
"In quest'opera c'è il ritratto, l'istantanea, di qualcosa di attuale e invisibile. C'è un dolore che sembra riguardare soprattutto l'occidente: la spaccatura micidiale fra noi e l'anima del mondo, quell'energia intuita e sempre tradita, che ci tiene vivi. Questa "anima del mondo", questo pezzo di brace cosmica che brucia nella terra e in ognuno di noi, è ciò che viene fotografato in questa opera. È anche fotografata la distanza fra ciò che sentiamo e il modo in cui viviamo, fra il nostro dentro e il nostro fuori, per dirla semplicemente. "Come siamo andati lontano da ciò che ci tiene in vita!" grida la filosofia. Qui appunto si fotografa quella lontananza. Non abbiamo smesso di credere nella forza della poesia, di pensare a uno spettacolo anche come atto di resistenza contro la Signoria Attuale. Che cosa sia questa Signoria Attuale in parte tutti lo sappiamo e in parte non lo sapremo mai: una forza, comunque, che tenta di fare di noi un ovile muto, di deprimere la nostra vivezza, di metterci sulla schiena pesi schiaccianti. Ci guardiamo intorno e scorgiamo ovunque segni invasivi di questa forza indebolente. Pochi chilometri più in là la vediamo all'opera coi suoi morti ammazzati e bombardati. Ecco, ci muove una voglia d'esortazione, una paura, una pietà. Soprattutto la voglia di tenerci ben desti, di pronunciare parole troppo taciute, di cantare e ballare con la potenza disarmata dei bambini." (Mariangela Gualtieri)
Alfredo Jaar distribuisce macchine fotografiche usa-e-getta ai residenti della zona più povera di Caracas, e le foto scattate sono esposte come mostra inaugurale del museo locale; Lucy Orta tiene laboratori a Johannesburg per insegnare a persone disoccupate nuove abilità sartoriali e discutere di solidarietà collettiva; Superflex apre una TV sul Web per i residenti anziani di un’area di edilizia popolare di Liverpool; Annika Eriksson invita gruppi e individui a comunicare le loro idee e abilità alla fiera d’arte “Frieze”; Vik Muniz fonda una scuola d’arte per i ragazzi delle favelas di Rio [...] Questi progetti sono solo alcuni degli esempi della crescita dell’interesse artistico per la partecipazione e per la collaborazione, che si è manifestata a partire dai primi anni Novanta in una miriade di luoghi in tutto il mondo.
Quest’esteso campo di pratiche che si svolgono fuori dallo studio dell’artista è attualmente indicato con una varietà di termini: arte impegnata socialmente, arte incentrata sulla comunità, comunità sperimentali, arte dialogica, arte litorale, arte interventista, arte partecipativa, arte collaborativa, arte contestuale e (più di recente) pratica sociale. Ci riferiremo a questa tendenza come “arte partecipativa”.
Da secoli si discute sul rapporto tra musica ed emozioni. Già Platone sosteneva che la musica ha la capacità di eccitare nell’essere umano quei sensi che scatenano emozioni. I recenti studi di neuroscienze hanno ampliato i contorni del dibattito, che ancora non ha una posizione finale con- divisa, tuttavia molti sostengono la capacità della musica di evocare emozioni, e in modo molto articolato, potendo determinare contemporaneamente l’emergere di più emozioni (si pensi a musiche “piacevolmente tristi”).
Tali emozioni possono essere legate sia all’ascolto, sia all’esecuzione, sia alla composizione, e vanno dall’emozione provata individualmente a quella empaticamente percepita da più persone contemporaneamente.
Questo testo vuole dare un contributo al dibattito o anche, più semplicemente e modestamente, fornire degli spunti di riflessione utili all’ascoltatore, dare degli schemi interpretativi utili agli esecutori, e comunque aggiungere materiale di ricerca al tema.
Mare Egeo, tra il golfo di Salonicco e lo stretto dei Dardanelli. Il monte Athos: il destino vuole che questo lembo di terra venga a trovarsi nel corso della storia come una zona di frontiera tra oriente e occidente, tra Bisanzio e Roma, tra l’Islam e la cristianità, in quella linea di breve confine che divide l’umano e il divino. L’architettura, le strade, tutto è armonico con la vita condotta dai monaci. A Marco Polo che, diretto in oriente, passava davanti alla penisola dell’Athos, fu detto che in quella lingua di terra abitavano i discendenti degli antichi filosofi greci. La continuità tra la “vera filosofia” degli antichi greci e il “metodo” della meditazione esicasta, ovvero la dottrina e pratica ascetica diffusa tra i monaci dell’Oriente cristiano fin dai tempi dei Padri del deserto: da qui prende le mosse l’itinerario tracciato dall’autore.
Il libro è una riflessione critica e teorica sulla comunicazione della cultura, e si sviluppa sia attraverso la ricostruzione storica del tessuto nel quale si innestano le prime esperienze progettuali, sia con lo studio dettagliato di progetti di immagine coordinata e di sistemi di identità visiva elaborati per la sfera culturale. Questi vengono raccolti in tre periodi che vanno dalla fine degli anni Settanta ad oggi.
Il filo conduttore di questo libro è il racconto del progetto di design, osservato da diversi punti di vista. Descrizioni approfondite, curiosità, aneddoti, chiacchierate informali con alcuni tra i più rappresentativi designer milanesi sulla metodologia e sulle circostanze legate alla creazione dei loro prodotti hanno dato lo spunto a un testo dal taglio inconsueto che unisce progetti diversi allo scopo di divulgare la cultura del design, i suoi saperi, i modi e le tecniche che i designer usano nella quotidiana pratica professionale. Un tono colloquiale e non accademico accompagna il lettore a scoprire i segreti nascosti dietro a un progetto, ma indica con precisione agli studenti di design metodi e pratiche su cui riflettere ed esercitarsi. Ogni tassello dunque è una piccola storia speciale e affascinante della pratica artistica, ogni creazione è una traccia sul sentiero del mondo magico del Made in Italy.