
"Sembra quasi pleonastico dire che nell'immenso e misterioso "Libro" che Pessoa ci ha lasciato il centro più riposto, e certo più imperioso, è l'eteronimia. Eteronimia intesa non tanto come metaforico camerino di teatro in cui l'attore Pessoa si nasconde per assumere i suoi travestimenti letterario-stilistici; ma proprio come zona franca, come "terrain vague", come linea magica varcando la quale Pessoa diventò un 'altro da sé' senza cessare di essere se stesso. L'eteronimia di Pessoa rimanda semmai alla capacità di vivere l'essenza di un gioco; non ad una finzione, pertanto, ma ad una metafisica della finzione, o ad un occultismo della finzione; forse ad una teosofia della finzione." (Antonio Tabucchi)
Ora con tenerezza, ora con sensualità, nostalgia, rimpianto, struggimento, rancore, ferocia o delirio, diciassette personaggi maschili attraverso diciassette lettere ad altrettante figure femminili, tessono i fili di una trama narrativa fatta di cerchi concentrici che paiono allargarsi nel nulla, povere voci monologanti forse avide di una risposta che non potrà mai venire. Ad esse risponde infine, raccogliendo le diverse vicende in un romanzo epistolare polifonico, una voce femminile distante, implacabile e allo stesso tempo colma di pena per loro. L'insieme è un percorso tra le passioni umane dove l'amore è l'illusorio punto centrale, in realtà punto di fuga che conduce verso le zone più oscure dell'animo.
Un'estate torrida in una vecchia casa in Toscana. Qui Tristano vive la sua lunga agonia: una cancrena gli divora la gamba, i dolori sono lancinanti e la malattia si estende a tutto il corpo. Lo assiste la vecchia Frau, la stessa che da bambino gli raccontava fiabe e poesie in tedesco, affinché imparasse la lingua. In uno stato allucinatorio, Tristano vecchio e incattivito, racconta di sé ad uno scrittore perché sia testimone della sua agonia e dei ricordi di una vita. Fantasmi di donne amate si sovrappongono nel delirio e poi la guerra, combattuta in Grecia, la scelta della libertà e della Resistenza. Alla fine della vita tutto appare uguale a se stesso, un incubo che tutto sovrasta e tutto circonda.
Agosto 1938. Un momento tragico della storia d'Europa, sullo sfondo del salazarismo portoghese, del fascismo italiano e della guerra civile spagnola, nel racconto di Pereira, un testimone preciso che rievoca il mese cruciale della sua vita. Chi raccoglie la testimonianza di Pereira, redatta con la logica stringente dei capitoli del romanzo, impeccabilmente aperti e chiusi dalla formula da verbale che ne costituisce il titolo: Sostiene Pereira? Questo non è detto, ma Pereira, un vecchio giornalista responsabile della pagina culturale del "Lisboa" (mediocre giornale del pomeriggio) affascina il lettore per le sue contraddizioni e per il suo modo di "non" essere un eroe.
In uno stato a metà tra la coscienza e l'incoscienza, l'esperienza del reale e la percezione del sogno, un uomo si trova a mezzogiorno, senza sapersi spiegare come, nella Lisbona deserta e torrida dell'ultima domenica di luglio. Sa di avere delle azioni da compiere, soprattutto l'incontro con un personaggio illustre e scomparso, ma non ha idea di come compierle. Si affida così al flusso del caso e seguendo le libere associazioni dell'inconscio si trova a seguire un percorso che lo porta a ricordare (a vivere il ricordo nell'attualità di quella giornata) alcune tappe fondamentali della sua vita, spingendolo a cercare di sciogliere i nodi irrisolti all'origine del suo stato allucinatorio. Il romanzo è stato scritto in portoghese.
Un'estate torrida in una vecchia casa in Toscana. Qui Tristano vive la sua lunga agonia: una cancrena gli divora la gamba, i dolori sono lancinanti e la malattia si estende a tutto il corpo. Lo assiste la vecchia Frau, la stessa che da bambino gli raccontava fiabe e poesie in tedesco, affinché imparasse la lingua. In uno stato allucinatorio, Tristano vecchio e incattivito, racconta di sé ad uno scrittore perché sia testimone della sua agonia e dei ricordi di una vita. Fantasmi di donne amate si sovrappongono nel delirio e poi la guerra, combattuta in Grecia, la scelta della libertà e della Resistenza. Alla fine della vita tutto appare uguale a se stesso, un incubo che tutto sovrasta e tutto circonda.
Come definire una storia come questa? A prima vista potrebbe sembrare un romanzo fantastico, ma forse sfugge a ogni possibile definizione. Tabucchi l'ha sottotitolato "Un mandala", ma a ben vedere, con criteri tutti occidentali, si tratta in fin dei conti di un'inchiesta, una ricerca che sembra condotta da un Philip Marlowe metafisico. Ma con la metafisica, in questa ricerca spasmodica e pellegrina, si sposa un concetto tutto terrestre della vita: sapori, odori, luoghi, città, fotografie che sono legati al nostro immaginario, ai nostri sogni, ma anche alla nostra quotidiana esperienza. E allora? Nella sua nota Tabucchi suggerisce di pensare a un monaco vestito di rosso, a Hölderlin e a una canzone napoletana. Potranno forse sembrare degli ingredienti incongrui. Ma forse è meglio non cercare la congruenza in uno dei più stravaganti, visionari e insieme struggenti romanzi che la letteratura italiana ci abbia mai regalato.
Ora con tenerezza, ora con sensualità, nostalgia, rimpianto, struggimento, rancore, ferocia o delirio, diciassette personaggi maschili attraverso diciassette lettere ad altrettante figure femminili, tessono i fili di una trama narrativa fatta di cerchi concentrici che paiono allargarsi nel nulla, povere voci monologanti forse avide di una risposta che non potrà mai venire. Ad esse risponde infine, raccogliendo le diverse vicende in un romanzo epistolare polifonico, una voce femminile distante, implacabile e allo stesso tempo colma di pena per loro. L'insieme è un percorso tra le passioni umane dove l'amore è l'illusorio punto centrale, in realtà punto di fuga che conduce verso le zone più oscure dell'animo.
Agosto 1938. Un momento tragico della storia d'Europa, sullo sfondo del salazarismo portoghese, del fascismo italiano e della guerra civile spagnola, nel racconto di Pereira, un testimone preciso che rievoca il mese cruciale della sua vita. Chi raccoglie la testimonianza di Pereira, redatta con la logica stringente dei capitoli del romanzo, impeccabilmente aperti e chiusi dalla formula da verbale che ne costituisce il titolo: Sostiene Pereira? Questo non è detto, ma Pereira, un vecchio giornalista responsabile della pagina culturale del "Lisboa" (mediocre giornale del pomeriggio) affascina il lettore per le sue contraddizioni e per il suo modo di "non" essere un eroe. Introduzione di Andrea Bajani.
"Il signor Pirandello è desiderato al telefono". Cascais, 1935. Un attore che interpreta Pessoa (o Pessoa stesso?) telefona a Piran-dello, perché ha l'anima in pena e "a lui interessano le anime in pena". Un dialogo a una sola voce, un gioco del rovescio costruito su continue rifrazioni che danno l'illusione di una poetica polifonia. "Il tempo stringe" è un duello mancato. Enrico usa le parole come fendenti, contro un avversario che si è già sottratto allo scontro, poiché giace morto su un letto di ospedale. Tra il disperato e il grottesco, una surreale resa dei conti tra un uomo e un fantasma, simbolo della novecentesca solitudine dell'Io. "I dialoghi mancati" di Tabucchi sono a ben vedere due monologhi, perché si articolano con interlocutori che non possono rispondere. È l'Umano portato sulla scena attraverso il personaggio, maschera cava costruita per far risuonare l'anima dell'attore: la sua voce. "Marconi, se ben mi ricordo". Radio Londra, 1935. Lo speaker guida in una vivacissima trasmissione un gruppo eterogeneo di ospiti, tra cui un professore patriottico, Orwell, la sua chiromante, un anarchico italiano e Madame Liberté. Con una tipica capriola tabucchiana, si finisce per commemorare non tanto Marconi, quanto gli anarchici "scacciati senza colpa" da Lugano proprio nel 1895. In un radiodramma polifonico, scritto per i cento anni della radio, Tabucchi tesse un inno alla libertà e scaglia un duro monito a non dimenticare la Storia, oggi valido più che mai.