
Lo sguardo di Daniel Arasse ha fatto innamorare generazioni a quell'avvenimento unico che chiamiamo "Rinascimento italiano", la sua nascita e le sue figure. Tra queste, l'irripetibile itinerario di Leonardo Da Vinci, finalmente in edizione italiana.
Benché la Resurrezione non sia stata testimoniata da occhio umano, è stata evocata e celebrata dall'arte cristiana sin dai primi secoli e fino ai nostri giorni. Il libro presenta una selezione di 50 opere di differenti origini geografiche, formati e fattura, la più antica delle quali data al 400 d.C.
e la più recente a pochi anni fa. Riprodotte a grande formato, sono commentate da due riconosciuti esperti internazionali alla luce del loro significato esegetico, per la storia dell'arte e per la teologia.
Su tutte emerge una tensione fertile ed eloquente fra la tendenza dominante nell'arte occidentale fino al xx secolo a rappresentare la Resurrezione di Cristo come un'uscita trionfale dalla sepoltura, seguita rapidamente dall'ascesa al cielo, mentre in quella orientale prevale una lettura del tutto differente, che mette in evidenza l'effetto salvifico per le anime dei trapassati ottenuto dalla discesa agli inferi di Cristo per trarvi i Giusti dell'Antica Alleanza, a partire da Adamo ed Eva.
L'insieme delle ville e dei giardini che dal Medioevo a oggi identificano il paesaggio italiano costituisce un settore del nostro patrimonio vasto e importante, che è stato oggetto di studi specialistici spesso monografici, in molti casi riferiti a città o regioni, oppure incentrati su aspetti particolari del gusto e della cultura di un'epoca o riflesso di determinate committenze.
Questo volume offre per la prima volta uno sguardo complessivo su tutta la Penisola, individuando i diversi filoni tematici che permettono di collegare giardini e ville della Sicilia a quelli della Liguria o del Veneto: ad esempio i giardini esoterici, quelli concepiti come scenografie teatrali, le fortezze austere non più necessarie alla difesa e quindi ingentilite da aiuole e boschetti, le residenze regali e i giardini sull'acqua. Di ogni tema viene illustrata l'evoluzione e la diffusione sul territorio con saggi esaustivi, sulla base di riferimenti storici anche di carattere iconografico. A complemento dei saggi, gli esempi di ville e giardini più significativi e interessanti sono documentati mediante schede specifiche con un ampio corredo fotografico che permette la comprensione delle peculiarità di ognuno di essi.
Funzioni e "segni" sono elementi interpretativi indispensabili per la lettura storico-artistica di un monumento. Leggendo l'arte medievale, in stretto rapporto con il contesto culturale che l'ha prodotta, questo libro interpreta al meglio la nuova stagione che la storia dell'arte sta vivendo. Senza la relazione con il contesto, le chiese medievali, dal tardoantico al Gotico, rischiano infatti di non essere colte nel loro pieno significato. Nel caso specifico questo contesto è costituito da spazi liturgici che ne svelano orientamento, percorsi, complessi scultorei e pittorici. La funzione più importante di una chiesa, sia questa una costruzione dedicata ad un martire o una grande cattedrale metropolitana, è infatti il culto. Prendendo le mosse dagli studi di de Blaauw sulle prime tre basiliche romane, si giunge con questo volume, sontuosamente illustrato da una campagna fotografica realizzata appositamente, cui hanno collaborato insigni studiosi della disciplina, a dare un quadro interpretativo a tutto tondo dell'arte medievale. Se l'orientamento della basilica paleocristiana è spesso quello in direzione dell'altare, come suggeriscono le figure musive di Sant'Apollinare a Ravenna, ancora prima i pavimenti delle aule teodoriane della cattedrale di Aquileia rimandano a direzioni diversificate e a diverse fruizioni degli spazi, che rendono così l'interpretazione complessa e multisfaccettata.
Il volume, pur trattando di costanti presenti nell'itinerario dell'artista, si divide in tre parti: I volti e l'autoritratto; Resistenza, Resurrezione e Liberazione; La scena. L'autoritratto è per il mondo tradizionalista e iconoclasta della comunità ebraica della città russa di Vitebsk un gesto di rivoluzionaria libertà. Questa libertà accompagnerà l'artista per tutta la vita. La sua ultima opera, alla vigilia della morte, fu ancora un autoritratto. Resistenza, Resurrezione e Liberazione sono un trittico diventato pietra miliare del percorso chagalliano. Il dramma della storia si confronta con la pace del vivere nel quotidiano, una sintesi del vivere della comunità umana. La scena - metafora della scena umana, incontro di tutte le arti plastiche, ritmiche e musicali - vede impegnato il giovane Chagall nella Russia rivoluzionaria e torna a occuparlo nelle Americhe, dove si era rifugiato scappando dal nazismo, e ancora nella celeberrima cupola dell'Opéra di Parigi.
Il libro propone un’analisi del rapporto tra Kazimir Malevic -l’artista che più di ogni altro ha affrontato il problema della visione dell’invisibile- e la dimensione estetico-filosofica dell’icona. Dopo aver ripercorso i fondamenti teologici e spirituali di questa grande tradizione dell’Oriente cristiano, l’Autore prende in esame l’opera del fondatore del Suprematismo a partire dal celeberrimo Quadrato nero -uno dei miti e dei riti istitutivi dell’arte moderno-contemporanea- e di questa vera e propria ultima icona fornisce una lettura che corre in parallelo con il De visione dei (1453), uno straordinario scritto del filosofo e teologo Nicola Cusano, che di quell’opera seminale sembra paradossalmente rappresentare il commento anticipato. Nell’opera di Malevic assume nuova vita il problema artistico e teologico-filosofico dell’icona. Ciò significa che in realtà le avanguardie non operano una tabula rasa (la “parola d’ordine” con la quale sempre si sono autopresentate) della cultura artistico-filosofica precedente, ma che l’intreccio tra appartenenza e modificazione si anima anche in quei casi ove più enigmaticamente evidente ci si offre il tratto dell’azzeramento radicale, della rielaborazione più innovativa.
Questo volume presenta la Storia dell'Arte medievale con un approccio innovativo, incentrato sulle origini culturali, sul contesto storico e sui presupposti tecnici dell'opera artistica e architettonica. L'obbiettivo è di restituire il più fedelmente possibile le intenzioni di costruttori, artisti e committenti, il loro retroterra culturale, il loro orizzonte di significato, le condizioni materiali che definivano la loro azione. Il coordinatore del volume, Paolo Piva, ha coinvolto eminenti studiosi italiani e tedeschi in un progetto in cui fossero condivisi questi orientamenti metodologici di fondo. Il risultato di questo lavoro è un libro capace di offrire illuminanti chiavi di lettura al millenario percorso dell'arte medievale (dal 300 al 1300 d.C.) senza la pretesa di descriverne puntualmente ogni fase ma con l'ambizione di rivelarne le fondamentali coordinate.
Gli autori dell'opera si interrogano sulla natura del presepe, sulla sua origine e sui suoi elementi costitutivi; da questo percorso emergono tratti di un fenomeno universale e perciò multiculturale, radicato nella storia del cristianesimo. Il presepe è un fenomeno espressivo più popolare rispetto a certa arte sacra, più legato rispetto da altri oggetti destinati alla devozione. In tal senso il presepe ha potuto diventare un veicolo della cultura locale, contrassegnato da una forte conservazione degli elementi e delle figure che fanno parte della messa in scena della natività. La duttilità del presepe a innervarsi nelle culture è resa più straordinaria della fedeltà al nucleo scenico centrale attorno al quale si nuove tutta la varia umanità. Il volume mette in evidenza la varietà espressiva presente nel fenomeno del presepe, dando spazio alle differenti tradizioni e culture che hanno dato vita a rappresentazioni della natività nelle forme più varie, sia nel corso della storia che nelle diverse regioni del mondo, dall'Europa all'America Meridionale, dall'Africa all'Asia.
Con contributi di Emanuela Fogliadini e François B?spflug.
Nella storia dell'umanità, fin dai suoi albori, l'espressione artistica è rivelatrice dell'essenza di ogni cultura.
L'arte indiana ha le sue origini in un passato remoto che vede la nascita nel III millennio a.C. della civiltà dell'Indo (Pakistan). La discesa degli "Indoeuropei" porterà in seguito alla nascita della civiltà dei "Veda", che prende il nome dai testi sacri che saranno prodotti durante molti secoli. Una civiltà costruita attorno alla parola, ricca di ritualità ma priva di immagini create dall'uomo e basata sui simboli, come la luce, di ordine naturale. Con la crisi della società brahamanica nasce il buddhismo (fine del VI secolo a.C.), che porterà nuove simbologie, come la ruota o il loto. Nascerà infine l'arte indiana, con architetture e sculture, intorno alla nostra epoca, inizialmente buddhista, espandendosi in tutta l'India e in Sri Lanka. L'arte classica indiana vedrà il suo splendore tra il IV e l'VIII secolo e sarà buddhista e induista. Da allora sarà espressione di entrambe le religioni, sino alla compresenza dell'islam, che nell'India si acculturerà in forma peculiare. L'impronta artistica indiana darà vita nel Tibet a quella tibetana, ma si espanderà anzitutto nel Sud-Est asiatico, dove possiamo, pur nel matrimonio con culture e civiltà differenti, parlare sempre di arte indiana.
Nel 1508 papa Giulio II, allora al culmine della sua gloria, fa decorare la Cappella Sistina da Michelangelo e i suoi appartamenti privati da Raffaello, realizzando in pochi anni due delle maggiori opere dell'intera storia dell'arte. Raffaello evoca nella Stanza della Segnatura la grande tradizione mediterranea, da Omero fino al suo tempo. Apre il ciclo degli affreschi con la Disputa del Santissimo Sacramento, ci accompagna sul Parnaso e ci introduce nella Scuola di Atene, dove si discute delle leggi e dei misteri dell'universo. La grave crisi politica e personale che Giulio II attraversa, spiega il carattere più spirituale, intimo ed enigmatico della successiva Stanza di Eliodoro. Il pontefice si fa portare nel tempio di Gerusalemme per assistere al divino salvataggio del tesoro, con la speranza di essere salvato egli stesso, e si fa condurre alla Messa di Bolsena perché deve convincersi dei misteri della fede. Si identifica in Leone Magno che respinge Attila e, pochi mesi prima della sua morte, in san Pietro, che l'angelo libera dal carcere terreno. Eletto nel marzo 1513, il nuovo Papa, il giovane Leone x, incarica Raffaello di affrescare la Stanza dell'Incendio. Lì si fa rappresentare come pacificatore e novello Enea, quale fondatore di Roma, ma non solo: vince la battaglia contro gli infedeli e mette la corona imperiale sulla testa di Carlo Magno. Il presente volume ci accompagna in un avvincente percorso nelle Stanze riportate dal restauro al loro originario splendore.
La bottega di Raffaello fu la più notevole e complessa impresa artistica di tutto il Cinquecento. Le Logge rappresentano uno degli esiti più alti del genio artistico e organizzativo di Raffaello, certamente il più fortunato per l'immensa eco, a Roma e nel mondo, dal Rinascimento sino al XX secolo, che questo luogo seppe creare. Ciò avvenne in due modi molto differenti che infatti ebbero diversissimi ma egualmente importanti sviluppi. Le cosiddette grottesche, anzitutto, divennero il paradigma imitatissimo dell'omaggio all'Antico: Raffaello era infatti partito dalle decorazioni trovate nelle "grotte" della Domus Aurea, allora di recente scoperta, reinventandole e creando un nuovo modello estetico che si sarebbe diffuso in tutte le ville signorili italiane e poi europee, sino alla replica esatta dell'Hermitage di San Pietroburgo e alla citazione del Campidoglio a Washington. Le Logge si trovano sul lato del Palazzo Apostolico di fronte al cortile di San Damaso e la Piazza di San Pietro: il richiamo all'Antico e alla sua grandezza non poteva trovare una collocazione più significativa. In secondo luogo, il soffitto delle Logge è composto da 15 vorticelle in cui gli artisti di Raffaello hanno magistralmente illustrato scene della Bibbia destinate a divenire modello, diffuso attraverso le incisioni, delle rappresentazioni bibliche offerte ai semplici, ai "poveri", cioè agli illetterati.