
La banalizzazione dell'arte e della letteratura, il successo del giornalismo scandalistico e la frivolezza della politica sono i sintomi di un male maggiore che ha colpito la società contemporanea: l'idea temeraria di convertire in bene supremo la nostra naturale propensione al divertimento. In passato, la cultura era stata una specie di coscienza che impediva di ignorare la realtà. Ora, invece, agisce come meccanismo di intrattenimento, persino di distrazione. Inoltre, gli intellettuali sono scomparsi e anche se alcuni di loro firmano sporadici manifesti e prendono posizione su eventi e persone di fatto non esiste più un vero e proprio dibattito. Il Premio Nobel per la Letteratura, in questa durissima radiografia del nostro tempo, riflette sulla metamorfosi che la cultura ha subito in questi anni, nell'inquietante remissività generale, e invita gli scrittori "a coniugare la comunicazione col rigore, l'originalità e l'impegno creativo, per costruire nuove forme d'arte" e poter salvare, cosi, la cultura.
Quando riceve una lettera di minaccia con un ragnetto al posto della firma, Felicito Yanaqué non perde tempo e va alla polizia di Piura a sporgere denuncia. È proprietario di una ditta di trasporti, ha una moglie, due figli, e una giovane amante di nome Mabel: ha faticato troppo per lasciare che adesso qualcuno gli porti via tutto e, più di ogni altra cosa, a spaventarlo non sono certo i ricatti, ma il disonore. Peccato che dietro a quel tentativo di estorsione non ci sia la mafia locale, ma il suo figlioccio e la stessa Mabel... A Lima, intanto, Rigoberto, a un passo dalla pensione, viene chiamato a fare da testimone a Ismael, il suo datore di lavoro, che sposerà in gran segreto la domestica Armida, per impedire che il suo patrimonio venga dilapidato dai figli. Al ritorno dal viaggio di nozze, però, Ismael muore e Armida, spaventata dalle pressioni degli eredi, scappa a Piura, dalla sorella, che altri non è se non la moglie di Felicito. Sta a Rigoberto mantenere la promessa di testimone e sistemare la faccenda. Due storie dall'incastro perfetto in cui si riaffacciano personaggi memorabili e in cui il Premio Nobel fa finalmente ritorno al suo Perù, terra di segreti e scontri tra generazioni, di poesia e di miseria.
Quando riceve una lettera di minaccia con un ragnetto al posto della firma, Felicito Yanaqué non perde tempo e va alla polizia di Piura a sporgere denuncia. È proprietario di una ditta di trasporti, ha una moglie, due figli, e una giovane amante di nome Mabel: ha faticato troppo per lasciare che adesso qualcuno gli porti via tutto e, più di ogni altra cosa, a spaventarlo non sono certo i ricatti, ma il disonore. A Lima, intanto, Rigoberto, a un passo dalla pensione, viene chiamato a fare da testimone a Ismael, il suo datore di lavoro che sposerà in gran segreto la domestica Armida, per impedire che il suo patrimonio venga dilapidato dai figli. Al ritorno dal viaggio di nozze, però, Ismael muore e Armida, spaventata dalle pressioni degli eredi, scappa a Piura, dalla sorella. Sta a Rigoberto mantenere la promessa fatta da testimone e sistemare la faccenda.
Lima, anni Novanta: nel paese infuriano gli attentati terroristici di Sendero Luminoso e del Mrta (Movimiento Revolucionario Tupac Amaru) mentre il regime del presidente Fujimori diventa sempre più autoritario. Ma tutto questo sembra non impensierire troppo Marisa e Chabela, amiche da una vita e amanti dalla notte in cui il coprifuoco le costrinse a dormire insieme. Anche i loro mariti, Enrique e Luciano, sono amici di infanzia: il primo è un benestante ingegnere minerario che un giorno riceve la visita di un inquietante personaggio. E Rolando Garro, direttore della rivista scandalistica "Destapes", che lo ricatta minacciando di pubblicare le foto che lo ritraggono durante un'orgia a base di escort e cocaina. Luciano, che è anche avvocato, consiglia a Enrique di rivolgersi al "Doctor" (Vladimiro Montesinos, responsabile dell'intelligence del presidente Fujimori), presunto manovratore alle campagne denigratorie condotte da "Destapes", che oltre a infangare la reputazione dei personaggi, più o meno famosi, del mondo dello spettacolo, decreta la rovina degli avversari politici di Fujimori. Ma coinvolgere "l'intelligenza grigia" del regime vuol dire avvicinarsi al cuore di tenebra che sta avvolgendo nell'oscurità tutto un paese: una scelta che avrà inaspettate e drammatiche conseguenze.
«La dottrina liberale ha rappresentato dalle sue origini la forma più avanzata della cultura democratica e ciò che più ci ha consentito di difenderci dall'inestinguibile "richiamo della tribù". Questo libro cerca di contribuire con un granello di sabbia a questo indispensabile compito». Così scrive Mario Vargas Llosa spiegando il titolo di questo libro. Ad essere protagoniste qui sono le letture che hanno forgiato il suo modo di pensare e vedere il mondo negli ultimi cinquant'anni. È una cartografia dei pensatori liberali che lo hanno aiutato a sviluppare un nuovo corpus di idee dopo il grande trauma ideologico determinato dal disincanto verso la Rivoluzione cubana e dall'allontanamento dalle idee di Sartre. Adam Smith, José Ortega y Gasset, Friedrich von Hayek, Karl Popper, Raymond Aron, Isaiah Berlin e Jean-François Revel furono di enorme aiuto a Vargas Llosa durante gli anni del suo disagio intellettuale, mostrandogli altre tradizioni di pensiero che privilegiavano l'individuo di fronte alla tribù, alla nazione, alla classe o al partito, e che difendevano la libertà di espressione come valore fondamentale per l'esercizio della democrazia.
Può una fake news segnare il destino di un continente? È quello di cui sono convinti un industriale ricco di denaro e appoggi politici e un pubblicitario senza scrupoli. Insieme daranno il via agli avvenimenti che nel 1954 porteranno a un colpo di stato in Guatemala appoggiato dalla Cia. Ma se sul palcoscenico della Storia sale lei, Marta, eccentrica e bellissima appassionata di politici in generale e di dittatori in particolare, capiamo che tutto può succedere, anche quando pensiamo di sapere già come andrà a finire. Nel 1954 la United Fruit Company - la futura Chiquita - è un'azienda fiorente: è riuscita a introdurre le banane nella dieta di tutto il mondo sfruttando per anni le terre e i contadini dell'America Centrale grazie alla complicità di dittatori corrotti. Ma da quando il governo guatemalteco cerca di mettere in atto una riforma agraria, il magnate delle banane Zemurray si sente minacciato. Che fare? Basta rivolgersi a un esperto di relazioni pubbliche per far sì che i fatti vengano travisati da qualche stimato giornalista. In breve tempo si diffonde la notizia - una fake news ante litteram - che in America Latina la minaccia del comunismo è dietro l'angolo e che va stroncata sul nascere. E allora, per scongiurare il pericolo rosso, la Cia si affretta a organizzare un colpo di stato per deporre Jacobo Árbenz, forse un po' ingenuo, ma sinceramente democratico, lontano anni luce dall'Unione Sovietica e dalla sua influenza... E al centro della storia, una donna, Marta, a cui l'autore attribuisce il ruolo più importante: quello della testimone. Con questo romanzo Vargas Llosa torna alle atmosfere e ai personaggi che l'hanno reso grande. In "Tempi duri" (che non a caso ha più di un punto di contatto e nome in comune con il suo classico "La festa del Caprone"), Vargas Llosa mescola la realtà storica con due finzioni: quella del romanziere, che qui crea alcuni dei personaggi più memorabili dell'autore peruviano, e quella del potere e della propaganda. Accompagnando il lettore a perdersi in atmosfere e «favole» che non sembrano poi così lontane dal clima politico di oggi, in cui l'opinione pubblica è più interessata a una «bella storia» che alla verità.
Fra gli scrittori che hanno riflettuto sulla complessa relazione tra politica e letteratura, la posizione di Mario Vargas Llosa è particolarmente interessante, in quanto il grande narratore peruviano non solo ha indagato questa relazione nel corso della sua ormai vasta opera, ma ha voluto cimentarsi anche in prima persona con l'impegno politico, candidandosi alcuni anni fa alla presidenza del suo Paese. Il presente volume è il risultato di un ciclo di conferenze tenutosi in Messico, nel quale Vargas Llosa ricostruisce l'evoluzione della sua visione politica, a partire dai giovanili entusiasmi per Jean-Paul Sartre, fino ad evidenziare il ruolo della politica nell'opera degli scrittori più amati; Flaubert, Tolstoj, Faullkner.
La vita vera di Roger Casement è materia da romanzo. Irlandese, nato nel 1864, si trovò a indagare sugli orrori del colonialismo, seguendo la scia di sangue e denaro proveniente dall'affare planetario tra Otto e Novecento, la raccolta del lattice per la produzione del caucciù. Il Congo belga di Leopoldo II e la foresta amazzonica tra Perù, Colombia e Brasile sono i due scenari in cui Casement esercita il suo ruolo di osservatore, su incarico del governo inglese, e le condizioni d'incredibile sfruttamento in cui vede costrette le popolazioni indigene lo convincono della necessità di una lotta senza quartiere contro i massacri dei colonialisti, contro le prevaricazioni dell'uomo sull'uomo. L'esperienza di quello che fu il primo olocausto della storia moderna inciderà sulla coscienza del protagonista, contribuendo al radicalizzarsi della sua passione per la terra d'origine, l'Irlanda, nella lotta contro l'Inghilterra. Mentre tentava di trovare il sostegno della Germania in chiave anti-inglese per gli insorti irlandesi, sarà arrestato nel 1916 e, sfruttando le fantasticherie omosessuali scritte nei suoi Black Diaries, sarà oggetto di una campagna di discredito che lo condurrà al patibolo, malgrado fossero dalla sua parte Arthur Conan-Doyle, William Butler Yeats e Gorge Bernard Shaw. Ha detto Mario Vargas Llosa: "Gli eroi non sono statue, non sono esseri perfetti". E il personaggio Casement è certo un eroe ma è altresì uomo di contraddizioni.
Una raccolta di fiabe presentate da Maria Teresa Orsi. Sono testi di vario tipo, principalmente apologhi morali, non raramente percorsi da una vena metafisica e surreale come in questo caso. Divise per provenienza geografica (Nord-Est, Centro e Sud-Ovest del Giappone, con forti differenze di temi e di stile), danno un quadro affascinante di un patrimonio favolistico peculiare e assai diverso dalla tradizione occidentale.
La vita felice è un meccanismo a orologeria: il ticchettio inarrestabile che avvertiamo, pagina dopo pagina, è quello di una famiglia che sta per essere travolta. Accade tutto in una notte, e quella che era una minaccia diventa una ferita che non si può piú cancellare.
«Non ne sapevo niente, allora, dei modi in cui l'amore può manifestarsi, né della forza con cui può spingerci in un angolo e toglierci il respiro».
Elia ha sedici anni ed è un ragazzo solitario. Suo padre è stato licenziato e ha cominciato a comportarsi in modo strano, sparendo per ore a bordo di un furgone, chiudendosi in garage, scrivendo lettere che denunciano un complotto di cui si sente vittima. Elia prova a decifrare ciò che accade, mentre sua madre sembra non voler vedere. Fino alla notte d'agosto dopo la quale nulla sarà piú come prima: la piccola comunità di Ponte - già segnata dall'omicidio insoluto di un bambino - si sveglia sconvolta per il rapimento di una ragazza, salita la sera precedente su un furgone e poi svanita in mezzo ai boschi. Ma quell'estate per Elia è anche segnata dall'attrazione per Anna Trabuio, dall'amicizia per suo figlio Stefano, dalla scoperta lacerante dei propri desideri e dell'istinto di sopravvivenza. A raccontare tutto questo è Elia trent'anni dopo: un uomo che tenta di ricucire lo strappo del passato e illuminare il buio nella mente di suo padre, immaginando cosa sia accaduto davvero quella notte, e cosa significhi perdere se stessi. Ma soprattutto tenta di rispondere a una domanda: com'è possibile, dopo una ferita cosí profonda, sperare di essere felici? Tra La settimana bianca e Io non ho paura, Elena Varvello ha scritto una storia di formazione diversa da tutte le altre, che cattura il lettore con una lingua cesellata, dura e trasparente.
La 'O' di Giotto, il naso storto di Michelangelo, le invenzioni di Leonardo da Vinci, il caratteraccio di Piero di Cosimo, l'ossessione alchimistica del Parmigianino: sono solo alcuni frammenti di quel grande specchio dell'arte italiana del Rinascimento (e non solo) che è "Le Vite de' più eccellenti architetti, pittori e scultori" di Giorgio Vasari. Al di là del suo indubbio valore storiografico, "Le Vite" è una commedia umana in cui cronaca e leggenda, pettegolezzo e memoria si intrecciano dando vita alla più vasta ed esaltante epopea narrativa incentrata sulla figura dell'artista. Dietro le opere d'arte, spesso capolavori celeberrimi, Vasari sa rintracciare il profilo degli uomini che le hanno realizzate, con le loro ambizioni, ossessioni, passioni, bizzarrie di carattere. La bellezza delle Vite come libro da leggere e godere era rimasta fino a oggi inaccessibile a causa della distanza storica che ci separa dalla lingua in cui l'opera di Vasari è scritta, quel toscano di base fiorentina che difficilmente si lascia avvicinare da un lettore ordinario. Marco Cavalli colma finalmente questa distanza presentando in questo volume la traduzione in italiano moderno di ventuno biografie vasariane scelte tra le più belle per vivacità narrativa e precisione miniaturistica del dettaglio.