
“Solo i morti hanno il diritto di perdonare,
i vivi hanno il dovere di non dimenticare.”
Efrem Parodi, trentacinque anni, è il nuovo professore di Storia contemporanea della Piccola Città, nel nord-ovest dell’Argentina. Quando arriva in Sudamerica vuole solo inseguire il miraggio di un Nuovo Mondo, dimenticare il proprio passato e lo squallido presente dell’Italia.
Alicia, seduta in prima fila, è l’alunna più brillante del corso. Lui ha il carisma, lei una bellezza selvatica che non lascia scampo. I due si osservano, poi si cercano con gli occhi e poi lo sguardo non basta più: quando infine si accende, la loro passione sembra assorbirli totalmente e placare le inquietudini di entrambi. Ma sotto quel carisma e quella bellezza si nascondono tragedie irrisolte, ferite aperte e profonde come quelle che ancora lacerano il continente sudamericano. E se le ferite tornano in superficie, l’amore si trasforma in follia. Mossi da una comune ossessione, Efrem e Alicia si spingeranno fino alla fin del mundo, in una ricerca destinata a riannodare i fili che uniscono l’Italia all’Argentina, i fili dell’emigrazione ma anche quelli che legano la P2 di Licio Gelli e il Vaticano alla feroce dittatura militare degli anni Settanta.
Partito dal poliziesco, Perissinotto approda a una detection diversa, che si snoda tra gli incubi e i fantasmi della Storia. Il suo ottavo romanzo diventa così un lucido viaggio nella coscienza di un uomo e di due Paesi, un percorso che propone senza ipocrisia il tema della vendetta come consolazione dell’innocente di fronte alle mostruosità del potere.
"Il fascismo ci aveva portato via le scuole, la lingua, persino i nomi. Tutto ciò che poteva esprimere, anche vagamente, la nostra identità nazionale fu cancellato." Boris Pahor era solo un bambino quando a Trieste fu proibito parlare sloveno. L'italianizzazione forzata, imposta dal fascismo alla città multiculturale in cui era nato e cresciuto, lo segnò per sempre. Studente più volte bocciato, seminarista per ripiego, soldato dell'esercito italiano, antifascista militante, deportato politico, insegnante e infine scrittore acclamato, Pahor ripercorre qui gli snodi della sua esperienza scandita dai tre no che oppose con uguale fermezza al fascismo, al nazismo e al comunismo. Attraverso il racconto personale - dall'incendio della Casa di cultura slovena ai campi di concentramento, dalle memorie di infanzia al primo amore salvifico - l'autore di "Necropoli" ricorda ai troppi che vogliono dimenticare che il fascismo non fu un regime tollerante, ma incarnò un male violento e oppressivo. E ripete che è giusto commemorare le vittime della barbarie delle foibe, ma è altrettanto necessario ammettere prima i soprusi di una dittatura senza pietà nei confronti delle minoranze. Perché la tragedia delle terre di confine nasce proprio dai silenzi di una memoria troppo indulgente con se stessa.
Le pupille di Sandrino diventano laser.
«Non c’è mai stato nessuno, e mai ce ne
sarà un altro, come il Coppi. Se vuoi ti
racconto la sua storia. Io la so tutta. Non
c’è giorno che non la ripassi. Ho paura di
scordare i dettagli. Non voglio dimenticare
niente. Da quando è morto, e sono ormai
cinquant’anni, ho incominciato a morire
un po’ anch’io. Sono nato per fare sacrifici,
quei ricordi per me sono tutto.»
Ci sono incontri casuali che ti trascinano in un altro mondo. È quello che accade ad Antonio e Andrea, padre separato e figlio alle soglie dell’adolescenza, un sabato qualunque, mentre vanno in visita all’anziana nonna nell’Alessandrino. Entrando in un bar anonimo, Antonio rimane colpito da un omone in canottiera blu e pantaloncini, solo un po’ ricurvo per l’età avanzata. È come se l’avesse già visto in tanti anni passati a fare il giornalista sportivo. Ma certo: è Sandro Torino, grande gregario di Fausto Coppi, anche lui di quelle colline. Basta un breve scambio di battute per capire che è un’occasione irripetibile per tutti: per il vecchio gregario di regalare a due menti entusiaste la storia preziosa di un’amicizia lunga una vita, per Antonio e, specialmente, per Andrea di immergersi nel mito più emozionante del ciclismo. In una serie di incontri sulle sedie di plastica del bar, fra spuma nera e calici di bianco, Sandro evoca l’epopea di Coppi, dalla prima bici — la Trifusì — al Giro del ’40 vinto quando ancora era gregario di Bartali, dalla leggendaria Milano-Sanremo del ’46, in cui staccò inesorabilmente tutti, agli anni mirabili 1949 e 1952 delle doppiette Giro e Tour, alla romantica, scandalosa follia della Dama Bianca… E dalle belle storie d’un tempo nascono altre belle storie d’oggi che parlano di poesie nascoste sotto un sellino, di un amore che sboccia, di corridori-ragazzini e di alberi felici.
Roma, 2011. Irene, una donna non più giovane, si distende sul lettino di una psicoanalista per affrontare il disagio che la tormenta da tempo. "Fingo di appartenere, ma in realtà non appartengo mai. Sento estranea la città dove vivo da quarant'anni, mi sono occupata intensamente di politica ma ho rifiutato l'iscrizione al partito, non sono mai riuscita a sentire il famoso 'noi' che unisce le persone di una stessa azienda, mi piacciono più gli alberghi delle case in cui ho abitato... Non riesco a mettere radici, e la sola idea di poterle mettere mi dà angoscia... " E così... rewind. La mente di Irene corre all'indietro fino agli albori del secolo breve, a rivedere personaggi immortalati nella loro vitalità autentica: Natalia, madre a sedici anni ma spirito per sempre indomito, suo fratello Umberto, educato alla maschile tracotanza ma punito da una moglie troppo bella e troppo audace, e poi Renzo che, al ballo sfavillante del circolo ufficiali, con un giro di valzer trascina Rosa in un amore bello e rispettoso che porterà in frutto proprio Irene... Su questi uomini e queste donne si abbatte d'improvviso una bufera implacabile: l'esperienza dell'esodo forzato dalla loro Istria. Con un inedito di Nelida Milani.
Il miglior tempo" segue le orme di un uomo che è cresciuto giocando con le automobili, si diverte a sfidare i limiti e da sempre cammina in bilico tra motori e donne (ma non tra donne&motori). Nella sua vita i primi - macchine, motociclette, aerei - sono tradizione familiare, lavoro, hobby, addirittura mania, culto, autocoscienza. Le seconde, invece, sono le nonne, la tata, la madre, la moglie, le figlie, le amiche, tutte figure femminili sagge e pazienti, loro sì rispettose dei limiti, capaci di curare le ferite ogni volta che il gioco si fa troppo pericoloso. Ed è proprio nell'equilibrio tra ragazzate e perdono, tra fughe liberatorie e carezze di conforto, che bisogna cercare il tempo migliore e che si raccontano le storie più belle... C'è il ricordo mitico della Millemiglia del '56 a bordo di una Fiat 1100-103 Zagato, gioiosa ma estenuante anarchia automobilistica. C'è la birichinata incendiaria di un bambino che rimette in moto una Renault Dauphine del '58 abbandonata. C'è la corsa forsennata di un Piaggio Sì 50 ce nelle vie di Milano per seminare qualcuno che ha cattive intenzioni. C'è un Cessna 172 che perde l'orientamento. C'è una notte d'amore in cui viene concepita la più bella delle automobili. In questo libro, sospeso tra realtà e sogni, tra riso, paura e nostalgia, Guido Meda ha saputo dare senso a una passione assoluta. Che è anche la voglia tutta maschile di vivere con leggerezza. Di partire per una scorribanda sapendo di poter sempre tornare sotto un tetto sicuro.
Tanith corre con i lupi dell'Orda, sfidando il gelo delle Terrefredde. Si muove con l'accortezza di un predatore e ne possiede la ferocia, ma è solo una ragazzina. Cresciuta dal branco e dalla misteriosa Sciamana, Tanith non ha paura di niente, come i lupi che l'hanno accolta tra di loro. Né delle gigantesche creature che popolano i ghiacciai né dei soldati dell'imperatore venuti da lontano per imprigionare suo padre, il leggendario Signore dei Lupi. Per liberarlo, la giovane dovrà viaggiare fino ai confini di Tlön, un regno in decadenza lacerato da sanguinose battaglie tra clan rivali. Insieme a Tanith combattono l'amato fratello Garr, che l'aiuterà a scoprire davvero se stessa, e il boia Malamorte, depositario di antichi riti negromantici e di un segreto che potrebbe salvare l'impero dalla distruzione. Perché su Tlön incombe l'oscura minaccia di un popolo primigenio che esige tremendi sacrifici umani per ritornare alla luce. Con "I demoni del ghiaccio" Stefano Federici racconta l'epopea fantasy di una giovane ribelle, pronta a sfoderare gli artigli contro il Male che si risveglia nel cuore della sua terra e contro quello che segretamente si annida nel suo.
È la storia di un incontro, questo libro intimo e provocatorio: tra una grande scrittrice che ha fatto della parola il proprio strumento per raccontare la realtà e una donna intelligente e volitiva a cui la parola è stata negata. Non potrebbero essere più diverse, Dacia Maraini e Chiara di Assisi, la santa che nella grande Storia scritta dagli uomini ha sempre vissuto all’ombra di Francesco. Eppure sono indissolubilmente legate dal bisogno di esprimere sempre la propria voce. Chiara ha dodici anni appena quando vede “il matto” di Assisi spogliarsi davanti al vescovo e alla città. È bella, nobile e destinata a un ottimo matrimonio, ma quel giorno la sua vita si accende del fuoco della chiamata: seguirà lo scandaloso trentenne dalle orecchie a sventola e si ritirerà dal mondo per abbracciare, nella solitudine di un’esistenza quasi carceraria, la povertà e la libertà di non possedere. Sta tutta qui la disobbedienza di Chiara, in questo strappo creativo alle convenzioni di un’epoca declinata al maschile. Perché, ieri come oggi, avere coraggio significa per una donna pensare e scegliere con la propria testa, anche attraverso un silenzio nutrito di idee. In questo racconto, che a volte si fa scontro appassionato, segnato da sogni e continue domande, Dacia Maraini traccia per noi il ritratto vivido di una Chiara che prima è donna, poi santa dal corpo tormentato ma felice: una creatura che ha saputo dare vita a un linguaggio rivoluzionario e superare le regole del suo tempo per seguirne una, la sua.
Dacia Maraini è autrice di romanzi, racconti, opere teatrali, poesie, narrazioni autobiografiche e saggi, editi da Rizzoli e tradotti in venti paesi. Nel 1990 ha vinto il premio Campiello con La lunga vita di Marianna Ucrìa, nel 1999 il premio Strega con Buio, nel 2012 il premio Campiello alla carriera. Tra i suoi libri, disponibili nel catalogo BUR, ricordiamo La seduzione dell’altrove e La grande festa.
Nel 1939 Sultana, detta Susy, ha sette anni, dei bei boccoli neri, e non sa che la vita normale sta per finire. Nell'agosto del 1941 l'intera famiglia si ritrova nel campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia. Nel giugno del 1944, si aprono per loro i cancelli di Bergen-Belsen. Sono anni di paura, fame, violenza. Ed è solo l'inizio. Perché al ritorno a casa, nel dopoguerra, Susy scopre che la lotta per la sopravvivenza non è affatto finita. La aspettano la miseria di una Milano in rovina, i sacrifici per poter studiare, il lavoro febbrile per perseguire un obiettivo difficile per una donna in quegli anni: la carriera medica, nel neonato reparto di pediatria del Fatebenefratelli prima e all'ospedale San Carlo poi. Ma questo è anche il tempo delle scoperte e dell'entusiasmo per i progressi della medicina, del clima fervido di cambiamento sociale, di avventure sentimentali fino alla passione totalizzante e travagliata per quello che rimarrà per sempre il grande amore: Umberto Veronesi. Anno dopo anno, nonostante il lavoro durissimo, i sei figli, i lutti, la malattia, Susy si riappropria della sua vita, tiene alta la bandiera della sua indipendenza, e dà vita a un clan familiare numeroso e vitale, allargato, composito, unito. Sultana Razon ci accompagna nel racconto di un'esistenza densa e drammatica con uno stile secco, ruvido, veloce, capace di attraversare senza alcuna retorica il desiderio e l'orrore, la fatica e il gusto di vivere.
Sotto la cupola di vetro della Royal Albert Hall, nel cuore pulsante di Londra, due uomini giocano a tennis nel silenzio di una sala da cinquemila persone, vuota. Derek Morgan, trader di una grande banca americana, può avere per sé qualsiasi posto. È uno che può tutto. All'italiano che saltella dall'altra parte della rete, Massimo De Ruggero, sta per annunciare che tornerà alla casa madre di New York e che ha scelto lui come successore: significa cinquanta milioni di dollari all'anno e un potere enorme, superiore a quello di qualunque politico. Quando è partito da Roma, Massimo voleva salire in alto, fino alla cima della piramide, e vedere il futuro prima degli altri. Adesso ce l'ha fatta, la City è ai suoi piedi. È arrivato il momento di volare, ma la caduta è iniziata da tempo, e lui lo sa bene. Ha capito che la finanza non è soltanto un vertiginoso gioco di prestigio, il livello dello scontro si è alzato oltre i limiti, e quello per cui si lotta non è più un profitto con molti zeri. È la sopravvivenza dell'Occidente così come lo conosciamo. Si dice sempre che i tessitori del nostro destino non hanno volto, che il loro trucco più diabolico è farci credere che non esistano. Guido Maria Brera ce li mostra per la prima volta da vicino, portandoci esattamente al centro della zona grigia dove nascono le decisioni, dove si esercita l'unico vero potere del nostro tempo. Questo è il romanzo che vi fa vedere dall'interno il ciclone che sta arrivando e dal quale nessuno potrà ripararsi.
"Un conto è guardare e un conto è vedere, e io per troppi anni ho guardato senza voler vedere." Liliana ha otto anni quando, nel 1938, le leggi razziali fasciste si abbattono con violenza su di lei e sulla sua famiglia. Discriminata come "alunna di razza ebraica", viene espulsa da scuola e a poco a poco il suo mondo si sgretola: diventa "invisibile" agli occhi delle sue amiche, è costretta a nascondersi e a fuggire fino al drammatico arresto sul confine svizzero che aprirà a lei e al suo papà i cancelli di Auschwitz. Dal lager ritornerà sola, ragazzina orfana tra le macerie di una Milano appena uscita dalla guerra, in un Paese che non ha nessuna voglia di ricordare il recente passato né di ascoltarla. Dopo trent'anni di silenzio, una drammatica depressione la costringe a fare i conti con la sua storia e la sua identità ebraica a lungo rimossa. "Scegliere di raccontare è stato come accogliere nella mia vita la delusione che avevo cercato di dimenticare di quella bambina di otto anni espulsa dal suo mondo. E con lei il mio essere ebrea". Enrico Mentana raccoglie le memorie di una testimone d'eccezione in un libro crudo e commovente, ripercorrendo la sua infanzia, il rapporto con l'adorato papà Alberto, le persecuzioni razziali, il lager, la vita libera e la gioia ritrovata grazie all'amore del marito Alfredo e ai tre figli.
Donne fiere che non cedono a minacce né a lusinghe, pronte ad affrontare il loro destino. Donne misteriose che compaiono e scompaiono nel volgere di un viaggio in nave. Donne soavi e inebrianti, come la Sicilia. Donne scandalose, perché non hanno paura di prendere ciò che è loro, compresa la libertà. Semplicemente, donne. Sono loro le protagoniste di questo libro, viste da un Andrea Camilleri in carne e ossa, prima di diventare lo scrittore più amato d'Italia. È il ragazzino timido che scopre il piacere di riaccompagnare a casa una compagna di classe, magari tenendola per mano. È il diciassettenne che di fronte al volto intenso e tenero di una diva del cinema scoppia in lacrime e decide di abbandonare la sua terra. È il giovane che in piena notte corre ad Agrigento in bicicletta, sotto il diluvio, per raggiungere una statuaria bellezza tedesca ossessionata dall'igiene. È il marinaio improvvisato che, nell'estate del '43, durante un bombardamento soccorre una bambina, e grazie al miracolo di un abbraccio riesce a dimenticare orrori e distruzione. Un intimo, giocoso catalogo delle donne che nel corso dei secoli gli uomini hanno di volta in volta amato e odiato. Un viaggio di scoperta della seduzione, del sesso e di quel formidabile, irrisolvibile enigma che è l'universo femminile.
"Un uomo guida nella notte: ha quasi quarant'anni, è in fuga e si sente braccato. Non è dove dovrebbe essere, a qualche decina di chilometri di distanza, nella sala parto di una clinica. Una donna dà alla luce un bambino: è stata lasciata sola, ma sa di non potersi lamentare. Lei ha responsabilità ancora più gravi." Comincia come un thriller dei sentimenti "Chi ama non sa", il primo romanzo di Gianna Schelotto, brillante prova d'autore per una profonda conoscitrice delle relazioni umane. Un bambino non cercato né desiderato arriva a sconvolgere la vita di Luca e Alice, due single immaturi come li si sarebbe definiti un tempo, i quali però, anziché sposarsi e intraprendere un'esistenza (forse) infelice, decidono di sperimentare un'altra via, un modo diverso di interpretare la famiglia. La loro scelta, all'inizio, va a turbare tutti gli equilibri fra parenti, stanando un padre rimasto assente per qualche decina d'anni, suscitando dubbi e sospetti in una zia, evocando fantasmi dalla memoria di una madre. Ma l'amore non si distrugge, semplicemente muta forma. E infatti il giorno del battesimo... In questo romanzo Gianna Schelotto costruisce una trama corale e movimentata, cesella le emozioni e accompagna i personaggi in un percorso di crescita: ne nasce così una storia illuminante sull'evoluzione dei legami familiari nella nostra epoca. Una storia che racchiude in sé un messaggio prezioso: tutti possiamo imboccare nuove strade per la felicità.