
La Sicilia è una terra aspra e difficile, che concede poco, ma che ha regalato nel corso del tempo grandi storie, scritte da chi ha saputo coglierne il nucleo incandescente e metterlo in scena in forma narrativa. Tra questi, un posto di primissimo piano spetta a Giovanni Verga, l'autore dei "Malavoglia" e di Mastro don Gesualdo, ma anche di un numero eccezionale di novelle nelle quali si sperimenta un nuovo modo di fare racconto, ricorrendo ai criteri di un realismo asciutto e crudo in grado dì far avvertire al lettore le condizioni di vita - i costumi e le prassi sociali - della Sicilia del secondo Ottocento.
"Ora che il futuro s'era fatto corto e mi sfuggiva di mano con l'inesorabilità della sabbia che cola dentro una clessidra, mi capitava spesso di pensare al passato della mia esistenza: cercare lì le risposte con le quali sarebbe giusto morire. Perché fossi nata, perché fossi vissuta, e chi o che cosa avesse plasmato il mosaico di persone che da un lontano giorno d'estate costituiva il mio Io." Così comincia questa straordinaria epopea della famiglia di Oriana Fallaci, una saga che copre gli anni dal 1773 al 1889, con incursioni nel passato e in un futuro che precipita verso il bombardamento di Firenze del 1944. È una storia dell'Italia rivoluzionaria di Napoleone, Mazzini, Garibaldi, attraverso le avventure di uomini come Carlo che voleva piantare viti e olivi nella Virginia di Thomas Jefferson, Francesco marinaio, negriero e padre disperato, e donne indomite come la Caterina che alla fiera di Rosìa indossa un cappello pieno di ciliege per farsi riconoscere dal futuro sposo Carlo Fallaci, o come una bisnonna paterna, Anastasìa, figlia illegittima, ragazza madre, pioniera nel Far West. Dopo anni di ricerche, l'autrice ha visto la cronaca familiare trasformarsi in "una fiaba da ricostruire con la fantasia": "la realtà prese a scivolare nell'immaginazione e il vero si unì all'inventabile poi all'inventato... E tutti quei nonni, nonne, bisnonni, bisnonne, trisnonni, trisnonne, arcavoli e arcavole, insomma tutti quei miei genitori, diventarono miei figli".
“Un giorno incontriamo la persona giusta. Restiamo indifferenti, perché non l’abbiamo riconosciuta.”
Natalia Ginzburg
“Dal vaporetto pieno di gente bagnata di pioggia che tornava dal lavoro, osservavo, impastati nella nebbia, i palazzi e le luci di Venezia.”
Una chiocciola percorre in media 5-6 centimetri all’ora. Per fare il giro completo di Venezia impiegherebbe circa dieci anni.
È l’inverno del 1999.
Un vaporetto attraversa la laguna di Venezia. Camilla, diciottenne appena arrivata dal paese per studiare letteratura russa, nota tra la folla un ragazzo. Anche lui porta con sé una valigia, anche lui è appena arrivato. I due iniziano a guardarsi: lei è timida e finge di leggere un libro, Silvestro invece è sfacciato e nasconde la sua inesperienza dietro un’ingenua spavalderia. E quando il vaporetto attracca, decide di seguire Camilla per le calli nebbiose di un’isola della laguna. Così comincia un’avventura lunga dieci anni, che porterà i due ragazzi dalla Venezia quotidiana degli studenti fino alla straniante frenesia di Mosca, con i suoi teatri e le enormi strade trafficate. Camilla e Silvestro vivranno altre storie d’amore, si scriveranno, saranno coinquilini nella stessa casetta, ospiti a un matrimonio nella campagna russa e poi ancora passanti distratti nell’affollato mercato di Rialto. Saranno di volta in volta nemici, amici, conoscenti, innamorati, vicini o distanti.
Dieci inverni è una storia d’amore, o meglio il prologo di una storia d’amore, raccontata a due voci: ogni inverno è una finestra aperta a curiosare nella vita di due persone che non si perdono mai del tutto e intanto crescono, segnate dal difficile e splendido ingresso nell’età adulta.
La pazzia, signore, se ne va a passeggio
per il mondo come il sole, e non v’è luogo
in cui non risplenda.
- Shakespeare, La dodicesima notte -
Uno schizofrenico che immagina di uccidere il Diavolo, uno straccione acculturato che trova pornografico il David di Michelangelo, un francese che si sente monaco medievale, gli incontri quotidiani tra un escursionista e un ratto superbo, il funerale di un vivo in una città di morti. Ma anche il ritratto della donna amata, delle famiglie in vacanza, di qualcuno che in Scozia scopre l’importanza simbolica di campanili e campane. I racconti di Andreoli ci presentano un mondo variegato, a metà tra il fantastico e il realistico, in cui pazzi e sani trovano lo stesso spazio. Tutto il “materiale umano” così familiare allo psichiatra, diventa nella narrazione uno straordinario strumento per parlare agli uomini di loro stessi: ogni personaggio e ogni momento di vita è guardato sotto la lente rivelatrice di un particolare comportamento – strano o banale, folle o sano – che ci rende la ricchezza di sfumature del mondo, e la labilità dei confini in cui siamo soliti inquadrarlo. Un incredibile affresco corale al contempo divertente, affascinante e inquietante, che andando oltre la dimensione psicologica si offre come chiave per la comprensione di noi stessi in quanto singoli e membri di una società ormai globale.
Antesignana di tutte le mamme blogger, grande firma della satira italiana, Lia Celi ha iniziato la sua carriera di «mamma imperfetta » nel 1998, quando «Travaglio» significava solo «dolori del parto», non «giornalista scomodo». Le Spice Girls stavano ancora insieme. Per collegarsi a Internet c’erano i modem analogici, quelli che facevano «fiiiiii-chchchchch». Anche le mamme erano analogiche. Cioè, si sbattevano solo tra famiglia e lavoro, non tra famiglia, lavoro, palestra, estetista e Facebook. Non esistevano ancora le Milf (Mothers I’d Like to F***k). E nemmeno le mamme imperfette - o meglio, esistevano eccome, ma non erano state sdoganate. Erano una maggioranza silenziosa e ansiosa, tormentata dall’impari confronto con il fantasma della Mamma Perfetta, o con la sua ultima (sedicente) incarnazione: la suocera. Quali erano i requisiti della Mamma Perfetta? Non avere un lavoro, né desiderarlo. Non essere soggetta a pulsioni egoistiche come fame, sonno e desiderio sessuale. Non sentire mai il bisogno di un po’ di tempo per sé. Una spiccata tendenza alla pulizia compulsiva completava il quadro, titolo Madonna con Bambino e sterilizzatore. Da allora la famiglia di Lia è diventata un clan numeroso e bizzarro, dove i bimbi si partoriscono in casa e vengono svezzati a tortellini, il papà disegna fumetti, la gatta fa la babysitter e la tv è quasi sempre spenta. E chi ne ha bisogno, con tre ragazzine? Emma, the Brain, Gioconda, the Body e Iris, the Voice, bastano a riempire il palinsesto quotidiano di commedie, tragedie e cabaret, talent show e sport. Il quartogenito è un piccolo uomo: Orlando, the Darling. E meno male, perché perfino il virtuoso papà delle alcottiane Piccole donne, giunto a quota quattro figlie, aveva pensato bene di partire volontario per la guerra di Secessione. Per la madre di una famiglia numerosa, la realtà spesso sconfina nella fantasia: in questo libro, scritto con penna irresistibile e arguta, Lia Celi racconta quasi dodici anni vissuti pericolosamente, vivacemente, appassionatamente. Una storia in cui la quotidianità diventa, grazie a una mamma imperfetta ma sempre ironica, un susseguirsi entusiasmante di sorprese.
Lia Celi è nata a Parma e vive e lavora a Rimini. Autrice di satira, per sei anni ha fatto parte della redazione di “Cuore”. Ha scritto anche per Smemoranda, “Avvenimenti”, «Insieme » (dove da dodici anni tiene la rubrica cult Diario di una mamma imperfetta), “Gulliver” e lo “Specchio della Stampa”, per la tv e la radio. Ha pubblicato numerosi racconti per adulti e libri per ragazzi, fra cui la serie Ice magic (EL) e Anita Garibaldi (Einaudi 2008).
“La lettera che avevamo tanto inseguito, e che solo
per caso eravamo riusciti a recuperare, non spiegava
quello che era successo. Ma in ogni caso era ed è
la prova che mio fratello voleva continuare a vivere.
Invece è morto. Forse pensando di essere stato abbandonato
dalla sua famiglia, mentre semplicemente
non ci lasciavano entrare.
Vorrei potergli dire che non era solo.
Hanno provato a farci credere che ‘s’è spento’ come
fosse una cosa normale, perché s’era lasciato andare.
Ma non è così. Mio fratello Stefano è morto per
responsabilità di qualcun altro e io, Ilaria Cucchi,
vorrei sapere di chi. E perché.”
A metà degli anni Cinquanta, Ernest Hemingway è ormai prostrato da un’esistenza trascorsa sull’orlo del baratro. Quando però Fernanda Pivano lo informa che in Lucania si aggira una strana bestia bianca, a metà tra un elefante e un mammut, la sua indole di cacciatore ha un brusco sussulto: non può mancare al safari più eccitante della propria vita. La Lucania è “una terra meravigliosa e sconosciuta in cui ci si può imbattere in tante diavolerie che hanno dell’incredibile”. Così Hemingway sbarca in Italia e intraprende un viaggio al Sud che è ricerca di una belva enorme ma sfuggente. E che, per il vecchio scrittore, sarà anche l’occasione per la più inattesa e intensa delle storie d’amore. Nel suo nuovo romanzo, Raffaele Nigro racconta un episodio forse accaduto davvero forse no, appreso dalla Pivano nello spazio di una notte in auto da Milano a Roma. E ci rivela che viviamo in una terra di confine tra aspirazione alla felicità e ansia di morte e che il presente non può essere mai disgiunto dal passato. Un sentimento che appartiene a Hemingway, ma anche all’umanità intera, incarnato e descritto dalla grande letteratura del Novecento.
Meditato, scritto e continuamente riscritto da Petrarca per tutta la vita, il "Canzoniere" è insieme la cronaca di una storia d'amore, uno studio spietato del proprio io, l'autobiografìa intellettuale e umana di un uomo ansioso e inquieto che cerca, e mai trova, la sua pace. Ma ogni definizione suona riduttiva per questa raccolta di rime, indiscutibilmente la più importante della nostra letteratura e destinata a fondare, attraverso innumerevoli epigoni, il gusto poetico dell'intera Europa: il "Canzoniere" anticipa, contiene e quasi riassume in sé ogni argomento e tendenza della tradizione poetica occidentale, tanto che parlare di Petrarca ha sempre finito per corrispondere al parlare semplicemente della poesia. Questa edizione, che si distingue per l'esemplare equilibrio tra rigore filologico e attenzione al lettore moderno, presenta un nuovo apparato di commento al testo e di raffronto fra le liriche petrarchesche e la letteratura contemporanea. Annotazioni di Paola Vecchi Galli e Stefano Cremonini.
"Dalle numerose lettere che da tempo mi inviano i lettori, mi sono reso conto che fra tante passioni quella per il mare è tra le più forti e profonde. Leggendo le testimonianze della gente si intraprende un viaggio senza fine che ci porta in paesi lontani al di là del mare, per scegliere la rotta che ci porterà in salvo dalle tempeste della vita. Il mare è protagonista di questo libro dove si narra la storia di un uomo che si salva quando tutto pareva ormai finito. Carol Wilson, un londinese cui è stato diagnosticato un male incurabile, decide di finire i suoi giorni nel mare che ama. Parte con il suo veliero e si affida al vento che portandolo di isola in isola lo condurrà attraverso incontri con persone straordinarie, a ripensare alla sua vita e a riconciliarsi con essa, gli farà ritrovare la salute, la serenità e conoscere il vero amore. La storia dell'avventuroso viaggio pieno di sorprese, di prodigi, in un continuo dialogo con gli abitanti e la natura dei luoghi, è quella che Carol rivela a un giovane amico incontrato nel paese di Portovenere dove è giunto insieme a Sanja, la ragazza che lo ama e che, appassionata di lettura, aveva avuto notizia, nella sua terra lontana, di questo paese d'amore e di poesia." (Romano Battaglia)
È un linguaggio profondo e complesso quello con cui ci parlano coloro che abbiamo amato e non sono più con noi, ineffabile come il paese che abitano. I sogni e i ricordi sono il solo passaggio per questo luogo in cui le epoche della vita si confondono, "un'isola sospesa sulle acque, dai contorni sfumati e frastagliati". Così, attraverso il filtro essenziale della memoria e del sogno, Dacia Maraini ci racconta in questo libro intenso e intimo come "Bagheria" coloro che ha amato, che l'hanno amata e che vivono ora solo attraverso i ricordi: "nel giardino dei pensieri lontani" rievoca e incontra la sorella Yuki, il padre Fosco, Alberto Moravia, Giuseppe Moretti - l'ultimo compagno scomparso prematuramente per una malattia crudele - l'amico carissimo Pasolini e un'inedita e fragile Maria Callas. Perché il racconto ha il potere di accogliere e abbracciare come in una grande festa le persone amate, restituendo al momento della fine, che oggi sempre più si tende a negare, a nascondere, quel sentimento estremo di bellezza e consolazione che gli è proprio. Dacia Maraini ci regala una storia sincera e struggente, un ritratto memorabile di sé che mescola affetti privati e pubblici, felicità e dolore.
Una Citroën scura si ferma davanti al cancello di un'antica tenuta nei pressi di Fontainebleau. A bordo dell'auto, l'anziano senatore Vigoureaux, eroe della Resistenza, con sua figlia e una guardia del corpo. Nascosto tra la vegetazione sulla cima di una collinetta, qualcuno li sta aspettando con una mitragliatrice Browning calibro 50. Una raffica potentissima nell'aria calda di giugno, poi i vetri che scoppiano, la carrozzeria demolita, il sangue che impregna i sedili. E una statuina di Babar, l'elefante dei cartoni animati, posata per terra a osservare i corpi martoriati dai proiettili. È un caso per il commissario Jean-Pierre Mordenti e la sua squadra: alla Brigata Criminale di Parigi li chiamano Les italiens, perché come il loro paese d'origine hanno fegato, fantasia e non mollano la preda. Questa volta sarà dura anche per loro: l'omicidio di uno dei politici più influenti della Repubblica è una questione da maneggiare con le molle, specialmente se il suo passato non è limpido come si credeva. Ma se c'è uno sbirro che non ha paura di ficcare il naso dove non dovrebbe - e, nel frattempo, di sedurre sempre la donna sbagliata - questo è proprio Mordenti.
Un vecchietto smemorato scende di casa per comprare le sigarette e al posto del resto la tabaccaia gli offre un biglietto del SuperEnalotto. Senza nemmeno seguire l'estrazione, quella sera infila il biglietto tra le pagine di un romanzo. Uno di quelli fuori catalogo, che ormai non stampano più. Peccato, poteva essere lui il vincitore. Ma il destino di ogni libro è imprevedibile: per un caso fortunato, il volume finisce nelle mani di un libraio che sta lottando per salvare il suo negozio dalla chiusura. E sempre il caso vuole che a domandargli quel romanzo introvabile sia Francesca, affascinante, con lo sguardo intenso e la battuta pronta. Il libro però è già sparito - con il biglietto dentro - perché Tzu Gambadilegno, un ragazzo cinese, alto due metri e zoppo, l'ha rubato mentre consegnava pollo fritto a casa del libraio. Per fortuna lui, come tutti i librai, somiglia a un armadillo: è testardo, coriaceo e non si arrende di fronte agli ostacoli. Vuole ritrovare il libro e avere una buona scusa per presentarsi a casa di Francesca con un mazzo di fiori... "La libreria dell'armadillo" è un romanzo capace di commuovere, di far sorridere e pensare. Ma è soprattutto una storia sull'amore per i libri all'epoca dell'ebook e della crisi; un omaggio al potere della letteratura.

