
La terza figlia di Serpe e Arcadio si chiama Birce, ed è nata storta. Ha una macchia sulla guancia sinistra e ogni tanto si perde via e dice e fa cose strane. Chi la vuole una così? Chi la prende anche solo come servetta di casa? E l'agosto del 1893 e per i due coniugi, lavoranti presso il rettorato del santuario di Lezzeno, poco sopra Bellano, è arrivata l'occasione giusta. Perché una devota, Giuditta Carvasana, venuta ad abitare da poco a villa Alba, è intenzionata a fare del bene, per esempio aiutare una giovane senza futuro. Per Birce non sarebbe cosa da poco, perché la vita non pare riservarle un destino felice. Come a quella povera fioraia di Torino massacrata per strada. Che a dire il vero, in quell'estate lontana, non è la prima vittima. I loro corpi sono a disposizione della sala anatomica dell'università torinese, dove il dottor Ottolenghi, assistente del noto alienista Cesare Lombroso, li analizza con cura, convinto che dalla medicina possa venire un aiuto alle indagini. Oltretutto, dalle tasche delle sventurate salta fuori un biglietto con incomprensibili segni matematici. Indicano un collegamento tra quelle morti? E nel mirino dell'omicida può essere finito lo stesso Lombroso, che già aveva ricevuto un analogo foglietto insidiosamente anonimo? Trovare la soluzione non è cosa per cui possa bastare il rigore della scienza. Forse, fantastica il Lombroso, lo spiritismo potrebbe dare un contributo. Per quanto a praticarlo siano persone fuori dall'ordinario.
L'erba selvatica profuma di salvia e lambisce il sentiero che porta al mare. Teresa è solo una bambina, ma sa già cosa urlare al vento: "Io non me ne voglio andare". Per nessuna ragione vuole lasciare quella terra di cui conosce ogni particolare: la Basilicata. Ama tutto di quella regione, la magia dei sassi di Matera e il calore della costa. Lì sogna di costruire il suo futuro. E il suo desiderio si è realizzato. Ora invece Caterina, sua nipote, non vede l'ora di lasciare il paesino in cui è cresciuta, dove le tradizioni regnano immutate. Vuole sapere cosa significhi sentirsi straniera, persa in una grande città. Vuole staccarsi dalla sua famiglia che adora, ma che nello stesso tempo è come un albero in cui i singoli rami perdono la loro identità. Quella famiglia il cui punto di riferimento è la nonna Teresa. Sua nonna che ha la sua stessa forza di seguire il proprio istinto. Caterina sa che quello che le unisce è un legame speciale. Cosi quando si trasferisce a Roma la cosa più importante che porta con sé è l'agenda in cui la nonna le ha dettato le sue ricette. In un'estate che la ragazza non dimenticherà mai, le ha insegnato a cucinare mentre i ricordi riaffioravano preziosi: la sua infanzia, il suo amore per don Mimi, il suo dono segreto di prevedere il futuro, l'attaccamento alla sua terra. E Caterina inizia a guardare la sua vita con occhi nuovi.
Scritte tra il 1955 e il luglio del 1960 e pubblicate per la prima volta nel 1961, le poesie di "La religione del mio tempo" raccontano in versi un'intera società in fermento. Usando la frusta quando lo ritiene necessario, Pasolini non retrocede di fronte a nulla e utilizza ogni possibile materiale argomentativo: da quello metafisico a quello polemico, dal giornalistico al profetico, proponendo schemi e ideologie che - come spiegherà sul settimanale "Vie nuove" - "non sono solo opinioni politiche, ma sono, insieme, poetiche; hanno cioè subito quella trasformazione radicale di qualità che è il processo stilistico". In questa raccolta Pasolini riesce così a mettere poeticamente in azione tutta la sua incontenibile passione civile, un'insaziabile fame di vita e un irresistibile desiderio di capire e sentire. Prefazione di Franco Marcoaldi.
In questo romanzo, l'autore Claudio Magris si confronta con l'ossessione della guerra di ogni tempo e paese, quasi indistinguibile dalla vita stessa: una guerra universale, rossa di sangue, nera come le stive delle navi negriere, blu come il mare che inghiotte tesori e destini, grigia come il fumo dei corpi bruciati, bianca come la calce che copre il sepolcro. Non luogo a procedere è la storia di un grottesco Museo della violenza, delle sue sale e delle sue armi ognuna delle quali racconta vicende d'amore e delirio, e dell'uomo che sacrifica la vita alla sua maniacale costruzione; è la storia di una donna erede dell'esilio ebraico e della schiavitù dei neri; è la storia del mistero di un delitto rimosso tra le mura del forno crematorio nazista della Risiera di San Sabba, a Trieste.
Da sempre la cucina è la più grande passione di Matilde, una passione tramandata in famiglia: il nonno aveva una trattoria e un avo era un celebre cuoco degli Estensi. Da loro Matilde ha ereditato l'amore per il cibo che prepara, gusta e serve ai suoi clienti dell'Osteria della Fola. La sua vita tranquilla cambia il giorno in cui per caso incontra Jacopo, un vagabondo sbucato come un fantasma dalla nebbia che avvolge Ferrara. Matilde sente di potersi fidare di lui e lo accoglie nel suo ristorante, dove, vedendolo a suo agio tra spezie e tortellini, scopre il suo dono: è un brillante cuoco. Il suo modo di cucinare è unico al mondo. Conosce le più antiche tradizioni culinarie e gli ingredienti perfetti per esaltare ogni manicaretto. I due cominciano a lavorare insieme, per il successo dell'osteria e la felicità di Matilde. Eppure all'improvviso qualcosa minaccia quest'armonia: due amici di Matilde, un noto giornalista-gourmet e un anziano cuoco, muoiono tragicamente dando il via a una macabra serie di delitti orchestrati da un'oscura società segreta. La setta dei Golosi è disposta a tutto per raggiungere il suo scopo: trovare chi custodisce la Sublime ricetta, che secondo la leggenda sa regalare l'immortalità. Nessuno chef è più al sicuro. Perché, come accade nella vita, anche in cucina arriva il momento in cui non è più possibile tenere nascosti i propri segreti.
L'amore non chiede il permesso. Arriva all'improvviso. Travolge ogni cosa al suo passaggio e trascina in un sogno. Così è stato per Emma, quando per la prima volta ha incontrato Marco che da subito ha capito come prendersi cura di lei. Tutto con lui è perfette. Ma arriva sempre il momento del risveglio. Perché Marco la ricopre di attenzioni sempre più insistenti. Marco ha continui sbalzi d'umore. Troppi. Marco non riesce a trattenere la sua gelosia. Che diventa ossessione. Emma all'inizio asseconda le sue richieste credendo siano solo gesti amorevoli. Eppure non è mai abbastanza. Ogni occasione è buona per allontanare da lei i suoi amici, i suoi genitori, tutto il suo mondo. Emma scopre che quello che si chiama amore a volte non lo è. Può vestire maschere diverse. Può far male, ferire, umiliare. Può far sentire l'altra persona debole e indifesa. Emma non riconosce più l'uomo accanto a lei. Non sa più chi sia. E non sa come riprendere in mano la propria vita. Come nascondere a sé stessa e agli altri quei segni blu sulla sua pelle che nessuna carezza può più risanare. Fino a quando nasce sua figlia, e il sorriso della piccola Martina che cresce le dà il coraggio di cambiare il suo destino. Di dire basta. Di affrontare la verità. Una verità difficile da accettare, da cui si può solo fuggire. Ma il cuore, anche se è spezzato, ferito, tormentato, sa sempre come tornare a volare. Come tornare a risplendere. Più forte che può.
La favola di Cenerentola comincia da qui. Quella tratta dal "Cunto de li cunti" (1634-36) è la più antica versione del tradizionale racconto di Cenerentola, che ha poi ispirato Perrault e i fratelli Grimm. La giovane Zezolla, figlia di un principe, viene indotta dalla propria istitutrice a uccidere la matrigna, che sempre si è mostrata crudele con lei. Quando il padre decide di prendere in moglie la maestra, Zezolla, scalzata dalle sei figlie di lei, finisce al lavoro nelle cucine, disprezzata e apostrofata come la "Gatta Cenerentola". Completano il volume tre delle più apprezzate fiabe del "Pentamerone": "La pulce", "La cerva fatata", "La vecchia scorticata".
Ad accogliere i viaggiatori che d'estate sbarcano sul molo di Bellano dal traghetto Savoia c'è solo la scalcagnata fanfara guidata dal maestro Zaccaria Vergottini, prima cornetta e direttore. Un organico di otto elementi che fa sfigurare l'intero paese, anche se nel gruppetto svetta il virtuoso del bombardino, Lindo Nasazzi, fresco vedovo alle prese con la giovane e robusta seconda moglie Noemi. Per dare alla città un Corpo Musicale degno di questo nome ci vuole un uomo di polso, un visionario che sappia però districarsi nelle trame e nelle inerzie della politica e della burocrazia, che riesca a mettere d'accordo il podestà Parpaiola, il segretario comunale Fainetti, il segretario della locale sezione del Partito Bongioanni, il parroco e tutti i notabili della zona. Un insieme di imprevedibili circostanze – assai fortunato per alcuni, e invece piuttosto sfortunato per altri – può forse portare verso Bellano il ragionier Onorato Geminazzi, che vive sull'altra sponda del lago, a Menaggio, con la consorte Estenuata e la numerosa prole.
Almeno il cappello racconta la gloriosa avventura del Corpo Musicale Bellanese, le mille difficoltà dell'impresa e la determinazione di chi volle farsene artefice. A ritmo di valzer e mazurca, con il contorno di marcette e inni, Andrea Vitali s'inventa un'altra storia tutta italiana, fatta di furbizie e sogni, ripicche e generosità, pettegolezzi e amori. E la scrive con la passione per l'intrigo, il brio e il buonumore, la verità e la semplicità che servono per farci capire la ricchezza e gli imprevisti che punteggiano tutte le nostre vite.
Nel 2009 Almeno il cappello ha vinto il premio Casanova, il premio Procida Isola di Arturo Elsa Morante, il premio Campiello sezione giuria dei letterati, ed è stato finalista al premio Strega.
«Una volta, in Cina, una studentessa dell’università di Xi’an mi ha chiesto cosa si perde scrivendo. Ardua domanda kafkiana. E leggendo? Una volta Borges ha detto che lasciava ad altri di gloriarsi dei libri che avevano scritto e che la sua gloria erano invece i libri che aveva letto.»
Alfabeti è un viaggio tra i libri e nella letteratura – o meglio, uno dei mille possibili viaggi alla scoperta dei libri, dei loro autori e di noi stessi. Il percorso inizia dalle letture d’infanzia e d’adolescenza, da quei libri fondanti che contagiano il piacere della lettura, dando il sapore del racconto e dell’avventura, aprendo alla scoperta del mondo.
In Alfabeti ci sono i libri che ci hanno formato, che ci hanno ferito e insieme hanno saputo curare la ferita. I libri che permettono di conoscere e ordinare il mondo e quelli che ne svelano il caos travolgente e distruttore, l’incanto e insieme l’orrore. I libri che fanno balenare la salvezza e quelli che si affacciano sul nulla. Soprattutto quelli che allargano i confini della letteratura e rimandano aldilà di essa.
Al cuore di questo volume è la crisi che dal Novecento getta le sue ombre e le sue illuminazioni fino a noi. Magris ne scava le radici nel Romanticismo – risalendo peraltro all’antichità e immergendosi nelle letterature anche più lontane e periferiche – e la insegue nelle tragedie che hanno segnato e segnano la nostra storia recente.
Alfabeti parla soprattutto di libri che s’intrecciano e si scontrano con la vita e con la Storia per tornare poi alla vita, plasmando gli sguardi, le idee, i sogni e le esistenze quotidiane dei loro lettori. Libri che trascendono anche la propria perfezione estetica per dire il dolore come la bellezza, l’amore come l’abiezione.
Il libro coglie soprattutto le contraddizioni talora tragiche della letteratura e dei suoi autori, capaci di far capire a tutti cosa sia l’umanità ma anche di violarla colpevolmente. Anche per questo il percorso si conclude con un’appassionata e lucida riflessione sul rapporto della letteratura con l’etica e con la politica, riflessione che mette in luce contemporaneamente la necessità dell’impegno e l’altrettanto necessaria irresponsabilità della poesia.
Una risoluta disposizione a rispettare lo svolgimento disordinato e imprevedibile della vita governa il capolavoro manzoniano. Seguendo un filo modesto che si dipana e si arruffa, rimbalza in ogni direzione, il narratore giunge a scoprire la rete di connessioni che unisce tutte le parti della babelica dimora umana, dalle più grandiose alle più inospitali, e l'intimo rapporto di necessità che collega gli elementi del disegno complessivo. Casta ma non timida, la fantasia del Manzoni è affascinata dalla violenza delle passioni che ardono nel cuore umano, e vuol riviverne tutte le potenzialità in un paragone assiduo di estremi opposti, dall'infima bassezza all'eroismo sublime. Introduzione e note di Vittorio Spinazzola.
La prima cantica della "Commedia" è sempre stata letta e apprezzata per i grandi personaggi, gli incontri frontali, gli episodi drammatici, i sentimenti corposi che la attraversano e la interpretano. Anche se questi sono tratti più vistosi che distintivi del mondo infernale rispetto alle dimensioni degli altri due, sin dal suo primo apparire, la rappresentazione dantesca del male è stata visitata ed esaltata come una galleria storico-romanzesca di quadri firmati, antichi e recenti. Ed è nelle loro sculture e raffigurazioni che troveremo le ragioni di un successo d'impressionante continuità.
Se l'Inferno è la cantica più drammatica, rutilante e movimentata, nel Purgatorio, l'unico regno oltremondano non eterno, predominano i toni elegiaci, i colori tenui della mestizia e del dolore che redime. Dal coro dolente e sospiroso dei peccatori che sono disposti sulle sette balze di una montagna dominata dal paradiso terrestre, non emergono più i lividi simboli della disperazione perenne, ma rassegnate e come velate creature che il poeta disegna affettuosamente.