
Dall'epoca dei grandi specialisti beethoveniani come Wilhelm Backhaus a quella più recente di musicisti poliedrici come Alfred Brendel e Maurizio Pollini, le 32 sonate per pianoforte di Ludwig van Beethoven rappresentano una sfida titanica e un'attrazione irresistibile per tutti i grandi pianisti: il "Nuovo Testamento" del pianoforte, come le definì Hans von Bulow. Se il confronto con i grandi del passato è inevitabile, una nuova interpretazione può fondarsi solo su un lavoro autonomo e certosino sui testi. Stimolato dalle domande di Martin Meyer, Andràs Schiff svela tutti i segreti del suo approccio alle sonate, guidando il lettore lungo l'evoluzione straordinaria del linguaggio musicale beethoveniano, dalle giovanili sonate op. 2, già svincolate dal modello di Haydn, alle ultime, visionarie realizzazioni della maturità. Da questa analisi storico-critica discendono immediatamente, in maniera nello stesso tempo personale e non arbitraria, scelte di regia, tempo, suono, dinamica, timbro. Questa guida, un viaggio inedito dietro le quinte del lavoro interpretativo, offre tutti gli strumenti per un ascolto consapevole dell'esecuzione dal vivo delle sonate da parte di Andràs Schiff e di ogni loro interpretazione passata o futura.
Nella loro vita non breve Schönberg e Stravinsky si incontrarono una sola volta, nel 1912, alla Krolloper di Berlino: fu uno scambio cordiale e pieno di stima, perché da una parte c'era "Petruska" e dall'altra il "Pierrot lunaire", che qualche giorno dopo Igor avrebbe ascoltato alla Choralion Saal. Passarono gli anni e i due divennero, sia pure con caratteristiche diverse, celebrità, ma non si incontrarono mai più. Si sfiorarono spesso, si intravidero da lontano, ma i contatti si ridussero a qualche dichiarazione un po' maliziosa, amplificata dai giornali e trasformata in opposizione radicale da seguaci ed esegeti. Oggi la storia di questi due geniali musicisti, che in fondo si sono sempre apprezzati, merita di essere raccontata in maniera più oggettiva. Le loro vicende si svolsero prima a Vienna, San Pietroburgo, Berlino, Parigi, poi a New York, Los Angeles, nel mondo intero. Su questi scenari antichi e moderni risuonano, come voci di un coro, le testimonianze di Richard Strauss, Busoni, Hofmannsthal, Kandinskij, Zweig, Rilke, Werfel, Thomas Mann, Rimskij-Korsakov, Diaghilev, Debussy, Picasso, Gide, Valéry, Auden... Musica, pittura, architettura, poesia e meditazioni religiose si propagano fra queste pagine come echi profondi degli scenari dell'esilio, dell'impatto con nuove realtà sociali, delle persecuzioni razziali, della guerra.
L'attività didattica di Arnold Schönberg occupa un posto preminente nella cultura musicale del Novecento. Questo libro non vuole essere un "trattato di armonia" secondo gli schemi precostituiti nell'insegnamento dei conservatori, bensì una vera e propria fenomenologia del linguaggio musicale, continuamente soggetta alle modificazioni dell'esperienza viva dell'arte. Completamente ritradotto, il Trattato continua a essere uno strumento di studio e approfondimento, non solo per i musicisti, ma anche per chi è interessato a conoscere e ad approfondire la storia di un'epoca.
Per Plinio il Vecchio la pittura ebbe origine quando una donna tracciò il profilo dell'amato attorno all'ombra proiettata dal suo viso. Da quel momento l'ombra ha accompagnato l'arte: usata da principio come strumento per riprodurre fedelmente la profondità e la luce, ha in seguito acquisito una valenza simbolica sempre maggiore fino a diventare la base su cui alcuni artisti hanno costruito la loro opera. "Breve storia dell'ombra" si sviluppa seguendo gli spunti più diversi: gli scritti di Cennini e Vasari, le opere di Poussin, Picasso e Warhol, fiabe popolari e fumetti, il cinema espressionista e la fotografia.
Esiste un mondo prima e un mondo dopo John Lennon: pochi artisti come lui hanno saputo incarnare un'epoca e mutarla nel profondo, unendo la sperimentazione alla capacità di conquistare un pubblico vastissimo grazie alla fantasia, alla bellezza, alla libertà creativa e intellettuale. Tutti conoscono il genio immaginifico del John Lennon musicista, eppure Lennon mescolò per tutta la vita l'attività musicale con quella di giocoliere della parola, rivelandosi scrittore arguto e precoce, creatore di metafore vertiginose e omofonie esilaranti, di invenzioni che sembrano uscite da Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll. "Immagina" raccoglie brani in prosa, poesie e disegni tratti dagli unici due libri pubblicati in vita da Lennon, scritti mentre i Beatles stavano diventando un fenomeno culturale planetario. Le sue pagine, influenzate da Ginsberg, Ferlinghetti e dagli altri poeti della Beat Generation, sono lo specchio attraverso cui addentrarsi in un mondo fantastico, grottesco, a volte malinconico, capace di accendersi di rabbia e tenerezza e di lasciarsi contaminare dagli echi della politica, dell'amore, della musica.
Léonard Cohen che scrive poesie su una Lettera 22, seduto al tavolino di una stanza gelida. Léonard Cohen in abito fumé, che alza il fedora di feltro per salutare la sua band. Cohen in un monastero zen, conosciuto da tutti i monaci come Jikan, «il Silenzioso». Léonard Cohen in Grecia, mentre lavora a un romanzo sotto lsd. Cohen a Montreal, Cohen a Londra e a New York. Cohen l'ebreo che canta un Cristo marinaio. Cohen e il suo sguardo dolce, Cohen gentiluomo. Cohen disperato. Cohen dalla voce tenebrosa e dorata, Cohen alcolizzato. Cohen figlio di un sarto, Cohen portavoce di ogni uomo perduto. Cohen e un amore finito. Cohen con Janis Joplin, su un letto sfatto del Chelsea Hotel. Cohen e Marianne. Cohen e Suzanne. La vita di Léonard Cohen è stata un cammino di gloria e tormento, di sconfitta, eleganza e fragile bellezza. Il suo esordio come cantautore è arrivato solamente a trentatré anni, dopo tre raccolte di poesie e due romanzi acclamati dalla critica e ignorati dal grande pubblico. Cucendo insieme musica e parole ha creato la sua arte, fatta di suoni vellutati e canti dall'abisso, di tradimenti, addii, di morte e desiderio, di impermeabili blu e uccelli sul filo. Ha dato voce a chi si consumava nell'attesa, ha sussurrato di misticismo, malinconia, di sesso e solitudine ; ha alzato il suo Hallelujah verso un mondo sacro e distrutto, sporco e incantato. Ha dato forma all'amore come redenzione, promessa non mantenuta, vortice in cui sprofondare, lasciando canzoni nate dall'assenza e dalla privazione, poesie scure come la cenere depositata dal fuoco ardente ma effimero del tempo. "Il modo di dire addio" è il libro in cui Léonard Cohen confessa in prima persona la propria vita e la propria arte. Attraverso decine di interviste inedite in Italia - accompagnate da una lettera in cui Francesco Bianconi, autore e voce dei Baustelle, racconta il suo Cohen più intimo, costantemente in bilico tra esistenza e poesia - scorrono cinquant'anni di episodi e brani indimenticabili, da «Suzanne» a «I'm your man». E si svela a poco a poco il complesso mondo interiore di un uomo per cui la depressione è sempre stata una realtà quotidiana con cui lottare, un mare scuro da cui emergevano in superficie le sue canzoni, perché ogni sua parola era un'esplosione di luce.
Lucio, chi sei tu? Un clarinettista jazz, un beatnik, un solista ventenne a Sanremo, un cantautore, uno dei più rivoluzionari musicisti della canzone italiana, una popstar globale adorata da quattro generazioni diverse? Lucio, dove vai? Nella tua Bologna in cui non si perde neanche un bambino, a Roma dove la sera fa miracoli, tra il caos di Corso Buenos Aires, nella Napoli il cui mare luccica? Lucio, cosa salvi dei momenti colorati che tu chiami vita? I dischi con il poeta Roberto Roversi, i concerti con De Gregori e Ron, le automobili delle Mille Miglia, «Caruso» cantata assieme a Luciano Pavarotti davanti a milioni di telespettatori? Ti contraddici, Lucio? Certo che ti contraddici: contieni moltitudini. E per fortuna le hai condivise con il mondo.
E ricomincia il canto è un viaggio nell’irripetibile, proteiforme, spettacolare esistenza di Lucio Dalla, narrato dalle sue stesse parole. Il ritratto di un artista che non si è mai negato ai microfoni, concedendosi generosamente a intervistatori di tutti i tipi – da Giorgio Bocca a Gianni Morandi, da Monica Vitti a Vincenzo Mollica – ed esponendosi no a mettere a nudo la sua più profonda intimità: la morte del padre a sette anni, l’intenso rapporto con la madre, i palchi calcati da adolescente autodidatta al fianco di Charles Mingus, Bud Powell ed Eric Dolphy, i lm con i fratelli Taviani e Mimmo Paladino, la passione per il basket, la devozione per Padre Pio, l’amore e il sesso, la creatività, la censura, le opinioni su venerati maestri e giovani esordienti – da Chet Baker ad Alanis Morissette, da Prince ai Nirvana –, le malinconie e le paure.
Curata dal musicologo Jacopo Tomatis, questa raccolta di interviste rappresenta un documento unico che attraversa i quarantacinque anni di carriera di una delle più grandi icone pop del nostro paese. Un’opera che ci ricorda che una canzone può terminare in qualunque momento, ma la sua musica continuare a risuonare: «Ma sì, è la vita che finisce / ma lui non ci pensò poi tanto. / Anzi si sentiva già felice / e ricominciò il suo canto».
Cogliere la struttura della narrazione, sia essa affidata alla scrittura o alle immagini, significa possedere gli strumenti per interpretare romanzi e film. "Storia e discorso" è un tentativo, tra i più rigorosi e coerenti, di disegnare la topografia di quella che Henry James, con una brillante metafora, definiva la "casa della narrativa". Rielaborando spunti di Bachtin, Todorov e Barthes, quest'opera, un classico dell'analisi testuale, offre una chiave di lettura originale della narrazione letteraria e filmica, sostenuta dal piacere intellettuale per la teoria. E soprattutto dal ritorno continuo ai testi, dalla possibilità di rileggere Joyce, Dostoevskij o Conrad in una prospettiva inedita.
La storia di un uomo che tutti nella piccola Gualtieri chiamavano "al matt", che ha sempre vissuto ai margini, da disadattato, scambiando i suoi quadri per un piatto di minestra - quadri che finirono spesso nelle stalle o a sbarrare vecchie finestre, fino a quando il suo talento non fu scoperto proprio da uno psichiatra durante il ricovero in manicomio. La sua arte, ma soprattutto le passioni, le vicissitudini, gli aneddoti, gli amori di un uomo divenuto un mito nella "bassa" del Novecento. Dall'infanzia a San Gallo nella Svizzera tedesca alla vita selvaggia nella golena del Po, fino al successo e all'eredità umana e artistica lasciata ai posteri.
Conosciuto in tutto il mondo per capolavori come L'albero degli zoccoli, La leggenda del santo bevitore, Il mestiere delle armi, Ermanno Olmi ha dichiarato di voler abbandonare il cinema di finzione per concentrarsi sulla realizzazione di documentari. Ciò che gli sta a cuore è seguire appieno quello che definisce il sentimento della realtà, "perché la realtà ci parla solo se siamo capaci di ascoltarla, di osservarla in silenzio, e allora ci dice qualcosa che non è traducibile in termini scientifici, logici o fenomenologici: ci racconta ciò che quel segmento di realtà - magari un tram che passa - ha in sé di sacro, ed è la vita che vive attraverso quel frammento". Dalle conversazioni con Daniela Padoan si leva cristallina la voce di un protagonista della storia del cinema che, ripercorrendo i temi che hanno segnato la sua opera, guarda la traiettoria intellettuale e poetica del proprio cammino, in dialogo con una folla di amici evocati di pagina in pagina: Fellini, Bianciardi, Zavattini, Rossellini, Parise, Ungaretti, Pasolini... Ma, più ancora che sul suo lavoro, a Olmi preme riflettere sul mondo che gli sta attorno, convinto della forza testimoniale dell'esistenza di ciascuno. Opinioni spesso controcorrente, talvolta radicali, dove la passione per la politica, intesa nel suo senso più alto e nobile, si fa insegnamento e salvezza.
Il 10 febbraio 2016 Carlo Conti chiama sul palco della sessantaseiesima edizione del Festival di Sanremo il maestro Ezio Bosso, pianista, contrabbassista, compositore e direttore d'orchestra di fama mondiale. È considerato dalla critica internazionale tra i maggiori esponenti della corrente musicale postminimalista e le sue composizioni sono arrivate dall'altra parte del pianeta, eppure al grande pubblico italiano questo nome dice poco. Quella sera, con le sue riflessioni e le sue note, l'artista piemontese conquista una delle platee più vaste del Paese, trovando così la meritata consacrazione anche in patria. Questo libro è un viaggio nel percorso artistico di Ezio Bosso, nell'approccio e nel pensiero che sta dietro le sue composizioni. Partendo dagli studi classici dell'infanzia fino al disco The 12th room, uscito nel 2015, in mezzo troviamo colonne sonore innovative per film e registi di grido, collaborazioni con grandi performer della danza e del teatro, sinfonie travolgenti, contaminazione tra linguaggi sonori, sperimentazione, ricerca, esibizioni nelle più importanti stagioni concertistiche. Il testo racconta anche del periodo mod a Torino, della sua vita londinese, della lotta contro la malattia, la risalita e la rinascita. Un percorso straordinario e coraggioso, quello di Bosso, basato da sempre sullo scambio reciproco con altri artisti e con il pubblico.