. E adesso è venuta a raccontargli che il suo uomo aveva trovato, in una villa dove era entrato a rubare, il cadavere di una donna.
Una ragazza minuta, pallida, arrampicata su alti tacchi, nella vita di un uomo "senza ombra", la cui esistenza, così normale, si avvicina sempre più al confine con l'inesistenza. E quella donna è l'ombra stessa, qualcosa di oscuro e lancinante al di là di ogni ragione, che conduce tranquillamente alla morte.
L'uomo più funereo della polizia parigina, zimbello della sfortuna, si è cacciato in guai seri. Da anni si lamentava di non avere mai per le mani un'inchiesta sensazionale, una di quelle che procurano lustro e magari una promozione. Ora finalmente gliene è capitata una, e lui si è gettato a capofitto. Ma il "povero Lognon", manco a dirlo, ha fatto il passo più lungo della gamba: quelli che si è messo a pedinare sono gangster americani appena sbarcati a Parigi. Gente troppo spietata per lui. Non resta che rivolgersi all'infallibile, irritante Maigret, affidarsi a lui, e ricominciare a lagnarsi.
Erano tutti troppo disinvolti, troppo sicuri di sé. Il più esasperante era il responsabile della reception, con la sua marsina impeccabile e il colletto duro non sciupato dal sudore. Aveva preso in simpatia Maigret, o forse provava pena per lui, e di tanto in tanto gli rivolgeva un sorriso di complicità e insieme di incoraggiamento, come se, al di sopra del viavai degli anonimi clienti, gli dicesse: "Siamo tutti e due vittime del dovere professionale. Posso fare qualcosa per lei?". Maigret gli avrebbe volentieri risposto: "Portarmi un panino". Aveva sonno, caldo e fame. Quando, pochi minuti dopo le tre, aveva chiesto un altro bicchiere di birra, il cameriere si era mostrato scandalizzato come se l'avesse visto entrare in chiesa in maniche di camicia.
Villejuif è l'estrema periferia di Parigi: oltre, non c'è che la campagna bianca di brina. È qui che la polizia ha rinvenuto il cadavere di una prostituta. Solo un mostro può avere commesso un simile delitto. E chi altri può essere, il Mostro, se non il signor Hire, che tutti scansano con un brivido? Il signor Hire è piccolo, grasso, come se non fosse fatto né di carne né di ossa. Sul suo viso cereo spiccano baffetti che sembrano disegnati con la china. Tutti i suoi gesti hanno la rigida precisione di un cerimoniale. E' davvero lui il colpevole? Solo nell'epilogo ogni interrogativo troverà risposta, un epilogo nel quale tutto converge come per un disegno fatale, un epilogo preparato, momento per momento, eppure indicibilmente atroce.
Il maestro di Saint-André-sur-Mer, sperduto villaggio non lontano dalla Rochelle, si è spinto sino a Parigi per chiedere a Maigret di far luce sul delitto di cui è ingiustamente sospettato. Maigret, senza pensarci troppo, accetta. Forse, più che l'idea di scagionare un innocente, lo allettano le ostriche tipiche della zona, magari annaffiate da un vino bianco. La vittima è la "strega del paese", una vecchia bisbetica, bersaglio prediletto degli scherzi dei ragazzi. Ed è proprio uno di loro ad accusare il maestro. Non c'è altro a suo carico. Solo la testimonianza di un bambino. E la sorda diffidenza dell'intero villaggio nei confronti di chi non è del posto.

