
Dodicesimo volume della raccolta delle opere di Maigret. Le inchieste del commissario Maigret raccolte in questo volume sono state scritte tra il giugno 1960 e il marzo 1963.
Quattordicesimo volume della raccolta delle opere di Maigret.
Non è il Maigret che conosciamo quello che ogni giorno alle 15, compunto e impacciato, va in clinica a trovare la moglie, operata per un improvviso attacco di appendicite alle Sables d'Olonne. Ma c'è di più: irritato dall'atmosfera balneare che lo circonda il commissario passa nervosamente le sue giornate. Finché qualcuno, con un biglietto infilatogli misteriosamente in tasca, gli chiede aiuto...
Sylvie ha diciassette anni ed è bella, procace, con un seno magnifico che eccita gli uomini e che la sera le piace guardare allo specchio, "afferrare a piene mani". Marie, invece, che ha un anno più dell'amica e insieme a lei è stata assunta come domestica alla pensione Les Ondines, è brutta e strabica, timida e un po' tonta; già a scuola, da piccola, le compagne "le giravano al largo, dicendo che il suo sguardo aveva un influsso malefico". Ma, di quello che passa per la testa di Sylvie, Marie intuisce tutto. Sa perché si spoglia davanti alla finestra aperta con la luce accesa, e sa anche che se Louis, il figlio ritardato ed epilettico della vecchia donna di servizio, si è impiccato la colpa è stata di Sylvie. Avida e sensuale, pronta a ogni bassezza per ottenere ciò che vuole, Sylvie lascerà il quartiere miserabile del paesino dov'è nata, e vivrà negli agi. Marie, che appartiene alla razza delle creature "segnate dalla malasorte", affronterà l'esistenza mediocre a cui è destinata. Più di vent'anni dopo le due donne si rincontreranno, a Parigi. Marie sarà di nuovo la schiava adorante di colei che odia, e la aiuterà persino a ereditare i milioni dell'uomo che da anni la mantiene. Ma riuscirà anche, finalmente, a ribaltare i ruoli e a prendersi una crudele rivincita.
«È quasi sempre difficile, se non impossibile, sapere come e soprattutto quando le cose hanno avuto inizio, ma lui lo sapeva, al minuto, addirittura al secondo. Ci pensava di continuo, con la stessa cupezza, la stessa rabbia di un uomo nel pieno delle forze che all'improvviso scopre di essere minato da una malattia subdola. In che modo gli si era insinuata in testa quell'idea? Non si trattava di germi, infatti, ma di un'idea. Anche un'idea può presentarsi come una macchiolina da nulla alla quale sulle prime non prestiamo attenzione. Poi cominciamo a sbirciarla ogni tanto. Abbiamo l'impressione che cresca, che si allarghi. Ci sforziamo di farla sparire, ed è un po' come se ci grattassimo un foruncolo: continua a ingrandirsi, sempre più rapidamente, finché un giorno siamo costretti ad andare dal medico. Solo che di medici, per il suo caso, non ce n'erano».
Frank, il memorabile protagonista di questo romanzo, ha diciannove anni ed è figlio dell’attraente tenutaria di una casa di appuntamenti in una città del Nord durante l’occupazione nazista. Freddo, scostante, insolente, solitario, Frank vuole in segreto una cosa sola: iniziarsi alla vita. E crede che il modo migliore per farlo sia questo: uccidere qualcuno senza ragione. Lo fa. Poi compie altri crimini, sempre in qualche modo gratuiti. Con sbalorditiva sicurezza, Simenon entra nella testa di questo personaggio al limite fra l’abiezione e una paradossale innocenza, abitante di quella psichica terra di nessuno di cui Dostoevskij è l’invisibile guardiano. E intorno a lui fa vivere, fino a dargli una presenza allucinatoria, il mondo della neve sporca, la sordida scena di una città dove tutto è tradimento, rancore, doppio gioco. Non solo: ma su questo sfondo cupo e sinistro riesce a tracciare, quasi prendendoci di sorpresa, una storia d’amore che è una sorta di triplo salto mortale, perfettamente riuscito e convincente.
La neve era sporca è apparso per la prima volta nel 1951.
Due giovani e patetici viveurs indebitati fino al collo si nascondono una sera nella cantina di un losco night-club di Liegi con l'intenzione di attendere l'ora di chiusura e di svuotare la cassa. Ma un cadavere, intravisto nell'oscurità alla luce fioca di un fiammifero, viene a turbare i loro piani: è il facoltoso greco cui poco prima rivolgeva le sue sapienti e professionali attenzioni Adèle, l'entraineuse del Gai-Moulin. E' una notte degli inganni, dove nessuno è ciò che sembra. Ma provvederà Maigret, ancora una volta, a capire di che si tratta.
Un uomo di una cinquantina d'anni viene fermato sui Grands Boulevards mentre si aggira in preda al panico fra autobus e macchine. Non ha documenti e dai suoi abiti sono state strappate le etichette. Non riesce a parlare. Qualche mese prima una pallottola gli ha spaccato il cranio, trasformandolo in una figura senza identità e senza memoria. In compagnia di questa muta silhouette, il commissario Maigret si immergerà nelle nebbie silenziose di Ouistreham, per sciogliere un enigma che ha la stessa cangiante apparenza del brumoso paesaggio normanno: "Alcuni istanti prima tutto sembrava morto, deserto. E adesso Maigret, che cammina lungo la chiusa, si accorge che la nebbia pullula di forme umane... Più avanza e più quell'universo di nebbia si popola."

