
1895 Guglielmo Marconi effettua la prima trasmissione radio – In Francia scoppia l’affare Dreyfus – Paul Gauguin si trasferisce nelle Isole Marchesi – A Venezia si svolge la prima Biennale – Viene pubblicato dall’editore Galli di Milano, dopo oltre dieci anni di gestazione, piccolo mondo antico,“finito di trascrivere l’11 agosto alla 15,45” – Alfred Nobel detta il suo testamento, con il quale istituisce un premio – King Camp Gillette inventa il rasoio di sicurezza – I fratelli Lumière presentano in pubblico la prima proiezione cinematografica
Piccolo mondo antico è il romanzo dell’inquietudine. Non solo l’inquietudine politica degli anni risorgimentali, tra le delusioni del 1848 e la riscossa del 1859, ma anche l’inquietudine morale e religiosa di una nazione travagliata, disorientata da un processo di unificazione tanto tardivo quanto repentino. Così i protagonisti del racconto, Franco e Luisa, sono gli interpreti straordinariamente moderni di questa lotta d’anime: le loro vicende hanno avvinto subito migliaia di lettori, facendo del romanzo il primo grande bestseller italiano, e ancora oggi scavano nei conflitti morali di una nazione tutt’altro che pacificata.
SOFFIAVA SUL LAGO UNA BREVA FREDDA, INFURIATA DI VOLER CACCIAR LE NUBI GRIGIE, PESANTI SUI COCUZZOLI SCURI DELLE MONTAGNE.
Infatti, quando i Pasotti, scendendo da Albogasio Superiore, arrivarono a Casarico, non pioveva ancora. Le onde stramazzavano tuonando sulla riva, sconquassavan le barche incatenate, mostravano qua e là, sino all’opposta sponda austera del Doi, un lingueggiar di spume bianche. Ma giù a ponente, in fondo al lago, si vedeva un chiaro, un principio di calma, una stanchezza della breva; e dietro al cupo monte di Caprino usciva il primo fumo di pioggia. Pasotti, in soprabito nero di cerimonia, col cappello a staio in testa e la grossa mazza di bambù in mano, camminava nervoso per la riva, guardava di qua, guardava di là, si fermava a picchiar forte la mazza a terra, chiamando quell’asino di barcaiuolo che non compariva.
Giorgio Correnti vive in una periferia romana di acquedotti e binari, dividendosi tra lo studio dell'arte medievale, le supplenze in una scuola superiore, i cornetti del bar del Zozzo e illuminanti viaggi in treno verso Milano per collaborazioni inconsistenti quanto prestigiose. Nella sua precarietà esistenziale non mancano poche ma granitiche certezze: i passaggi in macchina del fratello Mario, un ventitreenne grunge posthippy che ha redatto sul suo taccuino le tavole della legge uomo-donna; il salotto contaminato di Davide, il vicino che calcola algoritmi per una società di telefonia e che gli racconta di una donna che a rigor di logica matematica potrebbe anche non esistere; le occasioni del professor Abernati, che lo coinvolge in eventi accademici del calibro di Pitcha te stesso: le udienze con Zanbesi, il luminare che dischiude a Giorgio le porte di una vacanza in barca che gli cambierà la vita... Ma come sempre, mentre tu aspetti che il destino bussi delicatamente da una parte, lui arriva dall'altra e ti stana coi lacrimogeni. La casa di Giorgio viene travolta dall'arrivo di un nuovo amico che lo inizia all'arte della decorazione dei videopoker, al furto delle fave sulla Sacro-fanese e alla degustazione comparata dei biscotti nel latte. E, proprio negli stessi giorni, alla sua porta bussa anche la persona che più gli occupava i pensieri ma da cui meno se lo sarebbe aspettato: Agnese di fronte a cui non puoi che sentirti inattrezzato perché...
Trieste, 1944. Marta ha diciassette anni, “un’età in cui tutto ci accontentava e ci faceva sorridere”. Quei sorrisi vengono strappati brutalmente la sera del 29 marzo, quando due SS fanno irruzione in casa per prelevare la famiglia Ascoli, per metà ebrea. È l’inizio di un calvario senza fi ne. La prima tappa è la risiera di San Sabba, unico campo di concentramento nazista in Italia; poi verranno la separazione dalla madre, il terribile viaggio in treno verso Auschwitz, sola donna in un convoglio di uomini per non abbandonare il padre; quindi Birkenau, poi Bergen-Belsen, la neve, i lavori forzati, la denutrizione, le malattie, le torture. E quella frase che suona come una condanna a morte continuamente rinviata: «Tu da qui non uscirai che per il camino». Eppure Marta resta attaccata alla vita con tutte le sue forze; infi ne, stremata, quando decide di farla fi nita lanciandosi contro il fi lo spinato, la sentinella che la scopre non spara. Il destino ha in serbo per Marta il 15 aprile 1945, il giorno della liberazione per mano degli inglesi e la gioia immensa del ritorno a casa. Attraverso la sua testimonianza, Marta Ascoli ci ricorda la tragedia vissuta da una famiglia, dal popolo ebraico, dall’umanità intera: e, con la forza di un grido, ci spiega che Auschwitz è di tutti, luogo-simbolo della più grande ferita aperta nella storia del Novecento.
In un Lazio selvaggio e incantato vivono i due gemelli Remo e Romolo. Remo, predestinato al successo in qualità di primogenito, è molto legato al padre, il pastore Faustolo, che ripone in lui le speranze di riscatto del proprio popolo asservito ai Quiriti, nuovi padroni di Settemonti. Romolo, invece, si dedica al brigantaggio e gode piuttosto dell'appoggio della madre, Acca Larenzia, donna misteriosa in odore di magia. Mentre il primo, ombroso e dotato di strani poteri, è guardato con sospetto dai coetanei, il secondo raccoglie intorno a sé una banda di giovani su cui impone la propria autorità e il proprio carisma. Al compimento del diciassettesimo anno d'età, entrambi i fratelli entrano nell'esercito dei Sabini. Ma il destino li ha investiti di un'altra missione: fondare la città che governerà il mondo.
"Con questo volume, che raccoglie i primi quattro libri della serie "Mondo piccolo" nell'ordine voluto in vita dall'autore, inizia la pubblicazione delle opere di Guareschi in una nuova edizione ragionata. Guareschi non poteva prevederne il successo quando, alla vigilia di Natale del 1946, esce sulle pagine del "Candido" il primo racconto di don Camillo. Il piano dell'opera e tutta l'architettura degli oltre trecentosessanta racconti che Giovannino scrive settimanalmente, per vent'anni, seguono gli avvenimenti della storia d'Italia, dal dopoguerra al boom economico, passando per il Concilio Vaticano II e la rivoluzione studentesca del 1968, l'anno della morte dell'autore. Le raccolte volute da Giovannino rimettono in ordine i racconti. Ognuna è lo specchio di un'epoca. L'epopea di "Mondo piccolo" è un'opera aperta, che non ha inizio e non ha fine, perché don Camillo e Peppone potrebbero vivere altre mille avventure. Non siamo dunque nel tempo del romanzo ma in quello dell'epopea, con la saga del prete di campagna posta in un'aura atemporale ciclica e mitica. Così i racconti, fortemente radicati alla cronaca, sono rilanciati in una dimensione senza tempo. Perché le storie di don Camillo sono "favole vere", come dirà Guareschi, che conciliano con il mondo e con la speranza umana e cristiana, recuperando un'idea di narrativa classica, consolatoria, che parla al cuore degli uomini di tutto il mondo." (Guido Conti)
La vita, la morte, l’eredità, la roba. Le regole del sangue. Un mondo posseduto da riti primitivi e passioni inestinguibili, un mondo di uomini dolci come il miele e feroci come animali, attaccati con pelle e unghie alla terra. Questo mondo e la sua epopea di donne devote, di gente che si toglieva il pane di bocca per amore della roba, rivive nelle pagine del romanzo che il nonno Aurelio, uomo di fede repubblicana e mangiapreti, incitava l’autore a scrivere, e che è intitolato alla fortuna. Nella fortuna il vecchio aveva sperato per ricostituire il patrimonio che il capostipite, nonno Arcangelo, aveva dilapidato, tra amori e odi, grandezze e miserie. Aurelio, prossimo alla morte, aveva mostrato al nipote prediletto delle schegge di legno dorato, donate a lui da Arcangelo; le aveva conservate in gran segreto nella disperata speranza che potessero tornare a essere le ali dell’Arcangelo Michele, il protettore del capostipite, e riportare la famiglia agli antichi splendori liberandola finalmente dal fato avverso e crudele. Le parole dell’autore ne hanno tramandato la memoria ai discendenti di Arcangelo e Aurelio. Anche se non saranno mai più proprietari del Regno di Colle di Pietra, la terra nessuno riuscirà più a sottrargliela.
Questo è un romanzo sulla memoria e fatto di memoria, una scrittura che viene dalla terra dura e arcigna, ma che trascende l’autore perché vive di vita propria. È la storia di un’intera esistenza, il regalo di un grande scrittore al suo pubblico. Un glorioso banchetto di vivi e morti tra terra e cielo.
Perché di te mi fido come non mi sono mai fidato di nessuno. Perché dove ci sei tu c’è spazio anche per me. Perché sei calda, luminosa, nuova. Perché sei forte. Mi fai stare bene perché ho voglia di abbracciarti, sempre. Anche adesso.
EMANUELE FILIBERTO è nato a Ginevra nel 1972. Dal 2003 è potuto rientrare in Italia ed è divenuto un volto noto per il grande pubblico. Ha pubblicato Sognando l’Italia (1998), C’era una volta un principe (2009) e Maledetti Savoia, Benedetti Savoia (con Lorenzo Del Boca, 2010). Questo è il suo primo romanzo.
Nelle pagine della letteratura gialla si nasconde un eroe insospettabile e sfuggente: il detective bibliofilo. Esordisce nelle vesti di un raffi nato gentiluomo britannico con l’hobby delle indagini, diventa un elegante borghese americano che bada al sodo, assume le sembianze di investigatori privati al verde ma animati da nobilissimi ideali, si fa libraio a Parigi e cacciatore prezzolato di preziosi volumi in giro per l’Europa, riluttante e coltissimo inquisitore francescano, commissario di pubblica sicurezza votato ai libri per amore e infine ladro per passione e antiquario per copertura. Perché una figura non molto diffusa nella realtà infesta l’immaginario noir?
MARIO BAUDINO (1952), giornalista della “Stampa”, ha pubblicato romanzi e saggi, tra i quali ricordiamo Voci di guerra (Ponte alle Grazie 2001), Il mito che uccide (Longanesi 2004), Per amore o per ridere (Guanda 2008) e Il gran rifiuto (Longanesi 1991, ripreso da Passigli nel 2009).
Colpevole o vittima? Una controversa, indimenticabile figura di donna nell’atteso romanzo di uno dei maggiori scrittori italiani.
Un uomo e una donna si amano: oggi. Sono clandestini, ma presto sentono che la loro non è più una relazione fondata solo sull’attrazione fi sica e sulla passione. Giovanni vorrebbe Eva tutta per sé. Eva capisce di non poter più mentire al marito Fabrizio. E prende una decisione coraggiosa: lo lascia. Fabrizio, però, non si arrende. E, come accade allorché l’amore precipita nella prigione del puro possesso, la vicenda si fa aspra. Eva, quindi, dapprima resiste, smaschera l’egoismo del marito che la perseguita, e vive mesi di una smemorata, possibile felicità. Poi, di fronte a un imperativo più grande, cede: Fabrizio, infatti, si è ammalato e lei decide di tornare sui suoi passi. Tuttavia, questo sacrifi cio, che rende così umana la sua fi gura e al quale stavolta è Giovanni a non rassegnarsi, sarà inutile. Perché il destino è imprevedibile, sconvolge ogni piano. Eppure, quando tutti i protagonisti sembrano sul punto di perdere, o di perdersi, le loro vite sapranno ricomporsi in un disegno imprevedibile di redenzione.
GIORGIO MONTEFOSCHI (1946) è autore di quindici romanzi. Tra i suoi libri ricordiamo: La casa del padre (1994, Premio Strega), Il segreto dell’estrema felicità (2001), La sposa (2003), L’idea di perderti (2006) e Le due ragazze con gli occhi verdi (2010).
I racconti di "Non esiste saggezza" provengono dai luoghi della realtà quotidiana: sono volti che emergono dalla folla dei viaggiatori, in zone neutrali di transito. Soprattutto, figure di donne: con esse, la voce del narratore è partecipe, solidale, protettiva, come a voler condividere il peso di un segreto in varie forme doloroso, a volerle affrancare da un destino ostile. Appaiono improvvisamente: a un casello autostradale, la bambina solitaria chiede a un automobilista ignaro di accompagnarla verso il mistero. L'attesa notturna in un aeroporto è colmata dai versi di una poetessa russa, dalla sosta sfuggente di una sconosciuta. E, improvvisamente, queste donne scompaiono: dall'ambulatorio di una missione umanitaria, ultimo posto in cui sono state viste una dottoressa volontaria e la ragazza colombiana sua compagna, nella rischiosa sfida a ingiustizie e prevaricazioni. I personaggi maschili si trovano a cercare, a inseguire: un'impressione, un sospetto, una curiosità che li spinge oltre i limiti del prevedibile, talvolta del lecito. E la raccolta si completa con un vero e proprio romanzo di formazione in miniatura, ambientato negli spazi metafisici della Murgia. "Le cose non esistono se non abbiamo le parole per chiamarle."
"Saigon e così sia", dal titolo di un famoso articolo di Oriana Fallaci pubblicato da "L'Europeo" nel maggio 1975, raccoglie per la prima volta in volume i reportage dal Vietnam del Nord e dalla Cambogia (1969-1970), alcune celebri interviste ai protagonisti di quel conflitto e lo straordinario resoconto della caduta di Saigon. Come scrive Ferruccio de Bortoli nella Prefazione, "è l'ideale continuazione di "Niente e così sia", un diario preciso, un racconto fedele. Che comincia con una delusione, cocente. Con la sensazione, dolorosa (quando Oriana sbarca ad Hanoi), che quel Paese avvolto in 'un silenzio disumano' fosse molto diverso dall'immagine eroica e antimperialista che ne aveva gran parte dell'Occidente, e che aveva sedotto anche lei". Quest'opera molto attesa, alla cui preparazione la Fallaci aveva messo mano più volte, ancora nei mesi precedenti la sua scomparsa, completa l'eccezionale testimonianza della guerra nel Sud-Est asiatico. È il governo comunista di Ho Chi Minh a invitare Oriana, nel 1969, dopo i reportage dal Vietnam del Sud pubblicati da "L'Europeo" e tradotti nel mondo intero. La Fallaci incontra il generale Giap, parla con le giovani donne impegnate nella difesa antiaerea, intervista due prigionieri americani. Così come nel Sud aveva condannato la politica estera della Casa Bianca, qui sarà la prima a esprimere posizioni critiche su un regime immobile, cupo, "chiuso a chiave in muraglia ideologica".
Meditato, scritto e continuamente riscritto da Petrarca per tutta la vita, il "Canzoniere" è insieme la cronaca di una storia d'amore, uno studio spietato del proprio io, l'autobiografìa intellettuale e umana di un uomo ansioso e inquieto che cerca, e mai trova, la sua pace. Ma ogni definizione suona riduttiva per questa raccolta di rime, indiscutibilmente la più importante della nostra letteratura e destinata a fondare, attraverso innumerevoli epigoni, il gusto poetico dell'intera Europa: il "Canzoniere" anticipa, contiene e quasi riassume in sé ogni argomento e tendenza della tradizione poetica occidentale, tanto che parlare di Petrarca ha sempre finito per corrispondere al parlare semplicemente della poesia. Questa edizione, che si distingue per l'esemplare equilibrio tra rigore filologico e attenzione al lettore moderno, presenta un nuovo apparato di commento al testo e di raffronto fra le liriche petrarchesche e la letteratura contemporanea. Annotazioni di Paola Vecchi Galli e Stefano Cremonini.