
Nato dal desiderio di raccontare la tragicità della scultura moderna a confronto con la classicità del passato, il volume, a corredo dell’importante rassegna romana, racconta l’opera di uno dei più grandi artisti del ’900, Alberto Giacometti, in dialogo con i capolavori della Galleria Borghese, luogo per definizione della scultura.
Come scrive Anna Coliva: “Incontrando le forme sinuose e bianche della Femme couchée qui rêve attraverso le quali si scorgono quelle della Paolina di Canova, il cui volto è riflesso, sull’altro lato, nella Tête qui regarde; nel passo pesante dell’Homme qui marche, in cui risuona l’eco di quello affaticato di Enea sotto il peso di Anchise; nella Femme qui marche, nera e misteriosa come le sfingi di basalto della Sala egizia; nell’equilibrio instabile dell’Homme qui chavire, fuori asse e pronto a perdere l’equilibrio come il David di Bernini; ecco, di fronte a tutte queste opere il visitatore percepirà che le sculture di Giacometti creano attorno a sé l’alone volumetrico di una drammatica cornice immateriale, invisibile ma sensibile.”
Curato da Anna Coliva, direttrice della Galleria Borghese, e da Christian Klemm, illustre studioso dell’opera di Giacometti e realizzatore delle monografie più importanti sull’artista, il volume presenta circa quaranta opere (bronzi, gessi e disegni) dello scultore svizzero; dall’originale confronto con i capolavori antichi conservati nelle diverse sale della Galleria emerge tutta l’energia bruciante dell’arte di Giacometti, che indaga la profondità vitale dei soggetti, scavandone l’anima fino a “ridurre all’osso” la figura umana.
Giacometti. La scultura comprende i testi di Anna Coliva, Casimiro Di Crescenzo, Christian Klemm, Mariastella Margozzi, il catalogo e l’elenco delle opere, gli scritti di Alberto Giacometti, la cronologia di Alberto Giacometti e una selezione delle esposizioni e della bibliografia.
L'Inghilterra del Settecento è un paese in cui si concentrano grandi trasformazioni sociali, economiche e culturali che si riflettono, in primo luogo, in campo artistico. Mentre una parte dell'aristocrazia continua a guardare a modelli culturali importati dal continente, emerge un ceto borghese che incoraggia, con maggiore determinazione rispetto alla committenza tradizionale, la crescita di un'iconografia propriamente britannica. Nel volume studiosi inglesi e italiani si confrontano intorno a tale argomento aprendo il dibattito critico al contributo offerto dall'Italia del Settecento. Agli inquadramenti storici e culturali dell'Inghilterra, e di Londra in particolare, si unisce la disamina dello sviluppo di un linguaggio figurativo autoctono in relazione alla tradizione continentale. Da tale confronto derivano le esigenze opposte di ripresa e declinazione della cultura classicista e di distacco da essa, un dibattito che ha condizionato la maturazione dei diversi generi artistici nei quali, dalla pittura di storia, al ritratto e al paesaggio, la scuola britannica ha espresso una propria identità artistica, riconosciuta nell'Ottocento, soprattutto nell'ambito delle ricerche sul paesaggio, immagine della modernità.
Paul Gauguin, Claude Monet, Edgar Degas, Alfred Sisley, Camille Pissarro, Vincent van Gogh, Édouard Manet, Camille Corot, Georges Seurat, Paul Cézanne, Pierre-Auguste Renoir... Attraverso una selezione di straordinarie opere realizzate tra il 1848 e il 1914 dai grandi maestri francesi e appartenenti alle collezioni del Musée d'Orsay, il volume propone un percorso artistico che parte dalla pittura accademica dei Salon e attraversa la rivoluzione dello sguardo impressionista fino ad arrivare alle soluzioni formali dei nabis e dei simbolisti. Pubblicato in occasione dell'esposizione romana, il catalogo ripercorre, nella parte introduttiva, la storia del Museo, i progetti architettonici e allestitivi e le scelte museografiche e curatoriali che hanno guidato il suo allestimento attraverso i saggi di Guy Cogeval, Alice Thomine-Berrada e Xavier Rey (Capire la storia dell'arte raccontata al Musée d'Orsay).
Pasolini e Roma. Un rapporto di grande amore, raccontato nel volume pubblicato in occasione della mostra che, dopo il successo ottenuto a Barcellona e a Parigi, approda anche in Italia. Per Pasolini Roma non fu semplicemente uno scenario cinematografico o un luogo in cui vivere. Con questa città egli ha avuto una relazione passionale, fatta di sentimenti misti di amore e odio, di fasi di attrazione e rifiuto, di voglia di allontanamento e di piacere del ritorno. Organizzato cronologicamente (dall'arrivo nella Capitale del poeta, sceneggiatore, regista e scrittore insieme alla madre nel 1950 fino alla notte della sua tragica morte ad Ostia nel novembre del 1975), "Pasolini Roma" traccia - lungo un quarto di secolo - il percorso della sua incredibile vitalità creativa: i luoghi in cui ha vissuto, in cui ha ambientato romanzi e film, la poesia, il cinema, gli amici, gli amori, le persecuzioni, le lotte e gli impegni nella città. Attraverso le testimonianze, i documenti, i disegni, gli scritti autografi, le fotografie, i film e le opere d'arte amate da Pasolini, la monografia ricostruisce quegli anni, mettendo in luce l'intenso fervore intellettuale dell'uomo e i suoi rapporti con i luoghi, le persone, i poeti e gli artisti della Capitale.
Yves Klein ha tutte le qualità che ci si aspetta da un personaggio di un romanzo. Costruito su base di eventi reali e testimonianze incrociate, questo romanzo inizia nel 1952 in Giappone, quando Yves Klein impara judo presso il Kodokan di Tokyo, per finire con il Monocromo blu esposto al Centre Georges Pompidou di Parigi. Il ritratto dell'artista che emerge in questo libro è fatto di finzione e realtà, che Teodoro Gilabert reinventa per il nostro piacere, coinvolgendo studenti dell'Istituto franco-giapponese, la zia Rosa, la madre dell'artista, belle amanti vere o presunte, la moglie di Klein, i suoi amici, una guardia di museo, gli artisti, i galleristi... Il tutto negli anni 1950 e 1960 a Parigi, quando la vita artistica sembrava tenere l'impossibile e audace.
Concepito come una retrospettiva, questo volume presenta la raffinata ricerca artistica di Kenro Izu (Osaka, 1949) e il lungo lavoro che ha condotto per oltre trent'anni, come un instancabile pellegrino, nei più suggestivi siti sacri del mondo: dalle piramidi egiziane alle antiche pietre di Stonehenge, dal sito di Angkor Wat in Cambogia ai templi buddisti di India e Indonesia, dal deserto della Siria alle vette tibetane. Affascinato dalla sublime bellezza delle vestigia antiche, il fotografo giapponese individua nel recupero di stili e tecniche di stampa tipici della fotografia ottocentesca il mezzo più adatto per imprimere le atmosfere mistiche dei luoghi incontrati.
Il Barocco a Roma rientra nella categoria di quei felici momenti artistici e culturali della città che la videro all'apice della sua parabola storica. Non solo nel corso del secolo XVII si impose sullo scacchiere europeo dal punto di vista politico, artistico e culturale, ma grazie all'azione di proselitismo cattolico dell'Istituto di Propaganda Fide, l'estetica barocca si diffuse in Europa, nonché nelle terre lontane d'America e d'Oriente, dando vita per la prima volta a un movimento di respiro mondiale. Roma, infatti, divenne il modello da seguire in ambito urbanistico ed architettonico, grazie a monumenti inarrivabili, ma comunque da imitare, quali erano i capolavori di Bernini (si pensi al colonnato di San Pietro) e Borromini (San Carlino), mentre dal punto di vista pittorico le opere di Caravaggio, Pietro da Cortona e Baciccio fecero scuola per tutto il secolo. Infine, la scultura ebbe un punto di riferimento irrinunciabile ancora una volta nel genio di Giovan Lorenzo Bernini, della sua bottega e dei suoi seguaci. Articolato in sei sezioni (La nascita del "Barocco"; L'estetica Barocca; Teatralità e scenografia nell'arte di metà secolo; Paesaggio e il grande spettacolo della natura; Le feste; Gli arredi), il volume documenta questo percorso artistico e intellettuale che, partendo proprio da Roma, ha finito per rendere la poetica Barocca più vicina a una categoria dello spirito umano che al semplice valore estetico di un movimento artistico.
Pittore, incisore, illustratore e scultore,Matisse è uno dei più noti artisti del XX secolo, esponente di maggior spicco della corrente fauvista.
Attraverso il rimando a oggetti di ricche e fastose culture figurative, tra motivi di ibridazione e commistioni di generi e stili, Arabesque documenta come il motivo della decorazione e dell'orientalismo diventi per l'artista francese la ragione prima di una radicale indagine sulla pittura. Di un'estetica fondata sulla sublimazione del colore, della linea, sull'idea stessa di superficie. Sull'identificazione di una purezza attraverso la semplificazione della forma, intuita nella sintesi cromatico- lineare dei crespi giapponesi che rivelano inizialmente aMatisse la forza espressiva degli elementi della pittura.
Facendo rivivere il fasto e insieme la delicatezza di un mondo antico e semplice, esaltato dallo sguardo profondo di Matisse volto a riportare l'emozione a un'essenzialità e a una sensibilità primitiva, Arabesque mostra la potenza creativa di un'idea che allude a una visione concettuale, cioè alla maniera di interpretare la superficie pittorica e al richiamo di tradizioni culturali che nell'ornamentazione racchiudono il senso stesso di una simbologia basata sugli archetipi di natura e cosmo.
Leonardo da Vinci, uomo poliedrico e d'ingegno, talento assoluto del Rinascimento italiano, incarnò in pieno lo spirito universalista della sua epoca. Pittore, scultore, ingegnere, anatomista, musicista e inventore, fu attivo nei più disparati campi dell'arte e della scienza, ed è oggi considerato il più noto tra i protagonisti della cultura, non solo del Rinascimento, ma di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Realizzata in occasione della più completa mostra dedicata al genio vinciano, promossa dal Comune di Milano e ideata e prodotta da Palazzo Reale e Skira, questa monografia propone in una visione d'insieme la straordinaria complessità di questa figura come artista, pittore e disegnatore, e, in parte, la sua attività di scienziato e tecnologo, mai considerata nelle mostre sinora realizzate. Dodici sezioni accompagnano il lettore a scoprire l'attività poliedrica di Leonardo, attraverso i dipinti, i codici originali, i disegni autografi (oltre centro, di cui circa trenta dal celeberrimo "Codice Atlantico") e un formidabile numero di opere d'arte: dipinti, disegni, manoscritti, sculture, incunaboli e cinquecentine provenienti dai più celebri musei e biblioteche del mondo, tra cui capolavori di Antonello da Messina, Botticelli, Filippino Lippi, Paolo Uccello, Ghirlandaio, Verrocchio, Lorenzo di Credi, Della Robbia e Bramante.
Nel 1941, a 72 anni, convalescente dopo una complessa operazione chirurgica, Henri Matisse rilasciò una lunga intervista al critico Pierre Courthion. Numerosi e appassionanti gli argomenti trattati dal maestro: i suoi primi anni a Parigi come allievo di Gustave Moreau; i suoi rapporti con Renoir, Cézanne e Pissarro; le sue collaborazioni con Diaghilev e i Balletti russi; i viaggi; le riflessioni sulla sua opera e sul suo modo di concepire e vivere l'arte. Tuttavia, davanti alle bozze che Courthion e l'editore Albert Skira infine gli sottoposero, Matisse ritirò il suo consenso alla pubblicazione, giudicando i contenuti troppo privati; l'intervista andò così smarrita per oltre settant'anni. Grazie agli eredi Matisse e al J.P. Getty Trust, viene oggi pubblicata per la prima volta in traduzione italiana presso lo stesso editore che l'aveva commissionata: una sorta di testamento spirituale di Matisse, una confessione informale nella quale il grande artista racconta in prima persona la sua idea di pittura, la sua estetica del colore, le tappe del suo itinerario nell'arte.
Charlotte Salomon, giovane artista ebrea berlinese, prima di essere travolta dall’uragano nazista fece in tempo a raccontare in pittura la propria vita.
Nata nel 1917 in una famiglia segnata da numerosi suicidi e vittima della follia razziale hitleriana, morirà a soli ventisei anni, incinta di quattro mesi, in una camera a gas di Auschwitz.
È al suo capolavoro autobiografico Vita? o Teatro? (un’opera pittorica, teatrale e musicale) che si ispira Bruno Pedretti, rintracciando nell’esperienza di Charlotte i segni di un dramma che travalica la storia e precipita come tragedia inappellabile. Carica del peso di un dramma familiare che va oltre il suo personale destino, Charlotte sfidò gli estremi del dolore e dell’offesa riscattandoli con l’arte, per lasciarci in eredità uno dei canti più alti del nostro tempo.
Bruno Pedretti è nato a Bienno (Brescia) nel 1953. Da molti anni vive a Milano e attualmente insegna all’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera italiana, a Mendrisio.
Autore di saggi su temi di arte, architettura ed estetica, in ambito letterario ha pubblicato, oltre alla prima versione di Charlotte. La morte e la fanciulla (Giuntina, 1998), i romanzi Patmos (Marinotti, 2008) e La sinfonia delle cose mute (Mondadori, 2012).
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In una notte di dicembre del 1999, un'incredibile tempesta soffia sul nord Europa. Un uomo esce da una piccola casa bianca nel parco di Versailles per assistere impotente al terribile spettacolo di 18.000 alberi sradicati come canne e boschetti schiacciati dalla forza del vento. Quell'uomo è Alain Baraton, il direttore del parco di Versailles. Per oltre vent'anni anni ha lavorato in uno dei giardini più celebri del mondo, studiandone la storia sia sul campo sia negli archivi. Nessuno meglio di lui conosce e sa raccontare le storie, gli aneddoti, le curiosità relativi al giardino e alle sue vicende, da Luigi XIV ai nostri giorni.