
È il 1578. Il giovane missionario gesuita Matteo Ricci trascorre alcuni anni in India, a Cochin, porto del Malabar, emporio delle spezie, città di coabitazione tra comunità religiose ed etniche diverse. È inviato dai superiori del collegio in cui vive a rintracciare un antico missionario, Padre Alvaro Penteado. Abbandonato dai connazionali, ma considerato un uomo santo dagli indiani, il vecchio, che non ha quasi più nulla di europeo, sembra confuso e schiacciato dai suoi fallimenti. Ma il suo racconto trascina il giovane, lo sommerge come le acque torbide della laguna di Cochin, guidandolo alla scoperta di un mondo smisurato e conturbante, conducendolo dove egli, con tutta la sua scienza e la sua razionalità, non avrebbe mai voluto o pensato di spingersi.
Dragutin Jovanovic è sfuggito, ancora bambino, allo sterminio nazista dei rom. Nella sua storia, i più scorgono il marchio di un destino benigno che lo ha preservato fino a oggi, ormai anziano ma ancora punto di riferimento di un esteso campo rom italiano. Attorno a lui, e a ciò che ha saputo costruire con la sua fortuna, si snoda un romanzo che lega storie, culture e tempi diversi, in cui il protagonista è la comunità, con le sue regole e le sue tradizioni tramandate di padre in figlio come un peccato originale. Fanno da scenografia i racconti attorno al fuoco, i piccoli, rassicuranti riti quotidiani, le complicate relazioni tra nomadi di origini e culture diverse che molti di noi chiamano semplicisticamente "zingari", ignari delle responsabilità politiche di chi ha offerto loro una prigione all'aperto senza fare distinzione tra vivere e sopravvivere. Ma "La fortuna di Dragutin" è altresì la storia di un amore in aperto contrasto con i princìpi della società rom. Anche per questo, tutto sembra disfarsi mentre incombe la sciagura finale, una disgrazia annunciata che nessuno dei protagonisti ha le risorse per allontanare. Con la mente alle cicatrici che la storia ha inferto al suo popolo tra la Seconda guerra e il conflitto balcanico, Dragutin si interroga sul vero significato della sua fortuna.
Si può scrivere la storia vera di una donna che non è mai esistita? La risposta è sì: lo hanno fatto le centodiciannove voci di donne realmente esistite che si alternano in questo romanzo in un montaggio sapiente, che trascina ed emoziona. Donne del Novecento italiano diverse per età, inclinazioni, livello d'istruzione, estrazione sociale, che hanno lasciato lettere, diari, memorie private. Scrivere, per loro, ha significato soprattutto portare in salvo se stesse. «Un corteo di donne che cercano, per una di loro, il posto in un universo maschile». Il primo romanzo della collana Unici è un libro sulle donne diverso da tutti gli altri. Il suo gesto rivoluzionario è questo: al posto di parlare dell'oggi resta avvinghiato alle radici, al Novecento, e fa parlare i documenti senza aggiungere un commento. Accosta delle voci vere e lascia fare a loro. La protagonista di "Nonostante tutte" si chiama Nina ma potrebbe chiamarsi con oltre cento nomi differenti. La sua storia è immaginaria, il suo racconto no: è affidato alle parole di chi ha lasciato una traccia di sé in una pagina fuggita all'oblio. È attraverso questi frammenti di voci, scelti dall'autore tra migliaia e poi assemblati come tessere di un mosaico, che la protagonista di questo romanzo prende vita. Come se quelle centodiciannove donne si passassero in una staffetta senza fine il testimone e la parola per raccontare un'unica storia con un brillio diverso. L'infanzia incantata e spaccata, il desiderio di una vita differente, il sesso, il lavoro, il matrimonio, la maternità, la malattia, l'amicizia, l'impegno civile, la vecchiaia... Esperienze individuali irriducibili, certo, eppure collettive. Per questo il romanzo dalla struttura originalissima a cui dà vita Filippo Maria Battaglia può dirsi anche un romanzo politico. L'emozione nasce da lì: nel vedere, nel sentire, ciò che è simile e ciò che invece resta legato a una vita, a quella vita. Nell'accostare le storie alla Storia, senza mai rinunciare alle zone d'ombra. Perché le parole possono essere anche cicatrici e «a questo - dice Nina - devono servirmi le mie, a ricordare».
Langhe, 1935. La fuliggine delle fabbriche lascia il posto al dolce profilo delle colline infiammate dai colori dell'autunno. Mentre guarda il paesaggio che scorre dal finestrino del treno, Anita sa che ad attenderla non è una vacanza, ma una trasferta di lavoro per la rivista di gialli «Saturnalia», in compagnia dell'immancabile Sebastiano Satta Ascona. Per lei è così raro lasciare Torino che tutto le sembra meraviglioso. Inoltre è il periodo della vendemmia, il momento ideale per visitare le Langhe. Se non fosse che, pochi giorni dopo il suo arrivo, il corpo di un ragazzo viene trovato al limitare del bosco. In quel breve lasso di tempo, Anita ha scoperto che, insieme ad altri coraggiosi coetanei, il giovane faceva parte di un gruppo scout, in segreta violazione dei divieti imposti dal regime. Anita rimane affascinata da quella dimostrazione di carattere. E intanto, forse ispirata dal rosso del vino e dai mille volti di una terra ricca di inaspettati misteri, si avvicina come mai accaduto prima a Sebastiano. Ma perdere il controllo è un rischio, soprattutto se ci sono una verità da scoprire e la morte di un ragazzo a cui rendere giustizia. Anita è consapevole che solo le parole dei suoi amati detective possono mostrarle la strada verso la verità. Anche se il coraggio di non fermarsi davanti a nulla deve trovarlo dentro di sé. E ora ha bisogno di molto coraggio, perché i fili delle sue intuizioni la portano dove non avrebbe mai immaginato. Anita è di nuovo qui e con lei i racconti gialli che hanno fatto la storia della letteratura. Sullo sfondo dei vigneti incantevoli delle Langhe, la morte arriva puntuale, ma anche l'amore. Nessuno dei due in modo semplice, questo ormai Anita l'ha capito.
Per Vani fare la ghostwriter è il lavoro ideale: può scrivere chiusa in casa in compagnia dei libri, ma soprattutto può sfruttare al meglio il suo dono di capire al volo le persone e di ricreare perfettamente il loro stile di scrittura. Un'empatia innata che il suo datore di lavoro sa come sfruttare al meglio. Lui sa che Vani è la migliore, l'unica in grado di mettersi nei panni di uno dei più famosi autori di thriller. Anche la polizia si è accorta delle sue doti intuitive e il commissario le ha chiesto di collaborare. E non un commissario qualsiasi, bensì Berganza, la copia vivente dei protagonisti di Raymond Chandler: impermeabile beige e sigaretta sempre in bocca. Sono mesi ormai che i due fanno indagini a braccetto. Ma tra un interrogatorio e l'altro qualcosa di più profondo li unisce. E ora non ci sono più scuse, non ci sono più ostacoli. O così parrebbe. Perché la vita di una ghostwriter non ha nulla a che fare con un romanzo rosa, l'happy ending va conquistato. Perché il nuovo caso su cui Vani si trova a lavorare è più personale di altri: qualcuno minaccia di morte Riccardo, il suo ex. Andare oltre il suo astio per aiutarlo è difficile e proteggere la sua nuova relazione lo è ancora di più. Vani sta per scoprire che la mente umana può tessere trame più ordite del più bravo degli scrittori.
Un gesto, una parola, un'espressione del viso. A Vani bastano piccoli particolari per capire una persona, per comprenderne il modo di pensare. Una dote speciale di cui farebbe volentieri a meno. Perché Vani sta bene solo con sé stessa, tenendo gli altri alla larga. Ama solo i suoi libri, la sua musica e i suoi vestiti inesorabilmente neri. Eppure, questa innata empatia è essenziale per il suo lavoro: Vani è una ghostwriter di una famosa casa editrice. Un mestiere che la costringe a rimanere nell'ombra. Scrive libri al posto di altri autori, imitando alla perfezione il loro stile. Questa volta deve creare un ricettario dalle memorie di un'anziana cuoca. Un'impresa più ardua del solito, quasi impossibile, perché Vani non sa un accidente di cucina, non ha mai preso in mano una padella e non ha la più pallida idea di cosa significhino termini come scalogno o topinambur. C'è una sola persona che può aiutarla: il commissario Berganza, una vecchia conoscenza con la passione per la cucina. Lui sa che Vani parla solo la lingua dei libri. Quella di Simenon, di Vázquez Montalbán, di Rex Stout e dei loro protagonisti amanti del buon cibo. E, tra un riferimento letterario e l'altro, le loro strambe lezioni diventano di giorno in giorno più intriganti. Ma la mente di Vani non è del tutto libera: che le piaccia o no, Riccardo, l'affascinante autore con cui ha avuto una rocambolesca relazione, continua a ripiombarle tra i piedi. Per fortuna una rivelazione inaspettata reclama la sua attenzione: la cuoca di cui sta raccogliendo le memorie confessa un delitto. Un delitto avvenuto anni prima in una delle famiglie più in vista di Torino. Berganza abbandona i fornelli per indagare e ha bisogno di Vani. Ha bisogno del suo dono che le permette di osservare le persone e scoprirne i segreti più nascosti.
Eppure la strada che porta alla verità è lunga e tortuosa. A volte la vita assomiglia a un giallo. È piena di falsi indizi. Solo l'intuito di Vani può smascherarli.
L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome è stato uno degli esordi più amati dai lettori e dalla stampa più autorevole. Lo stile unico e la forza narrativa di Alice Basso hanno conquistato tutti. Come la sua esilarante protagonista, Vani, che torna con un nuovo libro da scrivere, un nuovo caso da risolvere e un nuovo inaspettato nodo sentimentale da sciogliere.
Dietro un ciuffo di capelli neri e vestiti altrettanto scuri, Vani nasconde un viso da ragazzina e una innata antipatia verso il resto del mondo. Eppure proprio la vita degli altri è il suo pane quotidiano. Perché Vani ha un dono speciale: coglie l'essenza di una persona da piccoli indizi e riesce a pensare e reagire come avrebbe fatto lei. Un'empatia profonda e un intuito raffinato sono le sue caratteristiche. E di queste caratteristiche ha fatto il suo mestiere: Vani è una ghostwriter per un'importante casa editrice. Scrive libri per altri. L'autore le consegna la sua idea, e lei riempie le pagine delle stesse parole che lui avrebbe utilizzato. Un lavoro svolto nell'ombra. E a Vani sta bene cosi. Anzi, preferisce non incontrare gli scrittori per cui lavora. Fino al giorno in cui il suo editore non la obbliga a fare due chiacchiere con Riccardo, autore di successo in preda a una crisi di ispirazione. I due si capiscono al volo e tra loro nasce una sintonia inaspettata fatta di citazioni tratte da Hemingway, Fitzgerald, Steinbeck. Una sintonia che Vani non credeva più possibile con nessuno. Per questo sa di doversi proteggere, perché, dopo aver creato insieme un libro che diventa un fenomeno editoriale senza paragoni, Riccardo sembra essersi dimenticato di lei. E quando il destino fa incrociare di nuovo le loro strade, Vani scopre che le relazioni, come i libri, spesso nascondono retroscena insospettabili.
Bassani è scrittore molto amato dal grande pubblico; la sua fama è ulteriormente accresciuta dalla diffusione dei film tratti dalle sue opere. I suoi romanzi, che uniscono alla raffinatezza dello stile una grande facilità di lettura, fanno sì che possa essere letto con estremo piacere da un folto publico. La sua produzione saggistica e poetica è da tempo fuori commercio. L'ampia introduzione è di Roberto Cotroneo.
Cinque storie. Quella di Lida Mantovani, ragazza madre che sposa un brav'uomo ma non riesce a dargli un figlio; quella del dottor Elia Corcos, solitario appassionato di scienza che mal sopporta la moglie; quella di Geo Josz, di ritorno dal lager; quella di Clelia Trotti, anziana militante socialista morta in carcere durante l'occupazione nazista. Il libro, qui riproposto nella prima edizione del 1956, fece vincere a Bassani il Premio Strega.