
“Che cos’è Il grande tiranno? Apparentemente un romanzo giallo. C’è un omicidio, ci sono degli investigatori, indizi, ricerche, lo svelamento finale… lo è veramente?
Siamo in Italia, fra Trecento e Quattrocento, epoca delle signorie, un uomo è stato trovato morto. Il grande tiranno, signore della città di cassano, affida le indagini a Nespoli, capo delle guardie del corpo. Grande Cervello, scarsa saggezza, una gelida ebbrezza nel risolvere casi, seguire tracce. Ma, ci viene aggiunto la verità dell’anima resta inesplorata, chiusa nel suo nodo opaco. Non era lui il nostro detective, e sbaglieremmo a confidare nel suo acume. Per ognuno dei cinque libri del romanzo, l’autore cu assicura un nuovo investigatore. Ma niente li salverà dalle loro colpe: ogni cacciatore è anche cacciato…”.
(Dalla prefazione di Giancarlo Pontiggia)
I saggi compresi in questo volume, nel quale viene presentata un'interpretazione globale della narrativa sveviana di indirizzo prevalentemente comparatistico, sono frutto di un corso di lezioni su Italo Svevo tenute dall'Autore presso il Dipartimento di Italianistica dell'Università di Trieste nel 1997. I capitoli affrontano problemi essenziali di una ricerca odierna sullo scrittore triestino sulla sua narrativa: la cultura europea di Svevo; il rapporto con l'ebraismo; il confronto con i Buddenbrock di Thomas Mann; il senso delle ascendenze flaubertiane; il rapporto con Schopenhauer e con Nietzsche anche attraverso la problematica del lavoro; le diverse forme e modalità di presenza della psicanalisi nella Coscienza di Zeno; il peso della guerra nella formazione dello stesso romanzo; il,rapporto con Joyce da un lato, e quello con il mondo inglese dall'altro. In appendice, cinque contributi saggistici sulla civiltà inglese, firmati "E.S.", pubblicati sulla "Nazione" di Trieste fra il dicembre 1920 e il gennaio 1921: "studi storici- oggi forse diremmo sociologici", come sottolinea l'Autore.
La televisione, sin dalla sua nascita, ha offerto materiale originale e unico nel suo genere alla ricostruzione degli avvenimenti storici, fissando immagini, parole, emozioni e atmosfere nella nostra memoria. La TV, allo stesso tempo, costituisce anche uno straordinario strumento di divulgazione storica e di interpretazione di eventi in grado di raggiungere un universo di individui estremamente ampio e variegato e di rappresentare una storia "altra", a più voci, rivolta a tutti e in particolar modo a quelle generazioni che di quegli accadimenti non hanno avuto testimonianza diretta. Il volume esplora le modalità e i limiti attraverso i quali la storia, a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, è entrata a far parte della programmazione televisiva a tutti gli effetti, decretando il successo di un nuovo genere, acquisendo la narrazione, la grammatica e le forme proprie del mezzo e affermandosi come luogo di coagulo per una memoria condivisa.
"Questo romanzo è il primo che ho scritto; quasi posso dire la prima cosa che ho scritto, se si eccettuano pochi racconti. Che impressione mi fa, a riprenderlo in mano adesso? Più che come un'opera mia lo leggo come un libro nato anonimamente dal clima generale d'un'epoca, da una tensione morale, da un gusto letterario che era quello in cui la nostra generazione si riconosceva, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Al tempo in cui l'ho scritto, creare una 'letteratura della Resistenza' era ancora un problema aperto, scrivere 'il romanzo della Resistenza' si poneva come un imperativo; ...ogni volta che si è stati testimoni o attori d'un'epoca storica ci si sente presi da una responsabilità speciale ...A me, questa responsabilità finiva per farmi sentire il tema come troppo impegnativo e solenne per le mie forze. E allora, proprio per non lasciarmi mettere in soggezione dal tema, decisi che l'avrei affrontato non di petto ma di scorcio. Tutto doveva essere visto dagli occhi d'un bambino, in un ambiente di monelli e vagabondi. Inventai una storia che restasse in margine alla guerra partigiana, ai suoi eroismi e sacrifici, ma nello stesso tempo ne rendesse il colore, l'aspro sapore, il ritmo..." (Dalla presentazione di Italo Calvino). Postfazione di Cesare Pavese.
L'Impero è necessario al buon governo del mondo? È esclusivo appannaggio di Roma? Infine: la sua autorità deriva da Dio o dal papa? È Dante stesso a porre le questioni dottrinali che intende affrontare nel suo trattato. Forme e lingua - il latino - sono quelle tradizionali della trattatistica del suo tempo; rivoluzionarie invece le tesi sostenute, quelle intemptate veritates che fanno della "Monarchia" l'espressione dell'eterna tensione tra due poli, lo spirituale e il temporale, e l'innovativa, originalissima rielaborazione di un ampio retaggio d'idee e di dottrine. Il testo dantesco è qui presentato con il ricco commento di Diego Quaglioni, noto studioso di diritto medievale.
Un piccolo libro con una tesi molto grande: per risolvere i conflitti che dilaniano il mondo, e in particolare l'Europa, dobbiamo partire dal concetto di «identità culturale». Un concetto pernicioso che porta a pensare alla cultura come a qualcosa di statico, determinato, immobile. Un concetto che tende a produrre da un lato comunitarismi integralisti, dall'altro relativismi inerti e indifferenti. Oppure barricate per difendere orticelli culturali o indifferentismo dove tutto va bene purché omologo e uniforme. Invece proprio della cultura è il dinamismo, lo scambio, la permeabilità. Usando la rara peculiarità intellettuale di una doppia conoscenza, quella del mondo occidentale e del mondo cinese, Jullien riesce a stabilire l'unica piattaforma possibile per un'umanità pacificata. Quella in cui le idee e le culture sono qualcosa di dinamico, di fluido, senza steccati. Un antidoto prezioso a un mondo che costruisce barriere.
Nuovamente a disposizione di studenti appassionati e studiosi della storia della psicologia un importante classico da tempo introvabile in libreria. “Psicologia dell'intelligenza” di Jean Piaget. In questo volume egli delineò una teoria generale dello sviluppo psichico del bambino basata sull'idea di intelligenza come processo centrale della mente ai fini dell'adattamento di un individuo all'ambiente. Per la ripubblicazione di questo classico della psicologia, è stata condotta una nuova traduzione dal testo originale francese.
Amare per dovere è la peggior sorte che possa capitare all'amore. Eppure accade spesso che la mancanza di consapevolezza di ciò che avviene nella vita affettiva e l'incapacità di cogliere i condizionamenti della propria storia e dei propri vissuti rendano faticosa la ricerca di un equilibrio tra la cura di sé e l'attenzione per gli altri. La capacità di accogliere, condividere e rendersi disponibili quando le persone e i fatti implicitamente lo richiedono è uno degli esiti naturali, ma non scontati, dell'accettazione incondizionata di se stessi e della costruzione armoniosa della propria identità personale. Da compito che si limita ad allontanare il senso di colpa, "farsi prossimo" può così diventare un segno naturale il cui significato, vissuto in profondità, ricompensa chi lo compie trasformando l'amore in una forza propulsiva che trova fonte e confine nella persona stessa. Un amore che supera ogni contabilità, dà pienezza a chi lo esprime e crea analoghe premesse in chi lo riceve.
Il libro propone un'analisi scientifica della personalità del bambino. Con un'esposizione sempre piana, Maria Montessori tratta delle grandi capacità del bambino e delle sperimentate possibilità del suo sviluppo psichico e intellettuale. Scritto dopo la terribile esperienza della guerra, questo libro segna il tentativo di delineare attraverso l'educazione i tratti di una comunità mondiale pacifica e armonica.
Sacrificata dal padre Agamennone alle ragioni della guerra, Ifigenia è salvata e resa immortale dall'intervento di Artemide, della quale sarà consacrata sacerdotessa. Così il mito classico; nella sua "rilettura" Goethe rappresenta nella figura di Ifigenia - mite ma non rassegnata - un ideale di pace che supera ogni dissidio e si batte per il trionfo della solidarietà, della saggezza e della tolleranza; un modello di armonia e di femminilità che chiama la donna a un'opera civilizzatrice delle società virili.