
È sempre intorno a loro, le fimmine, che si agita il mare delle passioni. E il mare, quando tira malo tempo, in un niente può volgere a tempesta. Ma vale lo stesso se la donna in questione è una statua di marmo, un opulento nudo di Botero il cui sedere da tre tonnellate guarda malauguratamente in direzione di una chiesa? È quel che succede a Bauci, piccolo borgo a strapiombo sulla costiera amalfitana, diventato località alla moda grazie a un festival artistico che quest'anno celebra appunto il maestro colombiano. Quando don Enzo, il parroco, vede l'opera al centro della piazza va su tutte le furie: come si può concepire tale oscenità, peraltro a pochi giorni dalla visita del vescovo? Ma toglierla non si può. Spostarla neppure. Cosa fare, dunque? Se lo chiede Rocco Casillo, il sindaco, al quale la statua serve per coronare i suoi sogni politici, e se lo chiede l'intera, colorata comunità di Bauci. Strane dicerie e fatti inspiegabili si susseguono fin quando, ai piedi dell'imponente chiattona, compare un fagotto con dentro una neonata. La pietra dello scandalo è servita... In un romanzo che sembra già un classico, Franco Di Mare dirige un coro formidabile di furbizie e rivalità, di voltafaccia e colpi di genio. E tocca il nostro cuore da vicino, strappandoci sorrisi e lacrime. Bauci non esiste eppure è verissima, è al Sud ma potrebbe trovarsi in qualunque parte d'Italia; i suoi abitanti siamo noi, così ingegnosi nel complicarci la vita ma così tenaci nel tirarci fuori dai guai.
Il Greco aveva un'ossessione: proteggere dalla verità le persone che amava. È per questo che nel '92, dopo l'incidente d'auto in cui morì sua moglie, portò suo figlio lontano da Genova, in un casale isolato dal mondo, e gli insegnò a vivere come un lupo solitario, senza paura né padroni. Oggi Alessandro Kostas è un gigante di trentasei anni e, da quando ha perduto anche il padre, si sente intrappolato in un'esistenza randagia. Poi arriva il giorno in cui viene aperto il testamento del Greco, un uomo che si è lasciato alle spalle punti interrogativi e qualche segreto inconfessabile: per vent'anni ha lavorato nei Servizi di intelligence e ha dovuto fare i conti con gli affari più sporchi della Repubblica. Leggere le sue ultime parole è un duro colpo per Alessandro, perché lo risucchia in un gorgo di ricordi e lo costringe a tornare nella sua città natale, dove si troverà faccia a faccia coi misteri più dolorosi della sua famiglia. Ma leggere quel testamento è anche togliersi una benda dagli occhi e capire finalmente che tutta la sua vita è stata programmata per dare la caccia a qualcuno. Anzi, la caccia è già iniziata.
Chi era Aeneas prima di diventare leggenda? Per generare quel figlio dagli occhi color del mare, la divina Afrodite non ha disdegnato le grazie di un comune mortale, lo spiantato Anchise. Ma nonostante i natali, la strada del piccolo Aeneas inizia in salita. Abbandonato dalla madre e allevato dalle ninfe, si fa uomo con il duro addestramento di un centauro: non sa che nelle sue vene scorre il sangue di una dea e del fondatore di Troia. E, prima di essere riconosciuto come nipote da re Priamo, è la ferocia selvaggia del misterioso Alessandro a insegnargli la violenza. L'amore, quello arriva dopo, a corte, e ha le lentiggini dorate della dolce Creusa. Ma sull'Olimpo qualcuno ha già scelto per lui: Aeneas non è destinato a una vita umile da pastore. È un principe guerriero, e il suo futuro sarà luminoso, così è scritto nelle stelle. E se a Sparta non riesce a evitare che Paride compia il maledetto ratto della bellissima Elena e scoppi la guerra tra le guerre, quando a Troia divampano le fiamme, Aeneas scopre sulla sua pelle che al Fato non si può che obbedire.
Luca ride mentre spegne le candeline sulla torta e all'applauso degli invitati balla scatenato per la stanza. Festeggia i diciott'anni ed è felice ogni volta che l'iPad suona le canzoni di James Taylor. Marina, la sua mamma, oggi è serena, ma ha passato anni a chiedersi come mai fosse toccato proprio a lei quel figlio "diverso", autistico e con la sindrome di Down. Quando gli altri genitori insegnavano ai loro bambini a camminare, lei stava ancora aspettando che il suo piccolo la guardasse negli occhi. E ci sono voluti mesi di terapie, di attese fuori dalle sale operatorie, di etichette affibbiate dagli estranei, di momenti bui, per farle capire che Luca è Luca e non lo cambierebbe con nessuno al mondo. Strappandoci lacrime e sorrisi. Marina Viola ci racconta la storia di una vittoria a fianco del suo bambino nel mondo dell'autismo e il percorso, di donna e di madre, che l'ha portata giorno dopo giorno a vincere la sfida di loro due insieme contro tutti. Ed è stato proprio suo figlio a insegnarle la lezione più importante sull'amore: per Luca quelli strani, quelli diversi siamo noi. mentre lui, con la sua sovrabbondanza di cromosomi e la sua risata contagiosa, è perfetto così com'è.
Quando hai toccato l'Olimpo degli organigrammi aziendali - business class, jet lag e cene nei top ristoranti del mondo - precipitare in fondo alle gerarchie, con chi arriva puntuale alle riunioni perché ha l'agenda vuota, è un incubo a occhi aperti. Soprattutto se ti chiami Andrea Gamma e di lavoro fai il direttore del personale. Taglia teste e costi in una grande multinazionale, l'ing. Gamma, regista assoluto della vita di centinaia di risorse. Cinismo e una buona dose di ferocia danno un senso alle sue giornate, che finiscono sempre con un mucchio di lettere di licenziamento da firmare. Poi, all'improvviso, Gamma si trova dal lato sbagliato della scrivania, per la prima volta vittima e non carnefice, e per mesi che gli sembrano infiniti è costretto a vestire i panni del disoccupato. Finché non arriva la sua opportunità di rimettersi in gioco: un incarico a termine come consulente per una piccola impresa di frigoriferi. Ha ancora voglia di fare, Gamma, anche se adesso lo scenario non è certo quello in cui ha mosso i primi passi: la tenaglia della crisi non accenna ad allentare la morsa sul mercato del lavoro e si perdono ore in conference call, debriefing e feedback prima delle ferie. Ora, nel suo ufficio spoglio illuminato da una lampada Ikea, senza piante grasse da innaffiare e assistenti da vessare, Andrea è un temporary manager di cinquant'anni con la data di scadenza stampata in fronte.
Fra le grandi svolte di una vita, diventare nonni è forse quella che porta con sé l'emozione più forte: una miscela dolcissima ma esplosiva di felicità e paura, trepidazione e gioia. A raccontarci, con lucidità e irresistibile brio, questa condizione dell'animo è Gino Nebiolo, che si è lasciato ispirare dai propri ricordi personali per intessere un ironico e intelligente diario familiare. Tutto comincia quando il figlio e la nuora annunciano a lui e alla moglie Cecilia l'arrivo di un nipotino. I futuri nonni sono felicissimi, tuttavia da quel momento in poi ogni passo è motivo di batticuore, equivoci, apprensione o piccole baruffe. Dalla prima ecografia all'esame di licenza media, passando per la scelta del nome e i pomeriggi ai giardinetti, i balocchi tecnologici e lo Zecchino d'Oro, i nonni vivono l'esperienza di partecipare, più o meno a distanza, alla crescita del nipote in un costante tripudio di emozioni, ritrovandosi spesso al centro di situazioni buffe se non esilaranti. "Avete contato bene le dita?" è un libro che riesce a parlare a tutte le generazioni: permette ai nonni di identificarsi e magari commuoversi, ai genitori di sorridere e riflettere, ai nipoti di divertirsi e diventare un po' più saggi.
Ai piedi del monte Ros, impassibile nella sua armatura di ghiacci, dimora degli dei, centro del mondo conosciuto, si estende una pianura fitta di boschi e pericoli. In questa terra a sud delle Alpi, disabitata e talmente inospitale che nel 101 a. C. non ha ancora un nome, sono schierati uno di fronte all'altro, su una superficie lunga chilometri, i due eserciti più grandi del continente. Duecentomila uomini pronti a combattere corpo a corpo, a massacrarsi fino allo stremo: a fare la guerra nel modo in cui la guerra veniva fatta oltre due millenni fa. Da una parte un popolo di invasori, anzi di "diavoli", che ha percorso l'Europa in lungo e in largo, portando distruzione ovunque, ed è dilagato nella valle del Po saccheggiando città e villaggi, mettendo in fuga gli abitanti. È il popolo dei Cimbri, invincibile da vent'nni e deciso, forse, ad attaccare persino Roma. Dall'altra parte c'è il console Caio Mario, l'uomo nuovo della politica, con il suo esercito di plebei ed ex schiavi, l'ultimo in difesa dell'Urbe. Quella che stanno per affrontare non è una battaglia, è lo scontro tra due civiltà al bivio cruciale della sopravvivenza, è un evento destinato a cambiare la Storia. "Terre selvagge" è un viaggio nel tempo, in un'Italia ancora misteriosa, così vicina e così lontana da quella che conosciamo. È il racconto di una pagina drammatica della vicenda umana, finora avvolta da incertezze, falsità e malintesi.
Ispirato ai ricordi familiari dell'autrice, il racconto della tragedia di un popolo "mite e fantasticante", gli armeni, e la struggente nostalgia per una terra e una felicità perdute. La masseria delle allodole è la casa, sulle colline dell'Anatolia, dove nel maggio 1915, all'inizio dello sterminio degli armeni da parte dei turchi, vengono trucidati i maschi della famiglia, adulti e bambini, e da dove comincia l'odissea delle donne, trascinate fino in Siria attraverso atroci marce forzate e campi di prigionia. In mezzo alla morte e alla disperazione, queste donne coraggiose, spinte da un inesauribile amore per la vita, riescono a tenere accesa la fiamma della speranza; e da Aleppo, tre bambine e un "maschietto-vestito-da-donna" salperanno per l'Italia...
Appena fuori città, un giovane vive in una grotta; parla a stento ed esce malvolentieri dal suo nascondiglio. Chi è quel ragazzo selvatico e com'è finito lì? Se lo chiede Rolando Piras, goffo giornalista in cerca di promozione nella Sardegna di fine anni Cinquanta, che in lui intravvede lo scoop capace di portargli la gloria cui tanto aspira. Ma Toni, il ragazzo della grotta, ha ben altra storia da raccontare: è uno dei pochi sopravvissuti ai terribili bombardamenti che durante la Seconda guerra mondiale hanno raso al suolo la città. Attraverso i suoi occhi di dodicenne riviviamo quella tempesta di fuoco inaspettata e furiosa, che ha strappato a ognuno parenti e amici. Toni e Rolando Piras non potrebbero essere più diversi, ma il loro incontro avrà conseguenze inaspettate, sia per l'uno che per l'altro. Età di lettura: da 10 anni.
Conosce le loro regole, ma non è uno di loro. Sopporta notti insonni e lunghi appostamenti, inseguendo segreti antichi come l'Italia. La gente lo guarda da lontano, con sospetto. Perché un poliziotto siciliano, in Sicilia, è quasi un controsenso: è un traditore, un terrorista, un matto che si ostina a credere nella giustizia quando nessuno ci crede più. È un uomo destinato a restare solo. Forse per questo ha qualcosa che gli altri poliziotti non hanno: un vero e proprio sesto senso per la mafia. Gli uomini d'onore la chiamano "sbirritudine", e lui ce l'ha all'ennesima potenza: a capo di una squadra investigativa speciale, da anni cerca di scardinare il clan di Fifi Bellingeri, che sta insanguinando le strade di Prezia. Inchiesta dopo inchiesta si avvicina al suo obiettivo, ma ogni volta la cattura sfuma all'improvviso. Interessi personali, collusione, falsi incidenti, truffe: gli ostacoli sono sempre nuovi e arrivano anche dall'alto, perché nel sistema sono tutti d'accordo, come ai tempi del Gattopardo. Ma per lui lottare contro Cosa Nostra non è una scelta, è la vita. Per arrivare fino in fondo dovrà sfidare la legge, i superiori, i mafiosi stessi, disobbedendo agli ordini e vivendo nell'attesa, nascosto e braccato come un predatore. O come un latitante. Perché in una terra di nessuno, in cui Stato e mafia si confondono, assomigliare ai propri nemici è molto più facile di quanto non si pensi.
Tra le onde increspate del lago d'Orta. il vicecommissario Enea Zottìa, seduto a prua di un'imbarcazione, naviga verso l'isola di San Giulio. La sua non è una gita in barca, ma l'inizio di una nuova indagine. La richiesta, discreta, è arrivata dalle suore del convento arroccato sull'isola, turbate da strani furti che avvengono dentro le loro mura ma anche nelle ville della zona. Inoltre c'è un quadro che scompare e riappare inspiegabilmente: non è che il vicecommissario potrebbe...? E così Luca è tornato in un luogo al quale lo legano ricordi indimenticabili. Ma appena giunto, è tentato di lasciar perdere: scovare ladri non e la sua specialità, l'atmosfera ovattata del convento lo mette a disagio, e le tristezze del passato, del suo amore infelice per la bionda Serena non vogliono saperne di abbandonarlo. Poi, del tutto inaspettato, un delitro viene a turbare l'incanto di quei luoghi. In una stradina appartata, dove non passa mai nessuno, giace un uomo, ucciso con un violento colpo alla testa. È un semplice lavorante, uno di quelli che danno una mano per incarichi di poco conto, perché ucciderlo? Zottìa inizia con pazienza a indagare, e anche il lettore, insieme a lui, conoscerà una serie di personaggi memorabili come l'astuto e disinvolto Guidalberto Porrone, la gelida suor Venanzia, il mite giardiniere Zilloni, il rubicondo ragionier Stefanini e soprattutto l'affascinante e misteriosa Giulia, la giovane donna che ha deciso di ritirarsi sull'isola e dalla quale Enea si sente attratto.
Nei casermoni di via Stalingrado a Piombino avere quattordici anni è difficile. E se tuo padre è un buono a nulla o si spezza la schiena nelle acciaierie che danno pane e disperazione a mezza città, il massimo che puoi desiderare è una serata al pattinodromo, o avere un fratello che comandi il branco, o trovare il tuo nome scritto su una panchina. Lo sanno bene Anna e Francesca, amiche inseparabili che tra quelle case popolari si sono trovate e scelte. Quando il corpo adolescente inizia a cambiare, a esplodere sotto i vestiti, in un posto così non hai alternative: o ti nascondi e resti tagliata fuori, oppure sbatti in faccia agli altri la tua bellezza, la usi con violenza e speri che ti aiuti a essere qualcuno. Loro ci provano, convinte che per sopravvivere basti lottare, ma la vita è feroce e non si piega, scorre immobile senza vie d'uscita. Poi un giorno arriva l'amore, però arriva male, le poche certezze vanno in frantumi e anche l'amicizia invincibile tra Anna e Francesca si incrina, sanguina, comincia a far male. Silvia Avallone racconta un'Italia in cerca d'identità e di voce, apre uno squarcio su un'inedita periferia operaia nel tempo in cui, si dice, la classe operaia non esiste più.

