
Londra, giorno. Judith Rashleigh è una giovane e inappuntabile assistente presso una prestigiosa casa d'aste. Londra, sera. Judith arrotonda il suo magro stipendio lavorando in un club esclusivo per soli uomini, lasciandosi educatamente adorare per la propria bellezza e fingendo di sorseggiare champagne. Londra, notte. Judith può essere finalmente se stessa. E il sesso è il suo momento di abbandono. Libero, intenso, spregiudicato. Judith è intelligente, colta, determinata e ambiziosa. Sa bene come mettersi in gioco e fino a che punto. Sa come vestirsi, come parlare, come recitare al cospetto dei potenti. Ha imparato a rispettare i ruoli, a fare la brava ragazza. Ma quando, dopo essere stata ingiustamente licenziata in tronco, Judith vede tutti i suoi sogni andare in frantumi, improvvisamente capisce come vanno le cose nella realtà. Non le rimane che rivolgersi a una sua vecchia amica. Un'amica che l'ha aiutata a camminare sempre a testa alta nonostante le avversità. Un'amica che l'ha sempre sostenuta nei momenti difficili. Un'amica che una brava ragazza come lei non dovrebbe avere: la rabbia. Ed è proprio spinta dalla rabbia che Judith lotta per ottenere vendetta, usando ogni mezzo a disposizione: l'astuzia, il sesso e, quando necessario, anche l'omicidio. Perché sono stati loro a iniziare... Ma sarà lei a mettere la parola fine.
Peter Katz ha alle spalle una lunga carriera in una delle agenzie letterarie più importanti di New York, e ormai quasi nulla può sorprenderlo. Ma il manoscritto che quasi per caso inizia a leggere lo colpisce fin dalle prime righe. Non è solo la scrittura magnetica, non è solo il coinvolgimento dell'autore a fargli capire subito che non si tratta di un romanzo come gli altri: chi scrive, un certo Richard Flynn, afferma di conoscere la verità su un famoso omicidio avvenuto quasi trent'anni prima, e di essere pronto a rivelarla nel suo romanzo. La vigilia di Natale del 1987, in circostanze mai del tutto chiarite venne ucciso Joseph Wieder, un carismatico professore di psicologia all'università di Princeton. Accademico stimato ma anche molto discusso, Wieder esercitava un notevole fascino sulle studentesse come Laura Baines, la ragazza di cui Richard Flynn era innamorato. Ma in questa sorta di sbilanciato e torbido triangolo, a un certo punto, qualcosa andò storto. Il manoscritto di Flynn è semplicemente eccezionale, ma purtroppo è incompleto: manca il finale. Determinato a non lasciarsi sfuggire l'occasione, l'agente letterario riesce a rintracciare l'autore, scoprendo però che è in fin di vita e che il resto del manoscritto è introvabile. Inizia così un viaggio alla ricerca del finale perduto e della verità che porta con sé. Un viaggio che diventa un'indagine sulla psiche e sul modo in cui la nostra memoria riscrive il passato, in un incerto, a volte ingannevole, gioco di specchi...
La bambina ha soltanto dieci anni. Quando la trovano, è immersa in una vasca di deprivazione sensoriale: non sente niente, non vede niente ma indossa delle cuffie collegate a un registratore che le trasmette sempre lo stesso messaggio: «Il mio nome è Sara Eden». I suoi ricordi non esistono più, il passato è un enigma. Le resta soltanto il suo nome e qualche indizio frammentario: una vecchia collana e una polaroid che ritrae uno sconosciuto, con un appunto scritto a mano: «Non ti devi fidare di quest'uomo». La bambina ora è una donna e ha qualche certezza in più. Sa che qualcuno le sta dando la caccia, ma non sa chi. Sa soltanto che non si fermeranno mai. Sa che l'unica possibilità che le resta è trovare l'uomo della polaroid, lo sconosciuto di cui non dovrebbe fidarsi, per tentare di ricomporre i frammenti del suo passato. E sa che c'è qualcosa di oscuro, in quel passato, che la rende pericolosa. Perché Sara Eden potrebbe essere una vittima, ma potrebbe essere anche un'assassina. L'unica cosa che sa per certo è che non può credere a nessuno.
Jo Blackmore sta per correre all'asilo a prendere sua figlia Elise quando una donna si avvicina alla macchina e le chiede un passaggio. Benché sia in lotta da anni con agorafobia e attacchi di panico, Jo decide di essere gentile. Una scelta che rimpiangerà pochi istanti dopo: la sconosciuta, infatti, la chiama per nome, dimostra di sapere chi è suo marito, Max, e ha con sé un guanto che sembra identico a uno di quelli della piccola Elise, di soli due anni. Liberatasi della donna, e in preda all'ansia, Jo corre a prendere Elise e torna a casa, cercando ripetutamente di contattare il marito, un giornalista investigativo del Bristol News. Purtroppo il loro matrimonio è in crisi, anche perché Max considera la moglie instabile e inaffidabile, tanto che non sembra credere alle sue parole riguardo all'aggressione e alle minacce della sconosciuta. Lo sgradevole incontro si trasforma da un giorno all'altro in un vero incubo e la polizia, i servizi sociali e perfino il marito voltano le spalle a Jo e iniziano a sospettare di lei. Nessuno le crede, quando dice che Elise è in pericolo. In un gioco di inganni in cui niente è come sembra, Jo sa che le resta un solo modo per proteggere sua figlia: la fuga.
È il 1996. La guerra fredda dovrebbe essere finita da un pezzo, ma c'è un nuovo e altrettanto pericoloso nemico sullo scenario internazionale. Jack Reacher ha trentacinque anni e non ha ancora abbandonato l'esercito. È appena rientrato da una missione che ha portato a termine con successo e viene insignito quella stessa mattina di una medaglia al merito. Ma, poco dopo la cerimonia, Reacher riceve nuovi ordini: dovrà seguire un corso di studio serale. Non proprio la ricompensa che si sarebbe aspettato. Quella sera, arrivato in aula per il corso, incontra altri due «studenti»: un agente dell'FBI e un analista della CIA, entrambi, come Reacher, reduci da missioni vittoriose. I tre si chiedono quale sia il vero motivo della loro presenza in quella scuola, ma i dubbi vengono presto fugati. Una cellula dormiente jihadista ad Amburgo ha ricevuto una visita inaspettata, un corriere saudita in cerca di asilo che attende di concludere un affare sospetto. In una lotta contro il tempo, Reacher e i due nuovi colleghi dovranno sventare un colpo terroristico di proporzioni catastrofiche...
I brevi saggi raccolti in questo volume furono scritti nell'arco di vent'anni per due giornali inglesi, "The Illustrated London News" e "The New Witness". In essi Chesterton prende di mira alcuni aspetti del suo tempo (ma anche del nostro...), indicativi di un atteggiamento ideologico di irragionevole, e un po' ottuso, scetticismo nei confronti della Tradizione - assai diffuso tra i suoi (e nostri) contemporanei - e di ingenua fiducia verso tutto ciò che ha l'apparenza della novità. Tra gli argomenti fatti oggetto della sua critica, compaiono la venerazione per gli animali domestici, il proliferare delle sette, il consumismo, il divorzio, lo spiritismo, l'esotismo, la fiducia incondizionata nelle conquiste della scienza, l'ateismo, l'individualismo, la divulgazione pseudoscientifica e, come suggerisce il titolo del primo saggio di questa raccolta ("Sulla serietà"), l'incapacità di sorridere della (e alla) vita
In questa brillante raccolta di saggi, G. K. Chesterton analizza, con la sua ironia colta e pungente, i mali del suo e del nostro tempo: l'individualismo, il materialismo, il relativismo, l'edonismo, il consumismo, oltre a una rassegnata disperazione che sembra invadere l'animo dell'uomo, ormai privo di valori, fede e religione. Secondo l'autore esiste un solo antidoto per questo smarrimento etico, per le aberrazioni del comunismo, le intemperanze del capitalismo, le distorsioni dell'agnosticismo, l'esasperato modernismo e giovanilismo, la mania dei culti spiritici e le mode fuggevoli e insignificanti: è la Parola di Gesù, unica fonte di vita vera. E la Chiesa cattolica è l'ultimo baluardo rimasto a difesa dell'uomo comune, normale ma non banale, alla ricerca della propria felicità in questo e nell'altro mondo. Della Chiesa Chesterton riconosce gli errori, anche gravi, ma sottolinea l'importanza e il valore del suo messaggio, che ha attraversato i secoli e che ancora oggi è vivo e presente in mezzo a noi. I giudizi dello scrittore, così come gli argomenti che affronta, in particolare quelli riguardanti la famiglia, appaiono davvero di una sconcertante attualità; egli si fa portavoce di una fede convinta, alla quale ha aderito con la ragione e con il cuore e che ha una portata e un valore universali.
Poche opere di Chesterton hanno la felice ispirazione di questo denso e arguto testo sulla cultura medievale e su Geoffrey Chaucer, il "padre della letteratura inglese", che fu uno dei suoi massimi rappresentanti. Chesterton rievoca alla sua maniera - libera, ironica, pungente - questa poliedrica figura di scrittore, poeta, funzionario di corte e diplomatico morto nell'anno 1400, di cui poco si sa, oltre al fatto che scrisse "I racconti di Canterbury" e si mosse da protagonista discreto sullo scenario europeo durante la Guerra dei Cent'Anni. Chaucer ci ha lasciato scritto che era grasso, che era pigro nell'alzarsi dal letto, che prediligeva le circostanze in cui poteva far la figura dello sciocco, che si pensava di lui che schivasse i suoi vicini a causa della sua mania per i libri... sembra l'autoritratto di Chesterton, che si riconosceva profondamente in questo erudito non paludato, spirito indipendente e curioso, razionale e sentimentale, autorevole e giocoso. Ma soprattutto, cattolico. Agli occhi di Chesterton, Chaucer incarna l'universalità della cultura cristiana e la ricchezza del suo umanesimo, elementi fondativi del medioevo e tutt'altro che inutili oggi. Il medioevo raccontato in questo libro è un'epoca straordinaria sul piano dell'arte e della spiritualità, che non può essere ridotta a una sorta di parentesi magari suggestiva, ma in fondo un po' estranea al corso della storia dell'uomo occidentale. Prefazione di Edoardo Rialti.
In un piccolo giardino londinese, sotto un cielo dal tramonto infuocato, comincia l'avventura del poeta Gabriel Syme, che, da quel momento, attraversa una notte dell'anima, un vero e proprio incubo popolato di colpi di scena, figure inquietanti, duelli e fughe rocambolesche. Anche nelle storie poliziesche più geniali e ardite c'è uno sfondo solido su cui s'innestano enigmi e incidenti; in questo caso Chesterton ha osato portare l'enigma a tutto campo. Chi c'è dietro il Grande Consiglio Anarchico e chi è a capo di Scotland Yard? Chi è l'alleato e chi è il nemico? Qual è il volto dietro la maschera? Impugnando la spada del coraggio, della ragione e dell'affetto va combattuta la più vitale delle battaglie, quella di chi è pronto a mettere sottosopra cielo e terra per guardare negli occhi il mistero originale del mondo. "Il male è così malvagio da farci pensare che il bene sia solo un caso; ma il bene è così buono da darci la certezza che dev'esserci una spiegazione per il male." (G. K. Chesterton)
Faccenda molto spinosa, nell'Inghilterra elisabettiana, trattare in teatro personaggi della storia recente come, ad esempio, Tommaso Moro, umanista amato e stimato, ma anche mite e tenace oppositore del nuovo matrimonio di Enrico VIII con Anna Bolena, madre di Elisabetta I. Tuttavia la sua ascesa alle più alte sfere della politica nazionale e la sua rovinosa caduta costituivano una trama perfetta per chiunque volesse denunciare la natura corrotta del potere e le sue derive violente. Il dramma Tommaso Moro fu composto da alcuni dei più grandi drammaturghi elisabettiani e fra essi, ormai è assodato, va annoverato Shakespeare, non solo autore delle pagine scritte di suo pugno, ma probabilmente ispiratore dell'opera. Ipotesi, questa, quanto mai suggestiva perché rivelerebbe una stretta vicinanza ideale fra due figure straordinarie: il celebre e ironico statista e uno fra i più grandi poeti di ogni tempo, capace come pochi di leggere lo spirito dell'uomo e di esprimerlo con parole e immagini che non hanno conosciuto oblio. Tommaso Moro è quindi qualcosa di più di un dramma teatrale: dopo essere stato un mistero per molti secoli è stato portato sulle scene dalla Royal Shakespeare Company solo nel 2005 -, oggi appare come un'opera di fondamentale importanza per comprendere a fondo la figura di Shakespeare, in special modo in rapporto alla sua controversa appartenenza alla fede cattolica che proprio queste pagine renderebbero plausibile. Introduzione di Joseph Pearce.
Alto, capelli (che furono) fini e chiari, un pallore quasi cadaverico, palpebre e baffi cascanti, naso aquilino. Aspetto apatico, andamento pigro e indolente, aria annoiata, tempra aristocratica, "in gran parte simile a quella dell'anarchico". Horne Fisher, rispettabile membro della buona società inglese, cresciuto in mezzo a primi ministri e politici illustri, inizia la propria carriera come segretario personale di Sir Walter Carey, ufficiale del Governo irlandese e suo parente. Proprio al servizio di Sir Carey si ritroverà accidentalmente coinvolto nella sua prima avventura da "investigatore non ufficiale". Sì, non ufficiale, perché Horne Fisher non è un professionista del crimine ma un uomo che, oltre quel muro di ostentata indifferenza, nasconde capacità analitiche fuori dal comune e curiosità e sensibilità sovraumane "nel comprendere le circostanze" e l'animo umano. Da quella prima esperienza irlandese, Horne Fisher comprenderà quanto il crimine possa essere oscuramente intrecciato con la legge e da lì in avanti, per tutta la vita, si ritroverà ad avere a che fare con faccende similmente oscure, appesantito dall'onere di "sapere troppo", di conoscere il lato squallido e la corruzione delle alte sfere, di cui lui stesso fa parte.
Nel 1905, all'età di trentun'anni, Gilbert Keith Chesterton riunisce in un unico volume gli articoli scritti per il liberale "Daily News". Nasce così Eretici, in cui il "principe del paradosso", facendo sfoggio di tutta la sua tagliente ironia, passa al vaglio le più importanti figure del suo tempo, in particolare del mondo della letteratura e dell'arte: Rudyard Kipling, Gorge Bernard Shaw, H. G. Wells, James McNeill Whistler. Ciò che soprattutto gli interessa è però combattere le "eresie" di cui si fanno banditori o interpreti e che si riflettono in quelli che l'autore identifica come i grandi mali della modernità: la cieca fede nel progresso, lo scetticismo, il determinismo, la negazione dell'esistenza di Dio e dei valori fondamentali del cristianesimo. Frutto di un sapiente dosaggio di umorismo e buon senso, "Eretici" suscitò le ire di alcuni critici, perché condannava le filosofie coeve senza fornire alternative. Lo scrittore inglese decise quindi di replicare qualche anno più tardi con un altro celebre titolo, "Ortodossia", di cui questo resta l'essenziale premessa. Prefazione di Roberto Giovanni Timossi.