
Firenze, 1482. Il giovane Leonardo da Vinci si è già fatto un nome, come apprendista alla celebre bottega del Verrocchio. Ma insieme alla fama il talento gli ha portato anche molti nemici, tanto che la città non è più un luogo ospitale per lui. Così, quando Lorenzo il Magnifico, suo protettore, gli offre una possibilità di riscatto, Leonardo accetta senza remore. Dovrà recarsi a Milano, dal duca Ludovico il Moro, alleato dei Medici. Ufficialmente sarà uno dei valenti artisti chiamati a dare lustro alla corte degli Sforza, e avrà l'occasione di creare capolavori che lo renderanno immortale. Ma quella che nasce come una nobile collaborazione finirà presto per trasformarsi in un insidioso legame, quando il nuovo mecenate di Leonardo si rivelerà il suo antagonista... Tra storia e leggenda, una sfida pericolosa per un genio che non ha avuto pari.
Edizione integrale
A cura di Sergio Campailla
Il volume raccoglie l’opera narrativa completa di Pirandello, cioè i romanzi e le novelle, e tutta la produzione teatrale.
Fin dal primo romanzo, L’esclusa (1901), i personaggi della narrativa pirandelliana tracciano il grafico della solitudine e dell’alienazione dell’individuo di fronte a una realtà contraddittoria, inafferrabile, inconoscibile, priva di punti di riferimento. Ognuno a suo modo esemplifica o denuncia la sconcertante inquietudine, lo scacco, la sconfitta che nascono dall’impossibilità di sapere, di prevedere, di conoscere la verità dell’esistenza propria e altrui. E l’autore delinea questa accidentata geografia di naufragi esistenziali con quella «pietà spietata» che rappresenta l’ingrata ricchezza della sua visione umoristica, in cui convivono dolore e riso, partecipazione e distacco.
Nelle Novelle per un anno, che Pirandello iniziò a raccogliere in volume nel 1922, lo sguardo penetrante dello scrittore agrigentino affronta il grigiore della normalità, dell’esistenza quotidiana, squarcia le cortine del perbenismo, frantuma le rigide maschere che nascondono i veri, incerti lineamenti, si muove in una varietà multiforme di ambienti, sonda le profondità della psiche, incrina le false certezze. E libero, imprevedibile come la vita, mosso dal suo particolare umorismo, trascrive, senza aderire a moduli esterni, la sofferenza dell’individuo destituito di ogni orgoglio, in conflitto con se stesso e con gli altri, disorientato da una sorte sempre mutevole.
Maschere nude raccoglie il grande percorso teatrale di Pirandello: dall’esordio del 1910, con i due atti unici Lamorsa e Lumie di Sicilia, attraverso quel momento culminante rappresentato, nel 1921, da Sei personaggi in cerca d’autore, in cui il teatro borghese cede il posto a un dramma che si costruisce paradossalmente nella sua stessa impossibilità di costruzione, fino al teatro «dei miti», e alla grande visione tragica ed epica del commiato in forma di capolavoro de I giganti della montagna, in cui i toni drammatici si stemperano nel racconto sorridente di una favola, e la «servetta sveltissima » di Pirandello, che «si chiama Fantasia», raggiunge forse il suo più alto momento espressivo.
- Tutti i romanzi:
• L’esclusa
• Il turno
• Il fu Mattia Pascal
• Suo marito
• I vecchi e i giovani
• Quaderni di Serafino Gubbio operatore
• Uno, nessuno e centomila
- Novelle per un anno
- Maschere nude
La più completa raccolta delle opere leopardiane (comprendente, fra l'altro, tutti gli scritti della precoce fanciullezza, le dissertazioni filosofiche e alcune lettere sparse in riviste specialistiche) è qui disponibile in una edizione curata e annotata da Lucio Felici per la selezione poetica e da Emanuele Trevi per la sezione della prosa. Un autentico "monumento letterario", che raccoglie una vastissima e varia produzione: i Canti, le Operette morali, ma anche i Paralipomeni, i Pensieri, le traduzioni poetiche, i saggi e discorsi, l'Epistolario. Poi, lo Zibaldone, specchio di una straordinaria esperienza umana e intellettuale, chiave di lettura insostituibile di tutta l'opera leopardiana, in cui convergono, tra l'estate del 1817 e l'inverno del 1832, sondaggi introspettivi, capitoli di diario, meditazioni filosofiche di folgorante genialità, frammenti di compiuta poesia, riflessioni sociali e politiche, note filologiche, analisi di testi antichi e moderni. Le opere contenute in questa raccolta dimostrano come Leopardi sia, dopo Dante, l'unico grande autore nella storia della letteratura italiana a riunire in sé la fantasia vertiginosa del poeta e la profondità speculativa del filosofo.
Accanto alla poesia altissima e senza tempo della Divina Commedia è stata riunita in questo volume l'intera produzione dantesca, dalla Vita nuova (1292-93), l'intimo memoriale in rime e prosa poetica dell'amore di Dante per Beatrice, alle Rime, mai raccolte da Dante in un corpus unitario; dal Convivio, scritto in volgare tra il 1304 e il 1307 per rendere accessibili anche al pubblico più vasto temi scientifici e filosofici, al trattato latino De vulgari eloquentia; dal Monarchia, trattato politico in tre libri, alle due Egloghe latine composte tra il 1319 e il 1320, fino alle 13 Epistole latine, scritte tra il 1304 e il 1319, e alla Quaestio de aqua et de terra, tesi filosofica letta a Verona nel 1320.
Una vita è il primo passaggio obbligato per entrare in quella sorta di “presa di coscienza”, individuale e collettiva, della crisi della cultura e dei valori dell’uomo europeo, che i romanzi di Svevo in qualche modo rappresentano. Nel racconto di un’esistenza che si svolge tutta all’insegna del non vivere, si scontrano la poetica del verismo e del naturalismo, l’oggettività con cui vengono descritti ambienti e tematiche sociali con la tensione, tutta nuova, dell’introspezione psicologica e autobiografica. La parabola esistenziale di un sognatore, implacabile analizzatore di se stesso, negato all’azione e quindi destinato all’inevitabile fallimento.
Con Senilità Svevo entra nel pieno della sua maturità letteraria. Pubblicato per la prima volta nel 1898 con scarso successo, fu salutato come un capolavoro nel 1927, dopo che Joyce ebbe dichiarato pubblicamente il suo grande apprezzamento per questo libro. È la storia, in una Trieste allietata dai clamori del Carnevale, di un “eroe esistenziale” la cui protesta sociale, il cui non ritenersi figlio dei tempi si arrendono all’amore per una donna, miscuglio irresistibile di sensualità e devozione, di grazia e sfacciata volgarità, di egoismo e pietà. Nell’opera si respira, ormai libera e naturale, quella che Montale definì «l’epica della grigia casualità della nostra vita di tutti i giorni».
Rimasto anch’esso incompreso per lungo tempo, La coscienza di Zeno è il più importante romanzo di Svevo e uno dei capolavori della letteratura italiana contemporanea. È il resoconto di un viaggio nell’oscurità della psiche, nella quale si riflettono complessi e vizi della società borghese dei primi del Novecento, le sue ipocrisie, i suoi conformismi e insieme la sua nascosta, tortuosa, ambigua voglia di vivere. Primo romanzo “psicoanalitico” della nostra letteratura, quest’opera rivoluzionaria seppe interpretare magistralmente le ansie, i timori e gli interrogativi più profondi di una società in cambiamento.
L’inettitudine ad aderire alla vita, l’eros come evasione e trasgressione, il confine incerto tra sanità e malattia sono i temi centrali di Svevo che ritroviamo anche nei percorsi narrativi dei suoi bellissimi e insoliti racconti.
Cristo si è fermato a Eboli è il resoconto del confino di Carlo Levi in Lucania durante il regime fascista, ed è riconosciuto come uno tra i romanzi più importanti della letteratura europea. Il viaggio verso sud e la permanenza nel piccolo paese di Gagliano permetteranno all'autore di conoscere luoghi e persone, usi e costumi, a lui fino ad allora sconosciuti. E in questo mondo contadino, così lontano da ogni possibile immaginazione e così vicino proprio perché reale e tangibile, Levi troverà un'umanità diversa, forte e affascinante. Il podestà Magalone e Donna Caterina, Sanaporcelle e il fido cane Barone, che lo accompagna ogni giorno nella sua passeggiata fino al cimitero. Il lento scorrere dei giorni in questa provincia meridionale degli anni Trenta è affollato di personaggi e vicende che l'autore descrive con toccante realismo in un racconto meditativo che lascia - ancora oggi - senza fiato.
«Le case dei ricchi e le baracche, le violenze criminali, quelle politiche, l'aspetto sconosciuto di una metropoli.»
Corrado Augias
La storia di Lupo comincia in una Roma ricca e borghese, tra splendide ville, domestici in livrea, abiti firmati. Poi un giorno, annoiato da un’esistenza vuota fatta di lusso e ipocrisia, il giovane Lapo decide di fuggire e abbandonare la famiglia: vuole scoprire la vita della strada, la vita vera. Così il piccolo e viziato Lapo diventa Lupo, barbone, senzatetto, ladro. Sotto l’ala protettrice di Tamoa ha inizio il suo viaggio nel ventre della capitale, alla scoperta di un’umanità diversa, nascosta, sommersa nel fango e nel buio: una Roma notturna e violenta, fatta di gente che vive nell’ombra, che tra furti, prostituzione e aggressioni lotta ogni giorno per la sopravvivenza. Nei due romanzi (L’istinto del Lupo - finalista al premio Strega 2009 - e La legge di Lupo solitario), la penna tagliente e appassionata di Massimo Lugli ricostruisce la storia a tinte forti di una vera e propria discesa nell’inferno metropolitano, tra personaggi memorabili per nobiltà o viltà d’animo, fame, freddo, inganni, perversioni di ogni genere, ma anche inaspettati spunti poetici.
Trilussa è il poeta dialettale più famoso d'Italia, grazie a un linguaggio romanesco che ha il dono di farsi capire da tutti. La cronaca in versi della vita romana e nazionale, filtrata attraverso una bonaria ironia, si svolge dai Sonetti del 1895 a La gente del 1927, approdando alle "favole" di Lupi e agnelli e Ommini e bestie. Questa poesia divenne interprete della borghesia, che vide riflessi nei versi trilussiani i propri vizi e le proprie debolezze: da Libro n. 9 del 1929 a Acqua e vino del 1945, vicende e costumi della vita italiana furono espressi da Trilussa con affabile arguzia, venata a tratti da una crepuscolare malinconia. Edizione con 12 disegni dell'autore.
Godereccio, eccentrico e beffardo, il marchese del Grillo passa le sue giornate nell'ozio, dedicandosi alle donne e alla vita mondana. Nella Roma papalina di inizio Settecento, dove sacro e profano si mescolano fino quasi a confondersi, questo nobile bizzarro diventa l'emblema di una società scanzonata e decadente allo stesso tempo. Luca Desiato fa rivivere nel suo libro le gesta del celebre personaggio: ne narra le situazioni rocambolesche, ne descrive l'umorismo e la malinconia. Una figura divenuta celebre in tutta Roma per i suoi scherzi, un personaggio storico e leggendario che la tradizione popolare ha portato fino ai nostri giorni, facendone una straordinaria maschera dell'italianità.
È il 101 d.C, l'anno in cui Roma, all'apice della sua potenza ed espansione, intraprende forse la sua più grande e meno conosciuta guerra: la campagna per la conquista della Dacia, l'odierna Romania. Il carismatico imperatore Traiano guida l'impresa, ossessionato dall'idea di emulare le gesta di Alessandro Magno. Ma se i romani possono mettere in campo la disciplina, la strategia e la collaudata forza delle legioni, i daci, condotti dal re Decebalo, hanno fama leggendaria di essere uomini dal sovrumano coraggio, guerrieri pronti a tutto. E a contrastare la minaccia dell'invasore appaiono anche alcune misteriose creature, assetate di sangue romano. All'ombra delle operazioni dirette da Traiano si intrecciano i destini di due fratelli romani: Tiberio Claudio Massimo, valoroso cavaliere, soldato ambizioso e determinato, e Marco, indolente e refrattario alle responsabilità. Tiberio passerà alla storia come colui che catturò il temibile Decebalo: la colonna traiana e la sua stele ritrovata nel secolo scorso lo raffigurano mentre tenta di impedire al sovrano nemico di suicidarsi. Marco invece è un frumentarius, una spia, un infiltrato nelle file daciche, eppure per la vittoria finale anche le sue mosse sotterranee risulteranno decisive.
Nella nostra epoca, la straordinaria eredità intellettuale di Machiavelli appare in tutta la sua modernità: la sua definizione del comportamento "doppio" del politico e la dialettica "virtù"-"fortuna" ritornano spesso nelle elaborazioni di storici e studiosi del pensiero politico occidentale, negli articoli degli opinionisti, nei saggi degli intellettuali. Il Segretario fiorentino è noto al grande pubblico come fautore della filosofia del fine che giustifica i mezzi, espressa in quel gioiello di trattato politico che è "Il Principe", che all'epoca della sua pubblicazione suscitò un vero scandalo: il "diabolico" fiorentino vi affermava, tra le tante cose che, se il Principe vuole conquistare e mantenere il proprio Stato, deve adottare per necessità un modo di agire "doppio", deve saper gestire le apparenze. Solo questo stravolgeva la tradizione umanistica, e il concetto di moralità era sostituito da quello di necessità storica. Oltre che nelle opere politiche, Machiavelli si espresse come grandissimo scrittore anche nelle opere teatrali: la "Mandragola" va in scena anche oggi e racconta tutta la devozione del suo autore per un'etica naturale, per la concretezza delle opere umane esaminate e vissute escludendo qualsiasi trascendenza. Questa edizione - introdotta da un saggio di Nino Borsellino, è arricchita da un nutrito apparato biobibliografico, da note esplicativa e da un glossario concettuale.