
È notte, l'orfanotrofio è immerso nel sonno. Tutte le ragazze dormono, tranne una. Si chiama Cecilia, ha sedici anni. Di giorno suona il violino in chiesa, dietro la fitta grata che impedisce ai fedeli di vedere il volto delle giovani musiciste. Di notte si sente perduta nel buio fondale della solitudine più assoluta. Ogni notte Cecilia si alza di nascosto e raggiunge il suo posto segreto: scrive alla persona più intima e più lontana, la madre che l'ha abbandonata. La musica per lei è un'abitudine come tante, un opaco ripetersi di note. Dall'alto del poggiolo sospeso in cui si trova relegata a suonare, pensa "Io non sono affatto sicura che la musica si innalzi, che si elevi. Io credo che la musica cada. Noi la versiamo sulle teste di chi viene ad ascoltarci". Così passa la vita all'Ospedale della Pietà di Venezia, dove le giovani orfane scoprono le sconfinate possibilità dell'arte eppure vivono rinchiuse, strette entro i limiti del decoro e della rigida suddivisione dei ruoli. Ma un giorno le cose cominciano a cambiare, prima impercettibilmente, poi con forza sempre più incontenibile, quando arriva un nuovo compositore e insegnante di violino. È un giovane sacerdote, ha il naso grosso e i capelli colore del rame. Si chiama Antonio Vivaldi. Grazie al rapporto conflittuale con la sua musica, Cecilia troverà una sua strada nella vita, compiendo un gesto inaspettato di autonomia e insubordinazione.
La grandissima fortuna del "Milione" è testimoniata dalle molteplici redazioni dell'originale e da oltre centotrenta codici che ci hanno tramandato il testo in moltissime lingue. Quella che qui si presenta è la redazione toscana detta dell' "ottimo" ("ottimo" perché desunta dal più autorevole manoscritto italiano tra le antiche traduzioni toscane), cui si affianca una traduzione in italiano moderno dovuta a Maria Vittoria Malvano.
Il Gengis è un potente di oggi: quasi la versione contemporanea di Gengis Khan, il Signore dei Mongoli che ebbe l'ambizione di creare il più vasto impero della storia. Un uomo che ha tutto, vuole tutto. Tommaso è un fumettista e vignettista satirico. Maestro di parodie, ha sempre combattuto l'insensatezza dell'età moderna, la sopraffazione mediatica e quanti provocano la morte della poesia. Il Gengis saccheggia la vita di Tommaso, che disprezza come l'opposto di sé. Gli distrugge l'ordine della famiglia: gli porta via la moglie Pupe, gli strappa Duccio, un bambino che Tommaso ama come e più di un figlio. Tommaso attraversa, dapprima, la sua personale discesa agli inferi, ma poi reagisce con l'unica freccia al suo arco: l'ironia.
Dalle storie della Grande Guerra, scaturite dall'album di famiglia e dai bollettini ufficiali, a quelle della seconda guerra mondiale che ripercorrono la campagna di Francia, la tragica spedizione albanese, il drammatico fronte russo, la prigionia, il ritorno sull'Altipiano: pagina dopo pagina, attingendo alla sua memoria personale e a quella collettiva, "il sergente" Rigoni costruisce un quadro scarno e spietato di un tempo che non è il nostro ma che ci viene lasciato in eredità. Tutti i racconti che Rigoni Stern ha dedicato al tema della guerra nelle sue opere precedenti, oltre a numerosi altri testi sparsi in giornali e riviste, vengono qui pubblicati in un ordine storico-narrativo a cura dell'autore.
Racconti della guerra civile, Racconti del parentado e del paese, Racconti del dopoguerra, Racconti fantastici: è in base a quest'ordine voluto dallo stesso Fenoglio che vengono qui raccolti per la prima volta tutti i suoi racconti. Oltre alle storie partigiane il cui nucleo tematico fu inaugurato dai Ventitrè giorni delle città di Alba, la parte più cospicua del volume è costituita dai racconti "langhigiani", che tra vari progetti occuparono lo scrittore piemontese prima e dopo Il partigiano Johnny. Dietro ad essi sta l'enorme lavoro di Fenoglio, dagli anni Cinquanta fino ai suoi ultimi giorni: i personaggi e le vicende raccontati con un linguaggio vero e preciso penetrano il "mistero" della spietatezza dei rapporti umani e riportano a un paesaggio esistenziale che, attingendo a una memoria parentale o collettiva, rivela stralci di vita di una provincia per sempre perduta. In appendice il Diario e un breve testo velatamente autobiografico.
Il protagonista di questo romanzo si aggira tra le macerie di un mondo in rovina, devastato da una violenta pulizia etnica. Una lunga cicatrice gli attraversa il petto, e una memoria difettosa gli impedisce di mettere ordine nei suoi ricordi. Intorno a lui una realtà slittata, dove non esistono cellulari, l'uomo non ha mai camminato sulla luna e l'Africa è diventata un deserto radioattivo. Immerso nel silenzio della neve sorge Vajont: un paese nuovo, cotruito per accogliere gli sfollati della diga, e diventato negli anni ricettacolo di gente senza casa, di diseredati. Le giornate del protagonista sembrano ripetersi tutte uguali fino a quando un pomeriggio sulla corriera che lo porta all'ospedale, alla fermata di Vajont sale una giovane ragazza. È l'inizio di un amore impossibile e allo stesso tempo il momento della verità.
Come una danza leggera e sapiente, ma implacabile, Massimo Carlotto ci conduce nella orgogliosa arroganza del nuovo crimine. E racconta da par suo una grande storia, che spazia dai boschi radioattivi di Cemobyl ai caveau delle banche svizzere. Con una irresistibile gang di privilegiati. Zosim, Sunil, Giuseppe, Inez. La Dromos Gang. Si sono conosciuti studiando economia a Leeds. Brillanti, impeccabilmente vestiti, del tutto amorali ma tra loro fraterni, quattro giovanissimi con pesanti famiglie alle spalle piombano su Marsiglia da ogni parte del globo, per prendersela tutta. Sono convinti che il mondo è di chi corre veloce come il denaro, di chi corre più veloce di tutti, e il resto non merita di vivere. È subito guerra con i vecchi arnesi: un tenace boss corso di lunga carriera, e una poliziotta in disgrazia che ha un'idea tutta sua della giustizia. Mentre un narcotrafficante allo sbaraglio, che porta il nome fatale di un grande calciatore, proverà a giocare la sua esilarante, tragica partita. E Marsiglia, il luogo oggi dello scontro criminale per eccellenza, dove i conflitti si risolvono a colpi di kalashnikov, diventa l'epicentro di un sisma vastissimo, dalle conseguenze del tutto imprevedibili.
Che cosa è successo sul set di "Il corvo", e chi era Brandon Lee? Perché Jimi Hendrix e tanti altri sono morti a 27 anni? È stato il Joker a uccidere Heath Ledger? Perché, secondo Charles Manson, gli omicidi di Bel Air dovevano aprire una nuova era? Perché qualcuno sostiene che Marilyn è viva? E il rock, è davvero "la musica del Diavolo"? Strane storie di omicidi, sparizioni, incidenti, suicidi, guai giudiziari ma anche di episodi incredibili che restano semplicemente misteriosi. O che rivelano, al di là del nostro inestinguibile bisogno di illusione, quel che può succedere quando diventi una stella. E cominci a vivere nell'altra faccia della luna. Un "romanzo del mondo dello spettacolo", e dell'altra faccia della celebrità, in 39 quadri. Queste storie tracciano una mappa per orientarsi nella leggenda nera che accompagna la vita, e la morte, di tante star della musica e del cinema.
A raccontarci Pulce e il suo mondo speciale è la sorella Giovanna, con la sua voce ironica, candida, intelligente, divagante. Pulce è una bambina allegra, a cui piace infilarsi negli abbracci degli sconosciuti, stritolarti più forte che può. Quando un giorno, come tutti i giorni, mamma Anita va a prenderla a scuola, Pulce non c'è. "Provvedimenti superiori" hanno deciso che loro non sono più dei buoni genitori, e Pulce è stata portata nella comunità Giorni Felici. Anita e Giovanna possono farle visita una volta alla settimana, "sotto lo sguardo soldato di un'educatrice". Papà Gualtiero, invece, sua figlia non può vederla, perché su di lui grava una mostruosa accusa. Giovanna ha solo tredici anni quando comincia questa "storiaccia". È una ragazzina curiosa, con qualche tic nervoso e un gruppetto di amici immaginari. E proprio grazie alla sua immaginazione vispa e intelligente, alla sua potente capacità inventiva, Giovanna ci racconta senza retorica e senza patetismi lo scontro tra mondo adulto e infanzia, tra malattia e normalità, tra rigidità delle istituzioni e legami affettivi. Il suo sguardo singolare, il suo punto di vista spostato, ci fa vedere improvvisamente le cose, rende intellegibile ciò che anche gli adulti faticano a capire.
«Quanti vizi i Sapienza, penso, e rabbrividisco all'idea di crescere ed essere costretta ad affrontarli tutti».
Può una bambina - lasciata interi pomeriggi nel ventre sicuro di un cinematografo - arrivare a identificarsi totalmente con Jean Gabin?
Sì, se quella bambina è Goliarda Sapienza. L'attore simbolo di un certo modo di stare al mondo, l'icona anarchica del cinema francese, le calza a pennello. Goliarda bambina, non appena esce dal Cinema Mirone, è Jean Gabin, e scorrazza per i vicoli di Catania traboccanti di vita e di malaffare come Jean per quelli di Algeri. Incontra prostitute filosofe, pupari, la vita pullulante della Civita in tutte le sue forme, comprese quelle magmatiche dei «corpi lunghi di draghi neri scolpiti nella lava sotto i balconi».
E quando rientra a casa, trova un'altra forma di vita altrettanto disordinata e imprendibile: quella della sua famiglia senza fine. Un padre avvocato «amato dai poveri e odiato dai fascisti, ma da tutti rispettato e temuto»; una madre socialista impegnata durante il Ventennio a trasformare il suo appartamento catanese in un focolaio di resistenza e di controcultura; una tribù di fratelli acquisiti, ognuno intento a seguire i suoi sogni, contagiosamente.
Io, Jean Gabin racconta tutto questo raccontando un pugno di giorni. È un tassello di quella che Goliarda Sapienza chiamava «autobiografia della contraddizioni»: l'idea - bellissima ed eccentrica - era quella di tornare a distanza di anni su alcuni momenti della propria vita, per capire cosa combina il tempo con la memoria, e la memoria dentro di noi. Perché il passato non è mai cristallizzato, proprio come la coscienza di chi è troppo vivo per stare fermo.
In Io, Jean Gabin - romanzo postumo e assolutamente inedito - c'è la stessa energia stilistica dell'Arte della gioia, ci sono il piglio, lo slancio, la spavalderia di Modesta bambina: la «carusa tosta» che è divenuta un personaggio indimenticabile della letteratura del Novecento.
Acre, provocatorio, incalzante e politicamente scorretto, Nero come il cuore ha segnato l'esordio narrativo dell'autore di Romanzo criminale. Sullo sfondo di una Roma antropomorfa, l'avvocato Valentino Bruio, indagando sulla misteriosa morte di un immigrato sudafricano, scopre un losco traffico ai danni dei clandestini. Ora Valentino è davvero nei guai.
In Onora il padre il commissario Matteo Colonna, indagando a Rimini su giovani donne uccise, si imbatte in un serial killer molto speciale.
Un padre. Matteo scopre ben presto che i padri non sanno solo amare, ma anche odiare, e punire. E che la storia lo riguarda molto da vicino.
In Teneri assassini Giancarlo De Cataldo fa sfilare una sconvolgente galleria narrativa di «casi» di ragazzi criminali che sembrano sospesi tra Natural Born Killers e il Truman Capote di A sangue freddo, e sono invece italianissime figure di un piccolo, profondo inferno delle nostre periferie.
Senze indulgenze letterarie, senza svicolamenti psicologici, senza compiacenze formali, ma con una scrittura netta e aguzza, De Cataldo, in queste storie nere, mette in scena pezzi di un mondo fatto di balordi con le loro piccole motivazioni, tutti vittime di un gioco crudele, ma anche tutti attori che recitano, agiscono, uccidono.
A Jano, sperduto paese siciliano di montagna, all'indomani di Woodstock, i fratelli Pace si odiano per colpa di una donna: Pino sogna di fare un gran vino, Rosario è tornato in Sicilia per monetizzare la sua eredità e riparare a una serie di casini economici, dopo una vita avventurosa - dice - da musicista di nome Roy in giro per il mondo. In paese il prete, il sindaco e gli altri abitanti stanno organizzando il festino di san Calò, il santo "negro", e per non far chiudere la parrocchia come vorrebbe la curia l'ospite d'onore dovrà essere nientemeno che Duke Ellington. In sua attesa, Roy e la figlia del sindaco s'innamorano, gli attriti fra i Pace si inaspriscono, i mafiosi Buttafuoco inseguono il traffichino Miranda e sua nipote, che proprio sua nipote non è, gli attriti fra i Pace si sciolgono, Rosario insegna a un gruppo di musicanti cos'è il jazz e mette su una scalcinata band, e sotto il palco la gente osanna un falso Duke prelevato con una mazzetta dal festival del pop di Palermo. Ma niente è detto sino alla fine, e forse stavolta il santuzzo un miracolo lo fa...

