
L'amore non chiede il permesso. Arriva all'improvviso. Travolge ogni cosa al suo passaggio e trascina in un sogno. Così è stato per Emma, quando per la prima volta ha incontrato Marco che da subito ha capito come prendersi cura di lei. Tutto con lui è perfette. Ma arriva sempre il momento del risveglio. Perché Marco la ricopre di attenzioni sempre più insistenti. Marco ha continui sbalzi d'umore. Troppi. Marco non riesce a trattenere la sua gelosia. Che diventa ossessione. Emma all'inizio asseconda le sue richieste credendo siano solo gesti amorevoli. Eppure non è mai abbastanza. Ogni occasione è buona per allontanare da lei i suoi amici, i suoi genitori, tutto il suo mondo. Emma scopre che quello che si chiama amore a volte non lo è. Può vestire maschere diverse. Può far male, ferire, umiliare. Può far sentire l'altra persona debole e indifesa. Emma non riconosce più l'uomo accanto a lei. Non sa più chi sia. E non sa come riprendere in mano la propria vita. Come nascondere a sé stessa e agli altri quei segni blu sulla sua pelle che nessuna carezza può più risanare. Fino a quando nasce sua figlia, e il sorriso della piccola Martina che cresce le dà il coraggio di cambiare il suo destino. Di dire basta. Di affrontare la verità. Una verità difficile da accettare, da cui si può solo fuggire. Ma il cuore, anche se è spezzato, ferito, tormentato, sa sempre come tornare a volare. Come tornare a risplendere. Più forte che può.
La favola di Cenerentola comincia da qui. Quella tratta dal "Cunto de li cunti" (1634-36) è la più antica versione del tradizionale racconto di Cenerentola, che ha poi ispirato Perrault e i fratelli Grimm. La giovane Zezolla, figlia di un principe, viene indotta dalla propria istitutrice a uccidere la matrigna, che sempre si è mostrata crudele con lei. Quando il padre decide di prendere in moglie la maestra, Zezolla, scalzata dalle sei figlie di lei, finisce al lavoro nelle cucine, disprezzata e apostrofata come la "Gatta Cenerentola". Completano il volume tre delle più apprezzate fiabe del "Pentamerone": "La pulce", "La cerva fatata", "La vecchia scorticata".
Ad accogliere i viaggiatori che d'estate sbarcano sul molo di Bellano dal traghetto Savoia c'è solo la scalcagnata fanfara guidata dal maestro Zaccaria Vergottini, prima cornetta e direttore. Un organico di otto elementi che fa sfigurare l'intero paese, anche se nel gruppetto svetta il virtuoso del bombardino, Lindo Nasazzi, fresco vedovo alle prese con la giovane e robusta seconda moglie Noemi. Per dare alla città un Corpo Musicale degno di questo nome ci vuole un uomo di polso, un visionario che sappia però districarsi nelle trame e nelle inerzie della politica e della burocrazia, che riesca a mettere d'accordo il podestà Parpaiola, il segretario comunale Fainetti, il segretario della locale sezione del Partito Bongioanni, il parroco e tutti i notabili della zona. Un insieme di imprevedibili circostanze – assai fortunato per alcuni, e invece piuttosto sfortunato per altri – può forse portare verso Bellano il ragionier Onorato Geminazzi, che vive sull'altra sponda del lago, a Menaggio, con la consorte Estenuata e la numerosa prole.
Almeno il cappello racconta la gloriosa avventura del Corpo Musicale Bellanese, le mille difficoltà dell'impresa e la determinazione di chi volle farsene artefice. A ritmo di valzer e mazurca, con il contorno di marcette e inni, Andrea Vitali s'inventa un'altra storia tutta italiana, fatta di furbizie e sogni, ripicche e generosità, pettegolezzi e amori. E la scrive con la passione per l'intrigo, il brio e il buonumore, la verità e la semplicità che servono per farci capire la ricchezza e gli imprevisti che punteggiano tutte le nostre vite.
Nel 2009 Almeno il cappello ha vinto il premio Casanova, il premio Procida Isola di Arturo Elsa Morante, il premio Campiello sezione giuria dei letterati, ed è stato finalista al premio Strega.
«Una volta, in Cina, una studentessa dell’università di Xi’an mi ha chiesto cosa si perde scrivendo. Ardua domanda kafkiana. E leggendo? Una volta Borges ha detto che lasciava ad altri di gloriarsi dei libri che avevano scritto e che la sua gloria erano invece i libri che aveva letto.»
Alfabeti è un viaggio tra i libri e nella letteratura – o meglio, uno dei mille possibili viaggi alla scoperta dei libri, dei loro autori e di noi stessi. Il percorso inizia dalle letture d’infanzia e d’adolescenza, da quei libri fondanti che contagiano il piacere della lettura, dando il sapore del racconto e dell’avventura, aprendo alla scoperta del mondo.
In Alfabeti ci sono i libri che ci hanno formato, che ci hanno ferito e insieme hanno saputo curare la ferita. I libri che permettono di conoscere e ordinare il mondo e quelli che ne svelano il caos travolgente e distruttore, l’incanto e insieme l’orrore. I libri che fanno balenare la salvezza e quelli che si affacciano sul nulla. Soprattutto quelli che allargano i confini della letteratura e rimandano aldilà di essa.
Al cuore di questo volume è la crisi che dal Novecento getta le sue ombre e le sue illuminazioni fino a noi. Magris ne scava le radici nel Romanticismo – risalendo peraltro all’antichità e immergendosi nelle letterature anche più lontane e periferiche – e la insegue nelle tragedie che hanno segnato e segnano la nostra storia recente.
Alfabeti parla soprattutto di libri che s’intrecciano e si scontrano con la vita e con la Storia per tornare poi alla vita, plasmando gli sguardi, le idee, i sogni e le esistenze quotidiane dei loro lettori. Libri che trascendono anche la propria perfezione estetica per dire il dolore come la bellezza, l’amore come l’abiezione.
Il libro coglie soprattutto le contraddizioni talora tragiche della letteratura e dei suoi autori, capaci di far capire a tutti cosa sia l’umanità ma anche di violarla colpevolmente. Anche per questo il percorso si conclude con un’appassionata e lucida riflessione sul rapporto della letteratura con l’etica e con la politica, riflessione che mette in luce contemporaneamente la necessità dell’impegno e l’altrettanto necessaria irresponsabilità della poesia.
Una risoluta disposizione a rispettare lo svolgimento disordinato e imprevedibile della vita governa il capolavoro manzoniano. Seguendo un filo modesto che si dipana e si arruffa, rimbalza in ogni direzione, il narratore giunge a scoprire la rete di connessioni che unisce tutte le parti della babelica dimora umana, dalle più grandiose alle più inospitali, e l'intimo rapporto di necessità che collega gli elementi del disegno complessivo. Casta ma non timida, la fantasia del Manzoni è affascinata dalla violenza delle passioni che ardono nel cuore umano, e vuol riviverne tutte le potenzialità in un paragone assiduo di estremi opposti, dall'infima bassezza all'eroismo sublime. Introduzione e note di Vittorio Spinazzola.
La prima cantica della "Commedia" è sempre stata letta e apprezzata per i grandi personaggi, gli incontri frontali, gli episodi drammatici, i sentimenti corposi che la attraversano e la interpretano. Anche se questi sono tratti più vistosi che distintivi del mondo infernale rispetto alle dimensioni degli altri due, sin dal suo primo apparire, la rappresentazione dantesca del male è stata visitata ed esaltata come una galleria storico-romanzesca di quadri firmati, antichi e recenti. Ed è nelle loro sculture e raffigurazioni che troveremo le ragioni di un successo d'impressionante continuità.
Se l'Inferno è la cantica più drammatica, rutilante e movimentata, nel Purgatorio, l'unico regno oltremondano non eterno, predominano i toni elegiaci, i colori tenui della mestizia e del dolore che redime. Dal coro dolente e sospiroso dei peccatori che sono disposti sulle sette balze di una montagna dominata dal paradiso terrestre, non emergono più i lividi simboli della disperazione perenne, ma rassegnate e come velate creature che il poeta disegna affettuosamente.
Terzo e ultimo volume del ciclo degli Uzeda, "L'imperio" riprende il personaggio principale de "I Viceré", l'ambizioso e cinico Consalvo, e ne segue l'ascesa politica a Roma, in qualità di deputato e di ministro. Sinora poco letto anche a causa dello stato provvisorio in cui l'autore lasciò il dattiloscritto tra le sue carte (prima della pubblicazione postuma nel 1929), il romanzo di De Roberto ritorna oggi in un nuovo testo criticamente rivisto che sana le incongruenze delle edizioni precedenti, accompagnato da un commento che per la prima volta fa luce sui tantissimi riferimenti polemici alla corrotta politica liberale di fine Ottocento e lo presenta ai lettori in tutta la sua statura di grande classico. Arricchisce il volume un'ampia introduzione del curatore, Gabriele Pedullà, dove, a partire da "L'imperio", l'intera trilogia degli Uzeda viene riletta retrospettivamente alla luce dell'inesausta pulsione a smascherare la violenza dei rapporti di forza - nella coppia, nella famiglia, nell'arena pubblica - che accompagnò De Roberto per tutta la vita.
Gioia ha sempre pensato che ci fosse una parola per dare un senso a tutto. Dove quelle che conosceva non potevano arrivare, c'erano quelle delle altre lingue: intraducibili, ma piene di magia. Ora, il quaderno su cui appuntava quelle parole giace dimenticato in un cassonetto. Gioia è diventata la notte del luminoso giorno che era: ha lasciato la scuola e non fa più le sue chiacchierate, belle come viaggi, con il professore di filosofia, Bove. Neanche lui ha le risposte che cerca. Anzi, proprio lui l'ha delusa più di tutti. Dal suo passato emerge un segreto inconfessabile che le fa capire che lui non è come credeva. Gioia non ha più certezze e capisce una volta per tutte che il mondo non è come lo immagina. Che nulla dura per sempre e che tutti, prima o poi, la abbandonano. Come Lo, che dopo averla tenuta stretta tra le braccia ha tradito la sua fiducia: era certa che nulla li avrebbe divisi dopo quello che avevano passato insieme. Invece non è stato così. Gioia non può perdonarlo. Meglio non credere più a nulla. Eppure, Lo e Bove conoscono davvero quella ragazza che non sorride quasi mai, ma che, quando lo fa, risplende come una luce; quella che, ogni giorno, si scrive sul braccio il verso della sua poesia preferita. Che a volte cade eppure è felice. È quella la Gioia che deve tornare a galla. Insieme è possibile riemergere dal buio e scrivere un finale diverso. Insieme il rumore del mondo è solo un sussurro che non fa paura. Enrico Galiano ha finalmente deciso di regalare ai suoi lettori il seguito di "Eppure cadiamo felici".
Oggi la paura ha un nuovo nome: Covid-19. Per sconfiggerlo l’unica strada è rimanere a casa. Tra le quattro mura che ci hanno sempre protetto e che ora, però, sono diventate confini invalicabili. Sono diventate quasi un nemico. E invece, giorno dopo giorno, chi da sempre lavora con le parole ha scoperto che le stanze, le finestre, anche gli angoli più remoti di casa sono ali verso il mondo. Ognuno di loro ha così scelto il modo per dare vita a questa magia.
Dalle loro case, ventisei scrittori tra i più importanti del panorama italiano hanno dato un senso a questi giorni scegliendo di fronteggiare l’emergenza anche con le armi della letteratura. Per portare la loro quotidianità ai lettori che li amano. E hanno deciso di farlo insieme alla casa editrice Garzanti, devolvendo tutto il ricavato all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
C’è chi ha voluto parlare delle sue giornate, delle routine consolidate, delle novità che strappano un sorriso. Delle lacrime che non si riescono a fermare, ma anche della forza della natura che scioglie il nodo in gola. Di convivenze forzate, come di distanze dalle persone care che sembrano insormontabili. C’è chi racconta di vicini sconosciuti che non lo sono più e del lavoro che cambia nei suoi strumenti ma non nella sua sostanza. Alcuni ammettono l’errore di aver pensato che non poteva essere tutto vero o danno voce agli animali che, invece, sono felici che sia tutto vero. Altri affidano le riflessioni su questi strani giorni alla voce dei personaggi amatissimi che hanno creato. Tutti sono sicuri che usciremo più consapevoli di quello che è davvero importante e che ci incontreremo, ci abbracceremo e passeggeremo presto tutti insieme. Sono sicuri che la solidarietà sarà il valore che porteremo con noi senza poterne più fare a meno.
Tutti loro sono convinti che le parole, i libri, le storie, uniscono. Creano vincoli invisibili che spezzano ogni barriera. Mentre leggiamo non siamo mai soli. E siamo forti. E tutto appare come sarà. Perché andrà tutto bene.
Ritanna Armeni, Stefania Auci, Alice Basso, Barbara Bellomo, Gianni Biondillo, Caterina Bonvicini, Federica Bosco, Marco Buticchi, Cristina Caboni, Donato Carrisi, Anna Dalton, Giuseppe Festa, Antonella Frontani, Enrico Galiano, Alessia Gazzola, Elisabetta Gnone, Massimo Gramellini, Jhumpa Lahiri, Florence Noiville, Clara Sánchez, Giada Sundas, Silvia Truzzi, Ilaria Tuti, Hans Tuzzi, Marco Vichi, Andrea Vitali.
«A rigor di lessico, io non sono un dantista... un dantista è per definizione uno studioso, e io sono tuttalpiù uno studente: un molto attempato studente che campa scrivendo, e da ultimo leggendo forte quello che ha scritto.» Vittorio Sermonti ha dedicato una vita intera alla diffusione della Commedia, portandone i versi in radio, in televisione, nelle piazze: la sua è stata la prima ed è rimasta la più autorevole e appassionante delle letture. Questo libro raccoglie per la prima volta sette conferenze e lezioni che Sermonti ha proposto nel corso del suo ostinato e fedele percorso di studio e approfondimento: da un viaggio sonoro attraverso il Purgatorio a una magistrale analisi del Dante scienziato fino alla conferenza del 2011 dove al poeta sono affiancati Virgilio e Verdi in una scintillante analisi delle premesse della nostra antichissima lingua. Prende così forma davanti ai nostri occhi non il Dante della scuola o della tradizione, ma il Dante di Sermonti: dell'uomo che - come dice la moglie Ludovica Ripa di Meana nella breve nota introduttiva - «con scrittura e voce ha provato a contagiare, di almeno un po' di tanta grandezza e bellezza, ogni singolo altro per stanare, come diceva ogni volta, anche dal più sfaticato, il più indigente, il più ridicolo, il più canaglia o il più coglione, la misura di grandezza che quell'ognuno può avere, ma non sa di avere».
Senza un uomo accanto, una donna non è nulla. Teresa ha sempre sentito l'eco di questa frase, come il vento durante la tempesta, ma non ci ha mai creduto. Lei che è quiete e fuoco, rabbia e tenerezza, lotta contro il pregiudizio da quando è nata. Rimasta orfana, non ha avuto nessuno a proteggerla dalla propria intelligenza, oltre che dalla propria bellezza. Un intero paese la rinnega, impaurito di fronte alla sua indipendenza, alle sue parole e alle sue azioni. Perché in fondo sono solo queste a renderla diversa dalle altre donne. Neanche aver creato una famiglia con l'uomo che ama ha messo a tacere le malelingue e i pettegolezzi. Nessuno crede che la sua fortuna, derivante da un emporio e una taverna che ha costruito e gestisce con le sue forze, sia frutto di fatica e tenacia. Ma le voci sono sempre rimaste solo voci, anche quando a rispondere a tono è Maria, la bruja del villaggio, che vaga per le strade senza una meta precisa. Quando tutto cambia, Teresa deve difendere ciò che ha conquistato e dimostrare che può farcela da sola. Che non rinunciare a sé stessa significa essere libera. Vuole dare a quel vento, pieno di parole feroci, un afflato nuovo; ma il pregiudizio è forte e saldo, come una radice ancorata alla terra. Valeria Usala ha scelto di dare voce a una donna dimenticata, una donna che ha deciso di resistere contro tutto e tutti. Una giovane autrice rompe il silenzio che avvolge una storia che ha molto da raccontare. Una storia in cui la Sardegna è protagonista attraverso la sua natura, le sue leggende e le sue contraddizioni. Una storia di coraggio e rinuncia. Una storia di amore e potere. Una storia di rinascita e di speranza.