
Nel 1610 Zardino è un piccolo borgo immerso tra le nebbie e le risaie a sud del Monte Rosa. Un villaggio come tanti, e come tanti destinato a essere cancellato senza lasciare tracce. C'è però una storia clamorosa, soffocata sotto le ceneri del tempo, che Sebastiano Vassalli ha riportato alla luce: la storia di una donna intorno alla quale si intrecciano tutte le illusioni e le menzogne di un secolo terribile e sconosciuto. Antonia, una trovatella cresciuta nella Pia Casa di Novara, un giorno viene scelta da due contadini e portata a Zardino, dove cerca di vivere con la fede e la semplicità che le hanno insegnato le monache. Ma la ragazza è strana, dice la gente. Perché è scura d'occhi, pelle e capelli, come una strega, e una volta è svenuta al cospetto del vescovo Bascapè, l'uomo che doveva diventare Papa e che si è messo in testa di trasformare in santo chiunque abiti quelle terre. E poi perché Antonia è bella, troppo bella, ed è innamorata, ed è indipendente: in lei ci dev'essere per forza qualcosa di diabolico... Vassalli illumina gli angoli più oscuri di un secolo senza Dio e senza Provvidenza, ricostruendo un episodio che è stato crocevia di molti destini e che, in un turbine di menzogne e fanatismi, ci dice molto di come si è formato il carattere degli italiani.
"Quando altro frutto non ci venga da questa navigazione, a me pare che ella ci sia profittevolissima in quanto ci fa cara la vita, ci fa pregevoli cose che altrimenti non avremmo preso in considerazione." È il celebre monito di Colombo che scruta pensoso l'orizzonte dal ponte della sua nave in uno dei più famosi dialoghi leopardiani, magistrali racconti filosofici venati di ironia e disincanto. Cosa ha ancora da dire il conte Giacomo Leopardi, fiero avversatore dei costumi del secolo Decimonono, a donne e uomini immersi nella complessità del vivere al secolo Ventunesimo? Maurizio Maggiani reinterpreta i quindici dialoghi contenuti nelle "Operette morali" e si confronta con gli immortali personaggi leopardiani trasformandoli in figure diverse eppure simili, quotidiane e senza tempo. Le sue "operette" portano in scena l'uomo e le sue tante maschere, in una galleria di invenzioni narrative che spaziano da un'inedita Mary Shelley all'operaio logorato dal sistema, da Coco Chanel all'ex sessantottino alle prese con una necessaria "decrescita poco felice", da Charlie Chaplin al fantasma di una nonna molto amata. Grazie alla penna di Maggiani, che plasma questi dialoghi e li fa propri, immergendoli nell'orizzonte inconfondibile del suo mondo letterario, Leopardi impara la lingua della modernità e l'incontro tra due maestri della parola si rivela un'opportunità unica per lasciarsi guidare alla riscoperta del poeta più amato di tutti i tempi.
Per Stevie le cose non potrebbero andare peggio. In redazione, dove ogni mattina la scure di Zagor gli ricorda lo squallore filogovernativo del suo tronfio direttore; a casa, dove ad accoglierlo c'è solo la labrador Clarabelle, ghiotta di crocchette all'alchermes; e persino al bar, perché la ragazza bellissima e misteriosa che gli prepara il caffè, Layla, ormai da sei anni lo tormenta con la sua indifferenza. I suoi migliori amici sono un playboy cinico e misogino, un tennista fallito, un cassiere di night vessato dalla moglie e una cavia di prodotti drenanti; e poi c'è Violet dagli occhi tristi, la sua ex, che in qualche modo ce l'ha fatta mentre lui è rimasto in panchina. Tra Stevie e il nonno gourmet Sandro, sosia di Pertini, il più giovane non sembra certo il nipote. In una settimana, però, possono succedere molte cose. La rivoluzione è imprevedibile, e per forza di cose molto veloce se a guidarla sono quattro agguerriti hacker novantenni, più "Amici miei" che Antonio Gramsci, determinati a ribellarsi contro l'ennesima celebrazione farsa del governo: la Cerimonia Solenne del Massone Buono. Al loro fianco, in veste di "staffetta partigiana del XXI secolo", un giovane giornalista che aspettava solo una chiamata alle armi. Forse però anche per Stevie è arrivata l'ora di regolare i conti. Di opporsi. E di scrivere la più lunga e sincera lettera d'amore mai scritta.
Se l'uomo di Musil si è caratterizzato per "la mancanza di qualità" quello di Andreoli descritto in questo romanzo è un uomo privo di identità. Un uomo stanco della follia del mondo e del suo rumore, che fugge in una baia sperduta della Scozia affacciata sull'oceano Atlantico. Circondato solo da uccelli di mare, Franz Gustav farà i conti con i fantasmi del passato e con le molte relazioni che attende ancora di vivere. "L'uomo senza identità" è dunque la narrazione di un uomo solo che però trova dentro di sé non un doppio ma addirittura una frammentazione, che lo porta a smarrire persino il significato di che cosa voglia dire Io. In quel luogo disabitato nasce la storia di un uomo che appare più ricca ma anche più confusa di quella di una grande metropoli. L'identità, la coerenza, il riconoscimento di principi, tutto diventa indefinibile e Franz Gustav tenterà di immergersi nel proprio profondo fuggendo persino dalla propria sensorialità, chiudendo gli occhi. E in questa immersione incontrerà il vuoto e il nulla. Dopo aver raccontato la fragilità dell'essere umano nei suoi saggi, Vittorino Andreoli mette in scena la frantumazione dell'individuo, la moltiplicazione in frammenti di io che si sdoppiano per imporre il proprio mistero.
L'amicizia, il desiderio, l'arte, l'avventura di due amici che sfidano il passare del tempo. "Dell'infanzia non mi ricordo proprio niente. Solo una cosa continuo a ricordarla." "Quale?" "Il momento preciso in cui ho imparato ad andare in bicicletta. Sarò banale, ma che felicità! Proprio la felicità! E stamattina, come per incanto, per la prima volta, mi sono ricordato anche il momento successivo." "Il momento in cui sei caduto." "Come cazzo fai a saperlo?" "È stato così per tutti. Impari a fare una cosa, sei felice, e ti dimentichi di frenare." "Non è una grande metafora della vita?" "Ora non traiamo conclusioni affrettate, Mick." Proprio allora un ragazzino di undici anni passa in sella a una mountain bike. Fa tutta la strada su una sola ruota, in velocità, silenzioso come un fantasma. I due amici si voltano a guardarlo, estasiati. Poi Fred riflette e dice: "Sai una cosa Mick?". "Cosa?" "Io e te, secondo me, non moriremo mai." La sceneggiatura del film che si legge come un romanzo.
1992. È in ritardo, quel giorno, Alberta. La frangia sugli occhi e il giaccone militare addosso, ha l'aria agguerrita mentre si avvicina all'entrata dell'università Statale di Milano. Lì uno sguardo la cattura: è quello di una donna più grande di lei, Annalisa, totalmente fuori contesto nei suoi vestiti eleganti e coi capelli freschi di piega. Poche parole e un sorriso. Ma a volte l'amicizia di una vita può nascere così, da un banale scambio di appunti. Loro sono due donne agli antipodi: Albi ha l'idealismo dei vent'anni, è sicura di se' e prende tutto ciò che vuole, Lisa invece è timida, madre di un'adolescente scontrosa, moglie di un uomo anaffettivo e forse ha ripreso a studiare per noia. Tra giornate spese sui libri e caffè rubati alle rispettive esistenze, le amiche si ascoltano, si capiscono e cambiano, condividendo via via anche l'insofferenza per il clima politico di quegli anni. Sono insieme il giorno del 1994 in cui Milano si riempie di ombrelli colorati, in un grande corteo contro la Destra al potere. Poi ancora, nel 2007, a volantinare per il nuovo partito che incarnerà la speranza. Nel frattempo sono cresciute. Con matrimoni in crisi, figli che se ne vanno e bambini appena nati, con qualche compromesso ma la forza di sempre. Perché Albi e Lisa, nonostante le delusioni, le battaglie perse e le ferite, non si lasceranno più. E ognuna a modo proprio, alla sua età e con la stessa bellezza, continuerà a lottare.
Michele Landa non è un eroe, e neppure un criminale. Tutto ciò che desidera è coltivare il suo orto e godersi la famiglia; vuole guardarsi allo specchio e vederci dentro una persona pulita. Ma a Mondragone serve coraggio anche per vivere tranquilli: chi non cerca guai è costretto a confrontarsi ogni giorno con gli spari e le minacce dei Torre e con l'omertà dei compaesani. Michele conosce la posta in gioco, ha perso il lavoro e molti amici, ma è convinto, nonostante tutto, che in quel deserto si possa costruire qualcosa di bello e provare a essere felici. Al suo fianco c'è Rosalba, "la silenziosa": dopo quarant'anni si amano come il primo giorno, sono diventati genitori e nonni, sognano una casa grande e un albero di mele. Ma si può immaginare una vita diversa, in una terra paralizzata dalla paura? Con una scrittura avvolgente e il piglio di un autentico cantastorie, Giulio Cavalli racconta un'Italia dimenticata e indifesa, ricordandoci che non serve fare rumore per diventare eroi delle piccole cose.
Lara è esile, pallida, lo sguardo sfuggente di chi non si lascia addomesticare. Elena è forte, sorridente, due occhi nocciola che trasmettono calore. Una l'opposto dell'altra, ma sono inseparabili. Quando il padre ha abbandonato lei e sua mamma, Lara non ce l'avrebbe mai fatta senza Elena. Da quel giorno in cui, a scuola, si è schierata dalla sua parte contro tutti i compagni, sono inseparabili. E, anni dopo, quando Lara si trasferisce da Roma a Londra per inseguire l'amore e la carriera di pittrice, sono ancora le stesse amiche di sempre. Elena è lì, pronta a difenderla e a credere in lei. Ma qualcosa si mette fra loro due. Non se lo sarebbe mai immaginata, Lara, di trovarsi davanti a una scelta che cambierà le carte in tavola: fino a che punto è disposta a sacrificare la felicità della sua migliore amica per raggiungere la propria? Basta una sola decisione per cambiare irrimediabilmente la nostra vita e quella di chi amiamo. I sentimenti che ci trascinano con tutta la loro forza fanno paura. Ma, a volte, per scoprire davvero chi siamo, dobbiamo rinunciare anche a ciò che non avremmo mai voluto perdere.
Dal marciapiede, all'angolo tra corso Buenos Aires e piazzale Loreto, due senzatetto osservano l'affannata umanità che passa loro davanti. Moses, il più vecchio, è un ex bibliotecario; Camerata, il suo compagno, un tempo è stato uno scrittore di grande fama. Entrambi hanno un conto in sospeso con il passato e fantasmi più o meno morti: seminaristi plagiati, vecchi solitari, ragazzine smarrite, kebabbari e prostitute, un universo di dimenticati che ogni giorno si riunisce al bar Number One per il rito dell'Ora Felice. Ma quando il loro barista di fiducia si impicca nel retrobottega la routine si spezza: l'uomo è l'ennesima vittima della misteriosa epidemia di suicidi che sta contaminando Milano e l'Italia intera. L'unico modo per fare luce sulla faccenda è immergersi nel sottosuolo metropolitano che Moses e Camerata conoscono bene, fatto di miracoli e allucinazioni, dove tra culti pagani e fumi del peyote è possibile scorgere lo spettro di Mussolini e seguire Dostoevskij per le strade di Pietroburgo. Che forse non è Pietroburgo, ma solo piazzale Loreto, il luogo in cui tutte le storie si incontrano alla ricerca di un senso.
Pietro Rinaldi ha ottant'anni e vuole essere lasciato in pace. Ormai è convinto che la sua vita sia arrivata al capolinea e, mentre mangia penne all'arrabbiata, riflette su quanto i libri siano meglio delle persone. Se già fatica a sopportare se stesso, figuriamoci gli altri! Non ha proprio intenzione di avere a che fare con l'umanità... fino a quando, un giorno, nel suo mondo irrompe Diego, il nipotino quindicenne. Lui ha l'entusiasmo degli adolescenti e la forza di chi non si lascia abbattere dagli eventi, neanche da quelli più terribili, e non ha paura di zittire i malumori del nonno. Da Genova partono in direzione di Roma, a bordo di una Citroën DS Pallas decapottabile su cui sembra di volare. Sul sedile posteriore c'è Sid, l'enorme incrocio tra un San Bernardo e un Terranova - vera e propria calamità. Ed è così che un viaggio di sola andata si trasforma in un'avventura on the road, piena di deviazioni e ripensamenti, vecchi amori e nuove gioie. Perché è proprio quando credi di aver visto tutto che scopri quanto la vita riesca ancora a sorprenderti. "l'ultima settimana di settembre" è il racconto esilarante e commovente del viaggio di un nonno e un nipote alla ricerca di se stessi. È una storia che, senza giri di parole, scava nei sentimenti più profondi e ci porta di fronte alle emozioni più vere, quelle che richiedono una buona dose di coraggio per essere affrontate ma rimangono impresse indelebili dentro di noi.
Quel che l'autore ci propone è un viaggio innamorato e capriccioso nella lirica d'ogni tempo e Paese: cogliendo l'occasione di una rubrica giornalistica, Siti ha scelto e commentato testi che spaziano dall'antica lirica greca alla contemporaneità, attraverso il misticismo medievale e il barocco seicentesco, e poi il simbolismo e oltre. Nella grande varietà dei contesti, la lirica mantiene comunque e sempre un'aria di famiglia - legata all'idea che il poeta sia il trascrittore di parole che giungono da Altrove: che si chiami Dio, o il vuoto dello zen, o l'inconscio, o la segreta alchimia della natura. O la follia, perfino. Quella della poesia è una lingua speciale che si stacca dagli stereotipi quotidiani, facendoci sentire che comunicare e basta è toppo poco. Ora che la lirica, almeno in Occidente, sembra entrata in un cono d'ombra (lacerata com'è tra nostalgia e insopportabile semplificazione), questa mini ma e tendenziosa antologia può funzionare da antidoto, purché il lettore si attenga a semplici istruzioni per l'uso: 1) non leggere le pagine per ordine ma saltare, seguendo l'estro personale o costruendosi categorie alla Borges (i trentenni, i suicidi, gli omosessuali, gli spagnoli...); 2) dare un'occhiata all'originale anche quando non ne conosce la lingua; 3) leggere prima la poesia, poi il commento, poi di nuovo la poesia, che allora si aprirà come quei fiori liofilizzati che immersi in acqua ritrovano la primitiva bellezza.
Un weekend romantico a Parigi. Caterina non ci è mai andata, ed è stata una delle prime promesse che Giacomo le ha fatto. Invece niente. Un eterno rinvio, il simbolo perfetto della loro relazione. Quando si conoscono lui le pare quasi irraggiungibile. Caterina è ancora una studentessa mentre Giacomo, fedele collaboratore del padre di lei nell'azienda di famiglia, è sorprendente e pieno di fascino. Ma soprattutto sposato. Con il tempo, però, tra loro nasce una sintonia perfetta. Fra un bicchiere di vino e una chiacchierata notturna, l'amore li travolge. Giacomo intanto si è separato da Federica, la compagna di sempre, e Caterina comincia a capire ciò che vuole da lui: un amore profondo, un futuro insieme. Ma lui non è ancora pronto a darle tutto questo, perché il senso del dovere e la nostalgia lo spingono a correre ogni volta che la moglie lo chiama. Nel frattempo, a unirlo ancora di più a Caterina, sono le difficoltà del padre e dell'azienda. Quando tutto precipita, il loro legame è messo alla prova e nessuno dei due può più nascondersi. Sapranno, insieme, dimenticare il passato e vivere l'amore?

