
Pino Lancia è alfiere nell'esercito delle Due Sicilie, "un giovanottone alto e quadro a cui l'uniforme turchina dei Cacciatori a piedi stava come un guanto", un novellino che si ritrova nella battaglia di Calatafimi contro le camicie rosse. È il 1860 e la spedizione dei Mille squassa l'Italia. Liberale nell'animo, Pino servirà il suo re, Francesco II di Borbone, sino alla fine, a dispetto di ogni convenienza. Attraversando l'Italia in guerra in compagnia di un giovane francescano, mentre intorno a lui si dipana un'animatissima "commedia umana" di eroismo, amore e viltà, l'alfiere assiste alla caduta del regno e all'unificazione del paese sotto le insegne sabaude. Classico letterario da riscoprire, il romanzo racconta il Risorgimento dalla prospettiva inedita dei vinti. Perché chi l'ha detto che i buoni - e i cattivi - fossero tutti da una parte? Chi era il vero nemico dell'Italia, in quei tempi tumultuosi? "Garibaldi e i piemontesi che vengono di fuori e a tutti i costi ci vogliono regalare questa benedetta libertà, che chi sa che gli pare e il mondo resterà sempre quello che è, o quelli che ci hanno governati sino a ora e han tollerato il sopruso, il raggiro, la corruzione?" Prefazione di Piero Gelli.
Mary cura gli ammalati con le erbe del bosco. È questo il suo unico potere, e frate Matthew lo sa. Ecco perché tenta invano di salvarla durante il processo per stregoneria, anche se questo significa rischiare una dolorosa punizione, l'esilio. Costretto ad abbandonare il suo quieto monastero inglese, il frate intraprende un viaggio pericoloso attraverso la Francia, diretto al luogo dove dovrà scontare la pena. Ma presto scopre che il destino ha in serbo per lui qualcosa di diverso, ed è proprio lo spirito di Mary a indicargli la strada verso Felik, un villaggio sperduto fra le Alpi. Qui un atroce castigo divino sta per abbattersi sugli abitanti, che sembrano aver inaridito il proprio cuore. E un giorno, inaspettatamente, su Felik inizia a cadere una fitta neve tinta di rosso. Un grande affresco medievale che intreccia amore, avventura e mistero.
Caterina gioca a scacchi e studia farmacia. È una studentessa mediocre ma come giocatrice sa sempre condurre i propri avversari dove vuole, fino a sbagliare la mossa decisiva. Davanti alle sessantaquattro caselle Caterina ha imparato a perdere ogni insicurezza, a rimandare le decisioni sgradevoli e ad accettare le partite della vita in cui per gli altri, i familiari il fidanzato Riccardo, lei è solo una pedina. Sa bene, Caterina, che una logica spietata impedisce alle cose di cambiare, e che il suo destino è già scritto: nonostante ora sia a un passo dalle Olimpiadi, sua madre ha deciso che dovrà essere una farmacista, nella migliore tradizione di famiglia. Quando però una variabile imprevista irrompe nel suo mondo, tutto sembra andare in frantumi e a nulla servono gli sforzi di nonna Ines, che è arrivata da Taranto illudendosi di poter incollare cocci. Così, sullo sfondo di una Lucca assonnata e infelice, impietoso specchio della provincia italiana di oggi, Caterina capirà che forse una via d'uscita c'è ma che, proprio come il suo idolo Paul Morphy, l'ultimo scacchista romantico, dovrà osare e rischiare tutto contro ogni logica, senza farsi dominare dalla paura. Perché a volte la vita stessa è una crudele partita a scacchi in cui anche la mossa apparentemente più insignificante può rivelarsi fatale.
Ce li hanno dipinti così, i professori precari di oggi: arrendevoli, menefreghisti e incompetenti. Invece sono bravi e arrabbiati. Finalmente un romanzo ce li racconta senza indulgenza o pregiudizi, per mostrarci come, in reazione alle ingiustizie di una scuola pubblica che sta cadendo a pezzi, scoppieranno - è solo questione di tempo - l'indignazione, la protesta. Perché Emma, ventotto anni, ha lasciato Napoli per lavorare in una classe a Torino. Non avrebbe voluto: le mancano una città e un amore di nome Gianni. Anziché insegnare latino si trova a seguire il caso di Andrea, un ragazzo autistico che reagisce con violenza alla cattiveria di alcuni professori. E intorno a lei vede solo la rassegnazione di chi accetta contratti impossibili o di chi, arreso, scappa all'estero. Con stupore Emma si renderà conto che è proprio il suo ragazzino pieno di problemi a insegnarle che non bisogna più accettare i ricatti di questo Paese. Contro le crisi di Andrea, infatti, la famiglia le ha suggerito di ricorrere all'iguana, suo immaginario totem personale: se l'iguana non vuole, quella cosa non si fa. Evocare l'animale serve a renderlo innocuo fino a quando, però, il ragazzo non si trattiene più e sfoga la sua rabbia. Così, a fine anno, quando su tutti si abbatterà una serie di ingiustizie pubbliche e personali, Emma maturerà l'idea che un dio in forma d'iguana sarebbe d'accordo nel punire subito i colpevoli di un'Italia che non funziona più. Lei è pronta a seguirlo.
Orta San Giulio, Caffè del Lago. "E Gennaro dov'è? Come mai non è ancora arrivato?" Mario, Tancredi e Stefano sembrano comari di paese mentre aspettano il loro amico per l'aperitivo delle sette, al solito tavolino in piazzetta. E aprile, l'aria è quasi estiva: strano che Gennaro Vattuone, ex professore di latino e greco, non si faccia vivo. Una ragione c'è, irrimediabile: l'uomo è stato assassinato e il corpo giace sul pontile della villa dove il professore si era ritirato dopo aver lasciato l'insegnamento. Una quieta cittadina di provincia in cui tutti si conoscono, e tutti sanno tutto di tutti. Ma è davvero così? Al vicecommissario Enea Zottìa - lontano dalla Questura di Milano, dal suo matrimonio infelice con Enza e da certe serate solitarie con l'unica compagnia del gatto - sembra di essere in vacanza, ma gli bastano poche ore per capire che l'atmosfera d'altri tempi non è che la punta di un iceberg. La rete di segreti, menzogne e interessi particolari in cui è coinvolto l'intero paese non sarà facile da decifrare: l'omicidio ha l'aria di un'esecuzione. Per quale motivo la statua della Primavera nel giardino di Vattuone è stata ruotata con le spalle al lago? Anche gli amici del bar hanno un passato da nascondere, ma Zottìa sa bene come spingersi oltre con buonsenso e ragionevolezza. E più irragionevole, forse, la speranza che ripone in fondo al cuore e che riguarda Serena, l'amore della sua vita. O forse no...
"È successo tutto all'improvviso. Tutto! all'improvviso. Ha suonato alla porta. Sono andato ad aprirle. Appena l'ho vista ho avuto un sussulto, era uno schianto. Aveva i capelli sciolti, lunghi, un po' mossi. Un leggero trucco esaltava la grandezza degli occhi. Un vestito verde corto e aderente le disegnava un corpo sinuoso e scopriva gambe perfette. Ma non è stato quello, è stata una irresistibile, incomprensibile, inaspettata questione di pelle. Sono andato ad aprirle, dicevo, lei mi ha sorriso, ha fatto due passi dentro casa tenendo una mano dietro la schiena, io ho richiuso la porta, lei ha detto scusa volevo portare una bottiglia di vino ma in paese lo spaccio era già chiuso. Poi ha tolto la mano da dietro la schiena, mi ha detto ti ho portato un fiore, me lo ha dato, ha accennato un sorriso e un piccolo inchino, io l'ho preso dicendo uh, grazie, lei si è alzata un po' sulla punta dei piedi, mi ha baciato una guancia, poi l'altra, poi ha chiuso gli occhi, con la bocca è scivolata verso la mia bocca, sulla mia bocca. E ci siamo baciati."
Scoprire da una nonna pervicacemente 2.0 che tua figlia tredicenne si accompagna con "lo smutandato", guando non è impegnata a occupare la scuola costringendoti a smascherare tutte le tue più inconfessabili contraddizioni di genitore... Infettarti per fumare di nascosto da tuo figlio di dieci anni che si è arruolato nell'agguerrita setta anti-tabacco dei Visp, Vigili Intrepidi Studenti Passaparola... Rischiare di perdere l'aereo perché tuo marito non vuole rinunciare all'ultima e fondamentale tappa del suo pellegrinaggio americano: mangiare un panino nel bar della mitica scena di Harry ti presento Sally... Farti sbugiardare da Casper, l'unico cucciolo di labrador con disturbi alimentari, alla prima assemblea con il Dirigente scolastico di fronte alla congrega delle mamme perfette... Cercare di resistere alle tentazioni de LaSimo che ti vuole convincere a rottamare il marito e provare l'ebbrezza del toy boy... Bruciacchiare nel forno la torta appena comprata al ristorante macrobiotico sotto casa per far credere alla prole che l'hai fatta con le tue mani e dunque non sei la madre degenere che loro credono... Fare lo slalom tra i SUV in bicicletta in una Milano che finalmente ha cambiato colore, ma puzza ancora inesorabilmente di smog... Per tutto il resto, c'è LaCarla! L'unica psico-estetista-guru capace di dispensare le più illuminanti perle di saggezza mentre ti scioglie gli inestricabili nodi alla base del collo.
Da mesi, il lunedì e il giovedì, Roberto Marias attraversa a piedi il centro di Roma per raggiungere lo studio di uno psichiatra. Si siede davanti a lui, e spesso rimane in silenzio. Talvolta i ricordi affiorano. E lo riportano al tempo in cui lui e suo padre affrontavano le onde dell'oceano sulla tavola da surf. Lo riportano agli anni rischiosi del suo lavoro di agente sotto copertura, quando ha conosciuto il cinismo, la corruzione, l'orrore. Fuori, ma anche dentro di sé. Di professione fantasma, ha imparato a ingannare, a tradire, a sparire senza lasciare traccia. Una vita che lo ha ubriacato e travolto. Le parole del dottore, le passeggiate ipnotiche in una Roma che lentamente si svela ai suoi occhi, l'incontro con Emma, come lui danneggiata dall'indicibilità della colpa, gli permettono di tornare in superficie. E quando Giacomo gli chiede aiuto contro i suoi incubi di undicenne, Roberto scopre una strada di riscatto e di rinascita.
Nei casermoni di via Stalingrado a Piombino avere quattordici anni è difficile. E se tuo padre è un buono a nulla o si spezza la schiena nelle acciaierie che danno pane e disperazione a mezza città, il massimo che puoi desiderare è una serata al pattinodromo, o avere un fratello che comandi il branco, o trovare il tuo nome scritto su una panchina. Lo sanno bene Anna e Francesca, amiche inseparabili che tra quelle case popolari si sono trovate e scelte. Quando il corpo adolescente inizia a cambiare, a esplodere sotto i vestiti, in un posto così non hai alternative: o ti nascondi e resti tagliata fuori, oppure sbatti in faccia agli altri la tua bellezza, la usi con violenza e speri che ti aiuti a essere qualcuno. Loro ci provano, convinte che per sopravvivere basti lottare, ma la vita è feroce e non si piega, scorre immobile senza vie d'uscita. Poi un giorno arriva l'amore, però arriva male, le poche certezze vanno in frantumi e anche l'amicizia invincibile tra Anna e Francesca si incrina, sanguina, comincia a far male. Silvia Avallone racconta un'Italia in cerca d'identità e di voce, apre uno squarcio su un'inedita periferia operaia nel tempo in cui, si dice, la classe operaia non esiste più.
I racconti di "Non esiste saggezza" provengono dai luoghi della realtà quotidiana: sono volti che emergono dalla folla dei viaggiatori, in zone neutrali di transito. Soprattutto, figure di donne: con esse, la voce del narratore è partecipe, solidale, protettiva, come a voler condividere il peso di un segreto in varie forme doloroso, a volerle affrancare da un destino ostile. Appaiono improvvisamente: a un casello autostradale, la bambina solitaria chiede a un automobilista ignaro di accompagnarla verso il mistero. L'attesa notturna in un aeroporto è colmata dai versi di una poetessa russa, dalla sosta sfuggente di una sconosciuta. E, improvvisamente, queste donne scompaiono: dall'ambulatorio di una missione umanitaria, ultimo posto in cui sono state viste una dottoressa volontaria e la ragazza colombiana sua compagna, nella rischiosa sfida a ingiustizie e prevaricazioni. I personaggi maschili si trovano a cercare, a inseguire: un'impressione, un sospetto, una curiosità che li spinge oltre i limiti del prevedibile, talvolta del lecito. E la raccolta si completa con un vero e proprio romanzo di formazione in miniatura, ambientato negli spazi metafisici della Murgia. "Le cose non esistono se non abbiamo le parole per chiamarle."
Si chiama Ivan Mladovic, ma per tutti è Zico, come il mitico calciatore brasiliano, perché ha il dono di una precisione infallibile. Non con il pallone tra i piedi, però: dategli una cerbottana e saprà centrare un lampione da qualsiasi distanza. Non c'è vetro, finestra, barattolo che resti intero, quando passa lui. E poi ci sono gli orsi, quelli che gli zingari del quartiere si portano sempre appresso: bersaglio grosso e divertente. È l'estate del 1991, Zico ha tredici anni, due genitori annichiliti dal crollo della Jugoslavia e un fratello molto più grande di lui, Mirko, che è ufficiale nell'esercito. La guerra civile è alle porte e rimanere a Pancevo, sobborgo industriale di Belgrado, significherebbe consegnarsi alla violenza della strada. Così Mirko lo porta con sé, ma il fronte è troppo pericoloso, meglio affidarlo al gruppo di combattenti irregolari che si muove nelle retrovie e risponde al comando di Arkan, la Tigre. Ma che ne sa un bambino dell'odio? Cosa risponderà quando gli chiederanno di far saltare la testa a un altro uomo? L'amore tra fratelli può sopravvivere all'orrore? Tra le macerie di un Paese devastato e spettrale, Zico troverà la risposta a queste domande, una verità terribile da portare per sempre tatuata sulla pelle. In un romanzo duro ed emozionante, Paolo Alberti racconta un vertiginoso percorso di deformazione attraverso l'inferno di una guerra fratricida e senza onore. E lo fa con la delicatezza e la profondità di cui, si dice, soltanto i bambini sono capaci.
1953-1968: quindici anni di vita del nostro Paese raccontati da Giovannino Guareschi nelle piccole storie della sua famiglia che cresce e affronta i problemi della quotidianità, le nuove tecnologie e i nuovi pericoli sociali. L'Inquinamento che inizia ad avvelenare il mondo in cui viviamo. Il Divismo dei fan per i nuovi idoli. Il Consumismo inventato da una già efficiente propaganda televisiva. La Conquista del cosmo ridotta alla gara spaziale fra Usa e Urss. Il Benessere dell'auto, della tv, delle vacanze e delle cambiali. La Contestazione: la "Zanzara" al Parini e l'eskimo nelle università e nelle piazze, al grido di "Viva il Che!" e "Viva Mao!". Tutto attraverso la semplicità, l'umorismo e le "parole della quotidianità" con cui da sempre Guareschi riesce a raccontare con leggerezza anche cose terribili.