
L'impagliatore uccide le sue prime vittime quasi per caso, nel silenzio della campagna. Attorno al suo segreto, gravita una caotica città di mare resa invivibile da un interminabile sciopero della nettezza urbana. Il commissario Amaldi indaga nel ricordo di un atroce delitto che sconvolse la sua adolescenza. Il poliziotto Ajace giace inerte in un letto d'ospedale e il suo passato di orfano scampato all'incendio del suo orfanotrofio viene a galla contemporaneamente ai primi delitti del maniaco. Una vicenda morbosa, tesa e vibrante.
Scritte fra la stesura di "Menzogna e sortilegio" e "L'isola di Arturo", le poesie di "Alibi" sono ossessionate dall'io e dalla fatalità. Ma un altro registro, meno visonario, uno stile più lieto, barbaro e giullaresco fa di queste poesie un momento in cui Elsa Morante era allo zenit della gioia creativa. "Narciso" è un testo scritto nel 1945, rinvenuto in un quaderno di scuola dove la scrittrice annotava progetti e abbozzi. Da quel quaderno, alcuni testi confluiranno in "Alibi" altri in "Menzogna e sortilegio".
Nel giorno della Liberazione di Roma un padre e un bambino avanzano contromano nella folla da Porta Pia verso il Quadraro: nel loro racconto i fatti salienti della guerra a Roma si mescolano al libero scorrere della fantasia narrativa. Il testo nasce da una storia vera raccontata all'autore dal padre, Gaetano Celestini detto Nino. Lo spettacolo "Scemo di guerra" ha esordito alla Biennale di Venezia e questo libro, a differenza degli altri volumi di Celestini pubblicati da Donzelli, non è il testo dello spettacolo ma una versione romanzesca dello stesso spunto.
Che cos'è una bambina impossibile? Una furia che lancia i coltelli nella mensa dell'asilo, ma quando è al pianoforte con il padre suona melodie meravigliose. Diletta ha sette anni e di questo passo rischia di fare tutte le elementari in seconda. La sua musica assume dei toni selvaggi, accenti diabolici. A undici anni il pianoforte sparisce. La terza volta che si è persa in metrò ha visto emergere dal buio un nano in frac che canticchiava in falsetto e da quel giorno è stato il suo amico portatile. Diletta colleziona dottori, farmaci e istituti per la rieducazione dei bambini difficili. Tutte le forme di violenza che gli adulti esercitano su quello che non riescono a capire. Fino a quando a ventun'anni parte per New York e finalmente trova una musica tutta sua.
Giulio Rovedo ha una moglie inflessibile e un impiego sempre più flessibile: travolto dalla madre di tutte le fusioni bancarie, viene sballottato da una scrivania all'altra e poi spedito, assurdamente, in un paese indonesiano. Al motto di "meno cose sai, meglio è per te", si trova a poco a poco invischiato in un complotto planetario e in una strana storia d'amore. E se in entrambi i casi tutti tradiscono tutti, forse a guidare il gioco è la stessa donna: quella che Giulio disprezza e adora, il suo capo. Al ritmo spedito di un'immaginazione debordante, esplosiva, riprendendo temi e personaggi dell'"Elenco telefonico di Atlantide" per proiettarli in una dimensione parallela, il nuovo romanzo di Avoledo racconta con spietata e umoristica precisione le miserie del nostro oggi, la vita e l'amore ai tempi dell'azienda.
Partiamo dall'inizio. Da quando per sfuggire al traffico della città, e provare a contrastare l'insonnia, Antonio compra una bicicletta. La notte, però, continuano ad assalirlo pensieri che si susseguono indisciplinatamente: una sorta di "intasamento democratico" in cui il problema del riscaldamento globale ha lo stesso valore di un bottone dei pantaloni che si stacca. Ma proprio da quel magma prende forma l'idea di girare un documentario sui sentimenti, che mischi neuroscienza, biologia evolutiva e psicologia. Perché gli uomini e le donne oggi sembra che in amore si siano scambiati i ruoli? Ma il disordine delle notti si ricompone al mattino, quando i figli fanno colazione e tocca accompagnarli a scuola - Brando fissato con il calcio, Marianna alle prese con la creatività e i suoi cascami. Cominciano cosi giornate fatte di aerei da prendere per lavoro, consigli di classe e "cene bislacche" in cui giocando ai mimi si finisce per rivelare aspetti terribili del proprio carattere. Aggiungeteci il funambolico tentativo di tenere a bada gli automatismi da maschio casertano che porterebbero Antonio a corteggiare tutte le donne, e l'avversione viscerale per il fanatismo ecologista. Cosi la realizzazione del documentario si allontana, e quel sentimento dolceamaro della delusione rischia di prendere il sopravvento, perché "mica la parola amore rende la vita migliore, no, semmai la rende possibile, migliore certo che no".
Xenia è la tata di Mirò, la donna che tutto ha guardato e mai giudicato. Nel suo narrare si affacciano isole di mandorle e viti, case che sanno di cucina, di spezie e di gelsomini, di esistenze interrotte. E tanti personaggi, come Colette, la bisnonna di Mirò, finita a occuparsi di un convento in un'isola dell'Egeo, o come il nonno Selim, grande giocatore di carte, che viveva ai piedi dell'Acropoli in una casa piena di donne e tappeti. Ma anche Omar, finito tra i ballerini russi di un piccolo teatro parigino e morto forse senza sepoltura. Il romanzo dello psichiatra e sociologo, docente di Culture e linguaggi giovanili, racconta una storia che si dipana lungo tutto il Novecento, passando da un lato all'altro del Mediterraneo.
In un villaggio padano del Seicento, cancellato dalla storia, si consuma la tragica vita di Antonia, strega di Zardino. Dalla nebbia del passato riemergono situazioni e personaggi a volte comici e persino grotteschi, a volte colmi di tristezza.
Negli anni Settanta in un cortile di un agglomerato-alveare della periferia milanese, una banda di bambini si ritrova ogni giorno a giocare. Sono figli di immigrati meridionali, e nella banda ci sono ragazze, fratelli minori e capi. Il luogo magico è per i bambini il capannone della ditta di recupero di materiali ferrosi che sorge nelle vicinanze e i bambini sono gli unici a sapersi orientare al suo interno. Poi un bambino scompare. Qualche settimana prima una bambina era stata ritrovata morta. I sospetti cadono su una specie di scemo del villaggio che però per i bambini è innocente...
Pubblicato nel 1927 è il romanzo più tipico di Pirandello, quello in cui meglio si manifesta il nucleo fondamentale di quel particolare sentimento della vita e della società che sta alla base di tutta la sua grande opera teatrale. Vitangelo Moscarda si convince improvvisamente che l'uomo non è "uno", ma "centomila"; vale a dire possiede tante diverse personalità quante gli altri gliene attribuiscono. Solamente chi compie questa scoperta diventa in realtà "nessuno", almeno per se stesso, in quanto gli rimane la possibilità di osservare come lui appare agli altri, cioè le sue centomila differenti personalità. Su questo ragionamento il tranquillo Gengé decide di sconvolgere la sua vita.
Pubblicato nell'aprile del 1950 e considerato dalla critica il libro più bello di Pavese, "La luna e i falò" è il suo ultimo romanzo. Il protagonista, Anguilla, all'indomani della Liberazione torna al suo paese delle Langhe dopo molti anni trascorsi in America e, in compagnia dell'amico Nuto, ripercorre i luoghi dell'infanzia e dell'adolescenza in un viaggio nel tempo alla ricerca di antiche e sofferte radici. Storia semplice e lirica insieme, "La luna e i falò" recupera i temi civili della guerra partigiana, la cospirazione antifascista, la lotta di liberazione, e li lega a problematiche private, l'amicizia, la sensualità, la morte, in un intreccio drammatico che conferma la totale inappartenenza dell'individuo rispetto al mondo.
Gli orrori della persecuzione fascista e razzista, la crudeltà della storia, l'incantesimo dell'infanzia e la felicità del sogno: sono gli elementi intrecciati con grazia e eleganza, di questo romanzo triste e dolcissimo. La prima edizione del romanzo è del 1962.