
Giovanni è un bambino di Palermo. Per il suo decimo compleanno, il papà gli regala una giornata speciale, da trascorrere insieme, per spiegargli come mai, di tutti i nomi possibili, per lui è stato scelto proprio Giovanni. Tappa dopo tappa, mentre prende vita il racconto, padre e figlio esplorano Palermo, e la storia di Giovanni Falcone, rievocata nei suoi momentichiave, s'intreccia al presente di una città che lotta per cambiare. Giovanni scopre che il papà non parla di cose astratte: la mafia c'è anche a scuola, nelle piccole prepotenze dei compagni di classe, ed è una nemica da combattere subito, senza aspettare di diventare grandi. Anche se ti chiede di fare delle scelte e subirne le conseguenze. Claudio Stassi, nato e cresciuto a Palermo, interpreta il romanzo di Luigi Cariando in un fumetto che è anche un viaggio nella sua città, dove i colori del presente s'incontrano con il bianco e nero del passato, per una storia di forte impegno civile. Età di lettura: da 8 anni.
Estate 1917. La Libia è una colonia italiana in perenne rivolta. Nella notte fonda di Bengasi, un soldato si allontana ubriaco fradicio dall'accampamento. È un piccoletto rissoso, confinato in un capanno a smaltire la sbornia. Si chiama Carmine Jorio e il caldo del deserto lo opprime. Una spallata alla porta ed è a spasso sotto le stelle. L'uomo non sa che quella passeggiata da sbronzo sarà l'inizio di un'avventura. L'indomani si risveglia legato a un cammello, prigioniero dei ribelli. Lo portano al patibolo, ma Carmine ha fortuna. Gli viene offerta una possibilità: sopravviverà solo se lotterà al loro fianco. Da questo momento tutto cambia. Cambia la bandiera per cui combattere e quella contro cui sparare, cambia la lingua che parla e cambia persino il suo nome.
Due momenti lontani nel tempo, ma inestricabilmente legati. Da una parte, un Giovanni Allevi neodiplomato in composizione alle prese con l'intuizione del suo futuro linguaggio orchestrale; dall'altra l'amatissimo pianista-compositore lanciato in un folgorante viaggio per l'Italia alla guida di un'intera orchestra. Questo libro unisce le due storie, grazie a due linguaggi diversi che si rincorrono con le movenze di un contrappunto. Il racconto del tour è affidato a una narrazione per immagini, che coglie i trionfi e gli slanci, ma anche i momenti di intimità fuori dal palco. Parallelamente si dipana un intenso diario privato dove, tra ricordi e riflessioni, trova sfogo la crisi personale che nasce quando le esigenze della musica prendono il sopravvento su quelle dell'uomo. Perché sì, dispotica protagonista di entrambe le storie è ancora una volta lei, la strega capricciosa, che da sempre monopolizza la vita di Giovanni, esponendolo in eguale misura alla paura e alla speranza. Portare quel primo, lontano barlume di musica sinfonica alla piena maturità di "Evolution" ha richiesto ostinazione e sacrifici, la forza di cambiare e l'umiltà di accettare la propria costante insicurezza. Ma proprio quando la frattura sembrava irrecuperabile e lo sconforto lo ha spinto a chiedersi qual è la ragione più intima della sua scelta di artista, Giovanni ha riscoperto nella dedizione assoluta alla strega e nel calore del suo pubblico l'unica risposta possibile.
Al centro di questo struggente romanzo corale ambientato nel Sud (in Puglia, Basilicata, e Calabria tra il 1784 e il 1861) c'è il sogno di una repubblica contadina. Una saga di sangue e poesia, di eventi surreali e visioni, di dialoghi con i morti e gli animali, di affetti quotidiani e devastanti passioni.
La Berlino di questo libro non conosce confini, né geografici, né storici. Parlano le statue, il Muro, i grattacieli, le stazioni, le vie, le piazze, i morti, i vivi. Parlano Jesse Owens, Vladimir Nabokov, Rosa Luxemburg, Franz Kafka, Marlene Dietrich, le aquile del Terzo Reich e la Madonna del Botticelli. Apre la Dea della Vittoria che stringe la lancia aspirando i profumi del Tiergarten; chiude Albert Einstein, il cui genio sembra scintillare nello sguardo rapido di un ragazzine in bicicletta. Eraldo Affinati scende nei bunker sotterranei, nuota nelle piscine pubbliche, corre in BMW, sorride ai fantasmi, si perde in periferia, ritrova il sentimento italiano nei quadri della Gemäldegalerie e nelle canzoni di Mia Martini. Si rivolge a Marx ed Engels. Ammira gli studenti della Biblioteca Nazionale. Riflette nella Stanza del silenzio. Ci racconta degli Hohenzollern e delle giovani reclute morte sulle alture di Seelow per difendere Hitler. Fa amicizia coi venditori di Kebab. Segue gli ultimi sopravvissuti dei lager. Ascolta i piloti della Luftwaffe, le prostitute dell'Artemis, i calciatori corrotti della Dynamo, le gracchie che volano sugli stabilimenti dismessi della Sprea, perfino le birre tracannate sui banconi delle Kneipen. Alla fine ci consegna il ritratto impossibile di un camaleonte: una città che sembra più vera di quella autentica, ma è fantastica come una leggenda.
"Le donne non sono una fauna speciale e non capisco per quale ragione esse debbano costituire, specialmente sui giornali, un argomento a parte: come lo sport, la politica e il bollettino meteorologico." Così Oriana Fallaci nella premessa a "Il sesso mutile", il primo libro che pubblica con Rizzoli, nel 1961. L'anno precedente, inviata de "L'Europeo", è in Oriente insieme al fotografo Duilio Pallottelli per un'inchiesta sulla condizione delle donne. È partita alla ricerca di tracce di felicità e nel libro racconta la sua esperienza: a Karachi in Pakistan assiste al matrimonio di una sposa bambina e si ribella all'idea delle donne velate; a New Delhi incontra Rajkumari Amrit Kaur, figura di grande potere in India, e le sembra che assomigli a sua nonna; in Malesia conosce le matriarche che vivono nella giungla; a Singapore c'è la scrittrice Han Suyin, che sente subito amica; a Hong Kong le cinesi non hanno più i piedi fasciati ma le intoccabili abitano ancora sulle barche, senza mai scendere a terra; a Tokio è smarrita di fronte all'impenetrabilità delle giapponesi e a Kyoto affronta il mistero delle geishe; alle Hawaii cerca invano i segni di un'esistenza originaria intatta. Il viaggio si conclude a New York, dove il progresso ha reso più facile la vita delle donne a confrontarsi con "un mondo di uomini deboli, incatenati a una schiavitù che essi stessi alimentano e di cui non sanno liberarsi".
Il libro è il tragico monologo di una donna che aspetta un figlio guardando alla maternità non come a un dovere ma come a una scelta personale e responsabile. Una donna di cui non si conosce né il nome né il volto né l'età né l'indirizzo: l'unico riferimento che viene dato per immaginarla è che vive nel nostro tempo, sola, indipendente e lavora. Il monologo comincia nell'attimo in cui essa avverte d'essere incinta e si pone l'interrogativo angoscioso: basta volere un figlio per costringerlo alla vita? Piacerà nascere a lui? Nel tentativo di avere una risposta la donna spiega al bambino quali sono le realtà da subire entrando in un mondo dove la sopravvivenza è violenza, la libertà un sogno, l'amore una parola dal significato non chiaro. Con la prefazione di Lucia Annunziata.
Il nome di Dante è nel pensiero di molti indissolubilmente legato al titolo della sua opera maggiore: la "Divina Commedia". È facile dimenticare che il grande poema fu solo il punto d'arrivo di un percorso iniziato nella prima giovinezza. Leggere le "Rime", dai sonetti giovanili alla vitalistica esuberanza di "Sonar bracchetti" e alle atmosfere oniriche di "Guido, i' vorrei" fino alle liriche poi raccolte nella "Vita Nuova", come "Donne ch'avete" e "Tanto gentile", significa accompagnare Dante nel lungo viaggio alla ricerca di una propria voce poetica che avrà come meta finale la "Commedia". Teodolinda Barolini analizza da punti di vista innovativi e spesso inediti le singole rime, facendo luce sull'evoluzione artistica e ideologica del poeta e sui rapporti che intercorrono tra le "Rime" e il capolavoro della maturità.
Queste tragedie sono in realtà commedie: scenette teatrali in due battute basate sul 'nonsense' e sul paradosso. Achille Campanile mette in luce la pericolosità dei luoghi comuni, scardinandoli dall'interno e dissolvendoli nella loro assurdità. I personaggi che si muovono su questo palcoscenico immaginario, in un'atmosfera di sospensione ossessivamente nutrita di dettagli, hanno una sola battuta a testa per giocare il loro ruolo. Talvolta le stesse note di rappresentazione costituiscono l'intero contenuto della tragedia, come in quella d'apertura, "Una tragedia evitata in tempo", nella quale l'unico protagonista non recita una sola battuta; o in quella di chiusura, "Un dramma inconsistente", il cui solo personaggio è Nessuno, la scena "si svolge in nessun luogo" e Nessuno "tace". Beppe Severgnini, difensore appassionato della lingua italiana, sottolinea come Campanile tratti le parole: "Con delicatezza, infilzandole una a una, come un collezionista di farfalle. In un romanzo si può sbagliare una pagina, in un racconto un paragrafo, in un articolo qualche parola. In una 'Tragedia in due battute' neppure una virgola. Campanile trasforma la precisione stilistica in una vertigine letteraria".
Rosetta Loy pubblica questo libro originariamente in francese, nel 2007, accogliendo la proposta di Colette Fellous, che dirige la collana “Traits et portraits” per l ’editore Mercure de France. La narrazione è accompagnata da fotografie che fissano momenti della sua storia personale, stati d’animo, atmosfere, sentimenti che si riflettono nel racconto senza necessariamente corrispondervi, immagini che conservano la loro parte di segreto e che rimandano ad altre immagini o a parole o a un gusto, come quello del cioccolato con l’arrivo a Roma degli americani, “ i nostri liberatori nonché conquistatori ”.
La prima mano è quella del padre, un tempo forte e protettiva, mano amata
e amorosa, che sorregge, cura e salva. Scorrono i ricordi mentre l’autrice, col suo sguardo di bambina, di adolescente e poi di donna, attraversa gli anni di un’esistenza che appare privilegiata e dolente. Lo sguardo rimane sempre lo stesso, acuto, preciso, intuitivo, vero. C’è una guerra che sconvolge il Paese e la bambina la osserva attenta, i bombardamenti e la fame, l’occupazione e le stragi dei nazisti. Ci sono vacanze al mare
e in montagna, dimore borghesi con cameriere e balie, l’autista Francesco, “possente e meraviglioso”, le due sorelle e il fratello.
Ci sono i primi turbamenti, l’infelice consapevolezza del proprio corpo.
I viaggi con la famiglia su improbabili treni, mentre scene belliche di desolazione passano nel sole dell’estate davanti al portellone aperto del vagone bestiame.
La narratrice percepisce il mondo che si sgretola fuori dalle sue stanze
e intanto coltiva un senso di universale compassione che non la lascia mai, neanche quando nell’età matura conosce l’amore più doloroso e profondo, che offre al lettore con incursioni fulminee nella materia viva della memoria più recente (“La terza è una mano fragile e caparbiamente generosa, la mano di un antico guerriero che possiede ancora il ricordo delle battaglie combattute. Una mano da amare, da scaldare con il calore della bocca”).
Un libro intenso in cui, come scrive Livres Hebdo, “la nostalgia è intelligente, pudica e senza effusioni eppure carica di una tenerezza violenta e sensuale”.
È l’alba quando la giovane Yumiko viene prelevata dalle guardie dello Shogun e torturata pubblicamente. La sua unica colpa è essere figlia di Kayata, samurai cattolico che non ha potuto pagare le tasse alle autorità, i cui uomini ormai da anni umiliano i cristiani di Shimabara con una violenza cieca e annientatrice. Ma nonostante la miseria e il sangue fatto scorrere per fiaccare la loro volontà, gli abitanti del villaggio si raccolgono attorno al simbolo di cui nessuno può privarli: il crocifisso di Cristo. Lo stesso al quale i primi cristiani giapponesi venivano inchiodati dalle guardie dello Shogun. La violenza su Yumiko è la scintilla che spinge uomini e donne alla ribellione estrema: rifugiati nel castello di Hara si oppongono al giogo persecutorio e a un destino ineluttabile. L’assedio da parte degli uomini dello Shogun dura cinque interminabili mesi, senza cibo e possibilità di scampo, ma quel “branco di contadini”, guidati dall’Inviato del Cielo, da Kayata e dal suo discepolo Kato, resistono, aggrappandosi alla speranza incrollabile nella resurrezione. Perché solo la fede può superare ogni sopraffazione e dare linfa vitale a un popolo in lotta.
Il crocifisso del samurai, l’opera forse più ambiziosa di un autore che ha trascorso la vita a indagare la storia della cristianità, è uno struggente romanzo storico capace di toccare le corde più profonde dell’anima esplorando le radici del concetto stesso di fede. L’epica ribellione dei samurai cristiani di Shimabara nel 1637 - dopo la quale per due secoli il Giappone si chiuse a ogni contatto con l’esterno - rivive in un affresco crudo e realistico, denso di azione e di colpi di scena, che testimonia l’eroismo di chi è morto per non rinnegare il proprio credo.
Un nuovo romanzo di Vittorino Andreoli che ci consegna un ritratto inedito, lucido e appassionato del vuoto in cui vivono i giovani d'oggi.