
"Gli orrori della Siberia", scritto nel 1900, è un classico romanzo di avventura, nel quale fra i topos tipici di questo genere letterario (il viaggio, la natura contraria, le lotte con le fiere e i traditori...), si individua la percezione dell'impero zarista - potente e crudele, ma ingenuo e corruttibile - che si aveva in Italia all'aprirsi del XX secolo. Prefazione di Claudio Gallo.
Ai libri che d'Annunzio pensò e non scrisse, Guglielmo Gatti dedicò un lungo saggio apparso nel dicembre 1964 nell'Osservatore politico letterario. Prima di lui, nell'aprile 1929, si era occupato dell'argomento Camillo Antona Traversi nella Nuova Antologia con due articoli. Nell'aprile 1966, ancora in Nuova Antologia, Emilio Mariano, nelle Opere incompiute da d'Annunzio negli archivi del Vittoriale, colmò le lacune contenute negli scritti di Gatti e di Antona Traversi. A occuparsi, poi, della questione fu Mario Vecchioni che nel 1973 diede alle stampe il volumetto La vita di Gesù ed altre opere incompiute di d'Annunzio, nel quale cercò di spiegare perché le opere annunciate non furono mai realizzate. Il libro di Vecchioni spinse Donatello D'Orazio - rimasto affascinato dalla notizia che d'Annunzio nel 1893 aveva avuto l'intenzione di scrivere una Vita di Gesù - a occuparsi della vicenda; e fu così che nel 1975 elaborò un saggio su come nacque l'idea di d'Annunzio di scrivere il libro e poi perché nemmeno lo iniziò. Il saggio di D'Orazio fu pubblicato postumo dall'Editore Solfanelli con la mia prefazione nel 2009. L'argomento non poteva non attirare l'attenzione del dannunzista Angelo Piero Cappello, il quale ha passato in rassegna l'Opera omnia di d'Annunzio e ha estrapolato e commentato tutti i brani che il Poeta ha riportato su Gesù. Ne deriva che è stata messa una pietra tombale sulla lunga e delicata vicenda, perché se è vero che non esiste il libro su Gesù pubblicato da d'Annunzio è anche vero che abbiamo questa pubblicazione che contiene, in maniera coordinata, i dettami fondamentali che il Poeta ha scritto sul Redentore nelle sue opere.
Dal blog “Maestrapiccola”, alle pagine di questo libro, l’autrice Cristina Petit, maestra bolognese di una scuola primaria, ci guida tra i pensieri e le parole di un diario quotidiano.
Da settembre a giugno, giorno dopo giorno, le storie di un intero anno scolastico prendono vita sulla carta. Una parte dei post, i più belli, i più toccanti, i più importanti sono diventati questo libro. Sono piccoli racconti che ci fanno sorridere, commuovere, divertire o anche arrabbiare. E a poco a poco emerge il ritratto della scuola di oggi, così com’è davvero, con i nonni baby-sitter, i precari arrabbiati, i genitori confusi, i ministri lontani, la scuola dei tagli e delle finte riforme.
Ma soprattutto, e al di sopra di tutto, il libro si concentra sullo “stato di salute” dei bambini nella realtà di oggi, considerando l’impatto sottile ma evidente di alcuni fattori chiave sul loro comportamento, il loro linguaggio, le emozioni e le modalità relazionali: la pubblicità, la moda, la TV, i videogiochi. Fattori fuori da ogni controllo, spesso sottovalutati, in grado di annullare ogni distanza tra i bambini e gli adulti, anche nella loro identità di consumatori.
Se i bambini sono la cartina al tornasole dello stato di salute degli adulti e della società proposta, allora è lecito e doveroso un grido d’allarme e una reazione collettiva. I bambini ci insegnano a diventare grandi: dallo sguardo attento di una maestra, da un punto di osservazione privilegiato, quale è il laboratorio-scuola, l’invito a reagire, a prendere consapevolezza e, soprattutto, a iniziare ad avere cura di noi stessi e della realtà circostante, partendo dalla difesa dei bambini e del loro diritto di esserlo.
Una voce e una presa di posizione appassionata, ironica e autentica da parte di chi la scuola la vive dall’interno e la difende con ogni sforzo ogni giorno. Lontano da ogni intento retorico e moralistico, lo stile e la scrittura di Cristina Petit sono “lievi” e leggeri: la leggerezza propria di ogni sguardo intelligente e aperto, curioso, ironico e ostinatamente partecipe della realtà, nella sua accezione più semplice e umana.
"La vita smaschera, la vita eccede, la vita è più grande; offre sempre, e pur mutevolmente, una condizione di se stessa che supera ogni idea [...]" scrive nella premessa l'autore, lasciando ben intendere come l'esistenza sia il tema centrale dell'ennesima fatica della sua sterminata produzione editoriale. Un'esistenza raccontata attraverso le sue molteplici forme, i più reconditi risvolti psicologici e le maschere più disparate, che ogni volta riflettono immagini e contenuti del quotidiano come se fosse osservato attraverso i lati e le angolature di un prisma.
L'arte e i temi della narrativa di Salvatore Niffoi si esprimono compiutamente in questo volume che raccoglie tutti i romanzi dello scrittore sardo targati Il Maestrale: cinque libri in uno, cinque storie su un'umanità dolente che s'affanna contro il destino. Si compone così il "ciclo dei Malfatati", un nome che ricalca il sardo malefadados: gli sventurati, donne e uomini colpiti da una sorte avversa. Come i memorabili personaggi di questi libri: dal postino di Picherfa che tenta di riscattare una vita grama rispondendo alle lettere che ancora arrivano all'indirizzo di un giramondo morto in disgrazia; a Cristolu, il frate che si farà bandito per vendetta; fino alle cinque donne alla ricerca di un "nuovo Adamo" sopravvissuto all'Apocalisse, nell'ultimo inverno del mondo.
salvatore Niffoi (1950) è nato e vive a Orani (Nuoro). Con Il Maestrale pubblica i romanzi: Il viaggio degli inganni (1999); Il Postino di Picherfa (2000; tradotto in Francia); Cristolu (2001); La sesta ora (2003); L'ultimo inverno (2007).
Nel 2007 esce per la collana "La Biblioteca della Nuova Sardegna" il romanzo La leggenda di Redenta Tiria, poi (2005) ripreso da Adelphi che in seguito pubblica: La vedova scalza (Premio Campiello 2006); Ritorno a Baraule (2007); Collodoro (2008); Il bastone dei miracoli (2009); Il pane di Abele (2009); Il lago dei sogni (2011).
Nel caos di sentimenti che spesso significa l'adolescenza si inoltra questa breve quanto intensa storia di amicizia, di furore giovanile e di rivalsa. Volpe, Claudio e Denis sono amici divisi nella competizione. Per vincere il torneo interparrocchiale di pallanuoto, l'allenatore don Sazzini vi ha iscritto due squadre e la sorte ha deciso che Claudio e Denis, nella stessa formazione, saranno avversari di Volpe, portiere nell'altra. Il giorno della sfida, dopo un rocambolesco finale di partita, accade nel chiuso degli spogliatoi qualcosa che minaccia anche l'amicizia del trio di tredicenni. Qualcosa che ne fa risaltare, nel bene e nel male, le diverse personalità: Volpe leale e sincero, Claudio debole e remissivo, Denis invidioso e meschino. Dopo quella partita che sembra dover decidere tutto nella vita dei ragazzi, gli eventi prendono la via insidiosa del ricatto e conosceranno rapidi ribaltamenti fino all'inatteso finale. Tanto è convulso e difficile diventare grandi: perché crescere "è come partire con un biglietto di sola andata in tasca ... iniziare un viaggio, che fa male e rende felici allo stesso tempo. Un viaggio che sembra non cominciare mai e quando ci si rende conto che si è partiti è già tempo di scendere dal treno".
A Pirocha, come in tutta l'isola di Degnasàr e come nell'intero pianeta, non piove più da molti mesi. I pozzi gorgogliano ultimi lamenti, i fiumi espongono scheletri di sassi bianchi, i mari iniziano ad evaporare. In questo mondo riarso la vita resta sospesa sotto un sole implacabile. Persino Filò, prostituta-intellettuale di Pirocha, che su questo Dio distratto e sordo alle suppliche ha maturato una teoria tutta sua, resta senza lavoro. Poi, un giorno, la pioggia spezza la maledizione. Un'euforia matta prende tutti, restituiti alla vita. Però è un preludio di diluvio: peggio dello scampato deserto. Cinque donne, le prescelte visitate dal colombaccio messaggero, Filò in testa, attraverseranno lo sconquasso, temendo l'ultimo inverno del mondo, per trovare rifugio nel monastero cistercense di Taladdari, abbandonato e solitario sulla montagna, ma già covo di banditi sanguinari. Attenderanno una primavera che fiorisca dal fango, e sarà forse un'altra infanzia del mondo. Con un problema: la procreazione della specie, e chissà se a valle non si trovi una possibilità: un Adamo sopravvissuto al cataclisma.
«La casa era semplice, ma comoda: due camere per piano, grandi, un po' basse, coi pianciti e i soffitti di legno; imbiancate con la calce; l'ingresso diviso in mezzo da una parete: a destra la scala, la prima rampata di scalini di granito, il resto di ardesia; a sinistra alcuni gradini che scendevano nella cantina. Il portoncino solido, fermato con un grosso gancio di ferro, aveva un battente che picchiava come un martello, e un catenaccio e una serratura con la chiave grande come quella di un castello. La stanza a sinistra dell'ingresso era adibita a molti usi, con un letto alto e duro, uno scrittoio, un armadio ampio, di noce, sedie quasi rustiche, impagliate, verniciate allegramente di azzurro: quella a destra era la sala da pranzo, con un tavolo di castagno, sedie come quelle altre, un camino col pavimento battuto. Null'altro. Un uscio, solido pur esso e fermato da ganci e catenacci, metteva nella cucina. E la cucina era, come in tutte le case ancora patriarcali, l'ambiente più abitato, più tiepido di vita e d'intimità.»
«Una teoria tanto in apparenza azzardata quanto, in realtà, suffragata da puntuali riferimenti iconografici e storico-critici dimostrerebbe che il pittore Tiziano, forse invitatovi dal Falconetto, frequentò la città di Trento in epoca pre-conciliare. Pare confermarlo in particolare la Madonna del Coniglio, attualmente custodita al Louvre; la Vergine accarezza (ma forse cattura) un coniglio dal mantello bianco, già allora stanziale nella zona; si può inoltre notare la stretta somiglianza dell'ambiente sullo sfondo con l'attuale zona del Briamasco e si può agevolmente riconoscere, in lontananza, il Palon del monte Bondone». Così comincia un libro che partendo da una storia vera, il problema dei conigli che stringevano d'assedio il cimitero della città di Trento - problema assurto a questione politica che ha assediato per anni la giunta comunale - divaga, depista, scava, sorride e irride. Senza offesa per i conigli.
Tema e sfondo di questa raccolta di racconti brevi è il mondo editoriale. Le figure canoniche, i ruoli codificati per eccellenza di questo brulicante universo che sembra ruotare unicamente intorno alla propria orbita, vengono sezionati con spietata impassibilità. L'esordiente, il libraio, l'editore, la traduttrice improvvisata, il filologo, il critico stroncatore, l'autore "maledetto", i premi letterari, l'ufficio stampa, tutto viene visto attraverso l'humour di chi, pur consapevole di appartenere a quell'ambiente, non rinuncia a posarvi uno sguardo distaccato e ironico, talvolta amaro fino allo struggimento.