
Nel secolo e mezzo trascorso dall'unificazione, l'Italia ha raggiunto livelli di ricchezza simili a quelli dei maggiori paesi industrializzati. L'ondata di globalizzazione degli ultimi decenni ha però fatto emergere la debolezza del nostro sistema produttivo. Secondo la lettura originale che ne danno gli autori di questo libro, il capitalismo italiano è stato negativamente influenzato da istituzioni inefficienti, che hanno avuto un forte impatto sulle dimensioni e sulla governance delle imprese, come anche sulla formazione di capitale umano e sulla capacità innovativa. In questa luce l'assetto istituzionale ha quindi rappresentato il principale freno per le potenzialità di sviluppo del paese.
Il volume esplora le vicende istituzionali del Regno d'Italia, viste come una sorta di laboratorio delle trasformazioni che andranno poi a definire le modalità con cui il sistema economico e sociale si muoverà nel tempo. Emergono alcuni temi che accompagnano lo sviluppo italiano fin dall'Unità: centralismo versus autonomie locali, qualità delle istituzioni e loro ruolo, rapporto tra governabilità e rappresentatività. Già presenti nei tre Decreti Rattazzi che riguardavano la riforma dello Stato, della legge elettorale e della scuola, costituiscono altrettanti nodi ancora oggi al centro del dibattito politico, per l'importanza cruciale che rivestono nello sviluppo del sistema produttivo in una economia in crisi come quella del nostro paese.
L'eredità della crisi che ha sconvolto l'economia globale a partire dal 2008 è stata pesante: crescita inadeguata, disoccupazione, disuguaglianze nella distribuzione dei redditi, crollo degli investimenti pubblici. Le contromisure adottate dai governi sono state nel complesso inefficaci. Si è evitata l'implosione del sistema finanziario, ma si sono sottovalutate sia la natura strutturale della crisi, sia le gravi conseguenze sociali e politiche che essa avrebbe provocato. Si sono date risposte tardive, parziali, non coordinate a livello internazionale, mentre si è aperta la strada al protezionismo commerciale e finanziario, svilendo il ruolo e le funzioni delle istituzioni della cooperazione multilaterale. Con le incertezze generate dalle politiche nazionalistiche della nuova amministrazione americana, dall'attivismo internazionale della Cina, dalle divergenze in seno all'Unione Europea, il rischio di frammentazione del sistema economico globale non è stato mai così elevato.
Come contrastare il potere delle grandi corporations e dei super ricchi? Nell'attuale contesto globale la veduta corta sembra imperare: ne sono esempio il capitalismo neoliberista che, ignorando le issues sociali e ambientali, distruggerà le proprie risorse; e i movimenti populisti che, ripiegati ostinatamente e illusoriamente entro confini nazionali, non riusciranno mai a imporre una qualche regolazione a livello sovranazionale. Solo organismi con competenze internazionali come ad esempio l'Ue o l'Ocse, purché investiti di un forte mandato democratico, potranno portare tutti i protagonisti ad abbandonare le proprie spinte autolesioniste.
A differenza del modello anglosassone, basato sulla grande impresa e sulla standardizzazione del prodotto, l’economia italiana si caratterizza per il ruolo prevalente svolto dalla piccola impresa, dalle specificità territoriali, dai talenti relazionali e artistici, dalle eredità del passato reinterpretate. Individuando in questi tratti al tempo stesso la debolezza e la forza del nostro paese, il libro ripercorre gli ultimi settant’anni di storia economica italiana: le politiche economiche e il contesto istituzionale, l’evoluzione dei principali dati macroeconomici, la forma del sistema produttivo (distretti, piccola e media industria, cooperative), e i fattori strategici per lo sviluppo, vale a dire il fattore umano e il capitale sociale e civile.
Vera Zamagni insegna Storia economica all’Università di Bologna e al SAIS Europe della Johns Hopkins University. Con il Mulino ha pubblicato fra l’altro «Dalla periferia al centro» (1990), «Dalla rivoluzione industriale all’integrazione europea» (1999), «Introduzione alla storia economica d’Italia» (2008) e «Perché l’Europa ha cambiato il mondo» (2015).
L’organizzazione mondiale del commercio sanziona l’UE perché nell’importazione di banane favorisce ex-colonie europee a danno di multinazionali americane, l’UNESCO chiede all’Italia di ridurre il traffico delle navi da crociera a Venezia, l’ISO adotta migliaia di standard internazionali che spaziano dal cacao al «cloud computing». Esistono ormai uno «spazio giuridico» e una «comunità di poteri» globali, con oltre 2.000 regimi regolatori: ma chi decide davvero nel mondo e in che modo? Il libro ricostruisce i processi decisionali di Stati e organizzazioni internazionali, soffermandosi sugli intrecci tra procedimenti locali, nazionali e ultrastatali: come sono ripartite le competenze, quali effetti reciproci si determinano, come sono risolti i conflitti.
Lorenzo Casini è professore ordinario di Diritto amministrativo nella Scuola IMT Alti studi di Lucca. È co-Presidente dell’International Society of Public Law (ICON-S) ed è nel consiglio direttivo dell’Istituto di ricerche sulla pubblica amministrazione (IRPA). Per Il Mulino ha di recente pubblicato «Ereditare il futuro. Dilemmi sul patrimonio culturale» (2016), «Diritto del patrimonio culturale» (con C. Barbati, M. Cammelli, G. Piperata, G. Sciullo, 2017) e «Venti anni di politica e amministrazione in Italia» (a cura di; 2016).
La «vecchia» globalizzazione, avvenuta nell'800, è stata il prodotto dell'energia del vapore e della pace internazionale: abbassandosi i costi del trasporto dei beni si è innescato un ciclo di agglomerazione industriale e di crescita che ha portato le nazioni ricche al dominio assoluto. È stata la «grande divergenza». La «nuova» globalizzazione della fine del '900, guidata dalla tecnologia dell'informazione, ha reso conveniente per le imprese multinazionali trasferire nelle nazioni in via di sviluppo non solo il lavoro ad alta intensità di manodopera, ma anche le idee, il know-how di marketing, manageriale e tecnico. Alta tecnologia e bassi salari stanno così favorendo la rapida industrializzazione di una manciata di nazioni rimaste finora ai margini dell'economia, mentre si assiste alla simultanea deindustrializzazione delle nazioni sviluppate. È la «grande convergenza».
Stiamo uscendo con grande fatica dagli anni più difficili della nostra storia economica in tempo di pace, anni contrassegnati da una doppia recessione, la prima provocata dalla crisi finanziaria globale e la seconda da quella dei debiti sovrani dell'area dell'euro. Nel volume Ignazio Visco approfondisce le cause di questo lungo periodo critico, soffermandosi sulla pesante eredità lasciata sui conti pubblici, i bilanci delle banche, il mercato del lavoro, la struttura del sistema produttivo, per concentrarsi poi sulle sfide da affrontare per rendere la nostra economia più dinamica e resistente. È uno sforzo da compiere in un contesto in cui i fenomeni da governare hanno una scala globale: la crescente integrazione dei mercati, il rapido progresso tecnologico, l'immigrazione, la finanza non possono essere gestiti nei ristretti confini nazionali. Non ci può essere sviluppo nell'isolamento.
Il nostro paese ha conosciuto fasi alterne di prosperità e di declino: dopo i successi del Novecento, da anni sembra arenato nelle secche di una lunga stagnazione, che non trova paragoni nel resto dell'Occidente. Come è stato possibile passare da una realtà economica tra le più floride all'attuale declino? Alla luce delle più aggiornate ricerche sul reddito e sulla disuguaglianza, sul divario Nord-Sud e sulla performance delle imprese, il libro mostra come l'origine dei successi e dei fallimenti italiani sia da ricercarsi nell'assetto politico e istituzionale del paese, nelle sue classi dirigenti e nel modo in cui esse hanno inciso, nel bene o nel male, sulle condizioni profonde della crescita.
Al di là degli slogan e delle contrapposizioni spesso utili solo a fini mediatici, emerge con assoluta evidenza la necessità di comprendere i termini reali di problemi fondamentali che investono l'economia, la crescita del paese e il benessere dei cittadini. Debito, deficit, crisi bancarie, riforma dell'Unione europea, spread: questo libro indaga meccanismi e dinamiche politiche ed economiche con le quali ci confrontiamo ormai quotidianamente, attraverso una conversazione a tutto tondo, non priva di inediti retroscena, con uno dei protagonisti dell'economia e della politica italiana e internazionale degli ultimi anni. Un racconto franco e realistico delle vicende che hanno attraversato la scorsa legislatura, delle cose fatte e delle occasioni mancate, cui si accompagna un'analisi dettagliata delle misure messe in campo dal nuovo governo, con l'attenzione rivolta alle proposte e agli scenari futuri. Uno sguardo «dal di dentro» che sfata molti luoghi comuni e si concentra sul problema numero uno del nostro paese, la bassa crescita. Il sentiero imposto dal nostro elevato debito pubblico resta tale, ma si può e si deve andare oltre con una visione del futuro e con politiche adeguate.
Che cosa significa oggi «essere responsabili»? Se è relativamente facile rispondere quando è questione di comportamenti dei singoli, le difficoltà sorgono quando entrano in gioco azioni che riguardano la collettività. Chi è, ad esempio, responsabile delle disuguaglianze crescenti, della disoccupazione, della povertà, dei disastri climatici? E che cosa accadrà nella società dei big data e dei social network, dove le smart machine potranno «pensare» e decidere? Nel mondo iperconnesso e globalizzato ogni azione si carica di conseguenze non volute, e spesso neppure immaginate. Essere responsabili allora non è solo non fare il male - è questa la responsabilità come imputabilità - ma è agire per il bene e, nel mercato, adottare comportamenti che affermino la responsabilità come prendersi cura.
La ricostruzione postbellica, il miracolo economico, la deindustrializzazione e l'invenzione del made in Italy, il rallentamento negli anni della terza globalizzazione, la grande crisi del 2008 mai conclusasi: il libro - presentato in una nuova edizione aggiornata e ampliata - ripercorre la storia dell'economia italiana collegandola al contesto economico internazionale e al processo di integrazione europea. Viene seguita l'evoluzione dei consumi, delle specializzazioni settoriali, delle politiche economiche, del sistema di welfare.

