
"Con un gusto ardimentoso ed enciclopedico Ripellino passa in rassegna una folla di persone, luoghi, libri, ombre, edifici, relitti, echi e bagliori della civiltà praghese: sepolcrali ossessioni alchemiche di Rodolfo II e passeggiate notturne di Kafka, taverne picaresche del soldato S'vejk e antri del Golem, caffè letterari e chiese spettrali, tutti travolti dalla continua sopraffazione politica-etnica-religiosa che ha visto il calvario boemo sotto il tallone della Controriforma, di Hitler, di Stalin e dei suoi successori." Claudio Magris. Il libro, a metà tra saggio e romanzo, è stato pubblicato per la prima volta nel 1973.
Buenos Aires all'inizio del Novecento è una grande città in crescita tumultuosa. Per molti immigrati "e come quando si sta in prigione e ti manca l'aria; solo che qui la gabbia è fatta di troppe strade, di case troppo affollate, di rogge puzzolenti di acque luride". C'è un assassino che si aggira per la città, e che per anni, impunito, fa strage di innocenti. Le vittime sono soprattutto i figli degli italiani che vivono nei conventillos in condizioni di assoluta povertà. Ragazzini abbandonati a se stessi, ninos de calle i cui sogni sono destinati a spegnersi nella rabbia giorno dopo giorno. Chi può volerli morti? La verità sta sotto gli occhi di tutti, ma nessuno la sa vedere. Possono intuirla solo gli stessi bambini, perché quella verità, forse, si muove all'altezza dei loro occhi.
La Riviera luccicante degli anni Venti, tra i balli e il casinò, le spiagge e i campi da golf, è lo scenario di questa storia in cui cospirazioni di corte, trame massoniche e manovre dei Servizi segreti sospingono i destini dei personaggi in un gioco che può rivelarsi mortale. È a Sanremo infatti che soggiorna Maometto VI, sultano in esilio. E poco distante, a Bordighera, ha la sua dimora la regina madre Margherita di Savoia. Ma quando il medico del sultano muore in circostanze misteriose, Fatima viene fatta fuggire dalla corte perché ha visto qualcosa che non doveva vedere. Sotto una copertura insospettabile si nasconde a Isolabona, paesino dell'entroterra ligure che "crede nella Madonna e nel silenzio". Qui trascorre le sue giornate aspettando Michel e l'ineluttabile compiersi del destino, mentre dal grammofono di Ricò, all'ingresso del paese, escono le note malinconiche di una canzone sudamericana che inspiegabilmente si interrompe sempre prima della fine. Ma il nascondiglio di Fatima si fa sempre meno sicuro: sono in troppi a voler conoscere il suo segreto. A partire da Gino Cariolato, lo chauffeur-coiffeur della regina, che invidioso delle sue doti di pettinatrice rischia di mettere a repentaglio la vita del sultano.
I funerali di Berlinguer e la scoperta del piacere di perdere, il rapimento Moro e il tradimento del padre, il coraggio intellettuale di Parise e il primo amore che muore il giorno di San Valentino, il discorso con cui Bertinotti cancellò il governo Prodi e la resa definitiva al gene della superficialità, la vita quotidiana durante i vent'anni di Berlusconi al potere, una frase di Craxi e un racconto di Carver... Se è vero che ci mettiamo una vita intera a diventare noi stessi, quando guardiamo all'indietro la strada è ben segnalata, una scia di intuizioni, attimi, folgorazioni e sbagli: il filo dei nostri giorni. Francesco Piccolo ha scritto un libro che è insieme il romanzo della sinistra italiana e un racconto di formazione individuale e collettiva: sarà impossibile non rispecchiarsi in queste pagine (per affinità o per opposizione), rileggendo parole e cose, rivelazioni e scacchi della nostra storia personale, e ricordando a ogni pagina che tutto ci riguarda. "Un'epoca quella in cui si vive - non si respinge, si può soltanto accoglierla".
La Sardegna degli anni Cinquanta è un mondo antico sull’orlo del precipizio. Maria ha sei anni ed è appena diventata «figlia d’anima» dell’anziana Bonaria Urrai, secondo l’uso campidanese che consente alle famiglie numerose di compensare le sterilità altrui attraverso una adozione sulla parola; il patto tacito è che la figlia acquisirà lo status di erede, ma in cambio promette di prendersi cura della madre adottiva nei bisogni della vecchiaia. La bambina è inizialmente convinta che Bonaria Urrai faccia la sarta, e infatti le giornate sono segnate dallo scorrere nella bottega casalinga di una umanità paesana, fatta di piccole miserie e di relazioni costruite di gesti e di sguardi, molto piú che di parole. Accettata come normale dal paese, l’adozione solidale tra la vecchia e la bambina si consolida malgrado lo sfaldarsi circostante delle antiche certezze. Attraverso lo sguardo privilegiato della bambina che cresce, le contraddizioni tra il vecchio e il nuovo emergono via via piú evidenti: nell’esperienza della scuola dell’obbligo, e in quella del confronto tra la fede cristiana e i retaggi di una religiosità assai piú antica nel tempo. Sarà l’imprevista rivelazione del segreto peccato collettivo dell’accabadura – la fine violenta e pietosa a cui Bonaria è incaricata di sottoporre gli agonizzanti in fin di vita – a infrangere l’armonia tra le due donne, costringendo entrambe a fare i conti tra l’etica millenaria di una società morente e i nuovi valori che l’incalzano.
Alessandro ha sempre la testa fra le nuvole: è impiegato alle Ferrovie dello Stato ma scrive racconti per il «Corriere dei Piccoli», è marito e padre di famiglia ma sembra dare il meglio di sé negli scherzi e nelle chiacchiere con gli amici. Nella sua vita però, quando è stato necessario, non sono mancati piccoli atti di eroismo, come quando, durante la prima guerra mondiale, è riuscito coraggiosamente a evitare una tragedia in caserma, o come quando diffondeva l'«Avanti!» nella Roma occupata dai tedeschi.
Assunta ha sempre i piedi per terra: concreta, precisa, volitiva, per non dire testarda. Ama la campagna, le persone umili, gli animali. Ama il lavoro silenzioso e le cose essenziali, il figlio prima di tutto.
La storia di Assunta e Alessandro è la vicenda umana di due italiani lungo gran parte del Novecento. È la storia delle loro origini, delle loro formazioni, del loro incontro, del loro matrimonio, della loro felicità e delle loro delusioni. Raccontata dal figlio, che un po' fa lo storico familiare, un po' divaga e commenta con ironia: due strategie complementari per distanziare la commozione. Così come il ricordo doloroso della vecchiaia dei genitori, e delle loro morti, mantiene tutto il calore affettivo ma riesce a trasformarsi in alta meditazione di stampo classico, cercando di inseguire il senso che si cela dietro alla vicenda di ogni esistenza.
Ma nel libro c'è, fortissima, la presenza di un ulteriore protagonista dopo Alessandro, Assunta e l'ombra del narratore. È la città di Roma, che pulsa nelle descrizioni e nei ricordi dando ritmo a tutta la narrazione. Una Roma non da cartolina, collettore affettivo, legame fra generazioni diverse e simbolo difficilmente superabile degli infiniti avvicendamenti umani.
Raccontare la vita della gente comune, la «polvere degli umili» negli ingranaggi della Storia, è il compito principale che il romanzo moderno si è dato.
Ma qui Asor Rosa si occupa di due persone normali che hanno per lui un valore del tutto speciale: i suoi genitori. Riportare alla luce le loro vicende, attraverso i documenti e lo scavo memoriale, significa raccontare un uomo e una donna che hanno attraversato il Novecento, ma anche interrogarsi sul senso delle vicende umane: mai insignificanti se osservate dal punto di vista delle conseguenze.
Da una storia familiare, intrecciando toni diversi - oggettivo, ironico, affettivo, meditativo - Asor Rosa è riuscito a dar vita a un romanzo coinvolgente ed emblematico per tutti.
Alberto Asor Rosa (Roma 1933) ha segnato i suoi esordi con la demistificazione dei principali «luoghi comuni» della cultura letteraria contemporanea (Scrittori e popolo, 1965; nuova ed. Einaudi, Torino 1988), per occuparsi poi di argomenti relativi al Trecento e Cinquecento, al Seicento (La cultura della Controriforma, Laterza, Bari 1974), all'Ottocento (Manzoni, Verga e il verismo), al Novecento (La cultura, Einaudi, Torino 1975), nonché di critica militante (ha seguito e continua a seguire la produzione letteraria contemporanea). Recentemente ha raccolto in volume i suoi saggi sulla cultura e la letteratura italiana ed europea del secolo passato (Un altro Novecento, La Nuova Italia, Firenze 1999). Ha pubblicato una Storia della letteratura italiana (La Nuova Italia, Firenze 1973, piú volte ristampata) e ha diretto la Letteratura italiana Einaudi. Nel 2002 sono usciti il romanzo L'alba di un mondo nuovo, «Supercoralli» e La guerra. Sulle forme attuali della convivenza umana. Nel 2005 ha pubblicato nella collana «L'Arcipelago Einaudi» Storie di animali e altri viventi, nel 2009 i tre volumi della Storia europea della letteratura italiana («Piccola Biblioteca Einaudi») e nel 2010 il romanzo Assunta e Alessandro. Storie di formiche («Supercoralli»).
Torna il mitico avvocato d’insuccesso Vincenzo Malinconico, filosofo da garage e tragicomica icona della precarietà da liberi professionisti, liberi solo di essere disoccupati. Questa volta, alle prese con un sequestro di persona ripreso in diretta dalle telecamere di un supermercato. Ad averlo studiato ed eseguito è il mite ingegnere informatico che ha progettato il sistema di video sorveglianza. Sequestrato è un capomafia, che l’ingegnere considera responsabile della morte accidentale del suo unico figlio. Il piano è d’impressionante efficacia: all’arrivo delle telecamere della televisione, l’ingegnere intende raccontare il suo dramma e processare in diretta il boss. La scena del sequestro diventa così il set di un tragicomico reality, con la folla e le forze dell’ordine all’esterno del supermercato che assistono impotenti allo «spettacolo». La sola speranza d’impedire la tragedia è affidata, guarda caso, all’avvocato Vincenzo Malinconico, che l’ingegnere incontra casualmente nel supermercato e «nomina» difensore d’ufficio del boss nell’improvvisato processo. Malinconico, con la sua proverbiale irrisolutezza, il suo naturale senso del ridicolo, la sua insopprimibile tendenza a rimuginare, uscire fuori tema, trovare il comico nel tragico, il suo riepilogare e riscrivere gli eventi recenti della sua vita privata (la crisi sentimentale con Alessandra Persiano, le incomprensioni della sua ex moglie e dei due figli, l’improvvisa diagnosi di leucemia della sua ex suocera), riuscirà a sabotare il piano dell’ingegnere e forse anche quel gran casino che è la sua vita.
In questo libro si parla di vita. Di amore, volontà, gioia, amicizia, dolore. Di scienza e fede, di corpo, piacere e cibo. E in particolare si parla tanto, profondamente, di madri e figli.
Sono molte le voci che si intrecciano in queste pagine, voci che provengono dal lontano passato del secondo conflitto mondiale, dagli anni difficili e pieni di speranza del dopoguerra, e dall'oggi: un tempo più vicino, più veloce e, per molti versi, migliore.
Un uomo decide di raccontare la propria storia. Le battaglie etiche e scientifiche che lo hanno visto protagonista. I momenti di affetto e di gioia vissuti con dolcezza e rispetto e quelli di amarezza e di dolore affrontati con coraggio e tenacia. E lo fa attraverso le storie delle molte donne che ha incontrato lungo tutta la sua vita, con le quali ha condiviso sentimenti, amicizie e lavoro.
Donne che di volta in volta si sono impegnate in una battaglia: contro la guerra, i pregiudizi, la malattia, la paura. Contro la moralità, i dogmi religiosi, la disinformazione, l'ipocrisia. O semplicemente contro la consuetudine e il senso comune: né buoni né cattivi, semplicemente granitici.
Donne che hanno deciso, ognuna a proprio modo e con la propria voce o afonia, di combattere e di non cadere. E soprattutto di non rinunciare, difendendo con un sorriso, sopra i denti stretti, se stesse, i propri affetti e ciò in cui credono.
Sono storie d'amore e libertà. Storie intense, spesso semplici e lievi nella loro immediatezza, a volte dure e tenaci. Con una costante che, pur nella diversità degli anni e delle realtà, le accomuna tutte: la volontà di prendere in mano la propria vita, di guardare sempre avanti, buttando via il meno possibile.
Cosí proprio il fatto che a raccontare sia un uomo (non un uomo qualsiasi, ma un medico, un ricercatore, un uomo di pensiero e pratica) permette di penetrare senza ipocrisie o sbavature retoriche un universo tanto connotato e a raccontare, senza imbarazzi e forzature, un mondo intimamente femminile.
Negli ultimi dieci anni Valerio Magrelli ha raccolto, su foglietti sparsi, appunti riguardanti il padre. Quando quest'ultimo muore, quei documenti diventano un materiale prezioso, "il bandolo canoro di un'infinita matassa di storie": i viaggi in auto d'estate in giro per l'Italia; le avventure d'amore e morte durante la guerra; i desolati pomeriggi che l'uomo ormai maturo trascorre spingendo il genitore sul girello; il giorno in cui il figlio, armato di forbici, libera l'anziano febbricitante dal bozzolo del maglione; lo stupore di riconoscere, davanti allo specchio, un'espressione del viso che gli restituisce la ferrea legge dei vincoli genetici; gli abbracci, le risse, l'amore per Borromini o i folli scatti di rabbia. Diviso in 83 capitoli (numero che corrisponde agli anni vissuti dal protagonista), il libro scava fra ricordi e storia patria, mentre la biografia sfuma nella paleontologia, se non nella geologia... L'enigmaticità di questo iroso anti-eroe, e insieme la sua lontananza, suggeriscono infatti una possibile identificazione con i resti umani di origine preistorica trovati in Ciociaria, a Pofi, suo paese d'origine. Cosi narrando, Magrelli, orfano ad honorem e padre a sua volta, procrastina il congedo definitivo grazie al racconto, e non desiste, ma si maschera, fugge, scegliendo la digressione per scendere ancora più in profondità nella vita del capostipite, e mostrarne, oltre alle virtù, anche quei difetti che lo rendevano "un vecchio esacerbato e vulnerabile".
Natale 1931. Mentre la città si prepara alla prima di "Natale in casa Cupiello", dietro l'immagine di ordine e felicità imposta dal regime fascista infieriscono povertà e disperazione. In un ricco appartamento vicino la spiaggia di Mergellina sono rinvenuti i cadaveri di un funzionario della Milizia, Emanuele Garofalo, e di sua moglie Costanza. La donna è stata sgozzata con un solo colpo di lama, quasi sull'ingresso, mentre l'uomo è stato trafitto nel letto con oltre 60 coltellate. Colpi inferti con forza diversa: gli assassini potrebbero essere più d'uno. La figlia piccola si è salvata perché era a scuola. La statuina di san Giuseppe, patrono dei lavoratori, giace infranta a terra. Sulla scena del delitto, Ricciardi, che ha l'amaro dono di vedere e sentire i morti ammazzati, ascolta le oscure ultime frasi della coppia, che non gli dicono granché. Il commissario dovrà girare a lungo, e sempre più in corsa contro il tempo, per le strade di Napoli per arrivare alla verità. In compagnia del fidato, ma non privo di ombre, brigadiere Raffaele Maione, che in questo romanzo conquista un deciso ruolo di comprimario. E insidiato nella sua solitudine da una altrettanto inaspettata rivalità tra due giovani donne che più diverse non si potrebbe. Tra le casupole dei pescatori immiseriti e gli ambienti all'avanguardia della Milizia fascista, una città sempre più doppia e in conflitto avvolge Ricciardi e Maione in spire sempre più strette.
Una nuova primavera si affaccia, e tenta uomini e donne con i suoi profumi, ma anche il male è nell'aria. Manca una settimana a Pasqua nella Napoli del 1932. Al Paradiso, esclusiva casa di tolleranza nella centralissima via Chiaia, Vipera, la prostituta più famosa, è ritrovata morta, soffocata con un cuscino. L'ultimo cliente sostiene di averla lasciata ancora viva, il successivo di averla trovata già morta. Chi l'ha uccisa, e perché? Ricciardi deve districarsi in un groviglio di sentimenti e motivazioni. Avidità, frustrazione, invidia, bigottismo. Amore. La scoperta di passioni insospettabili si accompagna alla rivelazione di una città molto diversa da come appare. Sotto i nostri occhi prendono forma, vivissimi e veri, illuminati da dettagli sorprendenti, sorretti da una genuina vocazione narrativa, i mercati, i vicoli, le strade, i mestieri, la rete rigogliosa dei commerci vecchi e nuovi, accanto alla vigliaccheria e al coraggio, alle violenze arroganti di chi pensa già di essere impunito per sempre perché indossa una camicia nera. Tanto che uno dei compagni di Ricciardi, il dottor Modo, vecchio estimatore di Vipera, finisce per cacciarsi in un guaio molto serio... E il romanzo, come non mai, sembra costruirsi da solo, sotto le mani abili di chi sa dosare e mescolare gli ingredienti più diversi, come accade nelle vere ricette del periodo pasquale di cui è insaporita la storia.
«Caro don Lorenzo, sono passati quanti anni dalla lettera che mi hai inviato? Quarantadue? Quarantatre? Il mondo è cambiato mille volte da allora. Eppure io mi ritrovo a insegnare incredibilmente nella scuola dei tuoi poveri Gianni, sempre piú distinti dai ricchi Pierini. Non a Barbiana, bensí in una periferia palermitana. Quaranta anni fa, ci avevi convinti tutti. Noi insegnanti e quelli che decidono. Avevamo capito la tua lezione. Ci abbiamo provato a fare una scuola migliore. E l’avevamo fatta, lasciamelo dire, prima che arrivasse questo disastro». Quindici lettere di una professoressa (a Don Milani, al primo della classe, all’ultimo della classe, a una mamma, al presidente della Repubblica) per raccontare il disastro della scuola italiana.

