
1983. L'uomo seduto nella macchina blu è nuovo di quelle parti, ma Remo non ha paura, non sa che cosa sia un estraneo. L'uomo ha tra le mani un passerotto caduto dal nido, almeno così dice, e chiede a Remo di aiutarlo a prendersene cura. Il bambino, sette anni passati quasi tutti per strada, che i genitori hanno altri pensieri, non esita neppure per un attimo. E sale. Tre giorni dopo viene restituito alla famiglia, illeso nel corpo e nell'anima; racconta di un uomo biondo, bellissimo, che lo ha riempito di regali e che ha giocato con lui, come nessun adulto aveva mai fatto. Non è la prima volta che succede e non sarà l'ultima. Trentadue bambini in sedici anni. Tutti tenuti per tre giorni da un uomo che cerca di realizzare i loro desideri e li restituisce alla famiglia, felici. Quando la polizia comincia a collegare i rapimenti lampo, l'uomo scompare. 2015. Il padre di Greta non è mai arrivato una sola volta in ritardo a prenderla. Ma lo sgomento negli occhi della maestra gli fa capire che qualcosa non va, perché Greta a scuola non è mai entrata. Scompare così, la figlia di Remo Polimanti, come lui era scomparso trent'anni prima. Anche lei viene subito restituita alla famiglia, ma priva di vita. Greta non è che la tappa iniziale di una scia di sangue che collega i figli dei bambini rapiti anni prima. Ma perché il rapitore "buono" si è trasformato in un assassino? O forse c'è qualcuno che intende emularlo. O sfidarlo. O punirlo.
Un crudele e imprevedibile serial killer, soprannominato il Seviziatore, mette a dura prova le capacità investigative dell'anatomopatologa e psichiatra Giuditta Licari, alla quale è affidato il caso. Specialmente quando il pericoloso omicida dimostra di poter arrivare molto vicino a lei. Fredda, razionale e distaccata, come e forse più del killer, la dottoressa dovrà leggere la realtà con gli occhi dell'assassino, in un continuo e sempre più inquietante rovesciamento di ruoli tra vittime e carnefici, fino all'inaspettato finale.
In una quieta cittadina di provincia la vita della famiglia Ansaldi viene stravolta dall'arrivo di una zia lontana. Chiara, liceale dolce e bella, sta crescendo con i timori che l'adolescenza porta con sé. Gli amori e gli affetti la trascinano in un turbine di emozioni e confusione. L'amicizia con la zia la aiuterà a scoprire cosa significa voler bene. Cecilia, delizioso "maschiaccio" di otto anni, è un torrente in piena che disturba con la sua positività il mondo dei grandi. Si aspettava una "zia da guardia": incontrerà invece una donna sorprendente che modificherà i suoi schemi di piccola peste.Un intreccio di fatti imprevedibili, drammatici o esilaranti, seguirà il corso delle stagioni, regalando un'opera prima dedicata ai giovani, alla loro voglia di vivere e alla bellezza di diventare grandi.
Che cosa succede quando cinque sedicenni incrociano la vita di un vecchio uomo cupo, burbero e solitario? Che reazioni susciterà l'incontro con il figlio deforme in carrozzina, malato dalla nascita? Storia di dolore e di rancore, di passione sepolta e di antico amore. Storia di eterne amicizie e giovani scoperte, di corse nei campi e raid in bicicletta. Carlo, il giovane protagonista, vive le vicende della storia, e può scegliere di illuminare con uno sguardo nuovo i fatti e gli incontri della sua avventura umana.
Le vicissitudini sveviane con gli editori sono ben note, e si spiega così l’incipit del racconto, in cui subito ci coinvolge questo letterato quasi sessantenne che ha pubblicato un romanzo quarant’anni prima, e adesso poteva anche risultare morto: nessuno se ne sarebbe accorto. eppure non demorde, aspetta ancora il bacio voluttuoso della gloria, con qualche osso rotto, ma con gli organi più importanti intatti, e una grande stima di se stesso.
E questo dipende dallo spirito dello stesso Svevo, che in quegli anni viveva un ritorno alla gioia del raccontare e che riflette anche la ricomposizione di una coscienza critica a fronte della traumatica tensione della precedente stagione. Circola, perciò, ne La burla riuscita, come una temperie di accettazione della propria condizione umana, che appartiene alla biologia, all’età, al mondo generazionale: un complesso di riflessioni che appartengono all’inesorabilità della legge umana e sociale. Del resto – Nietzsche insegna – il cosiddetto superomismo altro non è se non la consapevolezza della propria altera solitudine, in mezzo alla sordità degli uomini.
Con una chiara intenzione autobiografica, alla svolta di una “vita” condotta fra i meandri della riflessione, il protagonista si presenta come un personaggio anziano, animato e al contempo frustrato dal trauma esistenziale della perduta gioventù: è languido e sensuale il gusto della ricordanza, che produce un fatale e inevitabile sobbalzo di coscienza, nel momento in cui si accorge che il malore è superato, ma al contempo lo illumina sui disastri che potrebbe provocargli un ritorno d’amore per una giovinetta: ecco il grande e dolente nodo tematico del personaggio, che vive e sconta il proprio novellare assorto e drammatico, ora che il duello dolente è vissuto come una implacabile tragedia. C’è tuttavia il sollievo della forma, ormai specchiata e limpida, ad alleviare la ferita dell’età. Il sollievo che acquieta le sommosse dell’io proviene sì dalla scrittura, non più nevrotica e analitica, bensì risolta e rasserenante a sospingere il protagonista a scegliersi un’altra vita, un nuovo progetto in cui l’essere e l’esistere possano reperire un nuovo punto di raffronto.
Al di là dei diversi generi e della molteplici soluzioni espressive, la questione del sacro percorre e sostanzia l’intera opera di Pasolini. A partire dallo sfaldamento del discorso poetico metricizzato, l’idea pasoliniana i poesia travalica la stessa versificazione e diventa modo e sede di ricezione di un sacro che dimora nella realtà. Poesia e sacro nell’esperienza dell’intellettuale di Casarsa sono indissolubilmente legati, segnati da un’essenza metaforica che trascende il presente e dalla comune valenza di alterità e antagonismo rispetto alla realtà fenomenica.
A ventiquattro scrittori italiani è stato chiesto, attraverso un "racconto-testimonianza", una sorta di reportage o di "memoria" narrativa, di rispondere alla domanda: "dove ha incontrato il sacro?". Si tratta di un tema complesso che invita i lettori anche ad una riflessione personale, quasi un momento di contemplazione di un luogo o della sua riscoperta attraverso uno sguardo diverso. O anche solo dei picoli gesti della quotidianeità, che possono rivelare quanto la "grazia" si possa manifestare in atti semplici, a volte ordinari.
"Racconti ambigui" è l'esordio letterario di Enzo Siciliano. In occasione del suo settantesimo compleanno, ne viene riproposta una versione integrale e completamente rinnovata. L'introduzione di Massimo Raffaeli e una riflessione dello stesso autore su quegli anni, consentono di comprendere tutto il fervore intellettuale che ha coinvolto i protagonisti della cultura del Novecento italiano. Il confronto con la neoavanguardia, gli incontri con Moravia, Pasolini, Bassani, Gallo, Bertolucci e Debenedetti non sono stati altro che l'opportunità per Siciliano di riuscire a trovare la propria dimensione umana e intellettuale all'interno di una realtà molteplice. Ed è proprio da qui che nascono gli inquietanti ritratti psicologici di Siciliano.
Una madre disperata. Una figlia bulimica. Un dramma al femminile, appassionato e sincero, filtrato dalla terribile quotidianità di una malattia che corrode corpo e anima. La madre è costretta a vendersi, beffa del destino, a un grasso macellaio e ai suoi amici pur di pagare l'intervento dello psicanalista. La figlia, in un crescendo di alienazione e sadismo, si sfoga in un diario di confessioni tenere e implacabili. Una scrittura dal ritmo indisciplinato che indaga la perversità della malattia, la maternità afflitta dal senso di colpa, la sofferenza di sopportare la diversità in un mondo di uguali. Percorriamo le strade di un paese indifferente, sentiamo le voci maligne della gente, contando i passi della protagonista, tra la cucina e il bagno.
Roma, anno 1301. Arnaldo da Villanova, celebre medico e alchimista, ha una visione tremenda: presto scoppierà una guerra tra papa Bonifacio VIII e il re di Francia Filippo IV il Bello, dalla quale verranno gravi disgrazie per la Chiesa. Covando Rancore verso il re che voleva condannarlo come stregone, Arnaldo concepisce una terribile vendetta.
Two lovers must face tyrants, war, riots, plague and famine as they struggle to be together, in this teeming panorama of seventeenth-century Italian life - the original historical novel.