
L’anima di una città abita i suoi muri, vive negli stili con cui sono eretti i palazzi del centro, nel modo in cui sono collocati i giardini e i monumenti. Le città – tutte le città – sono in questo senso l’esito di una riconoscibile intenzione estetica. Per afferrarla, non basta disporsi in contemplazione delle carte antiche o dei palazzi, come davanti a un quadro, occorre invece praticare l’arte di camminare passo passo e soprattutto di vedere – non guardare soltanto – ogni strada e ogni piazza.
La guida turistica chiusa nello zaino, lo sguardo verso l’alto, il viaggiatore dovrà farsi condurre dalle sue sensazioni, da ciò che attrae il suo occhio. Un occhio che, come spiega Marco Romano, dotto urbanista e instancabile camminatore, va nutrito con la curiosità e allenato con lo studio, perché l’estetica della città è una disciplina consolidata e rigorosa, che non differisce in niente dalla valutazione di qualsiasi opera in ogni altro campo della critica d’arte.
A saperli riconoscere, tutte le città hanno i medesimi temi collettivi, le medesime strade e le medesime piazze, ma disposti sempre in maniera diversa: è l’osservatore che deve saperli di volta in volta individuare. Dalle piazze decentrate ai boulevard asimmetrici, è negli scarti dalla norma, nella variazione di uno schema storico tipico, che si manifesta la specificità di ogni singolo agglomerato urbano, che sia una sconfinata metropoli come New York o un piccolo centro come Abbiategrasso.
Come è andata radicandosi la curiosa e unica varietà di piazze monumentali di Torino? Da dove viene la pianta stellata di Palmanova? Come nasce quella lunga città lineare che circonda Parigi? Rispondere a queste domande significa tracciare di ciascuna città un ritratto: un’operazione inventiva, fatta di documentazione, cultura e istinto, ma soprattutto di lunghe e avventurose passeggiate.
5.800 lemmi per raccontare attori, registi, filmografie complete con titoli anche in lingua originale. E poi i fantastici mestieri del cinema, i grandi sceneggiatori, le star degli effetti speciali, i geniali direttori della fotografia, i grandi compositori di musica da film. Tutto il glamour di Hollywood, l'attenzione ai grandi festival mondiali, ma anche un occhio di riguardo per il vivace cinema indipendente e per le filmografie asiatiche e africane. Un'opera tutta a colori, puntuale, accurata e aggiornata. In appendice l'elenco completo e illustrato di tutti i vincitori dell'Oscar per il miglior film, della Palma d'Oro di Cannes e del Leone d'Oro di Venezia, dalla nascita dei Premi a oggi.
Le 100 fotografie più famose della storia contemporanea, gli scatti che hanno rivelato al mondo momenti epocali e punti di non ritorno, le immagini che grazie alla loro forza espressiva hanno smosso le coscienze e messo in moto dei cambiamenti politici e di costume: da giganti come Henri Cartier-Bresson e Robert Capa a grandi reporter come Elliott Erwitt, Eugene Smith e Kevin Carter, una sequenza di fotogrammi che non può lasciare indifferenti.
Fin dall'antichità, l'osservazione, l'interpretazione e la rappresentazione della volta celeste sono state tra le grandi sfide dell'umanità. Attraverso spettacolari illustrazioni tratte dalle più celebri, rare e preziose mappe celesti realizzate tra il XVI e il XIX secolo, autentici capolavori al confine tra arte e scienza, questo volume condurrà i lettori in un incredibile viaggio tra le costellazioni, mostrando i progressi compiuti dagli antichi astronomi, le interpretazioni più o meno fantasiose dei fenomeni celesti e l'evoluzione della conoscenza dell'universo ad opera dei grandi studiosi del passato che hanno dedicato la propria vita all'osservazione delle stelle.
Una narrazione per immagini, un emozionante viaggio fotografico alla scoperta delle minoranze etniche e culturali del mondo, tra pastori e cacciatori, allevatori e contadini, per incontrare una straordinaria varietà di valori, tradizioni, linguaggi e stili di vita, spesso custoditi gelosamente nei secoli da piccole comunità e popoli che sono diventati - talvolta per scelta - "invisibili" al resto del mondo. I testi che accompagnano le spettacolari fotografie raccontano queste popolazioni,le loro vite, le loro verità: sono storie di resilienza, di intere etnie e tribù a un passo dall'estinzione, spesso ignare dei meccanismi del progresso, che gridano la loro unicità a un mondo che troppo spesso sembra aver perso la capacità di ascoltare.
A cinquecento anni dalla sua morte, questo prestigioso volume di grande formato ripercorre la vita e l'opera di Raffaello, mettendo in luce non soltanto lo straordinario genio artistico, ma anche aspetti meno noti della personalità del grande maestro, che dimostrò nella sua carriera doti imprenditoriali sorprendentemente moderne: dalla gestione di una rete flessibile di collaboratori fino all'uso di antesignani strumenti di marketing. Un intero capitolo è infatti dedicato alle incisioni che Raffaello utilizzava per promuovere le sue opere. Un punto di vista originale su un genio indiscusso.
L'arte italiana del Rinascimento ha un debito di riconoscenza nei confronti di Giorgio Vasari. Del Rinascimento Vasari è stato un esponente di primo piano, impegnato, sul finire di quella grande stagione, in imprese architettoniche e pittoriche di grande rilievo, come i dipinti del Palazzo della Cancelleria a Roma, o la ristrutturazione di Palazzo Vecchio con la costruzione degli Uffizi a Firenze. Ma Vasari ha fatto di più: ha dato un contributo decisivo all'invenzione di quel «mondo» che da lì in avanti si è definito, appunto, come il mondo del Rinascimento. È stato, se non l'unico, di certo il più coerente tra gli scrittori coevi nel perseguire il geniale disegno di raccontare la biografia degli artisti attraverso l'evoluzione del loro stile. Si è trattato di un vero e proprio salto di qualità nella storia dell'arte e nella critica d'arte. La novità di Vasari sta nella ricerca di un nesso tra la vicenda biografica e l'esito artistico: incardinare le opere alla vicenda biografica dei loro realizzatori, situandole nel cuore stesso delle loro interazioni con gli amici, gli avversari, gli allievi, i committenti.
A partire dalle opere giovanili e passando attraverso la forma cubista la ricerca artistica di Salvador Dalì individua nella potenza iconografica dell'arte classica lo strumento ideale per interpretare la realtà. Sulla base di questa esperienza l'artista inizia un percorso di avvicinamento alla "vera tecnica" che prende in considerazione non solo i classici antichi, ma anche gli artefici del secondo apogeo della storia dell'arte, in particolare Raffaello e Michelangelo, assumendo una posizione di difesa del Rinascimento e arrivando a emulare - nel saggio 50 segreti magici per dipingere - i trattati classici sulla pittura, come quello di Leonardo da Vinci. L'interesse di Dalì per i classici si affianca alle suggestioni artistiche e intellettuali derivate dai test atomici e conduce, negli anni cinquanta, allo sviluppo della pittura corpuscolare che troverà sbocco nel misticismo nucleare, in cui i soggetti religiosi sono rielaborati alla luce dei nuovi progressi scientifici, in una ricerca che - caratterizzata da un anelito verso l'immortalità approda a una modernità radicale.
Espulso dalla Svizzera – era nato a Zurigo nel 1899, da madre italiana emigrata e da padre ignoto – Antonio Ligabue approda nel 1919 a Gualtieri, luogo di origine dell’uomo che l’ha legittimato, dandogli il proprio cognome, Laccabue (che poi Antonio muterà in Ligabue).
L’infanzia e l’adolescenza sono segnate dall’abbandono (a soli nove mesi di età viene affidato dalla madre a un’altra famiglia), dall’emarginazione (pessimi sono i risultati scolastici, anche se già rivela passione e talento per il disegno di animali) e dall’insofferenza verso il mondo che lo circonda – tuttavia, lui sempre ricorderà il Paese natale come la patria perduta, rappresentata in molti dipinti. A Gualtieri Antonio è “straniero in terra straniera”: non conosce nessuno, parla solo il tedesco, non sa dove potere mangiare e dormire; la stessa madre adottiva, che subito ne chiede il rimpatrio, scrive che “vive come un animale”: si rifugia nella golena del Po, dove lavora come “scariolante”. L’argilla nei pressi del fiume è il materiale con cui modella le sculture; verso la fine degli anni venti inizia a dipingere, incoraggiato e apprezzato da rari estimatori, tra i quali Marino Mazzacurati, ma spesso circondato da ostilità e derisione. Per anni, è costretto a barattare suoi dipinti per un piatto di minestra o per un rifugio in una stalla o in un fienile; lui tuttavia si considera un artista di valore, pur costretto a subire, tra il 1937 e il 1945, tre ricoveri all’Ospedale Psichiatrico San Lazzaro di Reggio Emilia. Cresce intanto l’interesse per la sua opera visionaria: nel 1955 si tiene la prima mostra personale a Gonzaga; nel 1961 un’esposizione a Roma, alla Galleria La Barcaccia, ne segna la consacrazione nazionale (“il caso Ligabue”), suscitando l’ammirazione e l’interesse di appassionati, critici e storici dell’arte, che certo non si affievoliscono dopo la morte, nel 1965.
A cinquantacinque anni dalla prima mostra romana, l’esposizione antologica nel Complesso del Vittoriano presenta oltre cento opere accuratamente selezionate (alcune mai esposte in precedenza) tra dipinti, sculture, disegni e incisioni, e conferma, al di là delle fuorvianti definizioni di naïf o di artista segnato dalla follia, il fascino di questo “espressionista tragico” di valore europeo, nella cui opera spira il vento del moderno.
Sandro Parmiggiani
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